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dai turisti italiani e stranieri. Dopo l’analisi nazionale, l’indagine sul settore
turistico proseguirà soffermandosi sulla Puglia e sulla provincia di Taranto,
territori soggetti a numerosi interventi positivi di riqualificazione e
ammodernamento tesi a favorire l’attrazione turistica sulle coste jonico-salentine e
nell’entroterra ricco di numerosi comuni pieni di risorse storico-culturali ,
naturalistiche, paesaggistiche ed eno-gastronomiche.L’esame del settore turistico
locale porterà, ad evidenziare l’attivismo amministrativo dei vari comuni della
provincia e anche le varie iniziative private pro-turismo: tra queste, l’investimento
relativo al polo turistico integrato “Nova Yardinia ” che sarà l’oggetto di studio
del presente lavoro. Del complesso turistico verrà esaminata la localizzazione, le
varie strutture e l’offerta per macri-voci che il complesso turistico offre alla
propria clientela e verranno sottolineati i dati relativi agli investimenti e
all’occupazione utili per un ritorno economico verso il territorio, relativi
all’esperienza commerciale che il polo turistico ha avuto dall’apertura sino ad
oggi.L’analisi globale del polo turistico integrato vuol essere una valutazione
attenta e scrupolosa della lungimiranza del gruppo gestore, ma
contemporaneamente uno spunto alla riflessione sull’assenza di politiche integrate
nel settore e di numerose difficoltà di decollo e di integrazione a causa di
deficienze tecniche ed infrastrutturali.Partendo da questa riflessione, il lavoro
prosegue discutendo sulle politiche di governo attivo delle “filiere dell’ospitalità e
dei beni e servizi per chi è turista” (Sistema Italia, 2003), e analizzando le
proposte inserite nella programmazione turistica con i rispettivi interventi utili per
migliorare la funzionalità e l’attrattività turistica del meridione, della Puglia e
infine della Provincia di Taranto.
Un vivo ringraziamento và al gruppo Putignano gestore del complesso turistico,
alla Confcommercio di Taranto e all’ A.P.T. e al suo responsabile Eduardo Costa
che con la loro preziosa collaborazione mi hanno consentito la stesura del presente
lavoro.
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CAPITOLO 1
IL TURISMO “MOTORE” DI SVILUPPO IN UN SISTEMA
ECONOMICO INCERTO
1.1 Analisi del sistema produttivo italiano e della Provincia di Taranto
Negli ultimi anni lo scenario economico mondiale risulta notevolmente
modificato a causa di mutamenti di natura politica, produttiva e tecnologica.Tra
questi cambiamenti i più importanti sono: l’accelerazione dell’economia cinese
(come nuovo e tecnologico mercato) e l’effetto di trascinamento che essa avrà per
le altre economie orientali, il ritorno di attenzione sul sistema africano(grande
serbatoio di risorse ed elemento di contraddizione rispetto alla qualità dello
sviluppo proposta dai sistemi evoluti) e i nuovi nessi tra sviluppo economico e
sistemi culturali e religiosi diversi dalla tradizione europea (come l’Islam).
Questi fattori di nuovo dinamismo, costringono l’Italia e la sua economia ad
attuare una strategia di riposizionamento.
Il sistema economico italiano sembra aver colto la portata strategica di questo
momento ed è attraversato da una forte preoccupazione, dovuta alla povertà di
mezzi o strumenti validi con i quali l’Italia e l’Europa dovranno affrontare questa
vera metamorfosi.
Infatti, il passato consegna all’economia italiana un sistema fatto di grandi
imprese poco internazionalizzate e di medie e piccole imprese capaci di un grande
dinamismo sul fronte delle esportazioni; oggi e nel futuro prossimo, invece,
bisognerà puntare ad internazionalizzare l’economia italiana attraverso la ricerca
di un presidio stabile dei mercati internazionali e il governo attivo delle filiere
produttive a maggiore potenziale, al cui centro stanno le imprese leader di settore.
La “logica” delle filiere produttive deve mirare ad una apertura del territorio sia
sul fronte internazionale sia verso quei territori nazionali analoghi per vocazione
economica, con i quali diventa sempre più indispensabile condividere strategie,
strumenti e piani operativi e quindi mettere in atto politiche di integrazione
intersettoriale a livello locale, coordinamento sovraterritoriale e proiezione
internazionale.
