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Introduzione
Il presente lavoro di tesi si pone l’obiettivo di studiare i fattori che portano il
consumatore a postare delle recensioni relative alla propria esperienza di servizio sul
web. In altre parole, l’obiettivo di questo elaborato è studiare le dinamiche del
passaparola online in fase post-consumo. L’analisi viene effettuata nel contesto
digitale mediante la consultazione del portale Tripadvisor.it e ha come ambito di
studio il settore alberghiero.
La peculiarità del lavoro coincide con la scelta di analizzare il passaparola
distinguendo le recensioni in base alla valenza, come suggerito dalla recente
letteratura di marketing (si veda ad esempio Khare et al., 2011; East et al, 2007; Park
e Lee, 2007) di modo da individuare gli elementi discriminatori tra le classi recensive.
A tal fine si è provveduto inizialmente a profilare i recensori in base alla valenza del
commento pubblicato e, in un secondo momento, si sono indagate le motivazioni alla
base di ogni nuova recensione, con l’obiettivo di verificare l’ipotesi secondo la quale
tali elementi sono diversi a seconda del tipo di recensione (in termini di valenza).
Per studiare questo fenomeno si è condotto uno studio empirico. Il contesto di
analisi è il sistema di recensione alberghiero online del portale specializzato
Tripadvisor.it, il quale ha costituito lo strumento-base utilizzato per la raccolta dei
feedback dei turisti. Per prima cosa è stato elaborato un dataset che raccoglie i dati
individuali su 779 recensioni variamente distribuite tra 89 alberghi in un lasso
temporale di 4 mesi. Il dataset è stato impostato per raccogliere, per ciascun
recensore, informazioni in merito le specifiche della struttura alberghiera prescelta
per il soggiorno, le caratteristiche socio-demografiche dell’utente, le informazioni sul
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viaggio a cui la recensione fa riferimento e l’analisi specifica di ciascuna recensione e
dell’attività recensiva pregressa dell’utente. Per quanto riguarda l’analisi empirica si è
proceduto inizialmente ad un’analisi descrittiva delle variabili prese in considerazione
e poi si è provveduto a profilare l’utente in relazione alla tipologia di recensione
pubblicata (in termini di valenza della recensione postata) di modo da evidenziare le
peculiarità dei profili emergenti e porli a confronto.
Infine, l’analisi si è conclusa con la stima di due modelli statistici al fine di
comprendere quali fattori avessero un impatto sul passaparola (sia negativo che
positivo) e sul volume delle recensioni per ogni hotel.
Per quanto riguarda la ripartizione del lavoro, l’elaborato di tesi è stato organizzato in
tre parti principali.
La Parte Prima coincide con una revisione della letteratura in merito al passaparola.
Ci si focalizza nel Capitolo 1 sulla descrizione dell’evoluzione del fenomeno e
sull’importanza dello stesso per consumatori ed operatori professionali; nel Capitolo
2 sugli antecedenti del Received e del Given Wom e nel Capitolo 3 sulle variabili
utilizzate dall’utente medio per analizzare le recensioni postate da altri avendo
riguardo a discutere brevemente anche delle variabili not alternative specific che
possono condizionare l’interpretazione delle informazioni contenute nelle recensioni.
La Parte Seconda descrive lo studio empirico effettuato. Nel dettaglio, il Capitolo 4
discute la scelta del settore turistico come contesto di studio del passaparola digitale
e del portale Tripadvisor.it come strumento di raccolta dati. Il Capitolo 5 descrive la
costruzione del dataset chiarendo la scelta dei dati per la costruzione dello stesso,
illustrando i procedimenti utilizzati per la raccolta e l’interpretazione delle variabili e
riassumendo le informazioni raccolte. Il Capitolo 6 raccoglie le statistiche descrittive
elaborate ed attua un’analisi esplorativa per ciascuna variabile inserita nel dataset ed
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il Capitolo 7 riassume il profilo del recensore medio ed indaga eventuali differenze
nei profili emergenti qualora si tenga conto della valenza delle recensioni postate.
Infine, nel Capitolo 8 vengono esposti i modelli quantitativi elaborati per analizzare il
volume delle recensioni e la valenza delle stesse.
Nella Parte Terza della tesi sono rassegnate nel Capitolo 9 le conclusioni dell’analisi e
i limiti dello studio effettuato.
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Parte prima :
Letteratura sul Passaparola
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Capitolo 1. Revisione empirica della letteratura sul
tema del passaparola
L’obiettivo di questo capitolo è fornire una rassegna degli studi
empirici sul passaparola per descrivere l’evoluzione del fenomeno negli
anni e le conseguenze dello stesso sul processo decisionale del
consumatore e sulla profittabilità aziendale.
