2
normale» rispetto all’economia dell’ambiente, il cui carattere è «nor-
male», nell’accezione terminologica definita da Thomas Kuhn [Munda,
1995].
L’economia ecologica e dell’ambiente, tra le altre cose, si dif-
ferenziano per il diverso rilievo dato alla commensurabilità monetaria
dei beni ambientali.
Il problema della valutazione dei beni ambientali è di cruciale im-
portanza per l’impostazione delle politiche ambientali, che interessano
ormai ogni settore della vita sociale.
La razionalità operante nel processo decisionale non deve essere
intesa come un semplice calcolo economico quantitativo massimiz-
zante, ma come una ricerca di soluzioni che soddisfino obiettivi,
valori molteplici e talvolta conflittuali tra loro, da strutturare secondo
una gerarchia.
Alcuni di questi valori sono collegati allo sviluppo economico, altri
alla preservazione dell’ambiente e altri ancora sono connessi ad
un’idea di equità intragenerazionale e intergenerazionale.
L’inserimento di questi valori nelle procedure valutative può
trovare nella moneta il criterio di aggregazione tra i diversi valori
(valutazioni monetarie), o può affidarsi a una molteplicità di criteri
con un risultato finale disaggregato (valutazioni non monetarie).
Il concetto di Valore Economico Totale (VET) costituisce il
background metodologico delle valutazioni monetarie dei beni
ambientali. Alla sua base c’è l’idea di distinguere fra due grandi
categorie di benefici che una risorsa naturale offre: i valori d’uso e i
valori di non-uso.
Il valore d’uso si riferisce alle diverse modalità (dirette e indirette)
mediante le quali la risorsa è utilizzata.
Ci sono così valori d’uso connessi al consumo (per esempio, nel caso
della fauna, caccia, pesca) e altri che non comportano alcun consumo
3
(birdwatching); il contatto con il bene ambientale può essere diretto,
immediato (in situ) o indiretto, mediato (ex situ).
I valori di non-uso si rifanno a un’idea di valore nuova nella
riflessione economica. L’economia ha sempre insistito sul carattere
relazionale esclusivamente «dinamico» dell’idea di valore, che esiste, si
forma, nel momento in cui c’è un’interazione tra individuo e risorsa.
I valori di non-uso si connotano invece per un carattere
relazionale «statico», in quanto il valore di questo tipo è assegnato al
bene ambientale per assicurare che questo continui a esistere.
I valori di non-uso includono tutte le valenze che non sono
riferibili a un uso diretto o indiretto. Così il valore d’esistenza dipende
dal solo fatto di conoscere che un bene che possiede determinate
caratteristiche esiste.
Altri valori che rientrano in un concetto di non-uso sono il valore di
lascito e il valore vicario. L’intensità di questi valori dipende dalla
diffusione di una sensibilità ecologica, da un’adesione a un’etica
ambientale che riconosce come rilevante il valore rivestito
dall’altruismo, dalla solidarietà con altre persone. Gli «altri» sono gli
individui dell’attuale generazione (valore vicario) o le persone delle
generazioni future (valore di lascito).
Il presente lavoro cerca di tracciare i punti fermi del concetto di
VET emersi in letteratura nel corso degli anni.
Il paradigma del Valore Economico Totale si è delineato nella
forma attuale in maniera graduale, di pari passo con il crescere dei
contributi teorici e pratici riguardanti le tecniche di misurazione
(metodi del costo di viaggio, dei prezzi edonimetrici, della valutazione
contingente), partendo dai tradizionali valori d’uso e arrivando a
riflettere anche le motivazioni di non-uso. La varietà di definizioni
che si riscontrano in letteratura, alcune delle quali possono generare
4
una confusione terminologica, è in gran parte dovuta a questa genesi
sequenziale della nozione di VET.
Le critiche allo schema del valore economico totale non mancano, e
vertono quasi esclusivamente sul ruolo dei valori di non-uso.
Conoscere il valore economico totale delle risorse, dei beni
ambientali è importante per verificare la razionalità delle scelte di
sviluppo e per dare un valore alle politiche di tutela dell’ambiente.
