5
La città, nel tempo, è passata da semplice oggetto di indagine economica
a categoria economica autonoma; nel momento in cui il discorso pone al
centro la città d’arte, le osservazioni e le considerazioni da fare divengono
molteplici.
In quest’ambito, concordiamo con chi ritiene che sia il patrimonio
artistico il fattore che qualifica la città d’arte rispetto alle altre città. In
particolare, come patrimonio artistico intendiamo non solo il patrimonio
materiale, rappresentato dall’insieme delle opere d’arte e dei monumenti, ma
anche il patrimonio culturale ed ambientale, presente nel territorio urbano, che
oltre a rappresentare una risorsa per la comunità locale costituisce un
importante fattore di aggregazione condivisibile da parte degli operatori
economici.
Il patrimonio artistico di una città non è solo un insieme di beni materiali
collocati in un luogo geografico definito, ma è un bene capace di attirare
visitatori, per un consumo di beni anche immateriali e unici, che si
ricollegano all’immagine della città d’arte.
In questo lavoro abbiamo voluto cercare innanzitutto una definizione di
turismo, che possiamo dividere in “turismo come processo transazionale”,
ovvero come attività che svolge l’individuo nel momento in cui sceglie il
viaggio come occupazione del suo tempo libero. L’altra definizione trovata è
“turismo come struttura esperienzale”, ovvero viaggio come scelta volontaria
ed autodiretta, che diventa il punto di rottura con il quotidiano, cosa che può
avvenire soltanto nella nostra epoca.
Abbiamo poi voluto descrivere come si è evoluto il turismo e come da
esso sono nate le diverse tipologie di turismi, tra i quali abbiamo distinto
quello rivolto alla cultura e alle città d’arte. Partendo dalla nascita del Grand
Tour fino ai giorni nostri, abbiamo voluto trovare differenze e dei punti di
incontro nelle varie tappe di sviluppo del turismo culturale. All’interno del
6
mercato turistico troviamo poi il turismo culturale, rivolto soprattutto a quelle
che vengono definite città d’arte. Negli ultimi anni, oltre a quelle principali,
cominciano ad avere una particolare importanza anche le città d’arte
“minori”, ovvero città dove il turismo non ha raggiunto il punto di squilibrare
la struttura e la vita del luogo, ma vi si intreccia. I flussi turistici in queste
località sono piuttosto esigui, o caratterizzati da escursionismo, quindi di
difficile riscontro statistico.
Successivamente abbiamo analizzato chi siano oggi i turisti culturali,
esponendo una delle più recenti tipologie, proposta da McKercher, che
analizza i turisti secondo un modello bidimensionale, che prende in
considerazione il livello di esperienza cercata dall’individuo, e l’importanza
del turismo culturale nella scelta di visita ad una determinata destinazione.
Viene in seguito esposto il ciclo di vita della località turistica, secondo la
teoria nata da Butler. Da queste iniziali considerazioni abbiamo esposto un
possibile futuro per il turismo culturale, che ad ogni modo segue l’andamento
del settore in generale. Abbiamo voluto inserire in questo contesto
l’importanza della Carta etica del turismo, rivolta agli operatori in modo tale
che tengano conto del rispetto verso il patrimonio culturale e l’ambiente in cui
esso è inserito; la nascita del movimento anti-turistico, che rivela le
contraddizioni a cui può arrivare il fenomeno turistico, rendendo ai residenti
fastidiosa la sola presenza dei visitatori, cosa che dovrebbe far riflettere le
amministrazioni locali sulla programmazione, in modo tale da coinvolgere
tutta la comunità nella fase di progettazione e sulla consapevolezza di essere
una località turistica.
Partendo da queste considerazioni abbiamo preso in esame il caso della
città di Trento, nuova meta di turismo culturale da parte di coloro che sono
stati in grado di valorizzare il suo patrimonio artistico, grazie anche all’attività
di tutti gli attori impegnati nel settore turistico, i quali sono stati capaci di
qualificare l’offerta, da sempre poco considerata, e dare un’immagine reale
7
della città all’esterno. Considerando il patrimonio artistico in senso ampio,
dobbiamo prendere in esame la città, non come unità singola ed astratta, ma
come tassello di un panorama che comprende un’intera regione e da cui non è
possibile dividerla.
