IV
Nel seguito l uso di particolari indici di correlazione (detti beta ) sono
stati introdotti con l intenzione di permettere analisi piø specifiche.
Nella valutazione quantitativa del rischio di recente si sono affermate
nuove metodologie spesso frutto della pratica finanziaria, come appunto
il Valore a Rischio (VAR) del quale ci occuperemo in questo lavoro di
tesi.
Per la letteratura standard si rimanda a >-2@ >02@ >'3@ per
sviluppi piø recenti segnaliamo invece >$5@ >'2@ >%(@
>(0@
Il VAR venne per la prima volta utilizzato dalle maggiori societ
finanziarie americane negli anni 80 per misurare il rischio dei loro
portafogli.
Da quel momento il suo uso Ł andato via via crescendo fino a trovare
una codifica normativa in ambito legislativo >%&D@, >%&E@
Tra i vantaggi del VAR c Ł quello di essere un metodo integrato che pu
prendere in considerazione differenti mercati e differenti tipologie di
rischio, combinando tutti i fattori di rischiosit in unico numero,
indicatore generale della pericolosit nelle posizioni assunte.
Supponiamo di essere i responsabili nella nostra compagnia per le
posizioni nel mercato estero. I dirigenti a capo della societ vorrebbero
sapere le perdite che potrebbero subire nell immediato futuro. Essi in
pratica vogliono conoscere qual Ł il rischio di mercato che la societ sta
prendendo.
Come rispondere a tale domanda? il Valore a Rischio pu essere lo
strumento piø utile e piø idoneo al tempo stesso per dare risposta al
problema posto.
Da un punto di vista tecnico il VAR Ł una stima, con un adeguato
intervallo di confidenza, delle massime perdite di un determinato
portafoglio in un determinato intervallo di tempo.
V
Il grado di confidenza Ł tipicamente posto al 95%, 97.5%, 99% etc.
L'orizzonte temporale d'interesse pu essere di un giorno, di una
settimana o di un mese a seconda delle esigenze specifiche.
Per il calcolo di tale stima sono richiesti come minimo i prezzi correnti
di tutte le attivit del portafoglio, le volatilit e le correlazioni tra di esse.
Approccio che sovente viene utilizzato nella pratica per ottenere queste
stime Ł quello dei dati storici.
In questo caso risulta di enorme importanza la qualit dei dati utilizzati.
Infatti, piccoli errori nella serie temporale possono influire
negativamente sul calcolo di queste variabili, e possono quindi creare
stime errate del rischio.
RiskMetrics della J.P. Morgan >02@ Ł un esempio piø che esauriente
dell utilizzazione di stime storiche calcolate e fornite da enti esterni.
Esso, nella pratica, consiste nella stima giornaliera delle volatilit e delle
correlazioni di un gran numero di tassi e prezzi, comprendendo le valute,
i tassi d interesse, le merci e gli indici.
Il calcolo delle diverse stime viene realizzato mediante aggiustamento
dei dati attraverso tecniche che danno maggior importanza a quelli piø
recenti piuttosto che a quelli piø vecchi: a tal fine, RiskMetrics utilizza
medie mobili esponenziali dei prezzi storici delle attivit , come base per
ottenere le stime della volatilit e delle correlazioni.
Nella letteratura finanziaria piø recente hanno trovato posto metodi
alternativi a quello usato da RiskMetrics come quelli basati sull uso di
modelli ARCH (Autoregressive Conditional Heteroskedasticity)
>(1@>%2@
Questi modelli si fondano sull evidenza empirica della variazione
temporale della varianza delle serie storiche esaminate.
VI
Per esempio, la figura successiva traccia il grafico del tassi di cambio
giornalieri dollaro/sterlina per il ventennio dal 1974 al 1994, per un
totale di 5192 osservazioni.
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
1
1
3
1
2
6
1
3
9
1
5
2
1
6
5
1
7
8
1
9
1
1
1
0
4
1
1
1
7
1
1
3
0
1
1
4
3
1
1
5
6
1
1
6
9
1
1
8
2
1
1
9
5
1
2
0
8
1
2
2
1
1
2
3
4
1
2
4
7
1
2
6
0
1
2
7
3
1
2
8
6
1
2
9
9
1
3
1
2
1
3
2
5
1
3
3
8
1
3
5
1
1
3
6
4
1
3
7
7
1
3
9
0
1
4
0
3
1
4
1
6
1
4
2
9
1
4
4
2
1
4
5
5
1
4
6
8
1
4
8
1
1
4
9
4
1
5
0
7
1
osservazioni
t
a
s
s
o
Questo tasso Ł stato molto piø volatile in alcuni periodi rispetto ad altri.