Spesso la difficoltà nell’assegnare un valore fa diminuire l’attenzione
verso i beni ambientali nelle scelte della collettività.
Nella parte conclusiva del lavoro è proposto uno schema di
applicazione del VET alla risorsa naturale “fauna selvatica”.
I benefici d’uso connessi a questa risorsa rinnovabile sono noti e
riconosciuti: ad esempio la possibilità di esercizio dell’attività
venatoria, i servizi ricreativi di non consumo(wildlife watching,
escursionismo), il valore di ricerca, input in attività di produzione e
consumo (cibo, pelli), l’indotto della caccia.
Meno appariscenti economicamente risultano essere invece i
benefici di non-uso.Le ragioni di questa «latenza» sono analizzate ed è
proposto uno scenario ipotetico che permetterebbe il palesamento dei
valori di non-uso in un contesto di mercato.
La scarsa disponibilità di stime relative al valore economico degli
animali selvatici, nella connotazione riferita all’uso e al non-uso, può
portare a scelte di gestione della risorsa inefficienti dal punto di vista
economico ed ecosistemico
2
. Il VET applicato alla fauna può
contribuire così all’efficienza economica e sociale delle scelte, in un
sistema di riferimento basato sulla sostenibilità.
2
Ad esempio un eccessivo prelievo venatorio può condurre all’estinzione di una specie; l’introduzione di
specie non autoctone può provocare un «collasso» della biocenosi indigena (malattie, tassi di
riproduzione elevati) con gravi ripercussioni sull’intero ecosistema locale.
5
CAPITOLO PRIMO
LA VALUTAZIONE AMBIENTALE NELL’ECONOMIA
DELL’AMBIENTE E NELL’ECONOMIA ECOLOGICA
1.1 Relazioni tra economia e ambiente
L’approccio del modello di bilancio dei materiali [Ayres e Kneese,
1969; Kneese, Ayres e d’Arge, 1971], ha formalizzato l’interazione tra
sistema economico e ambiente tracciata da Kennet Boulding [1966],
che aveva messo in luce l’importanza delle leggi della termodinamica
per la teoria economica. Da un atteggiamento di «frontiera», (cowboy
economy), secondo cui l’ambiente naturale era da conquistare e civiliz-
zare in un’ottica di sistema aperto (abbondanza di risorse, uso dispen-
dioso di energia) e di continua crescita economica, si è passati così ad
una diversa percezione del problema ambientale (spaceman economy). La
metafora della Terra-Astronave
3
, ossia del concetto di sistema econo-
mico chiuso e circolare, ha messo in risalto il carattere multifunzio-
nale proprio delle risorse ambientali. L’ambiente provvede un ampio
spettro di servizi e funzioni cui è possibile assegnare un valore eco-
nomico:
a) produzione e offerta di risorse naturali (rinnovabili e non rinnova-
bili);
b) ricezione e assimilazione dei rifiuti;
c) produzione e offerta di beni naturali (funzioni di godimento este-
tico, di ricreazione, di svago).
3
Il concetto di “spaceship earth” è stato introdotto per la prima volta nel dibattito ambientale
dall’ambasciatore degli Stati Uniti presso l’ONU Adlai Stevenson nel 1965.
6
La sommatoria di queste tre funzioni confluisce in quella generale
di sostegno alla vita (life support).
La presenza d’esternalità e la natura di beni pubblici di gran parte dei
beni ambientali fanno sì che il valore « reale» dei servizi ambientali sia
trascurato o, nella migliore delle ipotesi, sottodimensionato. Questa
situazione comporta un uso inefficiente delle risorse che può condurre
persino alla loro distruzione.
Negli ultimi tempi si è sempre più acuita l’opposizione fra lo
sfruttamento non soggetto a regole e quelle per la preservazione, per
la conservazione
4
dei beni naturali-ambientali
5
. Gli scopi dei vari sog-
getti economici che sfruttano intensamente tali risorse si scontrano
con quelli di una coscienza ambientalista che prende sempre più piede
nelle società avanzate.
