7
c.p.c, dall’altro permetteva un allargamento delle decisioni straniere
riconoscibili nel nostro sistema, in virtù dei criteri di competenza stabiliti
dalle norme di conflitto, diversi rispetto a quelli che operavano per il
procedimento tradizionale. Nella prassi soprattutto, in materia di diritto
di famiglia ha avuto una maggiore applicazione pratica, soprattutto con
riferimento a situazioni risolte dalla sentenza straniera, che si ponevano
come pregiudiziali rispetto a quella sottoposta al giudice italiano.
Tuttavia l’estensione del fenomeno a tutte le tipologie di fattispecie non
era affatto sostenuta da tutta la dottrina italiana, anzi sembravano
prevalere le opinioni restrittive.
Il dibattito intorno a questo procedimento si è riproposto in dottrina con
la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato che, nel
titolo IV, intitolato «Efficacia di sentenze ed atti stranieri», ha innovato
profondamente la materia, mostrando una apertura verso i valori
giuridici contenuti nelle sentenze, senza precedenti nel ius commune
italiano.
Tra le novità più significative, si segnala appunto quella contenuta
nell’art.65 che riguarda la possibilità che i provvedimenti stranieri
inerenti la capacità delle persone, l’esistenza di rapporti di famiglia e i
diritti della personalità, emessi nello Stato dichiarato competente per la
disciplina del rapporto dalle nostre norme di conflitto o comunque
produttive di effetti in esso, siano automaticamente efficaci in Italia.
8
La questione fondamentale che si è posta è se in quella norma è stato
tradotto l’istituto così come ampiamente riconosciuto vigente,
nonostante la mancanza di una esplicita disposizione normativa, dalla
dottrina e dalla giurisprudenza prima della riforma. A tale problema si
cercherà di rispondere ricostruendo il percorso teorico che ha portato alla
definizione del fenomeno oggetto di questo lavoro.
Si partirà dalle sue origini, cioè dalla estensione alle sentenze del
principio, riconosciuto, prima della entrata in vigore del codice di
procedura civile del 1942, secondo cui i provvedimenti di volontaria
giurisdizione sono efficaci automaticamente se pronunciati dalle autorità
dello Stato cui fa riferimento la norma di conflitto italiana.
In seguito verranno esposte le più significative formulazioni che, per
quanto differenti sul piano della impostazione teorica, hanno portato ad
alcune conclusioni comuni sui connotati fondamentali del fenomeno. In
particolare, la teoria della sentenza civile straniera come fatto giuridico
che ne ha rappresentato la prima affermazione compiuta; la teoria della
sentenza come norma concreta ; la tesi che ricollega alle sole situazioni
giuridiche strumentali l'operatività dell’istituto e infine la teoria
dell’«ordinamento competente».
Non verranno trascurati i riferimenti alla giurisprudenza di legittimità e
di merito. Decisiva appare la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione del 1974 che dà una interpretazione fortemente estensiva
9
dello strumento internazionalprivatistico del riconoscimento delle
sentenze straniere.
Terminata questa prima parte del lavoro, l’attenzione si sposterà sulla
esistenza del fenomeno alla luce del nuovo sistema normativo previsto
dalla riforma del 1995.
Si esporranno le linee guida della riforma in tema di inserimento nel
nostro ordinamento di valori giuridici derivanti da sentenze civili
straniere per poi passare al cuore del problema rappresentato dalla analisi
dello art. 65 la cui lettura è apparsa molto complicata, difficile ma
soprattutto contrastata. La fattispecie dello art.65, così come si presenta,
sembrerebbe prima facie razionalizzare l’esistente consacrando in
norma legislativa una prassi affermatasi negli anni.
L’interpretazione della norma, a quanto pare una delle « peggio riuscite
» della legge di riforma, avrà il compito di chiarire le modifiche al
sistema di riconoscimento delle sentenze straniere, la posizione nel
sistema del riconoscimento delle sentenze straniere per il tramite delle
norme di conflitto e il rapporto tra diritto processuale civile
internazionale e il diritto internazionale privato che appare sempre più
integrato.