Ci troviamo così di fronte ad una regione con una propria immagine,
caratterizzata soprattutto dalle montagne e dal turismo alpino, e ad una città,
capoluogo di Regione e di Provincia, con caratteristiche diverse da ciò che le
sta attorno, e che si riscopre città d’arte, storica e rinascimentale. Queste
particolarità vanno valorizzate, ma vanno anche considerate assieme al resto
della regione. Trento è una città d’arte, ma non per questo può essere divisa
dalle montagne la circondano, per cui rimane anche città alpina.
Vogliamo capire, tramite quest’analisi, quando e in che modo Trento ha
riscoperto il suo ruolo di città d’arte e come gli attori del settore turistico si
sono comportati in questo contesto.
Ripercorrendo le tappe dello sviluppo turistico della zona e la storia della
città, possiamo capire perché il turismo culturale è stato scoperto soltanto
negli ultimissimi anni, e in che modo l’amministrazione locale sta affrontando
i problemi della promozione e della concorrenza, temi piuttosto rilevanti nel
panorama turistico generale. Dopo aver chiarito quali siano le principali
caratteristiche del marketing turistico, è stato possibile cercare e trovare anche
nella città di Trento quali siano i progetti e quale sia il programma di
marketing usato per il turismo urbano.
Infine, abbiamo ritenuto significativo riportare i progetti e le idee
proposte per rendere la città un luogo di visita interessante e attivo
culturalmente, in modo tale da far emergere l’interesse per questo nuovo
fenomeno che sta coinvolgendo Trento, così come altre città italiane, che
seguono lo sviluppo dei nuovi turismi emergenti, nell’era del turismo globale.
8
Capitolo Primo
NASCITA ED EVOLUZIONE DEL TURISMO CULTURALE
1. Il turismo nelle città d’arte oggi
Il viaggio è un fenomeno da sempre presente assieme all’esistenza
dell’umanità, mentre il turismo è un fenomeno moderno, recentissimo, ben
delimitato e chiaramente determinato dal punto di vista economico, sociale e
culturale. Il turismo sta diventando un fenomeno centrale della società post-
industriale, ma una delle caratteristiche più affascinanti è che nel fare turismo,
nella passione per l’andare in giro, si manifestano inquietudini inedite
dell’uomo moderno e nello stesso tempo coesistono enigmi molto antichi.
L’uomo moderno ha avuto la possibilità di viaggiare, soprattutto grazie al
velocizzarsi e al moltiplicarsi dei mezzi di trasporto
1
e grazie alla crescita del
“tempo libero”. Il turismo non si limita a contribuire alla ricchezza e allo
sviluppo economico di un paese, ma è caratterizzato anche da importanti
funzioni nella crescita sociale complessiva della civiltà e svolge funzioni
fondamentali nello sviluppo dell’individuo.
La cultura moderna è sempre più caratterizzata dal concetto di transito,
di trasferimento, di viaggio. L’aumento del tempo libero è una caratteristica
piuttosto importante in questo senso, perché rende possibile l’emergere di
nuove aspirazioni e nuovi modelli di comportamento. L’individuo è spinto a
creare una propria identità fino a determinare la crescita di progettualità
individuali. Le moderne tecnologie comportano una crescente flessibilità
dell’organizzazione del lavoro e di conseguenza anche il tempo del non-
1
Secondo Leed (1995) è molto rilevante quello che chiama il viaggio meccanizzato sulla nostra mobilità e
sull’esperienza di viaggio.
9
lavoro, il leisure, ha una maggiore possibilità di autogestione da parte
dell’individuo. Le dimensioni della vita vengono così ridisegnate e tutto
diventa più soggettivo.
I modelli di consumo sono essi stessi messi in crisi da questa nuova
autonomia individuale, in particolare nei settori come il turismo, dove i
bisogni crescono sempre di più dal basso, andando oltre i tipici processi di
imitazione sociale.
