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INTRODUZIONE
Nel maggio 2011, si è svolta in circa 2000 borghi, su tutto
il territorio nazionale, l’ottava edizione di “Voler Bene all’Italia”.
Nata nel 2004, sotto l’Alto Patronato del Presidente della
Repubblica, la Festa Nazionale dei Piccoli Comuni rappresenta
anzitutto un’occasione per valorizzare le eccellenze della nostra
terra, per celebrare i piccoli tesori delle realtà locali, dai prodotti
tipici ai paesaggi e alle biodiversità, dal patrimonio artistico a
quello storico e culturale delle tradizioni, dei saperi e dei mestieri
tramandati di generazione in generazione. La Festa della Piccola
Grande Italia nasce dunque proprio per ricordare che le piccole
realtà sono state e sono ancora preziose per il loro contributo alla
storia, all’identità e al futuro dell’Italia. Lo slogan dell’evento
recita appunto “Il futuro abita qui” quasi come un richiamo
all’uomo e alla vivibilità. Non è un caso che proprio nei piccoli
comuni si sperimentino le migliori pratiche di governo; i centri
minori, come gli stessi borghi, infatti non sono sempre, come
nell’immaginario collettivo potrebbe sembrare, fermi al passato,
anzi spesso essi sono veri e propri laboratori dell’innovazione,
all’avanguardia per quel che riguarda le energie rinnovabili, il
riciclo dei rifiuti, l’agricoltura biologia e i prodotti di qualità, le
tecnologie sostenibili. Non è quindi un caso che nel nostro
Paese, ormai da anni, si registri una crescente attenzione al
turismo nei borghi. Personalmente ritengo che il dilagare del
fenomeno sia attribuibile anche ad una perfetta corrispondenza
tra quella che è l’offerta turistica dei borghi e quella che è la
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dinamicità di una domanda in continua evoluzione; nel nostro
tempo infatti si sta definendo una generazione di turisti
interessati ad arricchire il proprio bagaglio culturale facendo
esperienze autentiche nei luoghi che decidono, non solo di
visitare, ma di vivere per la tutta la durata della loro vacanza. Nei
borghi la vita è organizzata in tempi e modi diversi, più lenti, più
legati ai ritmi della natura alle tradizioni secolari; al turista piace
farsi coinvolgere dall’atmosfera di questi luoghi, lasciarsi
affascinare dai paesaggi, conquistare dalla genuinità della cucina;
al turista piace scoprire le tradizioni vivendole, partecipando ad
esempio ad un rito religioso, ad una festa locale. Nei borghi
troviamo sintetizzato uno stile di vita che non è stato pensato per
il turismo ma che, proprio per questa sua autenticità, riscuote
successo tra i turisti del nuovo millennio. È evidente che il
diffondersi di un fenomeno spontaneo, quale il turismo nei
borghi, ha determinato una successiva riflessione, da parte delle
realtà economiche e degli enti locali, per migliorare tutti i servizi
connessi all’affluenza turistica e per organizzare in modo più
opportuno l’offerta. Nella prima parte della tesi infatti, dopo una
breve ricostruzione storica del fenomeno, con accenni agli aspetti
normativi, ai mercati di riferimento, al concetto di borgo come
prodotto turistico e alle prospettive future, ho voluto soffermarmi
alla descrizione di alcuni casi. Dalla lettura di queste esperienze è
possibile evincere come in diverse realtà vi sia stata una
progettazione finalizzata ad avviare o ad incrementare lo
sviluppo turistico, mentre in altre, si è trattato di particolari
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opportunità, non programmate a monte per scopi prettamente
turistici, che hanno determinato un aumento dei flussi, anche
indipendentemente dalla capacità di approfittare della situazione,
da parte degli attori locali. Dalla breve narrazione delle pratiche
di turismo nei borghi, che ho scelto di indicare, si evidenzia una
diversità di indirizzi e di percorsi intrapresi dalle politiche locali;
quindi la prima parte della tesi si conclude con un capitolo
dedicato proprio alla descrizione dei diversi approcci, delle
diverse modalità operative, dei molteplici strumenti di marketing
che particolarmente si adattano alla valorizzazione e alla
promozione del turismo nei borghi.
