6
dall’istituzione del primo Parco Nazionale, quello di Yellowstone. Da quel
momento, ha cominciato a maturare progressivamente una maggiore
consapevolezza del rischio che l’agire dell’uomo poteva provocare e, di
conseguenza, la chiara percezione della necessità di arrestare questo stato
di cose e rovesciare tutte le tendenze in atto per pianificare, nel medio e
lungo periodo, la sopravvivenza del pianeta, e di noi con esso.
Inizialmente, tutte le azioni poste in essere avevano come obiettivo
quello della sola conservazione delle diverse aree protette, però, ben presto,
in aree molto antropizzate come le nostre, dove la natura vive a stretto
contatto con le comunità locali, questo concetto ha cominciato a contrastare
con la necessità di sopravvivenza e sviluppo delle comunità stesse.
Il legislatore comprese, quindi, che le aree protette avrebbero potuto
rappresentare un importante strumento per favorire uno sviluppo socio-
economico, eco-compatibile, secondo stretti requisiti di sostenibilità
ambientale, delle comunità locali. Il Trattato sull’Unione Europea, firmato
a Maastricht il 7 Febbraio 1992, agli articoli 2 e 3 dispone, infatti, che: “La
Comunità ha il compito di promuovere…una crescita sostenibile….che
riscatti l’ambiente”.
Per una comunità locale di un’area marginale e svantaggiata,
l’inclusione in un Parco Nazionale può, quindi, significare concretamente
un’occasione irripetibile per mettere a frutto, in un circuito economico
virtuoso, attraverso un attento ma incoraggiato “ecoturismo”, le bellezze
naturali dei luoghi, la storia locale, le tradizioni, l’artigianato e così via.
Dopo queste prime considerazioni introduttive il capitolo prosegue
con un’indagine sulla dimensione del turismo nei Parchi che ha l’obiettivo
di cercare di comprendere quanto e come tale settore possa essere trainante
delle economie locali che si trovano comprese nei confini delle aree
protette.
7
Come tutti sappiamo, il turismo è una delle principali risorse
economiche al mondo e molti esperti economici e pianificatori ritengono
che il mercato turistico si qualifichi ormai come il vero business del futuro
diventando, sempre più, fonte di sviluppo dell’economia, affermandosi
come la prima fonte d’occupazione e di reddito e consolidando, così, il suo
ruolo guida nella crescita globale.
Nell’ambito del fenomeno turistico generale, il segmento di domanda
più dinamico e vivace (anche se non ancora in termini assoluti in quanto è
il turismo balneare, tuttora, a farla da padrone) è rappresentato dal turismo
natura ed in particolare dal segmento Parchi
1
.
Analizzando i dati a nostra disposizione, è stato possibile evincere il
peso che ha assunto il turismo nei Parchi e a rilevare buone prospettive di
crescita futura, mentre, molto meno positivi sono stati i risultati sull’analisi
dell’offerta che non è ancora adeguata a rispondere alle potenzialità
attrattive generate. Ciò è dovuto alla mancanza di una strategia unitaria di
comunicazione e di ricettività complementare, qualificata e adeguatamente
posizionata dal punto di vista dei costi.
Dall’analisi si è compreso che due sono i limiti che devono essere
superati in quanto mancano strutture idonee alla particolare tipologia di
turismo e manca una promozione adeguata caratterizzata da proposte
attraenti e di qualità, in grado di valorizzare a pieno i territori.
Naturalmente bisogna adottare modalità di sviluppo del turismo che
siano compatibile con l’ambiente per evitare in ogni modo il rischio che il
turismo distrugga la risorsa stessa su cui si basa la maggior parte delle sue
attività. Per questo è necessario, quindi, prestare attenzione sia agli impatti
1
PAOLINI T., Il turismo natura fra presente e futuro, Secondo rapporto sul turismo natura, 2003,
Università degli studi dell’Aquila, pag. 9, disponibile su www.federparchi.it .
8
che può determinare un’eccessiva capacità di carico sia ai benefici
economico-sociali che ne conseguono.
