Introduzione
Il presente lavoro ha per oggetto l’analisi del brand e della
sua indubbia importanza nell’ambito del percorso di
crescita, caratterizzazione ed esposizione al pubblico di
una realtà aziendale di qualsivoglia settore. Dopo aver
affrontato il problema definitorio di un’entità tanto
fondamentale quanto immateriale quale il marchio
vengono esposte le sue modalità di gestione e le tecniche
di valutazione da un punto di vista finanziario nonché la
sua rilevanza nell’influenzare il volume delle vendite di
una determinata impresa. Senza l’ausilio dei marchi vi
sarebbero mercati indifferenziati, nei quali l’oggettivo
valore e le oggettive peculiarità legate ad un determinato
produttore non sarebbero agevolmente rilevabili creando,
come logica conseguenza, mercati asettici non essendovi
alcun’interesse ed incentivo per le imprese a migliorare o
quantomeno caratterizzare la propria produzione. La
logica di fondo di tale ricerca non si limita però ad una
mera analisi della, pur ampia, letteratura sul marchio ma
incanala il proprio focus su come esso abbia un ruolo
primario anche nelle strategie che riguardano il proprio
network di riferimento nell’ambito del retail. Il settore
della distribuzione viene dapprima descritto per linee
generali, enumerando le svariate forme che esso ha
assunto negli ultimi cinquant’anni, per poi concentrarsi
1
sulle peculiarità che riguardano il retail dei beni di lusso.
Questi ultimi difatti sono sicuramente tra gli esempi più
pregnanti di brand che guardano alla propria distribuzione
in un’ottica particolarmente immaginifica.
Differentemente dai prodotti di massa, difatti, i luxury
brand hanno il dovere di trasmettere alla propria clientela
di riferimento l’intrinseca qualità e il valore di beni aventi
un range di prezzo più elevato della media. Il processo di
acquisto pertanto non assolverà unicamente ad uno scopo
pratico ma dovrà coinvolgere il consumatore da un punto
di vista emozionale. Tale contingenza comporta che un
punto vendita di tale genere sarà tenuto a rispettare
determinati canoni di qualità e di visibilità per conferire al
brand che rappresenta un’immagine in linea con le
politiche aziendali specifiche del settore. Ciò che
distingue il mercato del lusso è l’intensità del rapporto che
si viene a creare con i propri clienti e il retail network non
può non sposare coerentemente tale assunto. L’ultima
parte del lavoro, riguardante il caso dell’azienda
Montblanc, ripercorre la storia, la filosofia e la politica
d’immagine di questo brand del lusso con riferimento sia
alla casa madre che al suo network distributivo. Nella
sezione suddetta l’intento è quello di evidenziare con un
caso reale ciò che si è snocciolato precedentemente in
ambito teorico. L’appendice finale consta di tre interviste
a personaggi posti a diversi livelli del network aziendale
Montblanc, per esplicare come determinate nozioni
menzionate nel corso della ricerca trovano applicazione
2
sul campo. In primis, il direttore marketing della sede
centrale di Amburgo, Thomas Heinrich, ci illustra le linee
guida generali della politica di marca e d’immagine
dell’azienda con riferimento al passato e ai progetti futuri.
In seguito grazie al contributo di Silvia Prete, Shop
development and visibility assistant presso Montblanc
Italia, si getta luce sulle nuove politiche territoriali
dell’impresa per quel che riguarda il retail network nel
nostro paese. Infine Gianluigi Libutti, store manager della
boutique Montblanc di Salerno, ci precisa le peculiarità
aziendali nell’ottica del singolo distributore.
3
Capitolo 1: Il valore strategico della
marca
1.1 Definizione di marca
Una delle difficoltà maggiori che s'incontrano quando ci si
appresta a studiare la marca è definire cosa essa sia. Il
nodo da sciogliere del termine “marca” risiede proprio
nella sua ambiguità e nella sua sostanza inafferrabile ed
intangibile. Un marchio, infatti, non è una “cosa”. È
piuttosto un luogo che produce e attribuisce
significazione. La marca è uno strumento e una storia. È
un fascio di possibilità inerente un mondo. È l’accesso a
uno stile di vita e di consumo
1
. Probabilmente ogni area di
studio, ogni sfera d’interesse, ogni territorio culturale
(semiotica, marketing, pubblicità, sociologia ecc.) fornisce
della marca una descrizione “di parte” ed affronta
l’argomento con l’approccio che gli è proprio. La marca è
variegata e complessa. Ha a che fare con la sostanza
visiva (packaging, colori, simboli grafici) ma anche con il
sistema della lingua (nome, slogan, pay off). Potremmo
dire che un marchio produce un discorso e genera un
linguaggio
2
. Difatti, secondo la definizione di Ronald
Barthes: “Non c’è senso che non sia nominato e il mondo
1
Cfr. L. MINESTRONI, L'alchimia della Marca. Fenomenologia di
un moltiplicatore di valore, Franco Angeli, Milano, 2002, pp. 19-20
2
Ibidem, p. 21
4
dei significati non è altro che quello del linguaggio”
3
.