10
CAPITOLO I
I TERMINI DEL PROBLEMA
SOMMARIO: 1. La sentenza straniera e l’ordinamento italiano. Il sistema
manciniano del 1865. Il nazionalismo del legislatore del 1942.- 2. La
separazione tra il diritto processuale civile internazionale e il diritto
internazionale privato.- 3. Le norme di conflitto e gli atti di amministrazione
pubblica del diritto privato: efficacia automatica degli atti di volontaria
giurisdizione.- 4. L’estensione anche alle sentenze costitutive del richiamo
effettuato dalle norme di diritto internazionale privato.
1. L'efficacia, la forza giuridica attribuite dall'ordinamento italiano
alle sentenze civili straniere non si sono mostrate costanti nel tempo. Il
nostro sistema, infatti, ha oscillato tra posizioni internazionalistiche, di
apertura ai valori giuridici stranieri espressi da atti giurisdizionali, e
posizioni che affermavano, con vigore, la esclusività, la completezza
dell'ordinamento italiano e quindi l'irrilevanza degli atti giurisdizionali
stranieri.
1
Tuttavia tali due tendenze, nella legislazione, in dottrina e in
giurisprudenza, sono sempre coesistite « senza che mai l'una prevalesse
del tutto sull'altra »
2
, trovandosi dei meccanismi, degli escamotage che
1
Sul tema dello sviluppo storico dell'efficacia delle sentenze straniere in Italia vedi Cappelletti, Il
valore delle sentenze straniere in Italia, in Rivista di diritto processuale, 1965, pagg. 196 ss; Miele,
La cosa giudicata straniera, Padova, 1989; Condorelli, La funzione del riconoscimento di sentenze
straniere, Milano, 1967; Migliazza, Le sentenze straniere nel diritto italiano, Milano, 1968; Broggini,
Riconoscimento ed esecuzione delle sentenze civili straniere nel ius commune italiano, in Riv. dir. int.
priv. proc., 1993, pagg. 833-856; Migliazza, Nazionalismo e internazionalismo nel sistema italiano di
diritto processuale civile internazionale, in Rivista di diritto processuale, 1996, pagg. 675-693;
Ballarino, Diritto internazionale privato, Padova, 1996, pagg.148 ss.
2
Migliazza, Nazionalismo e internazionalismo cit., p. 676.
11
hanno consentito il raggiungimento di un certo equilibrio. Tra questi
correttivi del sistema di diritto internazionale privato, riteniamo che si
debba includere anche il meccanismo del riconoscimento delle sentenze
straniere per il tramite delle norme di conflitto che rappresentò una
breccia nel sistema nazionalista del codice di procedura civile del 1942.
La prima codificazione in materia di efficacia delle sentenze straniere in
Italia avviene nel 1865 ed è espressione delle idee dell'insigne giurista
che l'ha redatta: Pasquale Stanislao Mancini
3
. Egli sosteneva l'esistenza
di una « comunanza di diritto poggiata sulla comunanza e socievolezza
della natura umana »
4
, fondamento questo per impostare i rapporti tra gli
ordinamenti e quindi per il diritto internazionale privato. L'ecumenismo
giuridico e i principii internazionalistici sostenuti dalla scuola
manciniana portarono ad un'apertura verso le sentenze civili straniere
unica nel panorama giuridico dell'epoca.
5
Il combinato disposto degli
artt. 10 terzo comma delle disposizioni preliminari al codice civile e 941
del codice di procedura civile, infatti, stabiliva la necessità della
delibazione della Corte d'Appello, a certe condizioni espressamente
3
Opera del Mancini è anche la disciplina contenuta nel codice di procedura civile del 1859 « per gli
stati di Vittorio Emanuele » che costituirà il modello per la legislazione del 1865. Cfr., Miele; La cosa
giudicata straniera, Padova, 1989, p. 121.