Si sviluppano nuovi bisogni di turismo, che vanno oltre l’offerta stessa,
oltre i canali dell’industria turistica, nasce una cultura del consumo, legata ai
bisogni reali dell’individuo, che costringe gli attori coinvolti nella
promozione e commercializzazione a rivedere le proprie strategie.
Rispetto al passato la posizione del turista cambia, nel viaggio infatti ora
si cerca un luogo e un tempo speciale, un approccio individuale con il
territorio e la cultura. La programmazione territoriale, con il passare del
tempo, dovrà essere rivista sempre più spesso, in quanto il turismo sta
diventando un fattore molto importante per quanto riguarda la definizione
delle politiche economiche, sociali e territoriali. Questo nuovo aspetto è
ancora più vero se si prendono in considerazione le forme di turismo che
tendono a diventare momenti di confronto, di crescita culturale ed
esperienziale.
Nel viaggio turistico questi aspetti sono molto accentuati, in quanto si
vuole vivere in un luogo e in un tempo speciali. In particolare nel turismo
culturale è più facile trovare questo modo di intendere l’utilizzo del tempo
libero. Stanno infatti cambiando i modi di comportamento dei visitatori, il
rapporto diviene sempre più spesso personalizzato con le opere d’arte e nel
contempo crescono nuove richieste e servizi.
Il viaggio viene visto come libertà, ma nel turismo, nonostante la
tendenza alla creazione di un itinerario individuale, che rispecchi la propria
personalità e i propri bisogni, esiste ancora l’incapsulamento all’interno di
10
una struttura di contenimento: l’organizzazione del viaggio, alla quale non
deve sfuggire nulla. Si può chiaramente trovare questo bisogno nell’offerta
turistica del “pacchetto”, attraverso il quale si cerca di offrire al cliente la
maggior parte di proposte possibili e complete. Un tempo il viaggio era
rischioso, mentre ora esiste una libertà di movimento dove le incognite
vengono eliminate.
Secondo Eric J. Leed la storia del viaggio è come una forza che muta il
corso della storia umana, un movimento nello spazio che entra nelle
personalità individuali e collettive, riplasmandole in un cambiamento che è
l’educazione sul viaggio e al viaggio testimoniataci da una letteratura di
secoli; fra il viaggio antico e quello moderno la differenza sta fra il senso
della necessità e del destino che presiedeva al viaggio nel passato e la libertà e
l’assenza di necessità e di scopo che ispira il viaggio nella modernità. (Leed,
1992)
Seguendo l’approccio di Dumazedier si può interpretare il loisir non
come momento compensativo rispetto al tempo lavorativo, ma piuttosto come
un tempo da impiegare per lo sviluppo umano e per superare l’antinomia
lavoro-svago. Nelle attività del tempo libero infatti l’individuo vive la libera
scelta in modo reale ed è proprio in questo momento che è possibile far
crescere una nuova dimensione soggettiva. Dumazedier afferma: “Viene così
a crearsi un nuovo tempo sociale, carico di valori e controvalori. Ci si può
quindi chiedere: che cosa diventa una società democratica in cui il tempo
libero è più lungo del tempo di lavoro? E’ la prima volta che ciò accade nella
storia dell’umanità.” Questa caratteristica della modernità porta ad una serie
di riflessioni sul ruolo che sta assumendo il viaggio per l’individuo, e
soprattutto il nuovo concetto di turismo all’interno della società. Con lo
svilupparsi e il crescere del tempo dedicato all’individualità e ai propri
bisogni si sono creati, oltre alla massificazione del turismo, nuovi tipi di
turismo.