Secondo il pensiero di Philip Kotler nel suo libro sul
marketing divenuto il testo per eccellenza in tutto il
mondo “la marca è un nome o un simbolo distintivo che
serve ad identificare i beni o i servizi di un venditore o di
un gruppo di venditori e a differenziarli da quelli di altri
concorrenti”. La marca segnala quindi al cliente l’origine
del prodotto e costituisce, sia per il compratore che per il
produttore una protezione dalla concorrenza, qualora
tentasse di offrire un prodotto apparentemente identico
4
.
Via via che i miglioramenti nella produzione e nella
distribuzione offrono ai consumatori una scelta sempre
più ampia, una qualche forma di individuazione del
venditore diventa un elemento necessario nella scelta
d’acquisto. La definizione da parte dei consumatori di un
prodotto di marca solitamente non si estrinseca a parole
ma con aggettivi che ne descrivono le caratteristiche
5
. La
cultura aziendale ha sempre avuto notevoli difficoltà a
comprendere la natura e i meccanismi di funzionamento
della marca. Forse perché la marca, a differenza dei
prodotti, non ha una consistenza sul piano della realtà
fisica. Apparentemente sembra essere dotata di
un'esistenza concreta, in quanto può avere dei referenti
3
Cfr. R. BARTHES, Elementi di semiologia, Einaudi, Torino, 1966,
p. 14
4
Cfr. D. A. AAKER, Brand equity, la gestione del valore della
marca, Franco Angeli, Milano, 2007, p. 26
5
Cfr. D. ARNOLD, Manuale del brand management, come fare
marca in un mondo sempre più competitivo. Franco Angeli, Milano,
1998, pp. 21-22
5
tangibili che la rappresentano (come il logotipo o i negozi
monomarca che la interpretano sul piano distributivo), ha
un'attività molto intensa e può subire anche dei gravi
danneggiamenti. In realtà, è un soggetto che ha una natura
totalmente immateriale. Non può funzionare però senza un
costante riferimento alla realtà fisicamente sperimentata
dagli individui, al mondo dei prodotti e delle loro
prestazioni. La marca non è dunque un semplice soggetto
di natura comunicativa che permette di differenziare sul
piano simbolico dei prodotti sempre più omogenei sul
versante prestazionale. Se la si considera soltanto per i
suoi aspetti immateriali, le si attribuisce un'eccessiva
libertà d'azione, collocandola in un campo troppo ampio e
privo di quel vincoli che possono essere prodotti dalla
concretezza della realtà fisica. Ciò, a lungo andare, porta al
suo isterilimento, come è successo per molte marche la cui
identità è stata indebolita durante gli anni ottanta da una
strategia di valorizzazione operante soprattutto sul piano
dell'immaterialità. Volendo fare una fotografia delle teorie
riguardo alla definizione di cosa sia un brand, tranne rare
eccezione la letteratura considera un brand in base ai discorsi
che si fanno su di lui; non possiede quindi un’identità
propria ma solo un’identità pubblica. Esiste solo se sorretto
da un sistema che gli permette di recitare. La
rappresentazione trasforma il concetto astratto in
un’enunciazione concreta, visibile, palpabile e pertanto
l’identità del brand acquisisce significato se il proprio
impianto scenico è ben congegnato e funzionale alle tecniche
del dialogo con i suoi interlocutori. Lo sfruttamento dei
benefici economici del brand va all’azienda che ne è
6
proprietaria ma il marchio produce effetti che vanno ben
oltre il mero calcolo economico quali speranze, certezze e
capacità di guida percepite dai suoi interlocutori. Un brand
adulto possiede una propria forma esteriore composta da
nome, colori, suoni, oggetti e un proprio universo interno di
valori interpretabile. Tutti questi elementi sulla scena
consentono a un brand di dar vita a sogni, desideri di
acquistare legittimità, affettività a generare cioè una visione
utile della significazione commerciale o più in generale dello
scambio con il mondo esterno. Il successo del brand pertanto
dipende dallo scambio tra chi produce e chi usa
6
. Per
riassumere, possiamo affermare che il brand è la risultante
di una strategia di business il cui asse portante è costituito
dalle esperienze fatte dal consumatore, esperienze che a loro
volta ne determinano i comportamenti futuri.