I Parchi possono essere visti, quindi, come dei laboratori di sviluppo
sostenibile in grado di proporre meccanismi innovativi di crescita sociale
ed economica. Per favorire lo sviluppo del turismo garantendo la qualità
ambientale bisogna, infatti, guardare al futuro e gestire in modo scrupoloso
le risorse ambientali pianificando le attività dopo un’approfondita analisi
degli impatti ambientali, sociali ed economici in quanto un consumo
incondizionato delle risorse costituisce un fenomeno irreversibile che
condiziona pesantemente anche la qualità della vita.
Poiché per una moderna gestione sono necessari sistemi sofisticati, in
grado di elaborare un elevato numero di informazioni di diverso tipo sullo
stato e l’evoluzione delle risorse infrastrutturali e ambientali presenti nel
territorio e poiché per adottare tali sistemi sono necessari ingenti
investimenti, il capitolo si chiude con una breve esposizione delle varie
fonti di finanziamento che vanno dai finanziamenti nazionali e comunitari
all’autofinanziamento, anche se sono ancora pochissimi i Parchi italiani
con una buona capacità di autofinanziamento che per lo più è bassa se non
addirittura assente.
La seconda parte, più specifica, comincia con l’analizzare
propriamente il caso del Parco Nazionale delle Cinque Terre che,
soprattutto in questo ultimo periodo, viene citato come un Parco moderno e
all’avanguardia, modello d’eccellenza che ha saputo affermarsi come una
delle più singolari ed efficienti strutture aziendali capaci di riscoprire e
valorizzare le risorse naturali, storiche e culturali ma soprattutto di
ridisegnare il tessuto sociale attraverso il potenziamento delle
microproduzioni. Nel suddetto capitolo viene presentato innanzitutto il
particolare territorio che caratterizza le Cinque Terre, presentazione
9
necessaria se si vuole, poi, comprendere gli avvenimenti che hanno portato,
se non addirittura spinto all’istituzione del Parco.
L’economia delle Cinque Terre è stata per secoli un’economia
povera basata sull’agricoltura. Proprio la necessità di strappare ai ripidi
versanti, scoscesi a picco sul mare, un fazzoletto di terra per coltivare ha
portato alla creazione, dal basso medioevo ai giorni nostri, di questo
paesaggio spettacolare.
Le difficoltà e il duro lavoro richiesto non solo dal lavoro agricolo
ma anche e soprattutto dalla continua opera di manutenzione dei
terrazzamenti ha portato, ad iniziare dalla metà del 1900, ad un progressivo
abbandono dell’attività agricola. Essendo l’unica attività di sostentamento,
la popolazione, e soprattutto i giovani sono stati costretti a spostarsi ed
emigrare verso luoghi che all’epoca offrivano maggiori possibilità di lavoro
quali Stati Uniti d’America, Argentina, Australia, Germania e Belgio,
piuttosto che verso mete più vicine come Genova, Milano, ecc. Le poche
persone che sono rimaste restano, hanno avuto la possibilità di trovare un
impiego a La Spezia o di imbarcarsi per ritornare alle proprie casa
periodicamente anche dopo un periodo di sei mesi.
La popolazione delle Cinque Terre è stata caratterizzata, quindi, da
un forte calo demografico, nell’immediato dopoguerra, a motivo del
massiccio movimento migratorio della popolazione che ha innestato un
circolo vizioso, portando a due fenomeni allarmanti quali il processo di
invecchiamento della popolazione, e il progressivo decremento delle
nascite.
Un ulteriore elemento che scoraggia i giovani a rimanere nei paesi è
dato dagli alti costi legati all’acquisto di un’abitazione; infatti nelle Cinque
Terre a causa dei fenomeni turistici che hanno investito la zona negli ultimi
anni, il mercato immobiliare, pur offrendo delle case non certo lussuose, ha
avuto una forte impennata, portando i costi a livelli vertiginosi.