11
Negli ultimi decenni il turismo culturale, ed in particolare le visite alle
città d’arte, hanno subito una forte crescita in Europa e soprattutto in Italia. I
fattori che hanno determinato tale crescita sono molteplici, ma quelli decisivi
possono essere sintetizzati in tre variabili:
1) una crescita dell’interesse generale per la cultura
2) gli short breaks e i city trips
3) le vacanze multiscopo
Si registra ovunque un interesse in aumento per la cultura e per le vacanze che
offrano anche la possibilità di vivere un’esperienza educativa e culturale, oltre
che di svago. In questo modo si incentivano i brevi viaggi (short breaks), della
durata di non più di tre giornate, svolti nell’arco dell’anno, indifferentemente
dalla stagione e visti come la seconda o terza vacanza, dopo quella estiva, che
è ancor oggi vissuta come quella principale e più lunga. Per questo tipo di
vacanza si scelgono soprattutto le città d’arte. Queste ultime sono
caratterizzate, a partire dagli anni Novanta, dalla presenza di un forte
movimento escursionista di soggetti che limitano la loro visita anche a meno
di un giorno e senza pernottamento.
Un altro fenomeno da prendere in considerazione è l’aumento delle
vacanze multiscopo, intese come momento di soddisfazione a molteplici
bisogni, diversamente dal passato, in cui le ferie rispondevano ad un unico
elemento di interesse. In Europa le città d’arte sono, tra tutte le destinazioni,
quelle che riescono ad offrire al turista una vasta gamma di attrazioni, in
modo tale da soddisfare tutte le sue esigenze e curiosità.
Coloro che visitano una città assumono quindi diversi comportamenti
secondo il gruppo e la categoria a cui appartengono, sia in base alla durata
della permanenza, sia in base alla motivazione che li ha portati nel sito.
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E’ possibile dividere i visitatori di una città in una prima e generica
scomposizione in due categorie: escursionisti e turisti.
Sono definiti turisti
2
tutti coloro che pernottano in una struttura ricettiva
della città, mentre gli altri che non pernottano sono definiti propriamente
escursionisti. In un gran numero di località quest’ultima categoria prevale su
quella dei turisti veri e propri. In città troviamo anche la presenza di
pendolari, ovvero i lavoratori e gli studenti delle zone limitrofe. Questa
classificazione è stata molto semplificata, solamente per chiarire la differenza
tra turisti ed escursionisti e per iniziare a comprendere la complessità di cui
può essere soggetto il concetto di visitatori e di turismo nelle città d’arte.
Il turismo urbano viene stimolato inoltre da alcuni cambiamenti che
coinvolgono le preferenze del turista moderno, come la ricerca di forme attive
di turismo e l’uso dell’aereo, che viene incluso all’interno del pacchetto di
viaggio sempre più frequentemente. Le città in questo modo risultano essere
molto accessibili, in quanto molti aeroporti sono stati ristrutturati e messi in
relazione con il centro vicino.
Nonostante il fatto che le città siano una concentrazione di valori
culturali, di attrazioni, di tradizioni, motivo per il quale potrebbero essere
potenzialmente molto attraenti per i viaggiatori, solo poche di esse sono
riuscite a rendere il turismo urbano un’attività economica di rilievo. Il turismo
nelle città risulta essere ancora un mercato poco sviluppato, ma offre delle
notevoli potenzialità di crescita nel momento in cui esso venga studiato e
adeguato ai cambiamenti della domanda. Per quanto riguarda le tendenze
attuali, le città d’arte minori sono quelle in grado di offrire, più di tutte, delle
ricchezze storiche e culturali in abbondanza, con un servizio personale ed
accurato.
2
Definizione del World Tourism Organization, senza tener conto della motivazione, comprese quelle
d’affari, di lavoro e di studio.
13
I cambiamenti recenti del mercato turistico prevedono uno spostamento
dell’attenzione della domanda turistica dalle località turistiche tradizionali a
quelle ancora da scoprire. In Italia, ma anche in tutta Europa, uno degli
elementi chiave della politica urbana nelle città d’arte sta diventando pian
piano il turismo. Vanno studiate però attentamente tutte le conseguenze del
potenziamento turistico, in quanto può risultare difficoltoso e non sempre
positivo l’inserimento dello sviluppo turistico in un luogo, semplicemente
valutando il fatto che i cambiamenti della domanda turistica sono favorevoli.
