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sull’apertura di musei e chiese e le disposizioni adottate per accedere a ristoranti, bar e
stabilimenti balneari in totale sicurezza.
Prima il blocco di tutte le attività turistiche con perdite pesanti, poi l’incertezza della
ripresa suddivisa in tre fasi, quindi la speranza che la pandemia porti un turismo diverso: più
sostenibile, più attento all’ambiente ed alle comunità, ma non per questo meno piacevole.
4.3 Le sfide e opportunità per il turismo post-coronavirus: punti di vista a confronto
Il tema dell’impatto sul turismo dell’emergenza sanitaria Covid-19 è di particolare
interesse per il nostro paese. In questo paragrafo vengono riportate le opinioni di una serie di
attori intervistati
28
ai quali ho chiesto di rispondere alle seguenti domande
▪ La crisi ha messo a nudo la fragilità del mondo globalizzato che, proprio perché troppo
mobile e troppo interconnesso, ha favorito la propagazione del virus che lo ha
paralizzato. È possibile che inizi un’era di de-globalizzazione turistica? Come cambierà
il modo di viaggiare?
In questo momento così particolare di “congelamento della globalizzazione”, l’ambito del
turismo risulta essere infatti quello più compromesso, sia per i problemi legati al distanziamento
fisico e al rispetto delle norme igienico-sanitarie, sia per il conseguente aumento dei costi del
trasporto aereo, che limiteranno fortemente i flussi di persone, spostando l’attenzione verso il
mercato interno di prossimità, dal turismo internazionale a quello nazionale.
Viaggiare in aereo per i prossimi mesi non sarà più come prima e le compagnie aeree low
cost sono quelle che rischiano di più. È questa la prima conseguenza evidente della crisi per la
neopresidente di Federturismo Confindustria Marina Lalli, secondo la quale le compagnie, per
poter rimanere sul mercato, saranno costrette a rivedere il loro modello di business che si fonda
su comportamenti sociali che oggi - e probabilmente ancora per un po’ - saranno impraticabili.
Anche il trasporto aereo si dovrà avviare verso una rimodulazione, che sarebbe stata comunque
inesorabile seppur più lenta.
«La crisi ha messo a nudo la fragilità del mondo globalizzato, ma anche la sua forza e la sua
resilienza. È vero che in un mondo interconnesso, i virus si diffondono più rapidamente, ma ciò
vale anche per le idee, le ricerche scientifiche, gli aiuti e le merci» (Intervista n. 3).
28
Sono state effettuate n. 6 interviste, per il dettaglio si veda l’Allegato 1.
169
Con questa affermazione l’europarlamentare Patrizia Toia, Membro Sostituto della
Commissione Trasporti e Turismo, sottolinea l’aspetto positivo della globalizzazione, intesa
come flussi di informazioni che si muovono liberamente nel tempo e nello spazio. L’attuale
pandemia infatti è la prima in cui la sequenza genetica del virus è stata subito messa online a
disposizione di tutti i ricercatori del mondo. Inoltre, in Europa, grazie all’Ue, si è riusciti a
garantire la libera circolazione delle merci e i supermercati sono rimasti pieni, anche dopo i
primi assalti dei consumatori che hanno fatto scorte. L’eurodeputata non crede affatto alle tesi
sulla fine della globalizzazione.
Il presidente dell’ENIT – Agenzia Nazionale per il Turismo, Giorgio Palmucci non
pensa che la crisi possa essere considerata come l’inizio di un’era di de-globalizzazione del
turismo, piuttosto è propenso a parlare di una diversa distribuzione dei flussi e di un rinnovata
riscoperta degli spazi e delle località meno esplorate. In questo senso, senza volerlo, osserva, il
Covid-19 ha realizzato la strategia di ENIT di un turismo a valore. La graduale ripresa dei viaggi
e della fiducia farà sì che si punti prima alle mete domestiche o di prossimità, secondo Palmucci
che aggiunge:
«Ripartiremo, magari piano piano e con tutti gli accorgimenti del caso e l’economia turistica si
riprenderà. L’Italia e il mondo più che mai in questo momento hanno bisogno di senso di
appartenenza e di responsabilità: ciascuno è nelle mani dei comportamenti dell’altro» (Intervista n.
1).