Nell’ambito della teoria economica, dagli anni Sessanta in poi è
emersa una nuova disciplina, l’economia dell’ambiente, che studia
4
Con il termine «preservazione» s’intende la scelta di non intraprendere lo sviluppo (industriale e/o
commerciale) di un dato bene ambientale (p. es. un habitat naturale protetto), mentre con «conservazione»
s’intende che il bene ambientale è conservato ed è suscettibile di un’utilizzazione rispettosa delle sue
caratteristiche essenziali (p. es. creazione di un parco nazionale).
5
I termini “risorse (beni) naturali” e “risorse (beni) ambientali” sono utilizzati nel corso dell’esposizione
come sinonimi, sebbene a livello concettuale siano termini distinti. Infatti, con “risorse naturali”
s’identificano le componenti originarie della natura, mentre il termine “ambientale” implica un
determinato intervento, una presenza dell’uomo, dalle azioni del quale spesso dipende la conservazione
della risorsa (beni culturali, paesaggio). Si parla così di «ambiente artificiale» in contrapposizione ad
«ambiente naturale» (aria, acqua, flora, fauna ecc. e le unità composite formate da questi elementi:
ecosistemi). L’ambiente artificiale presenta un elemento materiale formato dall’«ambiente costruito»
dall’uomo (campi, vigneti, edifici, vie di trasporto ecc. con le unità composite costituite da questi
elementi: paesaggi agricoli, urbani, industriali) e un elemento immateriale costituito dall’«ambiente
sociale» (sistemi politici, economici, socioculturali). I beni ambientali possono coincidere con quelli
naturali se l’ambiente è inteso come l’insieme dei fattori biotici e abiotici, oppure includere anche i beni
culturali se si adotta un’accezione più ampia di “ambiente”, per significare tutto quello che circonda,
influenza l’uomo, e che da questo, nello stesso tempo, ne è influenzato.
7
fondamentalmente due problemi: quello delle esternalità ambientali e
quello relativo ad una gestione razionale delle risorse naturali.
L’apparato concettuale dell’economia ambientale è quello
dell’economia del benessere, la matrice è neoclassica. In contrasto con
alcuni di questi presupposti teorici si è delineata una nuova disciplina:
l’economia ecologica, i cui principi epistemologici sono differenti
[Funtowicz e Ravetz, 1991; 1994].
Le «visioni» ideologiche riguardo ai problemi ambientali possono
essere riunite, sommariamente, in due categorie generali: il «tecno-
centrismo» e l’«ecocentrismo» (tab. 1). La prima categoria comprende
le posizioni che considerano, a vario grado, il patrimonio naturale fi-
nalizzato a soddisfare le esigenze dell’uomo; la categoria
dell’ecocentrismo amplia il ragionamento etico e giunge ad attribuire
diritti, interessi morali alle specie non umane e finanche alle compo-
nenti abiotiche dell’ambiente.
1.2 Sviluppo sostenibile
Le due posizioni ideologiche si differenziano, tra le altre cose,
per i caratteri di sostenibilità propugnati. La letteratura sul concetto
di sostenibilità è considerevole e abbondano definizioni di sviluppo
sostenibile non univoche tra loro [per una rassegna cfr. Pearce, Mar-
kandya, e Barbier 1989]
6
. La versione più famosa è quella della Com-
missione Brundtland, che definisce lo sviluppo sostenibile come
6
Il termine sostenibilità sarebbe stato introdotto dagli agronomi tedeschi del diciottesimo e
diciannovesimo secolo a indicare una pratica razionale per riprodurre i soprassuoli degradati dai tagli;
questa origine storica risalta ancora di più la relazione diretta tra il concetto di sostenibilità e le risorse
rinnovabili.
8
Tabella 1 Posizioni ideologiche sull’ambiente.
