1. Introduzione
1. Introduzione
Ormai da diversi anni la questione ambientale è un argomento all'attenzione dei governi e
dell'opinione pubblica; l'interesse per questo problema continua a produrre interventi e
contributi relativi a diversi aspetti e discipline che si occupano direttamente o
indirettamente di ambiente, nella più vasta accezione del termine.
Questo studio intende affrontare il tema dalla particolare prospettiva della "natura in città",
il cosiddetto verde urbano, fino a poco tempo fa piuttosto trascurato, poichè ritenuto di
impatto e importanza marginale nel contribuire al miglioramento della qualità della vita e
dell'ambiente stesso; riconosciuto recentemente il suo valore,anche a livello internazionale,
ci si è proposti di studiarne l'evoluzione, le caratteristiche e le possibilità di sviluppo,
nell'ambito di una realtà densamente edificata come il centro storico di Bologna.
Dopo un breve inquadramento culturale (cap. 2), ci si è pertanto interessati alla
ricostruzione dei processi che hanno portato alla formazione e alle trasformazioni degli
spazi verdi cittadini sin dalle origini, servendosi anche dell'ausilio delle raffigurazioni
iconografiche reperite nei principali archivi bolognesi (cap. 3 e 4)
L'indagine conoscitiva svolta nel 2002 dalla Fondazione Villa Ghigi ha costituito la base
per un'analisi della consistenza e delle caratteristiche attuali della copertura vegetale,
accuratamente valutata in relazione ad usi e tipologie, con una particolare attenzione nei
confronti di giardini e parchi pubblici (cap. 5). Successivamente sono stati esaminati i
benefici apportati dalla presenza vegetale al miglioramento della qualità della vita urbana,
sia in relazione all'uomo che all'intero ecosistema cittadino (cap. 6); sulla scorta dei
risultati ottenuti, sono state formulate alcune ipotesi di intervento relative alle situazioni
più problematiche riscontrate all'interno del centro storico, volte a favorire l'incremento, il
recupero e la ricomposizione del sistema del verde (cap. 7).
Infine (cap. 9) l'attenzione si è rivolta in particolare all'elaborazione di una proposta
progettuale di riassetto del complesso formato dall'area universitaria di via Filippo Re e
dell'adiacente Orto Botanico, considerato quale principale risorsa naturale ancora presente
all'interno del centro storico e accuratamente studiato sia nella sua evoluzione nel tempo
che nello stato attuale (cap. 8). Lo scopo che si è cercato di perseguire può sintetizzarsi in
alcuni aspetti fondamentali, tra cui si sottolinea l'intento di incrementare la copertura
vegetale, favorendone la continuità, di ricomporre l'unità perduta dell'area e di integrarla in
un sistema esterno in grado di collegarla al resto della città, contribuendo così alla sua
fruizione e valorizzazione.
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2. Il paesaggio e il verde urbano
2. Il paesaggio e il verde urbano
Il termine "paesaggio" presenta una gamma di significati estremamente ampia, variabile in
dipendenza del campo disciplinare in relazione al quale si tenta una definizione, ma anche
a seconda dell'età, della classe sociale e della cultura del semplice osservatore.
2.1 Il paesaggio nella cultura figurativa:
Secondo l'Enciclopedia Universale dell'Arte,"si definisce paesaggio ogni dipinto che
rappresenti una veduta nella quale la rappresentazione dello scenario naturale sia preso a
soggetto o prevalga sull'azione delle figure." (1)
Il paesaggio nasce quindi inizialmente come tema figurativo e questa sua origine ne
influenza ancora oggi l'interpretazione, in quanto le persone comuni, ma anche alcuni
studiosi, tendono spesso a considerarne il solo aspetto estetico, trascurando la componente
ecologico-culturale.
Nelle antiche civiltà, da quelle preistoriche, ai greci e ai primi cristiani, la pittura ha sempre
escluso il paesaggio come soggetto, relegandolo alla funzione di sfondo o decoro; è solo
col Rinascimento, con la scoperta delle leggi naturali e il nuovo ruolo dell'uomo nel
mondo, che il paesaggio cessa di essere emanazione del divino e diventa parte integrante
della vita degli uomini.