Sarà utile prendere informazioni sui protocolli adottati dalle singole regioni o dagli Stati esteri
che si vanno a visitare. Certo in una prima fase mancheranno gli americani, gli asiatici e i russi,
turisti per i quali l'Italia rappresenta la meta di preferenza. Il presidente dell’ENIT ricorda che in
Italia il comparto turistico incide, nel 2018, per il 13,2% del PIL nazionale, pari ad un valore
economico di 232,2 miliardi di Euro. Il turismo rappresenta il 14,9% dell’occupazione totale,
per 3,5 milioni di occupati. Nel 2019 gli arrivi degli italiani sono stati 64,6 milioni; le presenze
215,3 milioni, mentre quelli degli stranieri sono stati 63 milioni, per 218,8 milioni presenze. In
totale, si sono contati 127,5 milioni di arrivi e 434,1 milioni di presenze. Il 2019 è stato un anno
positivo: rispetto al 2018 si era registrato un aumento del 2,3% dei viaggiatori stranieri, del
4,8% delle presenze, del 6,6% della spesa. Le presenze italiane sono cresciute dell’1,4%. Nel
trimestre giugno-agosto 2019, le presenze degli stranieri erano salite dell’1,1% a 210,4 milioni.
Palmucci si mostra fiducioso che tutto riprenderà con più grinta e sarà una sfida al rinnovamento
e al posizionamento con nuove energie sui mercati.
Relativamente alla globalizzazione e alla sua influenza negativa sul turismo, Stefan
Marchioro, responsabile dei progetti territoriali e governance del turismo presso la Direzione
Turismo della Regione Veneto, ritiene che essa abbia avuto in realtà un limite “anche
170
economico”, prima ancora che turistico. Lo studioso critica fortemente la globalizzazione
economica, relativa al settore industriale italiano, per aver favorito una graduale e costante
delocalizzazione verso “paesi più competitivi”: prima in Romania, poi sempre più a Est del
mondo, anche nel Sud-Est asiatico, in cerca del “prezzo più basso”. In questo modo l’Italia è
diventata sempre meno competitiva perché, spiega:
«Abbiamo assistito a un fenomeno di “globalizzazione non governata” che ha portato anche dei
forti scompensi perché, banalmente, anziché esportare democrazia, abbiamo importato riduzioni di
stato sociale, meno tutele e meno welfare» (Intervista n. 2).
Secondo Marchioro, invece, la globalizzazione “andava gestita e governata” come tutti i grandi
fenomeni per evitare che s’indirizzi verso percorsi di “non sostenibilità”. Lo sviluppo sostenibile
è infatti uno sviluppo guidato (Lanzalaco 2009; Messina 2019).
Da esperto di politiche del turismo, prevede che il turismo torni a riprendersi, in
continuità con la curva del 2019, a partire dal 2023, e che per il momento cambierà il modo di
viaggiare nel breve periodo, ma non è scontato che cambi nel medio e lungo periodo. C’è la
dinamica di breve periodo e l’esperienza che ci dicono che, dopo un certo intervallo, i flussi
ricominciano. Molto dipenderà però anche dall’apertura delle frontiere e da come si evolverà la
situazione che, secondo lo studioso, appare molto incerta e soggetta a continue evoluzioni:
«Nessuno di noi ha la sfera di cristallo! È difficile dirlo adesso! Ci vorrà del tempo prima che si
capisca cosa succederà da qui all’autunno, perché non c’è nessuna certezza» (Intervista n. 2).
Tuttavia, Marchioro si mostra preoccupato da una reazione che ha osservato negli individui che:
«sono ripartiti quasi a razzo, come se ci fossimo già dimenticati del lockdown»; bisogna anche
“ben sperare” nei comportamenti segmentati della domanda che, ricorda l’esperto, non è unica,
ma variegata:
«Basti pensare alla differenza di reazione nelle fasce di popolazione rispetto alle riaperture post-
Covid: i ragazzi, ad esempio, rivendicano di più un maggiore riappropriarsi dei loro spazi, delle
loro modalità, mentre altre fasce di popolazione sono più prudenti» (Intervista n. 2).
Per il momento, lo scenario che si ha davanti è alquanto mobile e variabile e molto dipenderà
dalla frequenza e dall’intensificarsi dei fenomeni, perché tante sono le variabili che possono
modificarli. In un contesto di grande incertezza, informazioni più puntuali e notizie sempre
attendibili possono fare la differenza sia per i turisti che per gli operatori e, in proposito,
osserva:
«È chiaro che non è cattiveria nei nostri confronti, ma le immagini dei camion con le bare che
escono da Bergamo hanno lasciato nell’opinione pubblica straniera un segno molto forte, com’è
normale che fosse e che succedesse. Sento amici e parenti che ho in Germania, che sono stati
molto colpiti e sono molto solidali da questo punto di vista con noi: è difficile per uno che ci vede
da Amburgo distinguere benissimo tra Bergamo e Padova; chi viene da Bayern da 20 anni sul
171
Garda o sulle nostre spiagge, sa benissimo noi cosa siamo e qual è un altro posto, o conosce bene i
luoghi, quindi, sa distinguere tra i due luoghi» (Intervista n. 2).