1.1 Le origini del turismo culturale: il Grand Tour
Il fenomeno turistico nella sua complessità risale alle civiltà antiche,
anche se gli studiosi non sono concordi nello stabilire un’epoca precisa di
nascita; infatti alcuni preferiscono parlare già di Impero Romano, altri si
riferiscono al concetto di turismo solamente a partire dal Medioevo. Durante
l’Impero Romano la storiografia dà molte testimonianze sui movimenti
turistici di svago, probabilmente dalla durata molto estesa, mentre dopo il
declino dell’Impero le ragioni principali per intraprendere un viaggio
venivano dal commercio e dal pellegrinaggio.
Durante il Medioevo si assiste al fenomeno dei grandi pellegrinaggi con
diverse mete, tra cui le tre principali: Gerusalemme, Roma e Santiago di
Compostela. Più tardi nasce il viaggio di formazione che prende spunto da
due precedenti tradizioni: il viaggio cavalleresco, effettuato dal giovane
signore alla fine del suo apprendistato, e la peregrinatio academica, ovvero
l’anno da lavoratore itinerante dello studioso, durante il quale il giovane
dotto, vicino alla conclusione del corso dei suoi studi, visitava i centri del
sapere, le università più importanti, in particolare Parigi e Bologna.
14
Dalla fine del Cinquecento fino all’Ottocento si ebbe lo sviluppo dei
viaggi privati, con finalità educative per i giovani, per lo più nobili, i quali
intraprendevano un cammino per comprendere ed acquisire la vita e la cultura
della propria nazione e di quelle straniere. Questo fenomeno nacque a seguito
delle trasformazioni culturali avvenute a partire dal Quattrocento, le quali
diffusero una diversa concezione dell’individuo e diedero un ruolo molto
importante, se non addirittura fondamentale ad arte, cultura e scienza nella
vita delle classi aristocratiche.
Questa rivoluzione culturale cambiò il modo di fare turismo e iniziò in
questo modo il fenomeno del “Grand Tour”
3
, che permetteva ai figli delle
nobili famiglie europee di visitare le principali città d’Europa e di raggiungere
un’educazione perfetta, attraverso una sorta di scuola itinerante, secondo un
percorso che in quell’epoca seguiva le vie di comunicazione più agevoli tra il
Nord, Roma e Napoli per poi ritornare e toccare le maggiori città e capitali.
Solitamente l’inizio e la fine del viaggio erano rappresentati dal Moncenisio e
dal Brennero, o da Genova per chi veniva per mare, in quanto
rappresentavano i punti di valico principali. I diversi itinerari si snodavano
rincorrendo anche feste civili e religiose, come i carnevali e le fastose
cerimonie sacre romane e quasi tutti includevano nel percorso o il Carnevale
di Venezia o la Settimana Santa a Roma. Dal valico prescelto si raggiungeva
Roma, dopo aver fatto tappa nelle principali città come in una sorta di
peregrinazione
4
, poi si raggiungeva Napoli e molto raramente ci si inoltrava
più a sud, per poi tornare indietro seguendo altri percorsi ed altre città. Lo
scopo sembrava essere quello di una ricerca delle testimonianze dell’antichità
e della classicità greca e romana.
3
L’espressione Grand Tour viene usata per la prima volta durante il viaggio in Francia di Lord Granborne
nel 1636.
4
Si usa infatti proprio il termine “tour”, che identifica appunto il “giro” di paesi con partenza e arrivo nello
stesso punto.
15
Il viaggio in Italia, com’era anche chiamato il Grand Tour, aveva
molteplici motivazioni, tra le quali anche la musica. Venezia e Napoli erano
considerate capitali musicali d’Europa e attiravano per questo il pubblico dei
viaggiatori nei famosi teatri all’italiana. Un’altra motivazione che attirava i
giovani artisti era il clima del Rinascimento italiano, mentre altre volte il
viaggio si prospettava come cura della malinconia, oppure come modo per
l’acquisizione dell’arte diplomatica o delle lingue straniere.