Ho dedicato la seconda parte della tesi a due borghi collocati ad
alta quota, alle pendici del Gran Sasso d’Italia, in Abruzzo: Santo
Stefano di Sessanio e Castel del Monte. Si tratta di due realtà
situate nello stesso territorio, a pochi chilometri di distanza l’una
dall’altra, con alle spalle una medesima storia di pastorizia e di
cultura rurale; entrambe i borghi hanno conosciuto, anche se con
incidenza diversa, l’emigrazione e lo spopolamento, entrambe
hanno puntato sul turismo per la stessa sopravvivenza legata ad
un rilancio dell’economia e della vita sociale. L’attenzione per il
borgo di Santo Stefano di Sessanio è da ricondurre alla persona
di Daniele Kihlgren, imprenditore di origine svedese, che dopo
aver acquistato parte del borgo vi ha realizzato un albergo
diffuso; la ormai leggendaria vicenda e l’originalità della
proposta ricettiva, del tutto sconosciuta nel territorio di
riferimento, hanno determinato il mio interesse ad approfondire
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la storia del turismo e l’esperienza in corso nel citato borgo. La
mia identità famigliare e culturale affonda invece le proprie
radici nel borgo di Castel del Monte, luogo privilegiato per le
vacanze dai nonni, nella mia infanzia. In questo borgo, terra di
pastori transumanti, il fenomeno turistico appare spontaneo,
interessando l’attenzione della politica locale e dei privati, in un
primo momento per la risoluzione delle nuove ed emergenti
problematiche, e successivamente per il miglioramento dei
servizi e della stessa offerta. Dopo una sintetica presentazione dei
due borghi, con riferimento al contesto geografico di
appartenenza, ho cercato di ricostruire la storia del turismo
avvalendomi di una limitata bibliografia e in modo particolare di
fonti orali, ovvero della testimonianza degli anziani residenti nei
rispettivi luoghi. Sono partito dagli esordi del fenomeno turistico
nel primo Novecento fino a narrare le azioni intraprese per lo
sviluppo tra la fine del secolo ed il nuovo Millennio. Nel
descrivere l’esperienza in corso non ho potuto fare a meno di
considerare il grave terremoto che il 6 aprile del 2009 ha colpito
la regione Abruzzo ed in particolare questo territorio, poco
distante dal capoluogo, epicentro del sisma. Nel descrivere la
situazione attuale ho intervistato esponenti della politica e
dell’imprenditoria locale; ho inoltre ricercato dati oggettivi sulle
strutture esistenti per il turismo, sia ricettive che pararicettive;
più complesso è stato invece risalire a informazioni sugli arrivi e
sulle presenze turistiche, poiché è ancora poco diffusa la pratica
di registrazione e archiviazione dei relativi dati. Seppure limitata
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e parziale questa ricerca ha descritto l’andamento degli arrivi a
Santo Stefano di Sessanio dal 2008 al 2010, ovvero negli anni
che precedono e seguono il sisma, evidenziando particolari
aspetti come ad esempio l’incidenza degli arrivi attribuibili alle
ditte edili intervenute nel post terremoto.
Nel terzo capitolo sono stati infine individuati e descritti i
possibili percorsi di sviluppo, partendo da una lettura critica della
realtà; ho considerato inoltre le diverse possibilità di intervento a
livello di singolo borgo, come caratterizzazione dell’offerta, e a
livello territoriale, riportando le vicende in corso sul nascente
Sistema Turistico Locale del Gran Sasso d’Italia. In questo
contesto propositivo, ho inserito in forma integrale l’ipotesi
progettuale su un eventuale prodotto d’area: “Il Mondo dei
pastori negli Altipiani del Gran Sasso”; di fatto si tratta di uno
mio studio, successivamente proposto al Consorzio Operatori del
Gran Sasso d’Italia.
Alcune considerazioni finali concludono la ricerca e la mia
personale lettura del fenomeno turismo nei borghi, un tema di
grande attualità e in forte divenire, un argomento interessante e
sicuramente oggetto di ulteriori e successive ricerche.
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CAPITOLO 1
Il turismo nei borghi
Una parte consistente del territorio italiano, pari a
circa il 50%, è rappresentata dai piccoli Comuni. Si contano
5.868 Comuni sotto i 5000 abitanti, ossia il 72% dei Comuni
italiani. Localizzati prevalentemente in aree montane o collinari,
comunque in zone di rilievo dal punto di vista paesaggistico,
questi piccoli Comuni presentano sempre un centro storico di
interesse e molto spesso si identificano in pieno con tutte le
caratteristiche peculiari di un vero e proprio borgo
1
.