Per l’esperto l’estate 2020, anche se le frontiere sono aperte, sarà al 90% di turismo interno,
almeno finché se non c’è un elemento di rassicurazione, e maggiore sicurezza. In proposito
osserva:
«Si può dire che con l’abbattimento del muro di Berlino o con le Olimpiadi di Pechino sono state
abbattute le barriere geopolitiche, quindi abbiamo conquistato la grande libertà di viaggiare; ma gli
attentati dell’Isis hanno rimesso in discussione la stessa libertà, perché, quello che non hanno fatto
le barriere geopolitiche, lo hanno fatto la paura e le misure di sicurezza, in modo diverso. Adesso
dovremmo imparare a convivere con le misure di sicurezza» (Intervista n. 2).
Marchioro dunque nell’immediato vede un’attenzione maggiore verso destinazioni più
ecosostenibili, più sicure e più attente alla sicurezza personale e all’aspetto sanitario.
Dal canto suo, l’europarlamentare Patrizia Toia, se da un lato riconosce che nel breve
termine il settore turistico dovrà affrontare la crisi durissima causata dalla pandemia, dall’altro,
si mostra ottimista sul suo futuro. «Il turismo continuerà a esistere e a crescere» (Intervista n. 3)
afferma, nonostante le enormi perdite economiche che si registreranno a livello mondiale ed
europeo. Infatti, fa notare, che l’Organizzazione Mondiale del Turismo prevede per il 2020 un
calo tra il 60 e l’80% rispetto all’anno precedente, con perdite stimate tra 840 e 1.100 miliardi di
Euro. Un crollo, osserva l’eurodeputata, che colpirà soprattutto l’Unione Europea dal momento
che l’Europa è la prima destinazione turistica al mondo e che il settore rappresenta il 10% del
PIL comunitario e il 13% di quello italiano. Molte persone perderanno il lavoro e la loro fonte di
reddito e questo è drammatico se si pensa che spesso le aree che vivono di turismo sono quelle
dove non ci sono molte altre possibilità economiche. Per questo l’onorevole ritiene importante
che l’Unione Europea aiuti le aziende a superare la crisi di liquidità e sostenga le famiglie e i
lavoratori a mantenere i propri livelli di reddito.
Come mette in luce Lalli, il Covid-19 ha paralizzato l’intera filiera turistica, sarà quindi
inevitabile una ripercussione sul modo di fare turismo e anche la capacità di spesa di molti
connazionali non sarà più quella di prima. Anche la presidente di Federturismo si mostra molto
fiduciosa sulla ripresa: «Il settore ripartirà come negli anni Cinquanta e Sessanta, quando
eravamo turisti a casa nostra, accantonando per un po’ le destinazioni a lungo raggio per
riscoprire le bellezze dell’Italia» (Intervista n. 4). Nell’immediato sarà un turismo di prossimità.
La natura e i piccoli borghi, il turismo lento e le bellezze del nostro Paese saranno la prima
soluzione per il rilancio del settore in tempi di distanziamento sociale. Per la ripresa dei viaggi
verso destinazioni più lontane bisognerà attendere la primavera 2021 quando la scelta ricadrà su
Paesi che offrono comunque grandi spazi e natura illimitata come la Namibia, il Canada,
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l’Australia, il Nord Europa. E poi i deserti, in particolare quelli dell’Asia Centrale. In attesa che
tutto torni come prima. Gli stranieri arriveranno di nuovo, ma per loro occorrerà attendere un po'
più di tempo. Per vedere in Italia lo stesso numero di turisti internazionali del 2019 dovremo
aspettare il 2023.
Non fa previsioni la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi la quale crede sia
ancora presto per farne. Molto dipenderà da quanto durerà l’emergenza legata al Covid-19 e dai
tempi in cui arriverà il vaccino o farmaci in grado di curare il contagio. Di certo le distanze nel
mondo dopo il Coronavirus si sono molto allungate e la facilità dei nostri spostamenti, in questo
momento, ha subito un brusco ridimensionamento. Le tendenze attuali dicono che c’è già stato
un cambio di abitudini e che la maggioranza degli italiani resteranno in patria per le proprie
vacanze. Vedremo come saranno i flussi dall’estero verso il nostro paese, ma in questo momento
sembra evidente che si tende a evitare, ove possibile gli spostamenti aerei. Di certo, sottolinea, il
nostro modo di viaggiare, non solo per turismo, ma anche per lavoro, subirà un grande
cambiamento.