Con tale viaggio al giovane venivano forniti i mezzi con cui poteva
compiere una transizione sociale dalla giovinezza alla condizione di uomo
adulto, mediante la mobilità territoriale. In questo modo il giovane poteva sia
farsi riconoscere per quello che era e conoscere le persone che gli sarebbero
state utili in futuro, sia completare la propria istruzione culturale affrontando
la realtà di altri paesi e conoscendone i costumi. Il viaggio e la peregrinazione
relativamente celere di città in città, più che un lungo soggiorno continentale e
italiano, si prospetta come la nuova esperienza da perseguire, un’esperienza
capace di fare dei figli degli aristocratici e delle classi emergenti (mercanti,
burocrati di stato e professionisti) degli autentici gentiluomini.
Come si può leggere in svariati diari e testi di viaggio, il Grand Tour
diviene uno dei fenomeni più interessanti della moderna cultura europea in
cui si mescolano caratteristiche opposte come l’effimero e il duraturo, la
fatuità e il gusto d’osservazione, la curiosità e lo spirito d’avventura. Nello
specifico il conte Cork e Orrery osservano: “Non si intraprende un viaggio
per osservare le mode, ma gli Stati, non per far l’assaggio dei vini, ma di
differenti forme di governo, non per mettere a confronto velluti e merletti, ma
leggi e sistemi politici.” (Brilli, 1995)
Pian piano il soggiorno nelle principali università straniere viene
sostituito con il viaggio attraverso le città ritenute più importanti e
significative del Grand Tour.
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Si può notare infatti come le civiltà più avanzate abbiano sempre esaltato
il viaggio come comparazione proficua del noto con l’ignoto, del familiare
con l’estraneo e quindi come un modo di crescere e di rinnovarsi tanto nello
spirito che nel corpo. Il Grand Tour diviene in questo modo una vera metafora
del viaggio della vita. L’andar per via ha sempre costituito uno dei mezzi più
diffusi della circolazione delle idee, della presa di coscienza di realtà diverse,
e quindi dell’attenuazione momentanea delle differenze più marcate fra
popoli, civiltà e stati del continente europeo.
Fra la fine del Cinquecento e l’Ottocento non c’è intellettuale europeo,
specie anglosassone, che non abbia compiuto in un modo o nell’altro il
proprio pellegrinaggio nella penisola, tanto che il viaggio attraverso i paesi
europei e l’Italia diventa, con varianti minime, il titolo di un numero
incredibilmente vasto di guide, vademecum, diari, saggi, cronache, relazioni,
epistolari veri o simulati.
Il viaggiatore seicentesco è mosso da “curiosità” e tramite il viaggio
intende raggiungere una compiuta “esperienza”. Il termine curiosità abbraccia
un vero e proprio universo sensibile nel quale rientrano la raccolta e la
catalogazione di opere artistiche e di rarità naturali atte a soddisfare desideri e
manie del collezionista, lo studio di usi e costumi di popoli, l’analisi delle loro
forme di governo e delle magistrature, l’esplorazione sistematica di interi
ordini culturali. Il termine esperienza comprende il processo intellettuale atto
a soddisfare una simile curiosità e a promuovere la tesaurizzazione.
L’Italia figura come traguardo prediletto del Grand Tour, tanto che,
molto prima del Viaggio in Italia di Goethe, l’espressione “viaggio in Italia”
diventa di uso corrente e a volte preferenziale a “Grand Tour”.
In generale, dunque, l’espressione Grand Tour sta ad indicare il viaggio
continentale, specie in Francia e in Italia, fra il XVI e il XVII secolo,
intrapreso da intere generazioni di aristocratici e di borghesi europei, in
particolar modo inglesi, al momento di passare dall’età adolescenziale a
17
quella adulta. Nello specifico, il giovane compiva il viaggio tra i sedici e i
ventidue anni e in questo modo si pensava acquisisse quelle doti di
intraprendenza, coraggio, attitudine al comando, capacità di rapide decisioni,
conoscenza di costumi, maniere, galatei, lingue straniere; doti e conoscenze
tutte quante necessarie ai membri di una nuova classe dirigente, sia nel campo
dell’amministrazione pubblica che nell’espletamento delle libere professioni,
e ai rampolli di un’aristocrazia impegnata in un’oculata e moderna
amministrazione dei propri patrimoni. Al ritorno in patria il giovane, grazie
alla funzione iniziatica riconosciuta al viaggio, poteva considerarsi ammesso
al mondo degli adulti.