Figura 1: Landscape with Saint Christopher, Figura 2: A Landscape with a Ruined Castle and a
Joachim Patinir, 1520. Monastero dell'Escorial Church, Jacob van Ruisdael, 1665-70. National
(Madrid). Il pittore fiammingo ha dato un notevole Gallery (London)
contributo all'affermazione del paesaggio quale
genere artistico autonomo
In questo periodo, in Olanda, uno dei paesi guida del tempo, si attua una serie di interventi
allo scopo di migliorare la produzione alimentare, con la conseguente creazione dei
polders: compare così nella lingua fiamminga, intorno al 1642, il nuovo termine landscap,
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2. Il paesaggio e il verde urbano
il cui significato, "il paese in cui è possibile vivere", è espressione di un'utopia sociale ed
economica. I pittori vengono incaricati dai detentori del potere politico ed economico di
diffondere questa fiducia in un mondo migliore, dando il via da un lato al legame, che si
riscontrerà poi in altri Stati e in altre epoche, tra paesaggio, potere e sistemazioni
territoriali, dall'altro alla comparsa nell'arte del genere "paesaggio", in cui oggetto dei
quadri diventa la ricca campagna, bucolica e pastorale.
Una vicenda analoga si svolge in Italia, dove il termine paesaggio compare solo in seguito
alla nascita del francese paysage, mentre il sentimento paesaggistico era già presente in
precedenza (si pensi all'affresco di Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena, raffigurante
l'allegoria "Effetti del buono e del cattivo governo in città e in campagna"), anche se le
opere raffiguranti la campagna e la natura erano inizialmente definite "vedute". Già con
Leonardo da Vinci il paesaggio aveva assunto un ruolo importante nella pittura italiana,
ruolo anticipato dai pittori senesi e criticato da Michelangelo, per poi affermarsi nel
Settecento con il Vedutismo di Canaletto, Vanvitelli e Guardi.
In Francia, nel XVII secolo, Lorrain e Poussin sono considerati i maestri indiscussi del
paesaggio idealizzato, che tornerà presto ad essere espressione di una nuova utopia: la
rivoluzione del 1789, infatti, con i suoi ideali di libertà, uguaglianza e fratellanza, ispira
alcuni utopisti che vedono nel paesaggio una strada per la felicità universale, identificando
la natura con una società sana e armoniosa, opposta all'immobilismo feudale.
Figura 3: Landscape with the Rest on the Flight into Figura 4: Paysage aux deux Nymphes, Nicolas
Egypt, Claude Lorrain, 1666. Hermitage Museum Poussin, 1659. Musée Condé (Chantilly)
(San Pietroburgo)
Anticipato da artisti quali Thomas Gainsborough, è però il Romanticismo a consacrare il
paesaggio come soggetto dominante della pittura, dapprima nelle opere di Turner,
Constable e Friedrich, continuamente reinventato e diversamente interpretato secondo le
varie correnti artistiche, nel loro modo di esprimere i sentimenti dell'uomo di fronte alla
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2. Il paesaggio e il verde urbano
natura stessa; non si può dimenticare, poi, l'affermazione della pittura en plein air, cioè la
nuova abitudine dell'Ottocento di dipingere immersi nel paesaggio stesso che si andava a
rappresentare, i cui massimi esponenti, Corot e gli artisti della scuola di Barbizon,
apriranno la strada al movimento Impressionista.
Figura 5: Paysage à Beaulieu, Pierre-Auguste Renoir, 1889. Hermitage Museum (San Pietroburgo)
L'importanza della pittura paesaggista determina in tutta l'Europa un nuovo modo di
guardare la natura, la cui bellezza finisce per dipendere dalla scoperta e valorizzazione di
un dato paesaggio da parte degli artisti stessi: dipinti ed opere letterarie rendono famosi e
talvolta immortali certi luoghi, contribuendo a creare un gusto estetico borghese che
condizionerà gli sguardi dei viaggiatori britannici nel loro Grand Tour, così come la
pubblicità per i turisti di oggi.