Il turismo è sempre stato molto resiliente e nelle precedenti crisi che lo hanno colpito ha
mostrato una veloce capacità di ripresa, questo aspetto è stato evidenziato dalla deputata del
Parlamento Europeo Toia che afferma: «È un fenomeno che abbiamo già visto accadere negli
anni passati con le varie crisi, dall’11 settembre alla SARS, alla crisi economica a quella del
terrorismo. Le crisi precedenti ci insegnano che è un settore che ha la capacità di riprendersi
molto velocemente» (Intervista n. 3). Infatti, chiarisce l’europarlamentare, dopo l’attacco alle
Torri Gemelle l’11 settembre nel 2001 ci sono voluti solo sei mesi per tornare alla crescita degli
arrivi internazionali, dopo la SARS, nel 2003, ci sono voluti cinque mesi e dopo la crisi
economica globale nel 2009 ci sono voluti 10 mesi.
Marchioro, dal canto suo, sottolinea la facilità con cui gli individui dimenticano
situazioni di paura:
«La memoria dell’uomo nel bene e nel male è labile: lo abbiamo visto con l’attentato alle Torri
Gemelle, quando tutti dicevamo che nulla sarebbe mai più stato come prima - chi ha una certa età,
ricorda bene dov’era l’11 settembre di quell’anno - però poi, dopo sei mesi e dopo un anno
abbiamo ricominciato a viaggiare verso gli Usa e gli americani hanno ricominciato a viaggiare in
Italia» (Intervista n. 2).
Inoltre, Marchioro mette in luce come la crisi attuale sia molto diversa da quelle precedenti che
erano geolocalizzate:
«Gli attentati alle Torri Gemelle sono avvenuti negli Usa, l’epidemia della SARS, la prima volta,
ha coinvolto alcuni paesi, gli attentati nelle capitali hanno riguardato alcune realtà. Quella attuale –
chiarisce - ha investito globalmente il pianeta e ci vorrà più tempo per riassorbirla, ammesso che
non intervengano altri fattori di crisi a rinnovare i timori e la paura» (Intervista n. 2).
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▪ Come evolverà il turismo post-pandemia? Quali le sfide e opportunità che proporrà il
cambiamento causato dall’emergenza da Coronavirus?
«La sfida del Covid è quella di tutte le grandi crisi globali: per superarla bisogna imparare a
lavorare insieme come cittadini europei, dobbiamo uscire dal nostro piccolo guscio locale o
nazionale e fare passi avanti nel processo di integrazione» (Intervista n. 3).
È questo il punto di vista dell’europarlamentare Toia secondo la quale la filiera del turismo si
riprenderà solo con standard comuni europei a livello di sicurezza dei trasporti e delle strutture
di accoglienza, di app di tracciamento e di sorveglianza sanitaria del territorio.
Toia si sofferma sull’importante ruolo dell’Unione Europea e sulla solidarietà e integrazione tra
gli Stati membri per superare la crisi:
«Non ci arriveremo senza dare più poteri all’UE. Dovremmo imparare la lezione delle linee guida
del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC), disattese da quasi
tutti gli Stati membri perché la sanità è una prerogativa nazionale, e dal pessimo spettacolo dato
dai Governi che invece di concordare standard comuni per la riapertura delle frontiere in vista
dell’estate hanno litigato per decidere quali Paesi escludere. Non è così che possiamo dare
garanzie e sicurezza ai viaggiatori dei Paesi terzi» (Intervista n. 3).
Per questo, aggiunge il membro della Commissione turismo, la sfida dell’integrazione è anche
una grande opportunità di crescita e di cooperazione tra gli Stati.
Questa crisi può costituire, come suggerisce la prof. P. Messina, un’occasione unica per
un cambiamento di paradigma dello sviluppo economico di stampo neoliberista, di cui il
turismo, trasformatosi da “piacere” in “ipercinesi di massa”, è stato a lungo espressione.
«Questo infatti è il momento ideale sia per ripensare le destinazioni turistiche in una dimensione
sostenibile e di responsabilità sociale – valorizzando e integrando l’uso delle nuove tecnologie –
sia per riscoprire dimensioni che vadano incontro al maggiore interesse per la natura, le attività
all’aperto, mete regionali e di prossimità, accompagnate da una nuova cultura dell’accoglienza,
intesa come cura e attenzione per l’ospite e per il luogo che “ospita”. Per le piccole destinazioni
questa potrà essere un’occasione per attivare forme di collaborazione agile di filiera, in grado di
generare comunità creative e resilienti» (Intervista n. 5).