I viaggi si moltiplicano sempre più durante il Settecento, epoca in cui la
cultura è ancorata ai parametri della ragione ottimistica, cosmopolita e
itinerante. Questo secolo ha caratteristiche inconfondibili, anche se complesse
e variegate, omogenee in ogni modo alla struttura culturale del secolo. Tale è
l’importanza del Grand Tour, che ha lasciato tracce profonde nella letteratura
del secolo e, in particolare, nel romanzo.
L’uomo, in quest’epoca, vuole conoscere il mondo in cui vive,
comunicare con entità etniche e culturali diverse, comprenderle nelle loro
peculiarità di usi e costumi, superarne le barriere linguistiche. Infatti “Si
viaggia per osservare costumi e maniere diverse, non per criticarli”.
Viaggiare rappresentava un elemento di valore sociale simbolico, che
distingueva chi poteva viaggiare da chi non poteva viaggiare. A viaggio
compiuto, per di più, si possedeva il prestigio di conoscere direttamente cose
e situazioni che altri ignoravano o conoscevano solo per interposta persona.
Conoscenza che, finché hanno la possibilità di viaggiare solo poche persone, è
elemento di prestigio.
Quando un giovane aristocratico si accingeva a partire per il grande
viaggio che l’avrebbe poi portato alle soglie della fase adulta nel cammino
della propria vita, si sceglieva anche l’accompagnatore, o “governour”, o
18
“bear-leader”, una figura essenziale per il Grand Tour, sotto il punto di vista
pedagogico. A volte l’esperienza del viaggio risultava più proficua per il
tutore che per l’allievo, infatti la scelta ricadeva molte volte su giovani
studiosi di belle speranze in cerca di sapere e di conoscenza diretta delle altre
culture. Gli accompagnatori, in ogni caso, erano intellettuali capaci di
spiegare ai giovani rampolli la cultura, le arti, e nello stesso tempo sapevano
metterli in guardia da possibili e probabili disavventure in cui ci si poteva
imbattere durante il cammino.
Col progredire del diciottesimo secolo, le grandi famiglie aristocratiche
erano in grado di far scortare i propri figli da veri e propri cortei. In questo
modo il giovane non aveva più la preoccupazione della propria incolumità e
dell’avventura vera e propria del Tour. A volte i viaggiatori più facoltosi
portavano con sé pittori rinomati per non perdere le viste, le opere e le
prospettive osservate. Questa però non era la norma, in quanto l’educazione
borghese dell’epoca imponeva al viaggiatore i rudimenti dell’arte pittorica,
almeno in modo da fargli riempire di schizzi e acquerelli il proprio album di
disegni.
È possibile riassumere il fine costante di chi si accingeva ad
intraprendere il Grand Tour con le parole di Bayard Taylor, americano che
viaggiò in Europa a metà dell’Ottocento: “Non sono stato spinto soltanto dal
desiderio di una vita errabonda, bensì dalla brama di far conoscenza di altre
lingue e di altre razze; di ammirare le meraviglie dell’arte classica e di quella
medievale; di osservare paesaggi famosi e di cogliere l’aura magica delle
grandi associazioni storiche; per farla breve, per procurarmi un’educazione
più completa e più varia di quella che il mio stato e le circostanze della vita
mi avrebbero permesso di ottenere in patria”.
Durante l’Ottocento, ma già verso la fine del Settecento, il fine del
viaggiatore tende a farsi più enciclopedico e più attento alle testimonianze
artistiche o culturali in genere, così che i risultati delle sue analisi nei paesi
19
stranieri possano promuovere in patria una maggiore conoscenza del
continente e una effettiva familiarità con la tradizione classica. Questo
cambiamento si vede anche nella scelta dell’accompagnatore, che ricade
sempre più, e soprattutto se a partire era uno studente universitario o un
giovane laureato, su un compagno di viaggio.