Variazioni nella varianza sono abbastanza importanti per comprendere i
mercati finanziari, poichØ gli investitori richiedono rendimenti maggiori
al crescere della rischiosit degli investimenti.
Una varianza che varia nel tempo, fenomeno che attribuisce alla serie la
denominazione di eteroschedastica, ha anche implicazioni per la
validit e l efficienza dell inferenza statistica sui parametri che regolano
le dinamiche dei prezzi, dei tassi, dei cambi, etc., etc.
I modelli ARCH e le loro successive generalizzazioni denominate
GARCH, presuppongono l analisi delle distribuzione di probabilit delle
variabili finanziarie in esame condizionate al loro comportamento
passato, perchØ quest aspetto informativo non pu andare perso nello
studio di una serie storica di dati finanziari.
VII
In termini tecnici, i modelli eteroschedastici in questione si fondano
sull assunzione che la varianza condizionata segua un processo di
tipo autoregressivo.
Le caratteristiche che la regressione presenta pu avere differenze piø o
meno accentuate a seconda della metodologia GARCH selezionata.
Nell ambito del nostro studio l attenzione verr rivolta su una particolare
specificazione, il GARCH esponenziale >1(@
Quale modello di interpretazione della varianza stocastica di serie
storiche, il GARCH esponenziale verr applicato in questa tesi nella
metodologia del Valore a Rischio come strumento per determinare una
stima adeguata dello scarto quadratico medio del rendimento dell attivit
finanziaria sottoposta ad esame.
Il lavoro che presentiamo Ł stato suddiviso nel modo seguente.
Nel Capitolo 1 illustriamo la moderna teoria del portafoglio nella
versione originaria di Markovitz e poi nella riformulazione che porta al
Capital Asset Pricing Model (CAPM).
Nel Capitolo 2 dopo una breve rassegna sui principali processi stocastici
parametrici, introduciamo i modelli eteroschedastici ARCH e GARCH.
Come gi detto, particolare attenzione viene rivolta al modello GARCH
esponenziale (EGARCH), preminente nella nostra analisi empirica
successiva, e sull algoritmo utilizzato nelle stime di massima
verosimiglianza necessarie a calibrare i parametri che lo regolano.
Il Valore a Rischio (VAR) Ł invece l argomento principale del
successivo Capitolo 3. Dopo una breve analisi tecnica e formale,
vengono presentate le motivazioni principali relative all adozione di
modelli delta-garch per la determinazione del VAR in un contesto
dinamico: la stima VAR va continuamente aggiornata ricalcolata
condizionatamente alle informazioni che si sono accumulate.
VIII
Si conclude l esposizione illustrando l impiego dell EGARCH
nell ambito nel calcolo del Valore a Rischio secondo studi condotti da
Hsieh >+6@.
Nel conclusivo Capitolo 4 descriviamo i risultati delle prove empiriche
effettuate sulla base dei modelli presentati in precedenza su dati
finanziari relativi al mercato italiano. Vengono presi in esame in
particolare l indice azionario Mib30 nonchØ alcuni titoli mobiliari.
Lo studio ci ha permesso di poter comparare il Valore a Rischio
mediante differenti procedure di stima della varianza.
Questi risultati, infatti, hanno messo in mostra le diverse caratteristiche
del modello GARCH esponenziale rispetto ad un GARCH semplice.
A titolo di esempio, nella figura successiva Ł raffigurato l andamento del
VAR ottenuto sul titolo Banca di Roma con le due distinte procedure di
stima sopra citate.
0
0.05
0.1
0.15
0.2
0.25
0.3
0.35
0.4
gen-85 gen-86 gen-87 gen-88 gen-89 gen-90 gen-91 gen-92 gen-93 gen-94 gen-95 gen-96 gen-97 gen-98 gen-99 gen-00
osservazioni
V
A
R
GARCH(2,1) EGARCH
Altro aspetto interessante ci viene fornito invece dal confronto dei
risultati conseguiti mediante metodologie di calcolo differenti dai
modelli GARCH.
IX
Nel concreto si Ł fatto uso degli studi portati a termine dalla laureanda
Cascegna Liliana >&$@ circa la metodologia CAVIAR >(0@.
A tale proposito, nella figura successiva si possono osservare le
differenze che sono state riscontrate calcolando il VAR sul titolo Banca
Toscana.
0
0.05
0.1
0.15
0.2
0.25
0.3
0.35
0.4
0.45
0.5
mag-86 mag-87 mag-88 mag-89 mag-90 mag-91 mag-92 mag-93 mag-94 mag-95 mag-96 mag-97 mag-98 mag-99
osservazioni
V
A
R
GARCH(1,2) CAVIAR EGARCH
In generale, i risultati hanno mostrato una certa somiglianza delle
metodologie adottate, soprattutto riguardante proprio la determinazione
del Valore a Rischio su titoli azionari.