1.1. Dal passaparola off-line all’evoluzione digitale
Westbrook (1987) definisce con l’espressione Word of Mouth (Wom) “l’insieme di
comunicazioni informali indirizzate ad altri consumatori riguardo la proprietà, l’uso o
le caratteristiche di particolari beni e servizi o dei loro produttori”. Arndt (1967)
precisa che si tratta di “comunicazioni orali, person-to-person, tra un utente ritenuto
non commerciale (ossia un utente che non stia cercando di promuovere prodotti o
servizi ai fini commerciali) e un ricevente in merito a brand, prodotti, servizi, ecc” .
Enunciazioni del tutto simili sono state espresse da numerosi autori nel corso degli
anni (esempi: Harrison-Walker, 2001; Godes e Mayzlin, 2004; Wangenheim, 2005;
Liu, 2006; Gruen et al., 2006; ecc).
Bronner e De Hoog (2010) specificano che il Wom si riferisce alle sole tradizionali
fonti di informazioni off-line. Gli autori propongono l’esempio della scelta di una
vacanza: chiedere ad un amico di consigliare una località che ha già visitato e di cui
può assicurare la qualità è un tipico esempio di passaparola tradizionale.
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Il passaparola online, detto anche eWom dalla letteratura inglese (i.e. Electonic Word
of Mouth) viene invece definito da Stauss (2000) come “qualsiasi comunicazione,
positiva o negativa, formale od informale, fatta da consumatori, siano essi potenziali,
attuali o futuri, riguardo un prodotto, un servizio o un’azienda che sia rivolta ad una
moltitudine di destinatari via Internet”.
Si ripropone l’esempio della scelta di una vacanza di Bronner e De Hoog, questa volta
ipotizzando di voler ricorrere all’eWom: in questo caso, ad esempio, il giudizio medio
ottenuto da un prodotto su una scala a 10 punti pubblicato su un portale di
recensioni online rappresenta l’esempio del passaparola digitale.
Park e Lee (2009) hanno cercato di identificare le differenze tra le due tipologie di
passaparola. La divergenza sostanziale riguarda il tipo di piattaforma che ne permette
la diffusione: nel primo caso di tratta generalmente di giudizi e consigli forniti da
persone fisiche vicine al consumatore potenziale, mentre nel secondo si ricorre alla
tecnologia Internet. Da questa macro-differenza, evidentemente, ne nascono di più
sottili: in primo luogo l’eWom, rispetto al Wom, tende a svilupparsi non in maniera
bidirezionale come il Wom (ossia da un utente A ad un utente B legati generalmente
da un rapporto di natura affettiva o, in ogni caso, da un rapporto più o meno
continuativo nel tempo) ma in maniera multidirezionale (l’utente A scrivendo una
recensione su una piattaforma web indirizza il suo messaggio ad un numero
potenzialmente illimitato di destinatari). In seconda istanza, nel passaggio da Wom
ad eWom, si ha un radicale mutamento per quanto riguarda i rapporti tra gli utenti:
mentre nel passaparola tradizionale gli utenti che entrano in comunicazione,
tendenzialmente, si conoscono, nel passaparola online le recensioni appartengono ad
individui la cui identità è sconosciuta e con cui non si hanno legami forti di alcun tipo.
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Sun et al. (2006) sostengono che gli utenti si avvalgono maggiormente dell’eWom
rispetto al Wom proprio in considerazione della maggior velocità ed ampiezza di
confronto, della convenienza rispetto alla ricerca alternativa di informazioni e
dell’assenza di pressioni dovute al confronto face-to-face.
Godes e Mayzlin (2004) suggeriscono, inoltre, come l’eWom possa rappresentare il
superamento dei limiti intrinseci al traditional Wom e dunque porre rimedio
all’impossibilità di osservare lo scambio di informazioni durante le conversazioni
private degli utenti. Mediante l’evoluzione digitale del passaparola è stato infatti
possibile aumentare la trasparenza del fenomeno facendo sì, chiunque fosse
interessato, potesse usufruire delle altrui informazioni.