10
A questo punto si procede, quindi, col fare un’analisi demografica ed
economica per vedere come si è evoluta nel tempo la situazione e per
cercare di capire se l’istituzione del Parco e il suo agire hanno determinato
un miglioramento delle condizioni economiche e di vita delle popolazioni.
Purtroppo il tempo intercorso dall’istituzione, o meglio l’entrata in
attività, del Parco è troppo breve perché possano vedersi delle variazioni
significative, però, per quel che si è potuto ricavare, il decremento
demografico è rallentato e la dinamica imprenditoriale è abbastanza vivace,
soprattutto nel settore turistico, segno, dunque, di una ripresa, di una
rinascita del territorio.
Per quel che riguarda la dimensione del turismo, purtroppo, i dati a
nostra disposizione sono molto limitati. La scarsa importanza attribuita al
settore turistico e lo sfruttamento della “rendita di posizione” hanno fatto sì
che, in provincia di La Spezia non siano state fatte analisi specifiche sul
turismo, ed ancora oggi le analisi sulla domanda e l’offerta turistica,
soprattutto a livello di singolo comune, risultano abbastanza carenti. Questo
è un fattore di particolare rilevanza soprattutto se si considera che tra gli
obiettivi del Parco c’è proprio quello di voler compiere una selezione
culturale dei flussi turistici.
Nell’ultimo capitolo, infine, si trova un’esposizione dei vari obiettivi
studiati dal Parco per far fronte ai diversi problemi di natura ambientale.
Il Parco ha agito non solo direttamente sul territorio, attraverso
complesse operazioni di restauro dei terrazzamenti e rimessa a produzione
degli appezzamenti, ma anche sui due comparti tipici di questi cinque
Paesi, quello agricolo e quello turistico. Dall’esposizione si evince, infatti,
l’importanza che questi due settori hanno per questo territorio e la capacità
del Parco di comprendere come entrambi i settori avrebbero potuto non
solo concorrere al recupero ma promuovere, addirittura, allo sviluppo
11
territoriale in grado di suggellare le Cinque Terre quale vera e propria oasi,
dove competitività economica e compatibilità ambientale possono trovare
un giusto punto d’equilibrio, attraverso un percorso che è comunemente
definito “sviluppo sostenibile”.
12
Capitolo 1
Conservazione dell’ambiente e fruibilità turistica
nei Parchi italiani.
13
1. I Parchi e la conservazione dell’ambiente.
La storia dell’uomo sulla terra è, in sostanza, la storia del suo
problematico rapporto con la natura del pianeta di cui, dapprima e per
lungo tempo, l’uomo stesso non è stato che un elemento come tanti,
inserito pienamente nei cicli naturali, sui quali, da cacciatore e raccoglitore
di prodotti selvatici, non aveva in verità molta più influenza di quanta
potessero avere predatori e frugivori. L’evoluzione ha però portato l’uomo
ad introdurre, nel suo rapporto con l’ambiente naturale, delle sottili seppur
importanti differenze: l’acquisizione della stazione eretta, la liberazione
degli arti superiori, lo sviluppo del cervello e dell’intelligenza,
l’organizzazione sociale con la divisione dei compiti tra i sessi, la scoperta
e l’uso del fuoco, la concezione e la fabbricazione di armi e utensili, le
tecniche insediative in caverne e capanne, situarono l’umanità in una ben
diversa area di sviluppo adattivo, che già ne rendeva l’impatto
sull’ambiente, pur nell’ambito di un economia di caccia e di raccolta,
effettivo e pesante rispetto a quello di tutti gli altri esseri viventi
2
.
Il vero salto qualitativo e quantitativo si realizzò quando l’uomo
apprese a non dipendere più dalle produzioni naturali e a provvedere invece
direttamente alle proprie necessità mediante l’agricoltura e l’allevamento
del bestiame. Con questo passaggio epocale, l’umanità si affranca
definitivamente dai condizionamenti e dai limiti imposti dall’ambiente e
comincia, anzi, direttamente a modificarlo secondo le proprie esigenze.