Borgo. Con questo termine, si indica un centro abitato di
grandezza media e di una certa importanza, caratterizzato da
un'economia prevalentemente commerciale e con una periferia a
carattere agricolo. Nei secoli passati questa denominazione era
spesso riservata ai paesi di importanza che possedevano un
mercato ed una fortificazione. Per la presenza di queste strutture
il borgo si differenziava dal villaggio
2
. In realtà non è facile
definire in maniera univoca ed universale cosa sia un borgo. Da
un indagine effettuata dalla Doxa-Mercury (2009)
3
sui visitatori
attuali e potenziali dei borghi si evidenzia come
nell’immaginario collettivo il termine evochi un centro molto
antico, un luogo poco conosciuto, da scoprire, da esplorare e da
1
Censis, “L’Italia dei territori”, 2009
2
Definizione tratta da Wikipedia, l’enciclopedia libera on-line
3
Doxa-Mercury, “Indagine sui visitatori attuali e potenziali dei borghi
caratteristici”, 2009
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conoscere, molto piccolo, in cui gli abitanti si dedicano in larga
parte all’agricoltura. Viene inoltre posizionato lontano dai centri
maggiori e contraddistinto da caratteristiche urbanistiche e
architettoniche peculiari. Tra gli elementi associati al concetto di
borgo vengono indicati una piazza, una chiesa, un castello, strade
e vicoli pedonali, inferriate in ferro battuto, sedie fuori dagli usci,
fiori alle finestre, mestieri e sapori di un tempo passato. Anche la
dimensione personale è direttamente collegata ai borghi. Infatti,
fra gli elementi di identità associati ai borghi vengono spesso
incluse la facilità di comunicare con le persone del luogo e
l’autenticità delle relazioni, oltre ad una diversa percezione del
tempo ed un ritmo di vita a misura d’uomo. Di impronta
medioevale o rurale, il borgo è dunque un luogo legato al passato
e alla cultura delle cose piccole e semplici.
I centri storici dei piccoli Comuni e i borghi hanno rappresentato
da sempre un tratto distintivo del turismo italiano, anche se la
consapevolezza di questo fenomeno appartiene a tempi più
recenti. Nel XVI Rapporto sul Turismo Italiano, edito dalla
Mercury nel 2009, si fa riferimento al turismo nei borghi
relativamente alla valorizzazione delle città minori rispetto ai
centri maggiori, alle città d’arte. In questi termini l’idea di borgo
viene associata a quella di città minore, considerata a sua volta
come un elemento integrato in una già presente e più importante
offerta turistica del territorio. La diffusione del turismo nei
borghi, negli ultimi anni, richiede però una maggiore attenzione
allo studio del fenomeno, considerando che il borgo, con tutte le
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sue peculiarità, può rappresentare di per sé un prodotto turistico
autonomo e compiuto.
1.1 L’evoluzione del turismo nei borghi
La storia del turismo nei borghi, seppur attuale, può essere
descritta considerando diversi intervalli. La fase iniziale dello
sviluppo turistico, nella maggior parte dei casi, si
contraddistingue più per la spontaneità del fenomeno che per una
scelta voluta e pianificata da parte dei soggetti decisori
4
. Infatti in
questa fase, che potremmo definire esplorativa, accade che i
borghi divengono oggetto di visita soprattutto grazie alla loro
posizione strategica ed all’accessibilità dal punto di vista dei
collegamenti stradali; successivamente attraverso il passaparola,
uno strumento fra i più potenti per diffondere la conoscenza e
raccomandare la visita di luoghi, gli stessi turisti agiscono come
promotori consigliando la visita ad altre persone, per lo più spinte
da una motivazione culturale. Questo meccanismo, denominato
“effetto calamita”, ha generato nel breve periodo un aumento
dell’escursionismo e in un secondo tempo si è tradotto in
turismo, anche se di pochi giorni. Dal punto di vista delle
tecniche di promozione e valorizzazione dei luoghi interessati
non è accaduto nulla di particolarmente significativo fino a
quando gli operatori, pubblici e privati, da semplici osservatori
del fenomeno, hanno iniziato invece a sviluppare azioni tese a
4
Dall’Ara G., Morandi F., “Il Turismo nei borghi”, 2010
16
far aumentare la domanda. Si è trattato per lo più di una
comunicazione orientata al prodotto e quindi centrata sulla
realizzazione di alcune iniziative come mostre, fiere e mercatini
allo scopo di animare i luoghi.