La presidente di Federturismo Lalli ha un punto di vista molto simile: «Ci troveremo di
fronte a un nuovo turismo in cui si privilegeranno le destinazioni a bassa densità turistica, gli
spostamenti in aereo diminuiranno e assisteremo ad un ritorno alla villeggiatura stanziale»
(Intervista n. 4). Sarà un turismo più qualitativo, rispettoso dell’ambiente e accessibile. Una
tendenza suggerita dal rischio al quale ci ha sottoposto la pandemia che, però, può diventare,
grazie ad una consapevolezza diversa, un’occasione dalla quale ripartire per rivedere e costruire
una nuova proposta turistica destagionalizzata e competitiva. Un’opportunità per affrontare con
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decisione il problema degli spostamenti verso le aree interne, per non accontentarsi più di un
turismo “mordi e fuggi”, limitato alle località più note, ma in grado di offrire ai turisti la
conoscenza delle tante bellezze paesaggistiche e artistiche di cui è ricco il nostro Paese.
Anche la responsabile WWF Donatella Bianchi ritiene che l’emergenza sanitaria legata
al Covid-19 e la crisi economica che ne sta derivando modificheranno in modo strutturale molte
delle nostre attività economiche che stanno subendo pesanti ripercussioni. È di ogni evidenza
che la filiera del turismo nel nostro paese sarà tra le più colpite e proprio per questo è necessario
immaginare un cambio di paradigma che metta in sicurezza un settore cruciale per il Paese. Un
potenziale antidoto a questa crisi sta nella bellezza dell’Italia che, oltre ad essere un serbatoio
enorme di arte, cultura e storia, è un posto unico per la natura e la biodiversità che custodisce.
Inoltre la sfida principale sarà quella di valorizzare al meglio la ricchezza naturale che
caratterizza il Bel Paese dando più protagonismo alle aree protette e ai parchi nazionali come
luoghi pieni di natura e di salute, cruciali per il nostro benessere. L’opportunità è quella di
riformare l’ambito puntando sulla qualità in modo da evitare fenomeni di turismo “mordi e
fuggi”:
«Dobbiamo migliorare la nostra offerta turistica collegandola ad un sistema esperienziale che, oltre
a mettere in contatto i visitatori con la bellezza artistica, storica e naturale dell’Italia Paese crei
anche una consapevolezza sull’importanza di rispettare, tutelare tanta bellezza» (Intervista n. 6).
La bellezza del nostro Capitale Naturale deve dunque, per Bianchi, essere alla base di un nuovo
modello di turismo sostenibile e diffuso.
Un’opportunità per rivedere il sistema è anche suggerita da Marchioro, secondo il quale
occorre puntare di più sulla qualità, sui nuovi “tematismi” di prodotto, sull’innovazione e sulla
differenziazione. Un cambiamento che, secondo l’esperto era già “nell’aria” e ha ricevuto anche
una forte accelerazione dal Covid-19. Marchioro, infatti, intravede la presenza di altri fattori che
hanno determinato un cambio nella domanda, come quelli climatici. Tale questione, osserva, è
molto avvertita soprattutto nei mercati nord-europei di lingua tedesca dove c’è molta attenzione
verso l’ambiente. In proposito rivela che da italo-tedesco, grande utilizzatore di mezzi di
trasporto pubblici, lo scorso anno, recandosi a Berlino in treno ha visto che anche molti
connazionali preferivano usare i mezzi pubblici per diverse motivazioni, tra cui quella di
“concorrere all’abbattimento di CO2”.
Per Marchioro, l’attenzione verso l’ambiente e verso la sostenibilità ha subìto
sicuramente un’ulteriore attenzione da parte dell’opinione pubblica, quindi è probabile che il
fenomeno che si sta ancora in parte vivendo, accentui alcune tendenze. Il tema dell’ambiente
che, in alcuni paesi, è molto sentito, in altri paesi, potrebbe subire una controtendenza, perché
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banalmente, purtroppo, i mezzi pubblici, potrebbero subire un arretramento da questa situazione,
anche a causa del distanziamento sociale.
Marchioro chiarisce ulteriormente come la deforestazione del pianeta, gli allevamenti
intensivi e tutta una serie di altre dinamiche, tra cui la finanziarizzazione dell’economia, ovvero
una formula di sviluppo economico che si basa solo sul capitale finanziario e non sulla
produzione, né sulla vera applicazione di veri mezzi di produzione, stessero già conducendoci in
tutt’altra direzione. Secondo Marchioro perché:
«Il cambiamento del modello di sviluppo è un tema che dobbiamo porci e dobbiamo porre alle
generazioni future, altrimenti non c’è sostenibilità né economica, né sociale, né tantomeno
ambientale. Questo tema deve fare avvertire la consapevolezza, perché le pandemie, insieme ai
cambiamenti climatici, sono una conseguenza, un effetto che si avvertirà sempre più
frequentemente» (Intervista n. 2).
Purtroppo, questa consapevolezza non è stata ancora interiorizzata: «Basta vedere gli Usa, che
vogliono disattendere i protocolli di Kyoto, i comportamenti di Bolsonaro in Brasile e della
stessa Cina» (Intervista n. 2).