La terza fase, molto più vicino a noi, coincide con le nuove
conoscenze e le nuove tecnologie proprie dell’industrializzazione del XIX
secolo, con l’urbanizzazione, l’abbattimento della mortalità, la crescita
2
CASSOLA F., “I Parchi e la questione ambientale” , Guida all’uso del Parco: natura, cultura, storia,
tradizioni e paesaggi dei Parchi Nazionali d’Italia, Roma, Editoriale Aesse, 2001, pag. 9.
14
demografica esponenziale che hanno comportato molti risvolti negativi
come il problema dei rifiuti e delle scorie, i crescenti inquinamenti,
l’assottigliarsi delle risorse naturali, l’effetto serra ed altro, che stanno
cominciando a manifestarsi sempre più vistosamente.
Il tragico è che questo processo si è messo in moto, e si è sempre più
allargato e velocizzato, senza che si fosse fatta contemporanea strada, non
diciamo una cultura ambientale ma almeno una consapevolezza e una
percezione degli effetti che tutto questo andava causando sull’ambiente
naturale e indirettamente, quindi, all’umanità medesima.
Non s’intravedevano problematiche di sorta, l’idea che l’ambiente
avesse e ponesse dei limiti, e la cognizione che tutti gli esseri viventi
fossero interdipendenti tra loro e con l’ambiente, non erano ancora emerse
nella cultura umana e, ancora oggi, alle soglie del Terzo Millennio, si sta
appena e faticosamente conquistando, da parte dei settori culturalmente più
avanzati e consapevoli della società, la chiara percezione che occorra non
solo arrestare questo stato di cose, ma rovesciare tutte le attuali tendenze
per pianificare, nel medio e lungo periodo, la sopravvivenza del pianeta, e
di noi con esso.
Un primo concreto segnale dell’emergere di una diversa sensibilità
ambientale, si è storicamente avuto nel settore delle aree protette, territori
sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, nei quali si
presenta un patrimonio naturale e culturale di rilevante valore.
Risale al 1872 la creazione, negli Stati Uniti d’America, del primo
Parco Nazionale del mondo, quello di Yellowstone, prima, infatti, gli unici
provvedimenti di protezione di territori, di animali selvatici, o di foreste, si
erano avuti solo per ragioni religiose (i boschi sacri degli antichi romani),
politico-economiche (tutela di foreste per sfruttamento commerciale e
15
militare), o di egoistica tutela di privilegi personali (riserve reali e nobiliari
di caccia).
La nascita di questo Parco ha rivestito un ruolo di particolare
importanza in quanto ha introdotto un elemento storicamente del tutto
nuovo: per la prima volta l’opera dell’uomo si applicava, non a distruggere,
modificare o asservire a sé la natura, ma a regolamentare, reprimere e
perfino escludere se stessa perché l’opera della natura potesse continuare.
Per la prima volta l’uomo si attivava positivamente per la
conservazione di un territorio vasto e selvaggio, con tutti i suoi elementi
naturali (paesaggi, flora, fauna, singolarità geologiche, equilibri ecologici)
dimostrando, così, l’emergere di una preoccupazione nuova, del tutto
assente per il passato ma ora evidentemente resa necessaria dal grado di
sviluppo della società umana.
Dopo secoli e millenni di rapporto conflittuale con la natura, vista
tradizionalmente come forza negativa da vincere e dominare, ora si viene a
creare una relazione nuova, basata non più sulla competizione con
l’ambiente ma sulla conservazione, quantomeno di alcune sue parti, a
garanzia del soddisfacimento di altri e nuovi bisogni della generazione
presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di
soddisfare a loro volta le proprie necessità
3
.
Un aspetto interessante da notare è che, questo semplice se pur
rivoluzionario concetto, non è emerso nella vecchia Europa antropizzata e
sovrappopolata, dove la natura si trovava già ridotta ai minimi termini da
millenni di presenza umana invasiva e di sfruttamento, ma in un continente
di recente scoperta dove l’avanzare dell’esplorazione del west apriva, alla
recente nazione americana, orizzonti nuovi e sconfinati, risorse
apparentemente illimitate, paesaggi selvaggi spettacolari e bellissimi.