La seconda fase del turismo nei borghi ha inizio quando cercano
di collocarsi sul mercato anche i centri che non hanno la fortuna
di trovarsi in una posizione strategica e quindi di registrare un
turismo spontaneo. In questo momento si inizia a parlare un
turismo minore, in una accezione del termine che non vuole
conferire al fenomeno una connotazione marginale quanto
piuttosto distinguerlo dal turismo di massa. Il turismo minore non
trae origine dai flussi turistici internazionali, sempre interessati
dal prodotto città d’arte, ma da una domanda interna ovvero
quella degli italiani spinti da una motivazione culturale e da un
interesse contrario al turismo di quantità. Infatti si parla di
turisti colti e intelligenti, alla ricerca di prodotti nuovi e sazi di
offerte superate e monotematiche. Questo tipo di turismo
rappresenta inoltre un’opportunità per tutte quelle destinazioni
che vogliono aumentare i flussi nei periodi “morti”, rilanciarsi
dal punto di vista occupazionale e demografico, e che in generale
si posizionerebbero come differenti sul mercato. Dal punto di
vista del marketing, siamo ancora in una fase introduttiva delle
tecniche della disciplina ed infatti ci si affida per lo più al ruolo
dei media, alle guide turistiche ed alle fiere specializzate.
Agli inizi del nuovo millennio, il turismo nei borghi entra in un
nuovo stadio. Non si parla più né di turismo complementare alle
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città d’arte, né di turismo di nicchia, minore, ma comincia ad
affermarsi una concezione dei borghi intesi come proposta
turistica autonoma; Dall’Ara (2010) li definisce come perle
dell’offerta turistica italiana, o meglio eccellenze turistiche. La
domanda è infatti alla ricerca di un turismo che non si concentri
più solo sull’aspetto dello svago, del leisure, ma che soddisfi il
bisogno di conoscenza, di apprendimento di nuovi saperi. I
borghi italiani sembrano esprimere al meglio questo concetto in
quanto luoghi dove il tempo sembra essersi fermato o dove
comunque procede lento, slow, dove si possono ritrovare antichi
modi di lavorare, di vivere, di mangiare, di impiegare il tempo
libero. I turisti di questo periodo sono attratti da tutti questi
elementi, da quello che possiamo definire “italian way of life”.
Infatti i turisti stranieri, che desiderano fare nuove esperienze e
arricchire il loro bagaglio culturale, visitano i borghi per portare a
casa una buona dose di italianità. Dal lato dell’offerta, gli
operatori tendono a costruire proposte allargate, a mettersi in rete
con le altre realtà vicine geograficamente. Si costruiscono delle
vere e proprie filiere per poter offrire ai turisti un ampio
ventaglio di servizi e rendere accessibile e fruibile il territorio. A
livello promozionale continuano ad essere utilizzati tutti gli
strumenti della fase precedente; consapevoli però di una loro
minore efficacia, si fa strada l’idea di intervenire sul prodotto e
sull’innovazione.
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Attualmente secondo il XVI Rapporto sul Turismo Italiano
5
le
città minori non sono più considerate esclusivamente
un’integrazione alla visita delle città maggiori, ma anzi, possono
definirsi come prodotto autonomo, come nuove destinazioni dove
soggiornare e come punto di partenza per escursioni nelle grandi
città. I borghi sembrano aver scoperto una loro vocazione
all’ospitalità e preso coscienza del ruolo che il turismo funge per
l’economie e per il futuro. È mutato anche il comportamento dei
residenti. Questi ultimi infatti rappresentano un aspetto
importante se consideriamo che molti casi di antiturismo sono
riconducibili proprio alla contrapposizione tra le esigenze dei
turisti e quelle dei residenti. In questa ultima fase dell’evoluzione
del turismo dei borghi, definita da Dall’Ara (2010) come quella
“borgo ospitale”, si è dunque alla ricerca di un coinvolgimento
attivo dei residenti e delle realtà locali, considerati parte del
processo e precondizione per il successo di progetti di sviluppo
turistico. Il ruolo attivo e positivo dei residenti diventa ancora più
importante se si considera che uno degli elementi che viene
valutato dai turisti di questo periodo è l’atmosfera che si respira
in un luogo. Per atmosfera si intende proprio la sintesi dei
rapporti e delle relazioni fra le persone, delle cose che si possono
vedere e di quelle che si possono fare, del cibo che si può
assaggiare e dei souvenir che si possono acquistare. Si tratta
senz’altro di aspetti del prodotto turistico, meno tangibili,
5
Mercury, “XVI Rapporto sul Turismo Italiano”, 2009