TECNOCENTRISMO
«dell’abbondanza» «accomodante»
(cornucopiano)
ECOCENTRISMO
«comunitario» «deep ecology»
(ecologia profonda)
CARATTE-
RISTICHE
VERDI
Sfruttamento delle
risorse, posizione
orientata alla cre-
scita
Posizione di ge-
stione razionale e
di conservazione
delle risorse
Posizione di sal-
vaguardia delle
risorse
Posizione di pre-
servazione estrema
STRATEGIE
DI GE-
STIONE
Massimizzazione
del P.I.L.
S’ipotizza che i
meccanismi di li-
bero mercato, in-
sieme con il pro-
gresso tecnico,
assicureranno
possibilità di so-
stituzioni infinite
in grado di ridurre
la scarsità delle
risorse nel lungo
periodo
Crescita econo-
mica modificata
(sistema contabile
verde per misu-
rare il P.I.L.)
Si ritiene che la
sostituzione infi-
nita non sia reali-
stica, ma che una
crescita sosteni-
bile sia realizza-
bile se fossero ri-
spettate alcune
regole di gestione
delle risorse (p.
es. regola del ca-
pitale naturale co-
stante)
Crescita econo-
mica e della po-
polazione nulla
Nessun aumento
di scala (pro-
dotto economico
e popolazione).
Per la sostenibi-
lità occorre un
sistema socioe-
conomico de-
centralizzato.
Ipotesi di Gaia
Riduzione della
scala dell’economia
e della popolazione
Uso minimo delle
risorse (agricoltura
che impiega so-
stanze organiche,
deindustrializza-
zione).
Per alcuni, inter-
pretazione letterale
dell’ipotesi Gaia
come entità perso-
nalizzata cui sono
dovuti obblighi mo-
rali
ETICA
Diritti e interessi
degli esseri umani
contemporanei.
La natura ha un
valore strumentale
(nel senso di va-
lore attribuito da-
gli uomini alla
natura)
Equità intergene-
razionale e in-
tragenerazionale
(nei confronti, ri-
spettivamente,
delle generazioni
future e dei po-
veri di oggi).
Valore strumen-
tale della natura
Gli interessi
collettivi pre-
dominano su
quegli indivi-
duali.
Gli ecosistemi
hanno un valore
primario; i loro
servizi e fun-
zioni hanno un
valore seconda-
rio
Accettazione della
bioetica (vale a dire
di un pensiero etico
non tradizionale
che attribuisce di-
ritti o interessi mo-
rali a tutte le specie
non umane, e per-
sino alle compo-
nenti abiotiche
dell’ambiente).
Valore intrinseco
della natura (ov-
vero la natura ha
valore in sé, indi-
pendentemente
dall’uso che gli
uomini ne fanno)
CARATTERI-
STICHE DI
SOSTENIBI-
LITe
Sostenibilità
molto debole
Sostenibilità de-
bole
Sostenibilità
forte
Sostenibilità molto
forte
Fonte: adattata da Pearce e Turner [1990]
9
“il soddisfacimento dei bisogni del presente senza compromettere le
possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri” [WCED,
1987].
Le idee alla base della sostenibilità sono quelle di cercare un ac-
cordo tra le istanze dell’economia e dell’ecologia, di attuare uno svi-
luppo che non arrechi danno alle varie funzioni ambientali e che non
trascuri le questioni d’equità intergenerazionale ed equità intragenera-
zionale.
La sostenibilità è il tentativo di conciliare lo sviluppo qualitativo
(attenzione agli equilibri ecologici, miglioramento della qualità della
vita, soddisfacimento di bisogni post - materialistici) con lo sviluppo
quantitativo (crescita economica).
Di là dalle definizioni, il problema riguarda l’operatività del con-
cetto, verte su come tradurre nella pratica la nozione di sviluppo so-
stenibile. Ad esempio, Pearce, Markandya e Barbier [1989] hanno indi-
viduato una serie di obiettivi che contraddistinguono lo sviluppo so-
stenibile: reddito pro-capite, miglioramento delle condizioni di salute
e della formazione, accesso alle risorse, una più equa distribuzione
delle opportunità, aumento della libertà. Questo vettore di obiettivi
prende in considerazione aspetti che si riconducono a tre dimensioni
rilevanti per ogni definizione di sviluppo sostenibile (fig. 1) [Giaoutzi
e Nijkamp, 1993]:
1) la dimensione economica;
2) la dimensione ecologico-ambientale;
3) la dimensione sociale.