3
CANDELA G., Manuale di economia del turismo, Bologna, CLUEB, 1996, cap. 9.
16
Ed ecco che l’idea, semplice ma rivoluzionaria, di creare un Parco
Nazionale, nasce proprio davanti alle grandiose cascate del fiume della
Pietra Gialla, a tutela dei vasti paesaggi, degli strani fenomeni naturali
(geyser), delle grandi foreste e dell’abbondante fauna.
E’ proprio all’intuizione di quei pionieri che l’umanità di oggi deve
la grande eredità del moderno messaggio della conservazione della natura e
non è difficile comprendere, che, ad oltre un secolo di distanza, con la
Terra ormai tutta esplorata (resa più piccola e tutta raggiungibile con i
moderni mezzi di trasporto e di comunicazione) con un’umanità cresciuta
numericamente di almeno sei volte nel solo ultimo secolo e con il frenetico
sviluppo della civiltà contemporanea, senza lo “spirito di Yellowstone”,
senza le aree protette che ad esso hanno fatto seguito un po’ dovunque, ben
poco resterebbe oggi di quella natura che, all’epoca appunto, poteva
sembrare sconfinata ed inesauribile.
L’esempio di Yellowstone, infatti, fu presto spontaneamente seguito
da molti altri paesi in tutto il mondo; per fare alcuni esempi, possiamo
citare il primo Parco Nazionale australiano del 1879, quello canadese del
1885 quello in Nuova Zelanda del 1894, quello del Sud Africa risalente al
1898.
Il messaggio di Yellowstone sbarcò ben presto anche in Europa, i cui
primi Parchi Nazionali risalgono ai primi decenni del Novecento: sei Parchi
in Svezia nel 1909, l’Engadina in Svizzera nel 1914, in Polonia nel 1919 e
finalmente in Italia il Parco Nazionale d’Abruzzo nel 1922 e quello del
Gran Paradiso nel 1923. Francia, Germania e Spagna si sono invece attivati
più tardi nonostante alcuni provvedimenti protettivi precoci.
La tendenza si è poi generalizzata e velocizzata, con una crescita
tumultuosa ed esponenziale. Se negli anni Cinquanta il numero delle aree
protette non era che di poche centinaia in tutta Europa, già negli anni
17
Sessanta aveva superato il primo migliaio per arrivare in questi anni sul
finire del secolo a sfiorare le cinquemila aree protette
4
.
A differenza di quanto si è visto per altri continenti del mondo, i
Parchi Nazionali europei non coincidono con aree selvagge, remote e
pressoché disabitate della Terra. Nella nostra vecchia Europa, densamente
popolata e intensamente antropizzata, creare un’area protetta ha significato,
molto spesso, assicurare alla conservazione, oltre che gli ultimi frammenti
di ecosistemi, in passato molto più vasti, anche e soprattutto cospicue
tracce della cultura umana medesima: arte, storia insediamenti e attività
tradizionali, paesaggi di elevata bellezza ma d’origine chiaramente
antropica.
Bisogna però, a questo proposito, fare una precisazione. Nonostante
l’importanza che i Parchi rivestono oggi nel mondo, soprattutto nelle aree
fortemente antropizzate come la nostra, non si deve pensare che siano la
soluzione ai difficili e vasti problemi ambientali che vanno sotto il nome di
“questione ambientale”. Questo è un aspetto molto esteso che riguarda ogni
nazione a livello mondiale e fa riferimento ad aspetti molto più ampi
rispetto alla semplice conservazione di una, seppur vasta, comunque
sempre limitata area.
La creazione di Parchi e riserve naturali non è, quindi, una soluzione
sufficiente ai problemi del pianeta ma è tuttavia necessaria e anzi
indispensabile per salvare ciò che resta della natura.