7
La stabilità sui mercati internazionali, a cui l’Italia deve puntare, deve essere
l’effetto di una diversa politica economica che non mette più al centro l’impresa o
il distretto produttivo, ma la Filiera produttiva : un insieme integrato di funzioni
che comprende la formazione di conoscenze scientifiche e tecnologiche, la
produzione di una gamma di beni e servizi sufficientemente estesa, un terziario
specializzato, dei sistemi distributivi dedicati e servizi di sistema adeguati di
competenza dello Stato.
Un forte vincolo al decollo dell’economia italiana è rappresentato però, dal
Mezzogiorno d’Italia e dalla vecchia ma sempre più attuale “questione
meridionale”. L’Italia meridionale, infatti, detiene un potenziale di sviluppo
significativo solo se inserita in un progetto di crescita che ha al suo centro una
politica economica e sociale che abbraccia tutta l’area del Mediterraneo: essere al
centro di un sistema in crescita è del tutto diverso dal trovarsi in una situazione di
frontiera, affacciati verso economie non solo deboli, ma anche attraversate da
tensioni che in qualche momento sono sembrate irrisolvibili.
Però, ci sono vari fronti di politica estera che se gestiti in maniera lungimirante
possono rappresentare una vera e propria “impennata” per le regioni del Sud Italia
e sono: la politica verso i Balcani, la politica di avvicinamento della Turchia
all’Europa, la pacificazione del conflitto tra Israele e popolo palestinese,
l’incremento della collaborazione con gli Stati dell’Africa mediterranea e lo
sviluppo dei traffici nel Mediterraneo con i paesi dell’Oriente.
Inoltre bisogna puntare molto sui piani di investimento infrastrutturali che grazie
ai vari asset logistici (porti, interporti, ferrovie, autostrade, ecc. ) possono
rappresentare la svolta del Mezzogiorno che potrebbe diventare la piattaforma
meridionale dell’Europa. Queste azioni di politica economica diventano
necessarie per il futuro degli Stati Europei, ma per analizzare la situazione
economica di riferimento di questi anni è necessario partire dall’analisi strutturata
del sistema economico, che evidenzia le varie caratteristiche delle economie locali
e disegna un quadro più preciso a livello nazionale.
A tal proposito i 10 modelli individuati da Sistema Italia (2003), possono
rappresentare un valido aiuto.
Essi si differenziano sulla base di due fattori principali:
8
- il grado di sviluppo: che fa emergere i territori dove si realizza la maggior parte
della produzione italiana, rispetto ai territori in ridefinizione o in posizione critica;
la tipologia del sistema produttivo: che colloca i territori di forte concentrazione
produttiva rispetto alle due tipologie di riferimento: i sistemi distrettuali e i sistemi
urbani/metropolitani.
Da questa differenziazione risultano costruite cinque macrotipologie:
I poli urbani: modelli di sviluppo evoluti che contribuiscono per il 35%
alla formazione del PIL nazionale; comprendono sia le aree metropolitane che le
capitali funzionali e sono fortemente visibili e attive sul fronte internazionale oltre
ad essere poli urbani storici e di attrazione turistica ma contemporaneamente fonte
di attività produttive
I sistemi distrettuali: modelli di attività sinergica con distretti
multispecializzati popolati dalle Pmi e monospecializzati con presenza sia di
piccola impresa, ma anche territori in cui esiste una media-grande impresa inserite
in un sistema a rete; sono aree ad alto grado di sviluppo e ad elevata occupazione;
producono il 24% del Pil Nazionale.
La ricerca di qualità: modello di sviluppo compatibile dove la politica
locale è stata in grado di proporre e realizzare progetti di forte impatto sul
territorio. Il modello comprende le aree turistiche ed agrituristiche di eccellenza
(es. Rimini); sviluppano il 9% del Pil Nazionale.
Le potenzialità: hanno un grado di sviluppo medio o medio-basso e sono
territori in fase di riposizionamento e in cerca di vocazione tra le quali le grandi
città del Mezzogiorno dove coesistono processi di innovazione in fase di
compimento e contesti sociali marginali (aree a modernità incompiuta);
contribuiscono al Pil Nazionale per circa il 30%.
Lo sviluppo da costruire: territori concentrati in zone della Calabria,
Puglia e Sicilia. Contribuiscono con il 2% alla formazione del Pil nazionale. Le
macrotipologie sono raggruppate nella tab. 1 che segue, in cui si contrappongono
i 5 modelli con gli indicatori economici, e da cui si ottiene un preciso riferimento
geografico delle province italiane.