Per Marchioro, le grandi crisi (e questa è una grande crisi non solo epidemiologica, ma
anche economica, i cui effetti dureranno a lungo, cinque volte in più rispetto a quella prodotta
dal crack Lehman Brothers) devono indurre a cambiare rotta e modello di sviluppo, e in questo
senso, chiarisce, sono un’opportunità. Il problema vero è che in EU si ha un modello di stato
sociale che tende a temperare in parte gli effetti della crisi, mentre in altre parti del mondo
questo non avviene (lo si nota con i milioni di licenziamenti che si sono verificati negli Stati
Uniti, senza nessun ammortizzatore sociale).
Marchioro ha una visione molto negativa: «Siamo sull’orlo del precipizio; non c’è più
tempo e dobbiamo invertire la rotta, molto più rapidamente di quanto stiamo facendo, come
modello di sviluppo economico e anche di capitali» (Intervista n. 2).
L’esperto è infatti consapevole di come sia difficile cambiare rotta nel turismo perché,
accanto alla questione della sostenibilità, c’è anche quella della redditività: la sostenibilità è
anche sociale ed economica e deve concentrarsi assolutamente anche sull’altro asset, altrimenti,
afferma:
«Nel breve periodo potremmo anche riprenderci, riuscire a recuperare, ma nel lungo periodo non si
riuscirà. Ci sono imprenditori “illuminati” che hanno compreso questo, ma non basta. Non si può
contare sui singoli, bisogna ragionare a livello di destinazione, di territori. Quando parlo di turismo
parlo sempre di territori, non di singola impresa; l’impresa è giusto che faccia l'impresa; è la
visione delle destinazioni che deve cambiare» (Intervista n. 2).
Entra dunque in gioco il modo in cui si fa turismo, bisogna adeguare la propria visione: non più
solo dal punto di vista dell’impresa, ma anche con il governo del territorio, con il
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coinvolgimento delle comunità ospitanti. «Questa è ormai, per chi fa turismo, una regola
assodata» (Intervista 2), sottolinea Marchioro. Tuttavia, su un ritorno al turismo pre-covid si
mostra molto scettico e si chiede se sia davvero auspicabile “ricominciare” dal modello turistico
precedente basato solo sulla quantità, sui numeri in crescita esponenziale, insomma, su un
turismo di massa.
Marchioro chiarisce come puntando tutto sulla quantità, destinazioni come Padova e
Bologna, che sono le due città che sono cresciute di più in Italia, anche grazie all’aumento del
numero dei posti letto, ora potrebbero incontrare le maggiori difficoltà a riprendersi dalla crisi.
Come puntualizza l’esperto, prima della pandemia le destinazioni facevano molto affidamento
sulle “rendite di posizione” e poco sulla competitività. Al netto di poche eccezioni, come
Bologna, Torino e la Puglia negli ultimi 10 anni, Marchioro osserva come le stesse destinazioni
non avessero avvertito il bisogno di cambiare perché si sono basate sempre sui grandi numeri e
appunto sulle rendite di posizione, dovute alla presenza eccessiva di turisti. Sa che il tema del
cambiamento è difficile da affrontare soprattutto con gli imprenditori dell’ambito perché questo
è l’unico modello di sviluppo che essi hanno conosciuto e sul quale peraltro è basata tutta
l’impostazione turistica, soprattutto nel Nord-Est. Marchioro ritiene che il cambiamento vero e
proprio potrà avvenire solo con il cambiamento della domanda: solo allora si potrà orientare
anche l’offerta verso una sostenibilità turistica, economica, ambientale e sociale.
Anche l’eurodeputata Toia ha un’opinione molto simile a quella di Marchioro
relativamente alla necessità di un nuovo modello turistico; infatti afferma:
«Nel lungo termine credo che la pandemia aiuterà a ripensare il turismo di massa, che stava già
cambiando. Le vacanze “un tanto al chilo”, affollate e super scontate, sono destinate a ridursi a
vantaggio di un modo più riflessivo di intendere la vacanza» (Intervista n. 3).
Ritiene invece che nel breve termine molte persone riscopriranno i propri territori o quelli
all’interno dell’Unione Europea, spesso trascurati per farsi tentare da qualche pacchetto a basso
costo, last minute, verso destinazioni “esotiche”. Sarà più importante la qualità, il rapporto con il
territorio, la natura e la cultura. Da questo punto di vista l'Italia parte in vantaggio perché,
rispetto ad esempio all’offerta turistica della Spagna, ha sempre rappresentato una destinazione
per il turismo di qualità. Sarà più importante avere piste ciclabili e agriturismi con prodotti tipici
per il cicloturismo, piuttosto che spiagge cementificate da palazzoni dove scaricare masse di
turisti che hanno comprato un pacchetto last minute.