Dal 1872 fortunatamente sono stati fatti molti passi e la storia dei
Parchi è una delle poche cose positive dell’azione dell’uomo (quella rivolta
alla conservazione, anziché alla distruzione, del patrimonio naturale) che,
4
Parchi per tutti, “Linee guida per gli enti di gestione dei Parchi Nazionali italiani”, I Parchi nel mondo,
disponibile su www.Parchipertutti.it .
18
da dominatore della natura, ne assume consapevolmente su di sé la
responsabilità.
L’importanza dei Parchi può essere dimostrata in maniera molto
efficace attraverso semplici numeri, infatti, ormai il numero complessivo
delle aree protette in tutto il mondo è di 48.000 per un totale di 15 milioni
di chilometri, equivalenti ad una percentuale di circa il 10,6% delle terre
emerse
5
.
A questo si devono poi aggiungere le varie riserve marine che, sia
pure con ritardo e a ritmi ben più blandi, si sono cominciate ad istituire per
la tutela di parti significative di fondali marini e tratti di mare: barriere
coralline, scarpate oceaniche, intere porzioni di mari o di oceani che sono
sottoposti a protezione per la conservazione delle biocenosi sommerse e per
la tutela di specie d’interesse che in queste zone messe a riposo possono
trovare ambiente e tranquillità per potersi riprodurre, ripascendo così le
risorse dei mari duramente depauperati dalle moderne tecniche di pesca
industriale.
E’ questo un processo faticoso, che incontra spesso dure resistenze
da parte di alcuni paesi, in particolare quelli, come Giappone, Norvegia,
Stati Uniti, Cile, che hanno puntato su grosse flotte pescherecce e mal si
adattano ad accettare normative internazionali che azzerino o riducano il
volume del loro pescato.
5
Parchi per tutti, “Linee guida per gli enti di gestione dei Parchi Nazionali italiani”, disponibile su
www.Parchipertutti.it .
19
2. La legislazione per lo sviluppo dei Parchi.
Si comprende, dunque, come una realtà così vasta e allo stesso tempo
così variegata e composita, sia per ampiezza e natura degli ecosistemi
coinvolti sia per i diversi contenuti delle misure di protezione, individui e
sollevi problematiche gestionali, giuridiche e politico-economiche molto
diverse
6
.
Queste, a partire dal 1962, con cadenza decennale, vengono portate
al comune esame di apposite Conferenze Mondiali sui Parchi per
l’elaborazione di strategie univoche e l’approvazione di risoluzioni che
impegnino i vari paesi a proseguire, ciascuno secondo le proprie
responsabilità, in questa essenziale opera di salvaguardia e tutela del
patrimonio naturale del nostro pianeta. La Conferenza di Stoccolma, nel
1972, ha portato al primo Programma Ambientale delle Nazioni Unite
(UNEP) e al continuo approfondimento e dibattito internazionale sulle
problematiche ambientali. Ha creato poi le premesse per un processo che
ha portato alla Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo del
1992, a Rio de Janeiro, dalla quale è emersa la fondamentale importanza
delle aree protette che costituiscono un caposaldo delle politiche
internazionali di tutela e sviluppo sostenibile per la conservazione,
soprattutto, della biodiversità. Grande impulso a quest’azione
internazionale di tutela, è venuto dall’IUCN
7
(International Union
Conservation of Nature) la più importante autorità scientifica del settore.
6
CASSOLA F., “I Parchi e la questione ambientale”, op. cit...
7
E’ stata fondata nel 1948 ed unisce in un’unica partnership 78 stati, 112 agenzie governative, 735
organizzazioni non governative(NGOs), 35 enti affiliati e qualcosa come 10.000 scienziati ed esperti
provenienti da 118 paesi. La sua mission è quella di stimolare, sostenere e assistere la comunità mondiale
nella conservazione del patrimonio di integrità e diversità della natura e di assicurare che qualsiasi uso
delle risorse naturali sia equilibrato ed ecologicamente sostenibile. L’IUCN sviluppa la propria attività
attraverso la realizzazione di programmi mirati. In particolare, ad esempio, il “Programma Aree Protette”