Inoltre, l’evoluzione dal Wom all’eWom ha coinciso con una nuova ed importante
opportunità per i ricercatori. Infatti, a differenza del passaparola off-line i cui effetti
sono difficili da definire a causa dell’intracciabilità del fenomeno, l’eWom è
misurabile in quanto le recensioni sono scritte e liberamente disponibili sui siti web
dedicati e quindi i marketers possono studiare più efficientemente l’attività recensiva
e costruire strategie di marketing ad hoc in maniera più consapevole (Park e Kim,
2008). Secondo Stauss (2000) il passaparola digitale ha assunto un ruolo vitale per gli
studiosi perché le piattaforme digitali dedicate sono gli strumenti per il passaparola
più usati dai consumatori, pertanto aumenta il numero di dati disponibili; perché la
comunicazione eWom sviluppatasi sui portali internet risulta avere un impatto più
forte sui consumatori rispetto al Wom e dunque i modelli scaturenti dallo studio di
eWom hanno una maggior predittività e, in ultima istanza, poiché i portali recensivi
forniscono informazioni riguardo ogni area di consumo.
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1.2. Effetti del passaparola sul comportamento del
consumatore e sulla profittabilità aziendale
Richins e Root-Shaffer (1988) affermano che il Wom tradizionale off-line ha da
sempre giocato un ruolo focale nel processo decisionale del consumatore e che
l’avvento di Internet ha esteso la possibilità di raccogliere informazioni su prodotti e
servizi da altri consumatori e di fornire agli stessi i propri consigli post-consumo
sfruttando il passaparola digitale.
La letteratura fornisce una serie di giustificazioni in merito al fatto che Wom ed
eWom impattano in maniera importante sul processo decisionale del consumatore.
Fodness e Murray (1999) e Schiffman e Kanuk (2000), descrivono come la ricerca di
informazioni sui canali preposti al passaparola permette di porre rimedio alla
mancata riconoscibilità della qualità del bene/servizio prima del consumo e, di
conseguenza, di ridurre l’incertezza e il rischio percepito intrinseco nell’atto di
acquisto, minimizzando altresì i potenziali effetti negativi di una scelta non ottimale.
Inoltre, il passaparola permette di ridurre i tempi e lo sforzo cognitivo associati al
processo decisionale, e di contribuire al raggiungimento di una più soddisfacente
soluzione (Bronner e De Hoog, 2010). Ancora, costituisce un modo per verificare le
informazioni fornite direttamente dagli operatori professionali, le quali possono
essere percepite come artifizi finalizzati al solo fine di promuovere la propria attività
(Litvin, Goldsmith e Pan, 2008). A tale proposito, Godes e Mayzlin (2004) aggiungono
che “è difficile immaginare altro canale che trasmetta la credibilità e l’importanza
della comunicazione interpersonale caratterizzante il passaparola”. Queste ultime
affermazioni sono confermate dalla ricerca di Yankelovich (2011) il cui risultato
afferma che il 75% dei consumatori non crede che le aziende dicano la verità nei loro
messaggi pubblicitari. La ricerca ha, inoltre, rivelato che le recensioni dei consumatori
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sono considerate 12 volte più affidabili delle descrizioni di prodotto realizzate
dall’azienda stessa. Lo stesso discorso vale per i clienti che consultano il sito ufficiale
dell’hotel: a seconda di una serie di fattori, tra il 25 e il 40% degli utenti che lasciano il
sito di un hotel lo fanno per cercare recensioni su quell’hotel stesso.
Un’ulteriore giustificazione del legame tra passaparola e processo decisionale del
consumatore è proposta da Godes e Mayzlin (2004), i quali suggeriscono l’idea che gli
individui siano influenzati dalle opinioni altrui: “gli agenti razionali possono ignorare
le informazioni che già detengono e favorire le informazioni dedotte dal
comportamento di altri agenti” creando una sorta di preferenza di massa verso una
soluzione universalmente accettata anche se, potenzialmente, non ottimale. Gli
stessi autori fanno altresì riferimento al concetto di “social contagion” per indicare la
tendenza di gruppi di persone omogenei ad assumere decisioni comuni
influenzandosi a vicenda e rinforzando poi le diffuse convinzioni.
L’influenza del passaparola sul processo decisionale di acquisto del consumatore si
riflette sulla produttività aziendale. Già le prime ricerche risalenti agli anni ’50
dimostrano sin da subito l’impatto che il passaparola ha sull’adozione di beni e il
processo di diffusione degli stessi (Martin e Lueg, 2011). Moltissimi sono gli autori
che hanno documentato tale fenomeno nel corso degli anni (Whyte, 1954; Arndt,
1967; Holmes e Lett, 1977; Liu, 2006; Clemons et al. (2006); ecc), pertanto è
ineludibile l’importanza del passaparola per gli operatori professionali operanti sul
mercato.
Attualmente molti studi testimoniano che il passaparola influenza positivamente la
business bottom line impattando su diversi aspetti: Chevalier e Mayzlin (2006) e Liu
(2006) verificano l’impatto del Wom sulle vendite; Gruen et al. (2005) l’impatto sulla