1
ff1325
1 2
1 2
1 2
1) LA SELEZIONE DEL PORTAFOGLIO: UN INTRODUZIONE
La Selezione del Portafoglio proposta originariamente da
H.Markowitz nel 52, rappresenta indubbiamente uno degli argomenti
piø classici della moderna teoria finanziaria [EG95].
Essa si propone di studiare la migliore ripartizione di un capitale tra piø
investimenti il cui rendimento Ł in generale aleatorio.
Nel corso della trattazione, prenderemo in esame esclusivamente
investimenti in titoli finanziari.
Al rendimento aleatorio Ł associato il concetto di rischio, ossia, la
possibilit che a fronte di un investimento si possa riscontrare un valore
futuro inferiore rispetto a quello che Ł il valore atteso.
Indicheremo con Ri la variabile casuale che descrive il tasso di
rendimento del titolo i (per i=1,2, n) in un certo intervallo di tempo
[0,T].
Siano inoltre, µi=E(Ri) e σ2i=E(Ri-µi)2, la media e la varianza di Ri per
i=1,2, n.
2
La varianza del rendimento, o il suo scarto quadratico medio
σi= 2)( iiRE µ− , saranno assunti come indicatori statistici o misure della
rischiosit di un titolo.
Questo punto di vista sar mantenuto anche nel seguito assieme
all ipotesi di considerare le variabili Ri distribuite in modo normale,
cosicchØ, i soli valori della media e della varianza sono sufficienti a
determinare l intera distribuzione, ovvero, equivalentemente, tutti i suoi
momenti.
Presupposto alla teoria di Markowitz che intendiamo presentare, sono i
seguenti ragionevoli criteri che risultano ben illustrati dal grafico
seguente:
Ogni punto del piano costituisce una ipotetica combinazione tra
rendimento atteso e rischio che potrebbe essere selezionata.
Noi abbiamo immaginato, per semplicit , di poter scegliere solo tra
cinque differenti possibili aggregazioni rischio-rendimento (i punti
1,2,3,4,5).
3
Nella valutazione viene invocato il principio di non saziet : per
l individuo, a parit di rischio, una ricchezza maggiore Ł preferita ad una
ricchezza minore.
Selezionando un livello di rischio pari al 30%, Ł indubbio che la scelta
migliore ricadrebbe sull investimento 5 dotato di un rendimento
maggiore, 20%, piuttosto che le combinazioni 2 e 4.
Invece, se cercassimo di contrarre il rischio prefissandolo ad un valore
inferiore a quello precedente (20%), risulta conveniente far cadere la
scelta sulla combinazione 1 in grado di garantire anch essa un maggiore
rendimento rispetto al punto 3 dotato del medesimo livello di rischio.
Pertanto, sulla base del principio invocato, questo modo di procedere
esclude le opportunit 2, 3 e 4 restringendo la scelta ad 1 e 5.
Vedremo piø avanti che per decidere tra 1 e 5, o tra eventuali mix di
quote tra questi due titoli, Ł necessario specificare gusti e preferenze
dell individuo che opera la scelta.
Supponiamo ora di avere un portafoglio P composto da n titoli differenti.
Indichiamo con xi la frazione del capitale disponibile investita nell i-
esima attivit e assumiamo inoltre che tutto il capitale venga impiegato
nell investimento, quindi:
(1.1) 1
1
=∑
=
n
i
i
x
Il rendimento del portafoglio P per definizione sar pari a:
(1.2) ∑
=
=
n
i
iiP RxR
1
.
Ne consegue che, il rendimento atteso Ł dato da:
4
(1.3) ∑
=
=
n
i
iiP RExRE
1
)()( .
Il rischio del portafoglio P viene identificato con il valore della varianza
di RP.
Per due fissati titoli i e j, sia σij il valore della covarianza tra i rispettivi
rendimenti:
(1.4) )])([(),cov(
jjiijiij
RRERR µµσ −−==
Da questa relazione segue che, il rischio di un portafoglio costituito da
questi due titoli solamente con quote (xi,xj) Ł data da:
(1.5)
ijjijjiiP xxxx σσσσ 2
22222 ++=
Generalizzando al caso di n titoli, il valore del rischio, invece, risulta
dato dalla seguente espressione:
(1.6) ∑ ∑∑+=
i i j
ijjiiiP xxx σσσ 2
222
per i>j
oppure:
(1.7) ∑ ∑∑+=
i i j
ijjiiiP xxx σσσ
222
per i≠j
Secondo Markovitz, un portafoglio P verr selezionato prendendo in
esame il suo livello di rischio σP ed il suo rendimento atteso E(RP) e
nessun altro tipo di informazione.