Mentre le prime esplorazioni di luoghi inospitali precedentemente temuti portano alla
ribalta un nuovo paesaggio definito da Kant come "sublime", l'interesse per i singoli siti
naturali, pastorali e bucolici oppure selvaggi e impervi, porta alla formulazione delle prime
azioni di protezione del paesaggio (inaugurate nel 1861 con l'istituzione di una “riserva
artistica” nella foresta di Fontainebleau: i pittori della Scuola di Barbizon, infatti, ottennero
la sospensione dello sfruttamento boschivo, che minacciava la suggestiva selva, e la sua
tutela in quanto paesaggio “estetico”), presto seguite dalle prime leggi nazionali sulla
creazione di parchi naturali.
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2. Il paesaggio e il verde urbano
2.2 Definizioni di paesaggio nelle diverse discipline:
L'originaria formulazione artistica della parola paesaggio, come si è detto, ha portato alla
confusione che lo considera come oggetto estetico naturalmente dato, mentre il rapporto
deriva piuttosto dall'interpretazione artistica del paesaggio, intendendo con questo la
mediazione dell'arte e della cultura in genere, implicita nello sguardo dell'osservatore.
In paesi come l'Italia, prevale questa interpretazione estetica del paesaggio, che si riflette
nella prima legge nazionale (Legge 29 giugno 1939, n° 1497, "Protezione delle bellezze
naturali"), limitate alla salvaguardia di zone di particolare pregio estetico o bellezza
naturale; per contro, in altri stati, come la Germania, si privilegia l'aspetto ecologico, che
riconosce nel paesaggio un'entità complessa in continuo mutamento, fortemente connessa
in tutte le sue dimensioni, alla cui formazione concorrono tutti i fattori antropici: la norma
del 1935 (Legge 26 Giugno 1935, “Reichsnaturschutzgesetz”), quindi, stabilisce la
protezione della natura, degli spazi aperti e delle leggi ecologiche che li regolano.
Il superamento del concetto artistico del paesaggio, definito da Biasutti come "sensibile" o
"visivo"(2), cioè costituito da tutto ciò che l'occhio può abbracciare in un giro di orizzonte,
avviene con la definizione di un paesaggio "geografico", inteso come sintesi astratta degli
elementi che più frequentemente compaiono in uno spazio, somma di più paesaggi visibili.
La prima interpretazione scientifica, infatti, avviene ad opera dei geografi, a partire dallo
scienziato ed esploratore Alexander von Humboldt, per poi essere affrontata
metodicamente durante il congresso geografico di Amsterdam del 1938, quando si arriva
ad una definizione di paesaggio geografico che non comprende solo l'aspetto fisico ed
estetico, ma anche tutte le relazioni tra i vari componenti; secondo Antonio Toniolo,
bisogna quindi intenderlo come "manifestazione collettiva di forme che tendono ad
organizzarsi in un certo equilibrio sul suolo"(3).
In conseguenza di questo nuovo modo di vedere il paesaggio nella sua totalità si è portati
talvolta ad identificarlo nel "paese" (come già implicito nei termini Landshaft e landscape)
e quindi, con un passaggio successivo, al confonderlo con l'ambiente; questa teoria è però
confutata da più parti, poiché riduce la complessità del paesaggio alla sola componente
ambientale, pur essendo questa interpretabile sotto il duplice significato di ambiente
biologico o storico culturale o, secondo la definizione della filosofia estetica, in quanto
territorio organizzato dalla natura e dall'uomo in funzione della vita. Ovviamente non è
ammissibile nemmeno l'uguaglianza paesaggio-territorio, definito quest'ultimo come
estensione della superficie terrestre, con significato spaziale e valore quantitativo, mentre il
paesaggio concentra in sé significati simbolici ed affettivi, oltre ad essere dipendente dal
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2. Il paesaggio e il verde urbano
tempo, quindi dalla memoria.