9
Tab. 1 - I dieci modelli di sviluppo locale del sistema Italia
Macro- tipologie
Indicatori Province inserite
nel modello
Numero
Province
Popolazione
PIL
In %
POLI
URBANI
1) Capitali
Funzionali
Milano – Roma - Torino 3 16.5% 23.2%
2) Vetrine del
“Made in Italy”
Bologna- Firenze- Trento
Padova- Venezia- Verona
Alessandria - Ancona
8
10.0%
12.0%
SISTEMI
DISTRETTUALI
3)Grandi
imprese in
piccoli distretti
4)Distretti
multispecializzati
5) Distretti
dedicati
Belluno- Cremona- Lodi
Mantova- Novara- Parma
Pordenone - Vercelli
Bergamo- Brescia- Lecco
Modena- Reggio Emilia
Como- Treviso- Varese
Vicenza
Arezzo – Ascoli- Biella
Lucca- Macerata – Pisa
Pesaro- Urbino- Prato
Pistoia- Udine
8
9
11
4.1%
11.4%
6.3%
4.8%
13.3%
6.4%
10
RICERCA DI
QUALITA’
6) Territori
dello sviluppo
integrato
Aosta – Chieti – Bolzano
Cuneo – Asti- Ferrara
Forlì – Perugia- Rimini
Rovigo – Siena – Ravenna-
Piacenza
13
7.8%
8.5%
POTENZIALITA’
7) Aree urbane
a modernità
incompiuta
8) Aree in cerca
di vocazione
9) Accenni di
qualità
Bari- Cagliari – Caserta
Catania- Genova – Messina-
Napoli –Palermo- Salerno-
Siracusa- Taranto
Avellino- Frosinone-
Gorizia –Isernia- L’Aquila-
La Spezia- Latina- Livorno
Massa Carrara- Pavia - Rieti
Pescara - Savona – Sondrio
Terni- Trieste - Verbania
Benevento- Campobasso
Grosseto- Imperia- Trapani-
Viterbo- Agrigento-
Brindisi- Crotone- Foggia-
Matera- Ragusa- Sassari
11
17
21.2%
8.2%
14.6%
7.6%
11
LO SVILUPPO DA
COSTRUIRE
Nuoro- Oristano- Potenza
Caltanissetta – Lecce
Catanzaro- Cosenza- Enna-
Reggio Calabria
Vibo Valentia
16
7
9.0%
5.4%
6.3%
3.3%
(Fonte: Sistema Italia 2003)
Dall’analisi delle varie tipologie emerge che la provincia di Taranto è inserita
nella quarta microtipologia (le potenzialità), definita come area urbana a
modernità incompiuta in cui sono presenti aree urbane di grandi dimensioni e a
forte densità abitativa, ma con un profilo economico profondamente caratterizzato
dalla fragilità e dall’incertezza e dove la propensione al cambiamento si associa ad
una condizione sociale non ottimale.
Sono aree con sistemi territoriali in transizione dove importanti ed interessanti
processi di ristrutturazione e rivitalizzazione urbana (per esempio Taranto,
Genova, Napoli, Bari) si affiancano ad un tessuto economico con bassa
occupazione, scarsa diffusione di impresa e bassa apertura all’estero. Queste aree
però manifestano una forte vocazione al terziario, non a quello avanzato ed
evoluto ma a quello frutto della concentrazione di attività della Pubblica
Amministrazione.
Le aree a modernità incompiuta hanno il primato della demografia (21.2%) e sono
città grandi come Napoli, Salerno, Palermo, Taranto che rappresentano vasti
territori provinciali che attingono le ragioni della loro identità ad un grande
bagaglio di storia e memoria e ad un rilevante patrimonio artistico- culturale.
12
Negli ultimi anni godono di spinte progettuali dei sistemi di governo locale ma
sono in bilico tra la tradizione e la modernità; il quadro socio-demografico riflette
numerose famiglie tradizionali dove esiste un elevato tasso di natalità e un basso
indice di vecchiaia; inoltre in questi territori è presente una notevole
concentrazione nella classe di popolazione 0-14 anni.
In questo scenario economico Taranto e la sua Provincia negli ultimi anni, sono al
centro di un processo di rivitalizzazione urbana inquadrato negli interventi
finanziati dalla comunità europea denominati URBAN, ma allo stesso tempo sono
flagellati dalla disoccupazione e dalla mancanza di politiche tese a fare sistema.
L’intero circuito economico è collegato in maniera forte e indissolubile alla
risorsa più importante della provincia di Taranto : il mare.