Relativamente allo sviluppo selvaggio delle coste e alla cementificazione selvaggia,
Marchioro osserva come l’individuo non riesca a imparare dagli errori fatti nel passato, continui
a farne di nuovi e ne sia “perfettamente consapevole”. Per spiegarlo lo studioso ricorda
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un’esperienza capitatagli nel corso di una visita professionale in Albania, durante la quale ha
assistito a un’interessante lezione sulla sostenibilità. Passeggiando lungo la costa ha potuto
constatare uno sviluppo selvaggio della stessa, del quale gli stessi cittadini albanesi andavano
molto fieri, un tipo di sviluppo molto simile a quello italiano e spagnolo:
«Il problema è in realtà che stavano facendo esattamente gli stessi errori che ha fatto l’Italia, prima
al Nord, poi al Sud, lungo le coste dell’Adriatico e della Puglia; gli stessi errori che ha fatto la
Spagna in Costa Brava. Ora li stanno facendo loro, costruendo gli stessi casermoni, snaturando
l’ambiente, rovinando il territorio, compromettendo le coste» (Intervista n. 2).
Sorprendente la risposta del docente albanese alla richiesta di Marchioro di fornire
delucidazioni sul perché avessero seguito un modello “sbagliato”: «Mio padre mi diceva che
fumare fa male, lui fumava due pacchetti di sigarette al giorno. Io so che fumare fa male, ora
fumo un po’ meno, ma fumo» (Intervista n. 2). Quindi, imparare dal passato e dagli errori fatti
dagli altri non è semplice, perché non basta solo la consapevolezza e la cultura, senza
l’esperienza o la necessità.
Anche per il presidente dell’ENIT Palmucci, il Covid-19 spinge a rivedere l'offerta
turistica ma è anche un’opportunità per migliorare ancora di più gli standard di qualità già
elevati; inoltre si sperimenterà un nuovo modo di viaggiare. Palmucci apprezza molto il
comportamento degli italiani che hanno saputo reagire nel migliore dei modi trasformando un
momento storico inedito in reattività. La ripresa richiederà la collaborazione di tutti:
«Naturalmente non tutto dipenderà dalle nostre capacità, ma anche da quelle degli operatori che
dovranno farsi trovare pronti. Si spera si possa arrivare a un'omogeneità di misure e pratiche
nelle diverse regioni» (Intervista n. 1). Sarà fondamentale il sostegno e il coinvolgimento di tutti
i cittadini-viaggiatori italiani che possono raccontare cosa c'è di bello nelle aree meno
conosciute, uno storytelling che si estenda a tutti. Verrà incontro ancora di più la qualità
dell'offerta con una pianificazione del viaggio in tutti i suoi dettagli per rispondere, senza
privazioni, alle nuove regole dettate dal Covid-19. Secondo Palmucci, l’emergenza ha accelerato
i processi di produttività creativa e tecnologica. Molte attività si sono trasferite su piattaforme
virtuali, valorizzando così al meglio l’esperienza digital di ciascuno. ENIT, sottolinea il
presidente, ha messo a punto un cruscotto di monitoraggio dei dati e dei mercati per poter
supportare le imprese, gli operatori e le altre istituzioni nella conoscenza delle tendenze in real
time e consentire una corretta ripianificazione delle azioni di promozione per il supporto alla
commercializzazione delle imprese per potere ripartire nella maniera più efficace. Allo stesso
tempo l'Agenzia si è dotata di una piattaforma per la realizzazione di webinar con gli operatori
internazionali attraverso le sedi estere per ripristinare il collegamento tra le imprese turistiche
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italiane e i grandi buyer mondiali, in particolare per i turismi di nicchia come il segmento del
lusso e le esperienze culturali e del nostro lifestyle.
Anche per la presidente di Federturismo Confindustria Lalli, la ripartenza rappresenterà
un’opportunità per spingere su quei processi di innovazione rimandati o bloccati, anche se i
tempi di rientro alla normalità saranno lunghi e difficili. Per evitare che i turisti prendano altre
strade è necessario quanto prima pensare ad una forte campagna di comunicazione orientata al
digitale e strutturare un grande lavoro di promozione integrato su turismo e cultura come fattori
trainanti per la ripresa anche del Made in Italy attraverso la realizzazione di una piattaforma
italiana per la promozione del turismo nel mondo cercando di massimizzare gli sforzi per
l’aggregazione dell’offerta.