Il tema della visione storica del paesaggio è affrontato da diversi autori e, a tutt'oggi, risulta
per lo più condiviso, almeno nei suoi aspetti fondamentali, che vanno dal considerare il
paesaggio che si osserva in un dato momento come sovrapposizione di tutti i paesaggi che
l'hanno preceduto nel tempo, agli studi che considerano la memoria come una porta
d'accesso alternativa alla definizione del paesaggio stesso.
Già Valerio Giacomini(4) si soffermava a notare l'importanza dell'analisi in senso storico, in
particolare in quegli Stati in cui gli eventi si sono moltiplicati e succeduti fin dall'antichità
classica, se non dalla preistoria. Lo stesso concetto è ripreso da Eugenio Turri(5) nel trattare
dell'archeologia del paesaggio, sottolineando come esso da sempre muta nel tempo (anche
se mai così velocemente come in epoca moderna), per cause naturali o per l'opera
dell'uomo, e come quindi ciò che vediamo oggi contenga tracce, quasi elementi fossili, dei
paesaggi che si sono sedimentati nei secoli in quel dato luogo, dai quali non si può
prescindere per una corretta lettura e comprensione che tenga conto di queste tracce, del
loro significato originale, delle loro relazioni e motivazioni in quanto espressione della
cultura che le ha prodotte.
Carlo Socco evidenzia il valore della memoria, oggi riconosciuto anche nei documenti
internazionali, distinguendo tra i due tipi di memoria, "storica" e "collettiva", che tendono
a intersecarsi senza però andare a coincidere; la prima è prodotta dalla ricerca storiografica
ed è inscindibile dal paesaggio perché le vicende umane non possono avvenire ed essere
ricostruite al di fuori del loro ambiente. Analogamente, la seconda accompagna la vita
delle persone e delle popolazioni, costituendo il teatro del "flusso del vissuto" tanto che
"non esiste memoria collettiva senza un proprio immaginario paesaggistico"(6); c'è quindi
una relazione profonda tra paesaggio, memoria collettiva e identità culturale: quest'ultima è
ormai considerata indispensabile per la salvaguardia del paesaggio e, al contempo, il
paesaggio stesso viene identificato come elemento di costruzione dell'identità: "spaesato
infatti si dice di chi ha perso i punti di riferimento con se stesso, con le sue radici e con i
luoghi: è senza paesaggio"(7).
In quest'ottica il problema del paesaggio smette il carattere scientifico per entrare di nuovo
nella dimensione imperfetta dell'estetica e delle emozioni, concentrandosi sul valore della
percezione sensoriale, non solo visiva, oppure, in quanto semiosi percettiva, andando ad
analizzare quell'atto tipicamente soggettivo che trasforma, tramite l'interpretazione, lo
stimolo percettivo in significato.
Sulla stessa linea è la definizione sociologica data da Wendy Griswold, di paesaggio come
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2. Il paesaggio e il verde urbano
oggetto culturale, come significato condiviso incorporato in una forma; la nozione di
paesaggio "culturale", talvolta contrapposta a quella di paesaggio naturale, inteso come
quello non segnato o modificato dall'uomo, seppure molto diffusa, rappresenta
un'involuzione concettuale, in quanto si può dire che "qualunque paesaggio è culturale,
perché anche ambienti completamente naturali, nel momento in cui vengono descritti,
analizzati, riprodotti, subiscono un processo di identificazione e di interpretazione che è un
fatto culturale"(8).
L'aggiunta dell'aggettivo assume un valore quando serve a identificare i segni impressi
dall'uomo sul pianeta, nel momento in cui stabilisce la connessione tra modello culturale di
un paese e assetto del territorio, quando, cioè, interpreta il paesaggio come espressione
fisica della cultura dell'uomo che vi abita e che vi ha abitato; in questa accezione il
paesaggio culturale è riconducibile al concetto antropologico di “cultura materiale di una
civiltà”(9) o a quello storico di “documento-monumento”(10).
Entrambi i significati hanno assunto grande rilevanza nella concezione moderna, tanto da
essere trattati nel testo della Convenzione Europea del Paesaggio, di cui si parlerà in
seguito.
Questa breve rassegna, di certo non esaustiva nel considerare solo alcuni contributi,
trascurando anche interi campi ritenuti più specialistici, vuole sottolineare l'ampiezza di un
argomento tanto attuale e dibattuto e del campo di azione del paesaggista, oltre a costituire
la base culturale attraverso la quale operare una lettura dell'evoluzione della normativa in
materia di paesaggio.
2.3 Il paesaggio nella legislazione italiana e nel diritto comunitario:
La varietà di approcci precedentemente trattati si evidenzia in maniera particolare in campo
giuridico, allorché si deve andare a definire l'oggetto delle leggi sulla tutela del paesaggio.
Come si è detto, già nel 1939 l'Italia aveva adottato la legge 1497, rimasta per lungo
tempo una delle principali fonti della disciplina in materia di paesaggio, mentre venivano
istituiti, già prima della Seconda Guerra Mondiale, i primi parchi nazionali (Gran Paradiso,
Abruzzo, Circeo, Stelvio); l'articolo 1 di questa legge sulla protezione delle bellezze
naturali ne definisce il campo di applicazione:
"Sono soggette alla presente legge a causa del loro notevole interesse pubblico:
1) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità
geologica;
2) le ville, i giardini e i parchi che, non contemplati dalle leggi per la tutela delle cose
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2. Il paesaggio e il verde urbano
d'interesse artistico o storico, si distinguono per la loro non comune bellezza;
3) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore
estetico e tradizionale;
4) le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista
o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle
bellezze."(11).
In seguito, il valore del paesaggio viene riconosciuto anche nel testo costituzionale, che
all'articolo 9 comma 2 (cioè tra i principi fondamentali) dichiara: "[La Repubblica]Tutela
il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione"(12).
Si vede quindi come la definizione di ciò che lo Stato si propone di tutelare è quanto mai
vaga, senza alcuna specificazione di cosa sia questo paesaggio che si vuole proteggere; per
i primi tempi, quindi, il campo di azione rimane quello delimitato dalla legge del '39 per le
bellezze naturali, prima di passare all'espressione "beni ambientali" come oggetto della
tutela. Ai fini legislativi, comunque, si possono interpretare queste espressioni come
equivalenti, intendendo che esse definiscano quelle aree che possono essere sottoposte al
cosiddetto vincolo paesistico.
La più importante svolta sostanziale avviene nel 1985 con l'emanazione della legge
Galasso (legge 431/85), che ha disposto d'autorità il vincolo paesistico su alcune categorie
di aree direttamente indicate dalla norma stessa; in seguito è stato approvato il "Testo
Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali" (D. Lgs.
490/99) che, al Titolo II, si occupa di "beni paesaggistici e ambientali", ma limita almeno
nominalmente la definizione degli oggetti della tutela ai "beni ambientali", secondo quanto
indicato dall'art. 139. Vengono quindi compresi nella categoria i beni già indicati dalla
legge del 1939 e quelli automaticamente vincolati in virtù della legge Galasso, senza
ulteriori aggiunte.
Negli anni Novanta sono stati ratificati diversi documenti a livello internazionale in
materia di ambiente e paesaggio, tra cui possiamo citare la Convenzione sulla diversità
biologica scaturita dal Summit di Rio de Janeiro del 1992, con la conseguente creazione di
"Natura 2000", una rete europea istituita lo stesso anno per la conservazione degli habitat
naturali della flora e della fauna selvagge, la Convenzione di Aarhus, che reputa necessario
l'intervento delle popolazioni che vivono su un dato territorio al fine di garantire la qualità
del paesaggio e quindi si propone di garantire l'accesso alle informazioni, la partecipazione
del pubblico al processo decisionale e l'accesso alla giustizia in materia ambientale; infine,
lo Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo (SSSE) approvato a Potsdam nel 1999 per
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2. Il paesaggio e il verde urbano
promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile del territorio.