6
Cfr. M. NESURINI, Good Morning Mr. Brand: il senso il valore e
la personalità del brand, Hoepli, Milano, 2011, pp. 70-71
7
1.1.1 Il Brand Management
Nel marketing dei consumatori, i brand spesso fornisco il
primo punto di differenziazione tra le offerte dei vari
concorrenti e come tali essi rivestono un’importanza
fondamentale nel successo delle imprese. Pertanto è
importante che la gestione dei brand sia approcciata
strategicamente, è questo il campo del brand
management
7
. Per brand management s'intende
quell'attività di branding centrata sullo sviluppo degli
asset immateriali di un prodotto o servizio, oppure di
un'azienda. Il brand oggi è fondamentale per il
raggiungimento del successo commerciale, perché veicola
i valori e l'immagine di una persona o di una
corporazione, creando goodwill nel pubblico di
riferimento. In questo modo, si aumenta il valore
percepito dal consumatore rispetto al semplice valore
d'uso del prodotto o del servizio acquistato. Questa
disciplina è nata all'interno delle grandi corporazioni
multinazionali, ottenendo nel corso degli anni un notevole
successo. Oggi le tecniche di brand management vengono
applicate anche alle piccole e medie aziende, così come
agli operatori del settore culturale e alle personalità che
desiderano trasformare il proprio nome in un vero e
proprio marchio. Creare una corretta architettura di marca
consente di ottenere moltissimi riverberi positivi, tra cui
7
Cfr. L. WOOD, Brands and brand equity: definition and
management, Management decision vol. 38 num. 9, Mcb University
press, Sheffield, 2000 p. 662
8
un posizionamento leader nella mente del consumatore,
una generazione di maggiori profitti e una crescita nei
risultati di vendita
8
. Quello del valore del brand è uno dei
concetti di marketing più noti e potenzialmente rilevanti
sviluppati negli anni ’80. La sua affermazione ha tuttavia
avuto ripercussioni sia positive che negative: da un lato,
ha aumentato l’importanza del brand nelle strategie di
marketing, fornendo al contempo una direzione su cui
centrare l’attività di ricerca; dall’altro le forti differenze
nella definizione del concetto, in funzione degli svariati
obiettivi che ci si poneva, hanno generato confusione e
sminuito la valenza del termine. Fondamentalmente, il
branding consiste nel dare a prodotti e servizi il valore
della marca. Nonostante la molteplicità di specifiche
interpretazioni, esiste concordanza sul fatto che il valore
del brand dovrebbe essere definito in termini di effetti di
marketing attribuibili. In altre parole, tale valore fa
riferimento al fatto che i risultati del marketing di un
prodotto o servizio di marca sono diversi da quelli che si
otterrebbero se lo stesso prodotto o servizio non fosse
associato a quella marca. Il branding consiste dunque nel
creare differenze. Di conseguenza, molti concordano sui
seguenti principi di base del branding e del valore della
marca
9
:
-Le differenze di risultato sono attribuibili al “valore
aggiunto” che l’attività di marketing del brand svolta in
passato conferisce al prodotto;
8
Cfr. www.marketingeditoriale.com/glossario-di-marketing-culturale
9
Cfr. K. L. KELLER, B. BUSACCA, M. C. OSTILIO, Gestione e
sviluppo del brand n. 14 della collana Management, Egea, Milano,
2006, pp. 49-50
9
-Questo valore può essere creato in molti modi diversi;
-Il valore del brand fornisce un denominatore comune per
l’interpretazione delle strategie di marketing e la stima del
valore di una marca;
-Esistono svariati modi in cui il valore del brand può
essere evidenziato o sfruttato a vantaggio dell’azienda.
Fondamentalmente, il concetto di valore del brand
sottolinea l’importanza del ruolo della marca nelle
strategie di marketing e, pur avendo le sue premesse in
molti principi di brand management è in grado di fornire
utili spunti innovativi in quanto adatta la teorizzazione
attuale e i progressi della ricerca in nuove sfide poste da
un contesto mutevole
10
. Gli elementi che ispirano le
strategie di un business e quindi la relativa strategia di
brand sono quattro: la visione, la missione, la promessa e i
principi ispiratori di una società. La visione è in buona
sostanza lo stato desiderato futuro di un’impresa ed il suo
orizzonte temporale si può estendere dai cinque ai dieci
anni; potremmo quindi definirla l’ambizione massima di
un’organizzazione: è questo il principio motore di tutto.
La missione costituisce lo scopo nobile di un’impresa ed
esprime la sua vocazione. La promessa è l’impegno che
l’azienda si assume con il suo mercato di riferimento. I
10
Cfr. Ibidem
10
principi ispiratori sono invece il credo e le convinzioni
profonde di un’organizzazione
11
11
Cfr. F. D’EGIDIO, Il valore del brand per essere il n.1, , Franco
Angeli, Milano, 2005 p.28
11