4
Cfr. Mancini, Utilità di rendere obbligatorie per tutti gli Stati, sotto la forma di uno o più trattati,
alcune regole di diritto internazionale privato per assicurare la decisione uniforme dei conflitti fra le
differenti legislazioni civili e criminali ( 1873), in Diritto internazionale, 1959, p. 375 e 395. Vedi
anche per altre indicazioni bibliografiche sul pensiero del Mancini, Condorelli, La funzione cit., p. 53
nota 85.
5
Cfr. le osservazioni di Morelli sul sistema del 1865 in Studi di diritto processuale civile
internazionale, Padova, 1961, p. 207 s.
12
indicate, solo per l'esecuzione della sentenza straniera in Italia, mentre
nulla disponeva ai fini del mero riconoscimento
6
. Da questo silenzio si
deduceva l'efficacia automatica della sentenza straniera, comunque in
presenza di taluni requisiti
7
, senza exequatur da parte delle autorità
italiane. Il sistema del 1865 possedeva indubbiamente dei vantaggi:
circolazione più facile per le sentenze straniere, stabilizzazione delle
situazioni giuridiche già esistenti in altri paesi anche in Italia, uniformità
delle decisioni e limitazione quindi delle situazioni giuridiche
claudicanti( valide in un ordinamento e non in altri), maggiore economia
processuale per le parti e per gli organi giurisdizionali competenti. Forti
riserve e critiche vennero avanzate: la eccessiva fiducia nell'operato del
giudice straniero
8
che sarebbe diventato un legislatore internazionale
9
, la
possibile scelta del giudice più conveniente per le parti.
6
L'esecuzione di una sentenza è diretta a soddisfare le pretese, riconosciute dal giudice straniero,
attraverso l'intervento della forza pubblica. Essa è propria delle sentenze in personam, le sentenze di
condanna: quando il debitore non adempie spontaneamente, al creditore è riconosciuto, in virtù della
clausola esecutiva apposta alla sentenza, il diritto di «aggredire» i beni del debitore. Essa è anche
necessaria quando dalla sentenza scaturiscano iscrizioni o trascrizioni nei pubblici registri oppure
quando il vincitore del processo consegua i beni di cui gli è stata riconosciuta la titolarità.
Il riconoscimento di una sentenza straniera, invece, viene richiesto quando nel corso di un giudizio
interno si ripropone una questione già risolta dal giudice straniero e si chiede che il giudice italiano si
adegui a tale decisione. In pratica viene riconosciuto l'effetto pregiudiziale della sentenza straniera
rispetto all'oggetto della controversia, oppure a singole questioni, che vengono sollevate di fronte al
giudice italiano. Il riconoscimento è tipico delle sentenze in rem, le sentenze sui diritti assoluti,
efficaci erga omnes: sentenze su diritti reali e status personali ( divorzio, filiazione, eredità, fallimento
per la stato personale e patrimoniale del fallito).Le sentenze in rem di per sé sono esecutive, non
hanno bisogno di un procedimento appropriato per l'esecuzione, in quanto costituiscono, modificano o
estinguono le situazioni giuridiche oggetto della controversia e in questo consiste la loro attuazione.
Cfr. Miele, La cosa cit., p. 9 ss. e 27 e ss.
7
I requisiti erano: 1) competenza del giudice straniero secondo i criteri stabiliti dall'ordinamento
italiano; 2) parti regolarmente citate in giudizio; 3) parti legalmente rappresentate o legalmente
contumaci; 4) non contrarietà della sentenza straniera all'ordine pubblico. Cfr. Ballarino, Diritto cit.,
p. 148 e 149.
8
Cfr. Morelli, Studi cit., p. 207ss.
9
Wolff, Private international law, II edizione, Oxford Univ. Press 1950 ( ristampe), p. 250.
13
Ma soprattutto sul piano teorico si affermò, in breve tempo, in dottrina e
in giurisprudenza, l'impostazione positivistico-nazionalista
10
che, alla
fine del secolo scorso, dette una interpretazione diversa alle norme del
c.p.c. riguardanti il valore delle sentenze straniere negandone l'efficacia
automatica in caso di riconoscimento, sostenendo la necessità del
giudizio di delibazione anche in tal caso.