Si giunge quindi all'importantissima Convenzione Europea del Paesaggio, firmata a
Firenze il 20 ottobre 2000, che rappresenta un notevole passo verso una definizione
condivisa della nozione di paesaggio; essa supera, infatti, il concetto di panorama e di
bellezza naturale, introduce il significato di documento/monumento (nel duplice senso del
latino monumentum: far ricordare e istruire), differenzia il paesaggio dall'ambiente e lo
ricollega all'espressione della cultura materiale delle popolazioni antiche e recenti, ma
anche al significato dei luoghi attribuito dalla popolazione stessa.
L'articolo 1 stabilisce, quindi che il termine "«Paesaggio» designa una determinata parte
di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di
fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni"(13), mentre l'art. 5 sottolinea il suo
carattere di "componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione
della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro
identità."(14)
Viene quindi stabilita una stretta interdipendenza tra il paesaggio e la popolazione che vi
abita, tanto da proporre una procedura democratica di partecipazione per la gestione e la
tutela del paesaggio, che sostituisca l'inadeguato uso di regole fissate a priori; si punta,
inoltre, sulla qualità di tutti i luoghi di vita delle persone, poiché considerata condizione
imprescindibile per il benessere individuale e sociale: dalle prime norme del secolo scorso
che si limitavano alla tutela di pochi elementi significativi, si passa ora alla volontà di una
qualità paesaggistica che interessi l'intero territorio.
Queste premesse sono poi riscontrabili, in Italia, al momento dell'approvazione del Codice
dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 42/2004), che riconosce come "la tutela e la
valorizzazione del patrimonio culturale concorrano a preservare la memoria della
comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura" (art.1 c.
2)(15); il cosiddetto "patrimonio culturale" risulta costituito dai beni culturali e dai beni
paesaggistici, definiti questi ultimi come "gli immobili e le aree indicati all'articolo 134,
costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del
territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge" (art. 2 c. 3)(16).
Il citato articolo 134 identifica le categorie di beni paesaggistici, riconducibili a quelle già
vincolate dalle leggi precedenti, con l'aggiunta degli immobili e delle aree sottoposti a
tutela dai piani paesaggistici; il dato significativo è però la presenza dell'articolo 131
(Salvaguardia dei valori del paesaggio), che specifica "Ai fini del presente codice per
paesaggio si intende una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla
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2. Il paesaggio e il verde urbano
natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni. La tutela e la valorizzazione
del paesaggio salvaguardano i valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie
percepibili."(17), recependo quanto emerso dalle direttive della Convenzione del 2000.
Si evidenzia, quindi, come gli interventi di valorizzazione diventino ora parte integrante
dei provvedimenti relativi alla gestione del paesaggio, pur rimanendo subordinati alle
primarie esigenze di tutela, intesa quale insieme di attività volte a “riconoscere,
salvaguardare e, ove necessario, recuperare i valori culturali”(18) espressi dal paesaggio,
al fine di garantirne la protezione e conservazione per ragioni di interesse pubblico. La
valorizzazione è genericamente definita come l'insieme delle “attività dirette a promuovere
la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di
utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso”(19); in relazione al paesaggio, essa
include anche le operazioni di riqualificazione di aree ed immobili degradati, nonché “la
realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati.”(20)
Il modificato art. 131 specifica, infine, i compiti delle amministrazioni pubbliche,
incaricate di promuovere e sostenere “apposite attività di conoscenza, informazione e
formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio”(21), secondo criteri di qualità,
sostenibilità ed uso consapevole del territorio.
2.4 Il verde nel paesaggio urbano:
La vegetazione risulta essere una delle componenti più importanti del paesaggio,
giungendo talvolta ad assumere un ruolo fondamentale nella sua identificazione come tale
da parte del generico osservatore: per un pubblico non di specialisti, infatti, l'attribuzione
del termine “paesaggio” avviene ancora sulla base del suo significato originario che, come
si è detto, designava uno scorcio suggestivo sull'ambiente naturale.