5
L obiettivo dell investitore sar in prima istanza quello di selezionare
quei portafogli che a parit di rendimento comportino il minimo rischio.
Le correlazioni tra i vari titoli giocano un ruolo chiave in tale processo
decisionale.
Spesso si preferisce per descrivere questo comportamento, prendere in
esame i valori dei coefficienti di correlazione:
(1.8)
ji
ij
jjii
jjii
ij
RERE
RRE
r
σσ
σ
µµ
µµ
=
−−
−−
=
22
)()(
)])([(
invece delle covarianze σij, per le particolari propriet di cui esso gode.
A differenza infatti della covarianza, che pu assumere valori tra +∞ e -
∞, il coefficiente di correlazione Ł sempre compreso tra +1 e 1.
Vale la pena di considerare, gi da ora, i casi limite dei valori del
coefficiente di correlazione ed il significato ad esso attribuibile:
• quando rij=1, il che implica sicuramente che σij>0, allora le due
variabili si dicono correlate perfettamente in modo positivo: i
rendimenti dei due titoli crescono assieme o decrescono assieme;
• quando rij=0, il che corrisponde ad un σij nullo, gli andamenti delle
variabili Ri e Rj non risultano tra loro correlati;
• quando rij=-1, il che implica un σij<0, allora le due variabili sono
perfettamente correlate in modo negativo, cioŁ, i rendimenti si
muovono in direzione opposta: quando un titolo ha un rendimento
crescente, il rendimento dell altro decresce e viceversa.
E evidente perci che, detenere in portafoglio due o piø titoli tra loro
perfettamente correlati in modo negativo, aiuta a mantenerne invariato il
valore contenendone il rischio.
6
Bisogna precisare per che, nei mercati reali, specie se domestici, Ł
generalmente difficile trovare dei corsi che verificano una tale
condizione.
2) LA DIVERSIFICAZIONE
L equazione (1.7), calcolata nel precedente paragrafo, fornisce il rischio
di un portafoglio come somma del rischio dei singoli titoli aumentato
d'una componente aggiuntiva di rischio che deriva dalla relazione
intercorrente tra essi.
Dalla definizione del coefficiente di correlazione, si ricava che σiσjrij=σij
e sostituendo nella (1.7) si ottiene:
(2.1) ∑ ∑∑ ∑ ∑+=+=
i i j i j
ijjijiiiijjijiiiP rxxxrxxx ][
2222 σσσσσσσ
dove la seconda sommatoria sono su (i,j) tale che i≠j.
Il termine entro la parentesi quadra rappresenta il contributo che il
generico titolo i apporta al rischio del portafoglio e pu essere scomposto
in due componenti:
• xiσ
2
i che rappresenta l incertezza del rendimento del titolo stesso;
maggiore Ł il valore di σ2i maggiore Ł la rischiosit del titolo i in
termini assoluti; ovviamente quanto minore Ł la partecipazione del
titolo al portafoglio in termini di valore (cioŁ quanto Ł minore xi)
tanto Ł minore tale contributo al rischio;
7
• ∑
j
xjσiσjrij che quantifica il rischio derivante della correlazione con
gli altri titoli presenti nel portafoglio (piø alto Ł il valore di rij
maggiore sar σ2P).
Ci significa che l inclusione del titolo i sar valutato in maniera diversa,
se inserito in portafogli diversi, a seconda dei differenti valori assunti dal
coefficiente di correlazione.
Questo aspetto Ł molto importante perchØ introduce vantaggi notevoli di
contrazione del rischio di portafogli dovuta alla diversificazione, cioŁ
all inclusione di un mix elevato di titoli.
Con l aumentare del numero n di titoli presente nel portafoglio (n→∞),
la quota di capitale riservata ad ognuno di essi si riduce sempre piø
(xi→0).
Quindi quella che Ł stata individuata come la componente specifica di
rischio (xiσ
2
i) tender a ridursi progressivamente lasciando maggiore
importanza al secondo termine (xjσiσjrij), nel quale gioca un ruolo
fondamentale il coefficiente di correlazione.
Quando la diversificazione Ł lasciata al caso (la cosiddetta
diversificazione semplice o naif ) ignorando il valore delle covarianze,
non sempre si riesce ad ottenere una forte riduzione del rischio.
Supponiamo ad esempio di ripartire in modo identico le risorse tra gli n
titoli, allora per xi=(1/n ) abbiamo dalla (2.1):
(2.2) ∑ ∑∑+=
i i j
ijjiiP rnnn σσσσ )
1)(1()1( 222
e poichØ σij=σiσjrij
(2.3) ∑ ∑∑+=
i i j
ijiP nnn σσσ )
1)(1()1( 222