L’idea di sviluppo sostenibile si sforza di trovare un punto di
equilibrio dinamico, una situazione di compromesso soddisfacente le
istanze promosse dalle tre dimensioni. In altre parole, prendendo
spunto dalla rappresentazione grafica del concetto, la condizione di
sostenibilità tende al raggiungimento del circocentro del triangolo
10
equilatero (punto O). I vertici della figura rappresentano la massimiz-
zazione di una singola dimensione, i lati costituiscono la combina-
zione di due obiettivi alla volta, mentre all’interno del perimetro le
combinazioni risultanti riguardano tutte e tre le dimensioni, con il
punto d’ottimo in O.
A ciascuna dimensione è assegnato lo stesso peso; si tratta di una
situazione «ideale» che nella realtà può essere di difficile attuazione e
allora le varie modalità di sviluppo sostenibile «second best» sarebbero
rappresentate graficamente con altre forme triangolari.
Figura 1 – Rappresentazione grafica (triangolo equilatero) del concetto di sviluppo so-
stenibile.
A(100%)
O.
B(100%) C(100%)
Fonte: adattata da Giaoutzi e Nijkamp [1993]
Gli obiettivi dell’ambito economico sono costituiti dal raggiungi-
mento dell’efficienza e crescita massime possibili.
DIMENSIONE
ECONOMICA
DIMENSIONE
ECOLOGICA
DIMENSIONE
SOCIALE E
CULTURALE
11
La dimensione ecologico-ambientale mira alla stabilità ecosiste-
mica, alla conservazione, e, se possibile, all’aumento dell’integrità
delle funzioni di sostegno alla vita esistenti (biodiversità).
La dimensione sociale tiene conto delle questioni d’equità in-
tra/intergenerazionale. La povertà di molte popolazioni del Terzo
Mondo, la marginalità d’alcuni strati sociali anche nei Paesi sviluppati,
il «razzismo ambientale»
7
, rappresentano le sfide principali per
l’affermazione del principio d’equità intragenerazionale.
Il trasferimento di un capitale naturale il meno alterato possibile
alle generazioni future, per garantire loro le stesse opportunità della
generazione precedente; gli aspetti di distribuzione ecologica tempo-
rale (per esempio la produzione di rifiuti radioattivi i cui processi di
decadimento variano da secoli a millenni), sono l’ambito nel quale si
cerca di rendere operativo il criterio dell’equità intergenerazionale.
Connessa alla dimensione sociale dello sviluppo sostenibile è la
dimensione culturale dello stesso [Fusco Girard e Nijkamp, 1997], che
riconosce il ruolo della diversità culturale, la necessità della presenza
simultanea di culture diverse, ognuna delle quali portatrice di un si-
stema di simboli, valori, principi organizzativi propri che influenzano
7
Questo termine, impiegato negli Stati Uniti per connotare la tendenza a ubicare impianti industriali
inquinanti e di smaltimento di rifiuti tossici in zone popolate da gente afroamericana o ispanica [Munda,
1995], può estendersi a un livello globale, valicando l’ambito locale descritto, con l’esempio della
localizzazione di industrie pericolose nei Paesi in via di sviluppo, dove, in base alla «legge ferrea» “the
poor sell cheap” (il povero vende a basso prezzo), in caso di incidenti (Bhopal), il costo del risarcimento
dei danni sarà ammortizzato in breve tempo dalle multinazionali. Il razzismo ambientale, il fenomeno dei
«profughi ambientali» sempre più comune soprattutto in Africa, sono esempi di distribuzione ecologica
sociale, che con la distribuzione ecologica spaziale (un esempio: il contrasto di interessi tra i Paesi
responsabili dell’emissione di biossido di zolfo e quelli danneggiati dalle piogge acide) e la distribuzione
ecologica temporale (effetto serra che causa cambiamenti climatici nel lungo periodo) formano il
problema della distribuzione ecologica, ossia il complesso delle disuguaglianze causate da determinati
utilizzi umani di risorse e servizi ambientali[Martinez-Alier e O’Connor, 1996].