Più complessa è la sua declinazione all'interno del contesto costruito, ormai ovunque il più
diffuso: si parla in questo caso di “paesaggio urbano”, locuzione tanto usata quanto poco
definita nelle sue accezioni specifiche, ma genericamente intesa per designare la forma
visibile del territorio costituita dall'insieme di edifici, strade, piazze, spazi aperti e chiusi ed
ogni altro elemento che concorra alla composizione delle città.
Nel suo scritto dedicato alla morfologia e progettazione del paesaggio urbano, Gordon
Cullen afferma: “Se mi venisse chiesto di definire il termine townscape direi che un
edificio è opera di architettura ma due edifici sono townscape, cioè paesaggio urbano.
Perché non appena si contrappongono due edifici, entra in gioco il paesaggio urbano
come arte. Immediatamente assumono importanza problemi come il rapporto tra gli edifici
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2. Il paesaggio e il verde urbano
e lo spazio tra gli edifici. Moltiplicate questo per le dimensioni di una città e avrete l'arte
dell'ambiente. ”(22)
Proseguendo nella rassegna di elementi ed espedienti utili a dar luogo al dramma e alla
stimolazione spaziale, capaci quindi di produrre una reazione emotiva nell'osservatore,
Cullen si sofferma ad esaminare lo stretto rapporto tra edifici ed alberi, per la capacità di
questi ultimi di apportare nuovo valore al costruito, divenendo quindi parte integrante
dell'architettura. Ad una scala superiore, il verde può apportare un importante contributo
all'organizzazione globale della città se interpretato come struttura continua a valore
funzionale ed ecologico; Elio Piroddi chiarisce questo concetto parlando di ricomposizione
urbana: “Abbiamo visto che gran parte delle nuove infrastrutture urbane sono delle isole
nello spazio e difficilmente si riesce a ricondurle a sistema. La città contemporanea
dispone però di un potenziale tessuto connettivo rappresentato dal sistema verde: fare di
questo sistema una rete continua, percorribile indipendentemente dai canali i traffico che
colleghi tra loro le nuove infrastrutture e le nuove piazze urbane è uno degli obiettivi
strategici della pianificazione urbana e sarà la base costitutiva del nuovo palinsesto
urbano.”(23)
In queste parole si riflette una tra le principali tendenze contemporanee di interpretazione
del ruolo degli spazi verdi all'interno delle città, considerati come elemento strategico di
riconnessione con gli spazi pubblici e le strutture insediative; sviluppando considerazioni
già formulate nell'Ottocento, l'attenzione si sposta dai parchi all'intero complesso di spazi
aperti, da integrare in un unico insieme secondo il nuovo concetto di rete ecologica.
Casi esemplari in questo senso sono la nuova cintura verde di Francoforte e, in particolare,
il piano regionale dell'Ile-de-France del 1994, che introduce la nozione di “trama verde”
alle diverse scale, integrando spazi verdi e non costruiti e individuando gli elementi
portanti “caratterizzati dalla continuità territoriale, come condizione necessaria a
conservare l'equilibrio naturale e gli scambi, la coabitazione tra urbano e natura e
l'accessibilità al pubblico.”(24)
Il ruolo del verde nei contesti urbani ha assunto grande importanza anche in relazione alle
politiche di recupero di aree dismesse, di riqualificazione delle periferie o di valorizzazione
dell'esistente, ma anche come fattore costitutivo di nuove centralità e di riuso dei grandi
vuoti urbani; è infatti considerato come il materiale più adatto a riorganizzare il tessuto
cittadino e apportare valori sociali ai nuovi spazi collettivi.
Dal punto di vista formale, risulta difficile ricondurre ad un'unica e ben definita linea
progettuale i caratteri degli interventi relativi ai nuovi spazi verdi, per la varietà di approcci
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2. Il paesaggio e il verde urbano
ed influenze culturali tipiche dell'epoca contemporanea; si nota però come il verde non
venga più utilizzato come materiale, ma come “elemento strutturante di un paesaggio più
ampio di quello urbano”(25), volto a definire non solo le relazioni interne al parco stesso,
ma anche l'assetto della ricomposizione spaziale dell'insieme verde-contesto.
Figura 6: La trama verde del piano regionale dell'Ile-de-France: Parigi e le aree limitrofe, 1994.