La figura che in Italia impose tali tesi fu Dionisio Anzillotti
11
accompagnato poi dai alcuni celeberrimi processualcivilisti come
Ludovico Mortara e Giuseppe Chiovenda. L'idea di fondo è che
l'ordinamento italiano è completo, unico ed esclusivo. Si afferma il
dogma della sovranità
12
dei singoli ordinamenti, tanto che gli atti di
sovranità di uno Stato « apud alium valere non possunt ». Dice Mortara:
« A me pare che nello Stato moderno la guarentigia essenziale del diritto,
mediante l'esercizio della funzione giurisdizionale, sia attribuzione
esclusiva ed imprescindibile della sovranità ».
13
La sentenza straniera,
10
Il fenomeno, che riguarda non solo l'ambito giuridico ma anche quello filosofico e letterario, ha
dimensioni europee: in Germania abbiamo Franz Kahn, in Francia Bartin tra i massimi teorici.
11
Le tesi di Dionisio Anzillotti furono esposte per la prima volta in Dei casi in cui è necessario il
giudizio di delibazione di una sentenza straniera, in Giurisprudenza italiana, 1901, ora in Opere, IV,
Padova, 1963, pagg.183-213.
12
A tal proposito il Cappelletti, Il valore cit.,parla di « principio tolemaico della unicità ed esclusività
degli ordinamenti giuridici sovrani ». Condorelli, La funzione cit., p.88, individua le origini di questo
concetto di sovranità nella dottrina positivistica tedesca che ha elaborato la teoria del monopolio
statale del diritto:« L' ordinamento vien concepito come un sistema chiuso e completo, non permeabile
dall'esterno, di regole emanate dal legislatore; tutto quanto ne è al di fuori non possiede i crismi della
giuridicità; invece, i fatti ai quali le dette regole attribuiscono tale qualità, risultano necessariamente
inclusi e inquadrati - e, pertanto, deformati - nel sistema, al livello ( nella gerarchia dei valori)
determinato da esso». Tra tali fatti devono annoverarsi, per questa dottrina, anche le sentenze
straniere.
13
Citazione contenuta in Cipriani, Le sentenze di Mortara sull'arbitrato, in Rivista dell'arbitrato,
1992, p. 657. Mortara assimilava le sentenze dei giudici stranieri ai lodi arbitrali caratterizzati
entrambi dalla assenza di sovranità riservata esclusivamente ai giudici nazionali. Vedi sul punto
Mortara, Commentario del codice e delle leggi di procedura civile, IV edizione, Milano, 1923, vol. II,
pagg. 7-8 in nota.
14
secondo Anzillotti, è priva di qualsiasi valore giuridico di fronte
all'ordinamento italiano, è un mero fatto che non ha alcuna rilevanza di
fronte al giudice italiano prima della delibazione. Dopo la sentenza di
delibazione, a produrre effetti non è la sentenza straniera, ma l'atto
giurisdizionale che nazionalizza la sentenza straniera ossia il
provvedimento della Corte d'Appello.
Queste teoria, come detto, convince subito dottrina e giurisprudenza,
tanto che prima l'art. 941 del c.p.c, viene applicato diffusamente nella
prassi nel modo suindicato
14
, successivamente viene emanato il decreto
Mortara
15
( dal nome del Guardasigilli a cui è dovuto) nel 1919 che
inasprì le condizioni per il riconoscimento, che legislativamente
continuava ad essere automatico,
16
e introdusse il riesame del merito per
le sentenze contumaciali. Questo provvedimento rappresenta un ulteriore
elemento di chiusura dell'ordinamento italiano all'inserimento delle
sentenze straniere e precede la legislazione del 1942, anticipandone i
contenuti.
14
Cfr. Cappelletti, Il valore cit., pagg. 200-201 su un esempio di applicazione restrittiva della norma
della Corte d'Appello di Milano.
15
Decreto legge 20 luglio 1919 n. 1272 convertito nella legge 28 maggio 1825 n. 823.
16
In senso contrario Maurizio Maresca, Commento agli artt. 64-66, in Legge 31 maggio 1995 numero
218. Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, in Le nuove leggi civili
commentate, 1996, pag. 1462.