12
Tabella 2 La pratica della sostenibilità
TIPO DI SO-
STENIBILITÀ
(CATEGORIE CHE
SI SOVRAP-
PONGONO)
STRATEGIA DI GESTIONE
(APPLICATA A PROGETTI,
POLITICHE)
STRUMENTI DI POLITICA (I
PRINCIPALI)
SOSTENIBILITÀ MOLTO
DEBOLE
Approccio convenzionale costi-
benefici:
correzione del mercato tramite
una politica dei prezzi efficiente;
criterio paretiano potenziale
(compensazione ipotetica); sovra-
nità del consumatore; sostitu-
zione infinita.
Esempi: tasse
sull’inquinamento, elimina-
zione dei sussidi, imposi-
zione dei diritti di pro-
prietà.
SOSTENIBILITÀ
DEBOLE
Approccio costi-benefici modifi-
cato:
applicazione estesa dei metodi di
valutazione monetaria, compensa-
zione effettiva, progetti ombra;
approccio di sistema, versione
«debole» dello standard di sicu-
rezza minimo.
Esempi: tasse
sull’inquinamento, per-
messi, rimborsi;
obiettivi ambientali.
SOSTENIBILITÀ
FORTE
Approccio a standard fissi:
principio precauzionale; valore
primario e secondario del capitale
naturale; regola del capitale natu-
rale costante; valore della prefe-
renza sociale; versione «forte»
dello standard minimo di sicu-
rezza.
Esempi: standard ambien-
tali, individuazione di zone
di conservazione; standard
di emissione dei processi
tecnologici; permessi; im-
poste dissuasive; titoli as-
sicurativi.
SOSTENIBILITÀ
MOLTO
FORTE
Abbandono dell’analisi costi-be-
nefici
bioetica.
Standard e regolamenta-
zione; permessi di crea-
zione.
Fonte: Turner [1993]
Tabella 3 Principali differenze tra l’economia ambientale e l’economia ecologica ri-
guardo allo sviluppo sostenibile.
ECONOMIA DELL’AMBIENTE ECONOMIA ECOLOGICA
Pretesa neutralità dei valori I valori sono inerenti; interdisciplinarità e
transdisciplinarità come principi-chiave
C’è un preciso universale significato di
sviluppo economico
Coevoluzione e diversità sono le questioni-
chiave della sostenibilità
Comparabilità forte, basata su una debole
o forte commensurabilità, è un pricipio-
chiave
Incommensurabilità, «multidimensionalità» e
comparabilità debole sono i principi guida
La sostenibilità debole è l’unica «operati-
vizzazione» possibile della nozione di
sviluppo sostenibile
Sostenibilità forte resa operativa con
l’utilizzo di indicatori biofisici.
Fonte: Munda [1997]
13
le istituzioni e i modelli d’utilizzo dell’ambiente. I valori coope-
rativi, comunitari, civili che vanno a formare il «capitale sociale»
[Fukuyama, 1995] contribuiscono alla resilienza, alla vitalità del si-
stema sociale. Con la dimensione culturale si evidenzia l’importanza
del miglioramento delle conoscenze, delle attitudini e dei valori che
permettono l’evoluzione delle potenzialità creatrici della persona
umana.
Gli strumenti proposti per rendere esecutivo, operativo lo svi-
luppo sostenibile sono vari (la tabella 2 presenta le varie versioni della
sostenibilità legate a ideologie ambientali alternative).
L’economia ambientale, con la regola del capitale naturale co-
stante [Pearce e Turner, 1990] basata sull’assunto di una perfetta so-
stituibilità tra i vari tipi di capitale, implica la completa commensura-
bilità monetaria delle risorse naturali, e, in quest’ottica di sostenibilità
debole, sono state sviluppate numerose tecniche di misurazione.