La partita, sostiene Lalli, si gioca sulla sicurezza percepita e il caso Grecia lo dimostra: è
quindi fondamentale saper comunicare questo senso di sicurezza ai turisti e agli ospiti che
soggiornano nelle nostre strutture. Così come è necessario un rinnovo digitale per rendere le
aziende del settore più veloci e competitive mettendole in grado di essere sul mercato non solo
attraverso le online travel agency.
Relativamente all’organizzazione dell’offerta turistica attraverso piattaforme digitali,
Marchioro sottolinea l’importante ruolo svolto dal Destination Management System. Si tratta di
dello strumento più concreto ed efficace per promuovere e proporre al viaggiatore un’offerta
integrata, coordinando e aggiornando quotidianamente le informazioni su un data base unico,
rendendole facilmente accessibili in tempo reale, collaborando con un insieme di soggetti, attori
e fornitori per co-creare l’esperienza turistica.
Secondo Marchioro, il DMS può evitare che siano le OLTA a organizzare i viaggi, che,
al contrario, possono essere organizzati dalle stesse destinazioni. L’esperimento del DMS, rivela
l’esperto, è già riuscito in Francia (dove c’è una grande attenzione al digitale) con Open System
Alliance Réseaux, primo marketplace turistico, e in alcuni paesi mitteleuropei come la Slovenia,
la Germania e l’Austria, con Deskline 3.0; si sta realizzando in Gran Bretagna con New Mind; si
cerca di adottare anche nel Veneto, seppure, come evidenzia lo stesso Marchioro, con estrema
fatica, sia a causa del ritardo nella capacità di innovare e differenziare la proposta turistica della
regione, sia per i troppi individualismi che caratterizzano il territorio. In Veneto, spiega
l’esperto, “le rendite di posizione” hanno ritardato sia l’innovazione di processo, cioè la capacità
delle destinazioni di sapersi organizzare, sia l’innovazione di prodotto, cioè l’abbondanza di
offerta. Inoltre, proprio la presenza di troppi turisti ha accentuato la tendenza all’individualismo
e alla frammentazione.
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▪ In questi giorni di lockdown, la natura si è riappropriata dei suoi spazi, sarà il caso di
vedere in questi un’opportunità per un sviluppo futuro del turismo in chiave ancor più
sostenibile?
La pandemia può essere considerata come un’opportunità per un turismo sempre più
sostenibile e un’occasione di riflessione sui temi ambientali per puntare a un mondo sempre più
verde. Tutti gli esperti sono concordi nell’affermare che l’emergenza porterà ad uno sviluppo
futuro del turismo in chiave ancora più sostenibile. Allo stesso tempo, ammettono come, nei
giorni di lockdown, senza poter uscire, la natura si sia riappropriata dei suoi spazi.
L’eurodeputata Toia ne è assolutamente certa. Infatti spiega:
«Con la quarantena abbiamo avuto l’opportunità di tornare a vedere cieli azzurri nelle aree urbane,
di respirare aria pulita e di riscoprire le bellezze delle nostre città, senza il frastuono del traffico
automobilistico. Stiamo tutti riscoprendo la bicicletta e le passeggiate e dopo due mesi e mezzo
chiusi a casa abbiamo tutti bisogno di verde e aria aperta» (Intervista n. 3).
Pensa che ci sarà una grande richiesta di natura e di turismo sostenibile. Si tratta di un’occasione
per ripensare il settore.
Della stessa opinione anche la presidente della maggiore associazione ambientalista
italiana secondo la quale la bellezza del Capitale Naturale italiano deve essere alla base di un
nuovo modello di turismo sostenibile e diffuso. Bianchi chiede una maggiore riflessione sui temi
della sostenibilità, soprattutto all’indomani dello scoppio dell’emergenza, perché, ricorda:
«Nei giorni del lockdown abbiamo visto le nostre città come non le avevamo mai viste. Sono
“rifiorite” e diventate un ambiente più accogliente per tanti animali. Abbiamo visto i pesci nella
laguna di Venezia e i delfini nei porti» (Intervista n. 6).
Una situazione che ci ha positivamente sorpreso. Questo deve farci riflettere sui nostri modelli
di sviluppo e di consumo e ci pone una domanda: «Serve un’emergenza per rendere le nostre
città più vivibili e sostenibili?» (Intervista n. 6). Bianchi crede che città più vivibili e sostenibili
non siano incompatibili con il nostro benessere, anzi. Basta un po’ di buon senso e scelte
politiche che considerino la natura urbana un valore da difendere, oltre che un tassello
fondamentale per esaltare la bellezza che tutto il mondo invidia all’Italia.
Anche la presidente Lalli vede nella pandemia la possibilità per un cambiamento delle
attività turistiche verso una maggiore “sostenibilità”, considerando soprattutto l’enorme impatto
che finora esse hanno avuto sul turismo: