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CAPITOLO 1
UN NUOVO TURISMO SOSTENIBILE:
IL TURISMO ENOGASTRONOMICO
Negli ultimi decenni l’approccio e la concezione di turismo hanno subito profonde
trasformazioni. L’era del turismo globale (Battilani, 2009) infatti è caratterizzata da un
ampliamento nelle reti dei mezzi di trasporto, basti pensare all’incremento di voli
intercontinentali a prezzi accessibili; da una vasta possibilità di scelta di tipologie di
vacanze e viaggi proposti, sia dalle agenzie specializzate del settore, sia organizzabili
autonomamente; da una sempre più intensa digitalizzazione delle società che comporta
una facilità nel reperire le informazioni sulle mete turistiche o sui servizi presenti in
loco, oltre che l’esistenza di piattaforme digitali o applicazioni che supportano il turista
in tutte le fasi di organizzazione. Ciò ha comportato l’apertura del turismo ad ogni
fascia della popolazione poiché è possibile realizzare un pacchetto ad hoc basato sulle
proprie disponibilità economiche e sui propri desideri e obiettivi di viaggio.
Tutti questi fattori hanno pertanto permesso al settore turistico, che abbraccia tutte le
categorie degli stakeholder,
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di divenire sempre più specializzato. Vengono offerte ai
turisti esperienze a trecentosessanta gradi, ossia complete in ogni loro aspetto e
finalizzate ad una esclusività di servizi. Per questo motivo negli ultimi vent’anni è sorta
una nuova concezione di un turismo, più attenta al rispetto e alla salvaguardia
dell’ambiente, del paesaggio e delle culture locali: il turismo sostenibile e responsabile
(United Nations Environment Programme, & UNWTO, 2005). Tale prospettiva difatti si
basa sull’assunto che il turismo può apportare benefici e vantaggi di vario genere
(economico, sociale, paesaggistico, artistico) alle comunità e ai luoghi mete di
destinazione, ma senza danneggiarne l’integrità né l’autenticità o la bellezza (United
Nations Environment Programme, & UNWTO, 2005). I nuovi turismi pertanto sono
espressione di modi di viaggiare improntati su tematiche specifiche, come nel caso del
turismo enogastronomico.
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Il termine stakeholder, in italiano “portatori di interesse”, si riferisce a coloro che possiedono degli
interessi di tipo sociale, politico ed economico in un settore specifico. Pertanto in ambito turistico si
intendono le aziende, i fornitori, gli enti pubblici e privati, i residenti delle località, i turisti coinvolti nelle
dinamiche del settore.
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1.1 DEFINIZIONE DI TURISMO ENOGASTRONOMICO
Un elemento essenziale che i turisti nella programmazione dei loro viaggi devono
necessariamente tenere in considerazione è rappresentato dal cibo. Se fino a qualche
tempo fa esso costituiva un supporto al turismo, in quanto nutrirsi è certamente un
bisogno primario dell’uomo, da qualche decennio ha iniziato a diventare una
motivazione specifica per visitare una destinazione (Di Matteo & Cavuta, 2016). Infatti
la cucina, i prodotti e le tipicità gastronomiche sono componenti discriminanti nella
scelta delle mete di viaggio, tanto da essere un indicatore della qualità e della buona
riuscita dello stesso (World Tourism Organization, 2012).
In tal senso l’enogastronomia ha assunto sempre più un ruolo centrale nel settore
turistico, tanto da divenirne persino una categoria specifica (UNWTO, 2012).
Il turismo enogastronomico combina strettamente una serie di elementi fondamentali
per la vita dell’uomo: i prodotti agroalimentari e il territorio, con la cultura e le
tradizioni, non solamente culinarie, di un popolo. Esso infatti viene definito come un
“viaggio esperienziale” che coinvolge attivamente il turista nell’assaporare e nello
sperimentare, con tutti i cinque sensi, la cucina e le specialità tipiche di un luogo (Hall
& Sharples, 2003; Croce & Perri, 2008). Tale concezione corrisponde quindi a una
modalità sostenibile di vivere la meta di destinazione: il viaggiatore si immerge nella
cultura e nelle tradizioni della comunità locale mediante la sua cucina e i suoi prodotti
tipici, che a loro volta sono legati al territorio e all’ambiente da cui derivano (Croce &
Perri, 2008). In questi viaggi esperienziali il turista si aspetta di trovare prodotti a
“chilometro zero”, di toccare con mano la storia del piatto e nel contempo di regalarsi
momenti di benessere psico-fisico e di svago.
È proprio qui che risiede la differenza sostanziale tra l’enogastronomia e il turismo
enogastronomico. La prima fa riferimento ai prodotti culinari, pur sempre locali e
caratteristici, che il consumatore al giorno d’oggi può reperire e assaggiare in molte
parti del mondo: alimenti come la pasta, il Parmigiano Reggiano
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oppure i vini, quale il
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Le vendite di questo prodotto alimentare italiano sono in costante aumento nei mercati esteri, soprattutto
statunitense, spagnolo, francese.
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Lambrusco,
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sono eccellenze italiane riconosciute ed esportate a livello globale. Nel
turismo enogastronomico invece il prodotto alimentare è strettamente legato al contesto
culturale e all’ambiente in cui nasce. In tal senso è il consumatore, quindi il turista, che
si sposta verso l’azienda o il produttore agroalimentare e non, al contrario, il prodotto
che esce dal suo luogo d’origine (Croce & Perri, 2008). Come afferma Smith, è il
desiderio di apprezzare i cibi e le bevande tipiche di un territorio a costituire la vera
spinta motivazionale all’organizzazione di una vacanza incentrata sull’enogastronomia,
in mete spesso lontane dai circuiti turistici maggiormente di moda (Smith, 2001).
Il cibo, nella sua declinazione in specialità enogastronomiche peculiari di una località,
assume la medesima valenza delle opere d’arte o delle bellezze naturali (Paolini, 2000).
A dimostrazione di questa corrispondenza nel Novembre del 2010 la Dieta
Mediterranea, appartenente a Italia, Grecia, Spagna e Marocco, è stata inserita nella
lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco (UNESCO, 2010). Essa infatti è
stata riconosciuta non come un mero elenco di alimenti, ma quanto uno stile di vita
proprio dei Paesi mediterranei che racchiude tutto quell’insieme di conoscenze,
competenze, ritualità, simboli e pratiche tradizionali rispetto alle tecniche di agricoltura,
pesca, allevamento, conservazione e cucina dei cibi, tramandato di generazione in
generazione fino ai giorni nostri (UNESCO, 2010). La Dieta Mediterranea inoltre
rappresenta anche una filosofia di vita che si sposa con gli obiettivi dello sviluppo
sostenibile.
Altri Beni italiani inseriti nella lista del Patrimonio Immateriale dell’Unesco relativi alle
tradizioni enogastronomiche sono La coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria
(2014) e l’Arte del pizzaiuolo napoletano (2017); in quella del Paesaggio Culturale si
trovano i Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato (2014) e le
Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene (2019).
Il termine culinary tourism, in italiano turismo enogastronomico, è stato coniato nel
1998 da una docente universitaria americana, Lucy Long, per evidenziare il valore
sociale e antropologico intrinseco alla cucina (Long, 1998). Long afferma che il mezzo
tramite cui è possibile conoscere le diverse culture è un’esperienza reale di degustazione
e di assaggio dei cibi e dei vini (o di altre bevande) peculiari di quel dato territorio
3 Il Lambrusco, originario dell’Emilia Romagna, rappresenta il vino italiano più venduto a livello
internazionale, con tredici milioni di litri esportati.
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(Long, 1998). Inoltre il cibo e l’alimentazione costituiscono un elemento essenziale
nello stile di vita di ogni essere umano, oltre che nella sua socialità. La tavola infatti è
un ambiente di incontro, di scambio relazionale, di confronto sia tra le diverse
generazioni appartenenti alla stessa comunità che tra culture differenti (Bertocci &
Cavallero, 2017). Da qui deriva pertanto l’obiettivo principale del turista
enogastronomico, ossia il “viaggio esperienziale” multisensoriale.
Il turismo enogastronomico diventa così espressione tangibile della valenza simbolica
culturale del cibo e dell’appartenenza degli individui a una comunità (Zago, 2009): è
quindi anche una forma di turismo culturale. La cucina tradizionale infatti veicola e
rappresenta le radici storiche e i valori di un popolo (Zago, 2009). Attraverso essa è
possibile quindi sottolineare la peculiarità di ogni cultura poiché è strettamente correlata
alle abitudini alimentari, ai prodotti e alle ricette.
Ciò diviene evidente qualora vengono prese in esame le migrazioni storiche, come
quelle avvenute nel secolo scorso. Le comunità di immigrati venivano costruite nei
Paesi di arrivo anche grazie alla condivisione dei sapori e dei pasti tipici del Paese natio:
ciò contribuiva a mantenere vivo il legame con la propria identità culturale (Zago,
2009). Il senso di identità che definisce un popolo tuttavia non è mai stato esente da
contaminazioni di ingredienti derivanti da altre culture. Un caso emblematico è
sicuramente l’associazione tra il tè e il Regno Unito (Zago, 2009): “l’ora del tè” o il “tè
delle cinque” infatti costituisce una tradizione radicata e identitaria della cultura inglese,
nonostante sia evidente che in Gran Bretagna non esistano piantagioni di tè. Tale
tradizione trova le sue origini pertanto dal passato coloniale di questa nazione.
Un contributo fondamentale che il turismo enogastronomico fornisce ad ogni comunità
e al loro territorio è la valorizzazione e la promozione del patrimonio culturale e
paesaggistico espresso nei sapori, negli aromi e nei gusti della tavola (Zago, 2009). Ciò
fa sì che mete, altrimenti prive di attrattiva, si trasformino in destinazioni turistiche in
cui l’artigianato locale e la storicità dei prodotti e delle ricette diventano le vere
protagoniste (Paolini, 2000).
Vengono così proposte dalle aziende del settore attività che valorizzano la storicità e
l’autenticità del paesaggio, inteso nel senso più ampio del termine (UNWTO, 2012). È
anche il turista stesso a decidere di visitare un determinato luogo spinto dalla curiosità
di prendere parte a fiere, festival, sagre, mercati o eventi a tema. Il turista
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enogastronomico si presenta infatti come una persona tra i trenta e i cinquant’anni
avente un alto livello culturale e la possibilità di ritagliarsi del tempo per organizzare ed
effettuare viaggi a cui può destinare un adeguato budget (Croce & Perri, 2008). Il suo
obiettivo è quello di entrare in diretto contatto con realtà territoriali che gli permettano
di sperimentare, mediante apposite attività, e di visionare tutto il processo produttivo dei
piatti tipici del luogo (Croce & Perri, 2008). Egli ricerca quindi non solo l’assaggio e la
degustazione di sapori nuovi e di prodotti di qualità, ma vuole altresì comprendere e
conoscere culture differenti, tradizioni secolari, ritualità e artigianalità locali (Croce &
Perri, 2008).
In particolare, il turista enogastronomico viene classificato in due categorie, ossia i
gastronauti e i foodtrotter (Paolini, 2000).
I gastronauti sono esperti conoscitori del settore e pongono al centro i prodotti culinari,
sui quali focalizzano l’intera esperienza di viaggio. Di sovente dedicano al cibo i fine
settimana e il loro tempo libero, esplorando insieme alla famiglia o agli amici le
proposte del proprio territorio (come cantine, trattorie, aziende agricole) oppure
partecipando ad eventi e fiere a tema. Sono persone che amano captare la quotidianità e
la storia insista nel prodotto che si apprestano a gustare.
I foodtrotter invece sono coloro che sono maggiormente interessati a vivere
un’esperienza che unisca il cibo alle risorse e alle attrattività delle destinazioni. Per tale
motivo scelgono di organizzare vacanze di più giorni in località facilmente
raggiungibili, che consentano loro di visitare tutto ciò che il territorio offre, dalle visite
ai musei, ai monumenti storici, artistici e culturali alle bellezze paesaggistiche.
Naturalmente tra gli estremi di queste due tipologie di turista enogastronomico si
inserisce una molteplicità di fruitori con un livello di conoscenza e di interesse più
disparato, a partire dagli intenditori di un settore o prodotto specifico (ad esempio il
vino) fino ad arrivare ai turisti occasionali.
Il turismo enogastronomico è cresciuto nel tempo e contemporaneamente si è evoluto
per restare al passo con i bisogni dettati dalle società attuali. Ciò significa che le nuove
generazioni, le tendenze odierne e le esigenze alimentari legate ad abitudini e prassi che
rispecchiano i criteri religiosi, salutisti ed etici, favoriranno l’emergere di proposte
sempre più specializzate da parte dei produttori. Già al giorno d’oggi i turisti prestano
molta attenzione a selezionare ristoranti, trattorie o agriturismi che offrano garanzie