L’economia ecologica, invece, sostiene che non è possibile la
completa commensurabilità, e s’inserisce in un’ottica di sostenibilità
forte (la tabella 3 illustra le principali differenze tra le due discipline
economiche in merito alla nozione di sviluppo sostenibile).
Una valutazione corretta dei beni ambientali, che tenga conto cioè di
tutte le esternalità presenti, seppure sia essenziale per l’efficienza
intertemporale nell’uso delle risorse, non è sempre sufficiente per
garantire uno sviluppo sostenibile. La figura 2 illustra questa
situazione. La curva rappresenta la frontiera delle possibilità di utilità
tra due generazioni, con gusti e una dotazione di risorse e tecnologia
definiti; senza una corretta valutazione ambientale, l’economia è, po-
niamo, nel punto inefficiente A; quando le esternalità ambientali sono
calcolate e incorporate nel processo decisionale, e assumendo che non
operino altre distorsioni, l’economia giunge al punto B dove
l’efficienza è raggiunta a scapito della sostenibilità. Supponendo ope-
14
rante una forma di redistribuzione intergenerazionale, si arriva al
punto A*, sostenibile ma inefficiente. Con la valutazione ambientale ci
conduce al punto B*, sostenibile ed efficiente. I valori della risorsa
ambientale derivati in A sono però diversi da quelli ottenuti in A* poi-
ché i prezzi relativi e i tassi di sconto sono diversi nelle due situa-
zioni. I punti efficienti e sostenibili del tratto di curva C*C possono
essere raggiunti solo se disponiamo di una funzione di benessere so-
ciale intertemporale.
Figura 2 Sostenibilità versus efficienza.
Utilità
generazione futura
● B*
●C* SOGLIA DELLA
●C SOSTENIBILITÀ
●A*
●B
●A
45°
Utilità generazione presente
Fonte: Howarth e Norgaard, modificato [1992].
.
Un processo valutativo in grado di «internalizzare» tutte le ester-
nalità ambientali, valutandole correttamente, ad esempio con i metodi
della valutazione contingente (CVM, Contingent Valuation Method) o del
costo di viaggio (TCM, Travel Cost Method), potrebbe garantire così
l’efficienza intertemporale nell’uso delle risorse, ma non la sostenibi-
lità.
15
1.3 Il valore economico totale
Il concetto di Valore Economico Totale (VET) è un tentativo di
affrontare il problema della commensurabilità ambientale.
In accordo con la teoria economica convenzionale, il valore dei
beni ambientali è stimato basandosi sulle preferenze degli individui.
Per ottenere una valutazione quanto più possibile «piena», totale,
gli economisti cercano di quantificare i valori d’uso e di non-uso di
una risorsa. I primi sono collegati all’utilizzazione, alla fruizione (di-
retta o indiretta) di un bene ambientale; i secondi sono più complessi
da rilevare e non sono associati ad un uso corrente o futuro del bene
in questione.
Per stimare i valori d’uso si adotta una combinazione di prezzi di
mercato e di metodi di valutazione indiretta.
Per i valori di non-uso si deve ricorrere quasi esclusivamente ai
metodi di valutazione diretta (analisi di contingenza, CVM).
Il termine "totale" che compare nel VET non deve indurre nella
presunzione che sia possibile una «vera», globale valutazione
dell’ambiente.
L’esistenza di un ecosistema (componenti biotiche e componenti
fisiche, chimiche e spaziali, con i relativi rapporti d’interdipendenza) è
una condizione necessaria, antecedente ai servizi, alle funzioni da va-
lutare. La resilienza, la stabilità, la persistenza
8
di un sistema ecolo-
gico, sono elementi che vanno a formare il Valore Primario Totale
(VPT), detto anche valore «collante» (glue value) dell’ecosistema. La
gamma dei servizi «esportati» verso la società umana e verso gli altri
ecosistemi, che confluiscono nella funzione generale di sostegno alla
8
La resilienza di un ecosistema è la capacità di resistere, reagire a shock inattesi; la stabilità è determinata
dai tempi necessari per ritornare allo stato originario; la persistenza è la capacità di durare nel tempo.