Fonte: E. Belfiore, Il verde e la città (op. cit.), pag. 191
Da ciò deriva una tendenza oggi molto diffusa, che prevede il trattamento dei margini dei
parchi come spazi aperti a funziona mista, in grado di realizzare una connessione diretta
con la città: è questo il caso, ad esempio, del parco di Saint Pierre ad Amiens, dello
Stadtpark Cham a Monaco o del Parco della Catalunya a Sabadell; sulla stessa linea di forti
legami fisici tra il verde e lo spazio circostante appare il modello di impostazione
dell'impianto progettuale basato sulla continuità degli elementi della struttura urbana
limitrofa, quale si riscontra nel parco Gutachterverfahren a Berlino o nel più recente Jardin
des deux rives a Strasburgo.
Un altro comune indirizzo di raccordo e riorganizzazione dell'esistente trae principi ed
elementi compositivi dalla tradizione del giardino europeo per creare luoghi in cui sia forte
il senso della memoria e del passato, pur mantenendo l'attenzione verso l'inserimento
paesaggistico e la fruizione attiva da parte degli utenti: a questa scuola appartengono il
Parco del Tuia a Valencia e l'asse maggiore di Cergy-Pontoise a Parigi.
La nuova cultura ecologica si riflette, invece, in una serie di esperienze concentrate sulla
13
2. Il paesaggio e il verde urbano
naturale evoluzione delle specie vegetali nel tempo, anticipate da Gilles Clément nella
valle della Creuse e poi riproposta alcuni anni dopo nel parco Andrè Citroën.
Figura 7: Planimetria del parco Saint Pierre ad Figura 8: Fotografia aerea del parco Catalunya
Amiens, J. Osty, 1994. Fonte: E. Belfiore, Il verde e la a Sabadelle (E. Battle, J. Roig, L. Giubert), 1992.
città (op. cit.), pag. 217 Fonte: E. Belfiore, Il verde e la città (op. cit.),
pag. 219
Figura 8: Planimetria del Gutachterverfahren Figura 9: Vista dell'asse maggiore di Cergy-Pontoise a
a Berlino, W. Hirt, 1996. Fonte: E. Belfiore, Parigi (D. Karavan), 1988. Fonte: E. Belfiore, Il verde e
Il verde e la città (op. cit.), pag. 221 la città (op. cit.), pag 231
Nel XXI secolo, il paesaggio urbano diventa “immagine culturale, un modo pittorico di
rappresentare, strutturare o simbolizzare l'intorno […] rappresentato in una varietà di
materiali e su molte superfici, scrivendo nella terra, nella pietra, nell'acqua e nella
vegetazione sul suolo”(26); questa interpretazione si riflette in particolare nelle nuove
14
2. Il paesaggio e il verde urbano
piazze verdi, luogo di incontro di elementi naturali e artificiali declinati nelle più svariate
configurazioni. Il verde, quindi, assume sempre maggior valore per le potenzialità che offre
come mezzo di riequilibrio ecologico, di riassetto complessivo della città e come
connettivo del sistema dei luoghi urbani, in particolare di quegli spazi pubblici divenuti
inadeguati e incapaci di soddisfare le tradizionali esigenze di socialità ed identità.
Figura 11: Parco Andrè Citroën, vista del Giardino
verde. Fonte: C. Lanzoni, Gilles Clément: un poeta
.. giardiniere per il giardino planetario, Quaderni
della rivista Ricerche per la progettazione del
paesaggio, 2006
Figura 10: Planimetria del parco Andrè Citroën a Parigi,
G. Clément, A. Provost, 1992. Fonte: E. Belfiore, Il verde
e la città (op. cit.), pag. 204
Figura 13: Progetto di risistemazione della Plaza
…Mayor a Salamanca, Emilio Ambasz, 1982.
Fonte: www.emilioambaszandassociates.com
Figura 12: Progetto del sistema verde presso la piazza
dell'Eschenheimer Tower a Francoforte, Emilio Ambasz,
1985. Fonte: www.emilioambaszandassociates.com
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