La rilevanza di questa risorsa la si evince dalla stretta connessione con lo sviluppo
economico e sociale, oltre che per la tradizione culturale. Infatti le principali
attività economiche del capoluogo sono legate al mare: la Base Navale, e
l’Arsenale Militare, il porto commerciale ed industriale, la cantieristica navale, le
attività maricolturali , lo stabilimento siderurgico, la raffineria e il turismo.
Negli ultimi anni Taranto e la sua provincia hanno vissuto periodi non piacevoli
causati dalla crisi siderurgica, dalla recessione economica , dalla forte dipendenza
dall’industria pesante e da un indilazionabile riassetto dell’industria meccanica; a
tutto questo si deve aggiungere la crisi dell’edilizia e di alcuni settori legati
all’indotto della siderurgia.
Oggi l’economia del capoluogo è fondata sull’industria pesante che da un lato
garantisce occupazione ed economia, “ i dati occupazionali evidenziano una
grande percentuale di occupati nell’industria pesante e nel suo indotto”- Papalia ,
in Confcommercio, 2003, p. 8- e dall’altro inquina il paesaggio ricchissimo da un
punto di vista paesaggistico e culturale , e le splendide acque della costiera jonico-
salentina.
Lo stabilimento ILVA , la raffineria AGIP e l’indotto creatosi intorno al
siderurgico rappresentano i settori predominanti dell’economia tarantina.
Oltre all’industria il settore agricolo offre notevoli introiti all’economia grazie alle
notevoli evoluzioni tecnologiche che permettono ai coltivatori tarantini di
realizzare colture altamente redditizie eseguite con le tecniche più moderne e
sofisticate.
13
Il paesaggio agricolo è ricco di colture agrarie che hanno caratterizzato e
caratterizzano tuttora la nostra terra: vite, olivo, agrumi, frutteti, cereali ed ortaggi.
Il settore terziario all’interno della provincia di Taranto, è sotto l’attenzione delle
amministrazioni pubbliche e degli imprenditori privati poiché è un settore che si
pensa possa offrire interessanti prospettive economiche grazie soprattutto alla
forte vocazione turistica del territorio.Il turismo, infatti, può essere un settore
importante per l’economia tarantina soprattutto perché potrebbe rappresentare una
fonte economica alternativa all’industria pesante ed inquinante che per anni ha
“dominato” e ancora oggi, domina la “scena produttiva jonica”.
Lo sviluppo turistico nella provincia di Taranto potrebbe essere favorito
soprattutto grazie alle potenzialità del territorio: un grande patrimonio storico-
culturale, uno stupendo paesaggio naturale e una viabilità che necessita di qualche
ritocco ma che riesce comunque ad interconnettere la provincia jonica con le
maggiori vie di comunicazione nazionali.
Finalmente dopo tanti anni caratterizzati da politiche clientelari e sbagliate, negli
ultimi anni le pubbliche amministrazioni e anche gli imprenditori privatihanno
intrapreso tutti la strada della valorizzazione delle numerose risorse ed effettuato
interventi di rivalutazione urbana e costiera tesi allo sviluppo del settore turistico.
1.2 Il turismo: settore strategico di sviluppo
L’uomo conosce prima del pensionamento, vari momenti di riposo, infatti oltre
alle ore liberate ogni giorno dalle attività lavorative ci sono le pause settimanali, e
le ferie annuali.
Nei paesi più evoluti economicamente, per l’uomo assume grande importanza
l’organizzazione del tempo libero, che può essere destinato alla semplice
ricreazione e in altri termini al turismo vero e proprio.
La ricreazione si realizza nella propria abitazione o non lontano da essa ( in
palestra, in piscina, in una discoteca, al cinema o in un pub), mentre il turismo
implica uno spostamento a raggio più o meno lungo, compiuto sia per “staccarsi”
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da un modo di vita monotono, sia per il bisogno di conoscere gente e luoghi
diversi da quelli frequentati abitualmente.
Il turismo viene definito come uno spostamento dal luogo di abituale residenza in
uno o più luoghi di temporaneo soggiorno, al fine di soddisfare determinati
bisogni di diporto con conseguente trasferimento di redditi a puro scopo di
consumo (Bertolino, in Innocenti, 2002).
Al fenomeno sono legati tre fattori fondamentali: lo spostamento sul territorio, la
durata dello spostamento e il motivo dello spostamento.
Per quanto riguarda il primo fattore, lo spostamento deve avvenire verso luoghi
diversi da quelli abitualmente frequentati e deve essere un allontanamento dalle
agglomerazioni territoriali di residenza e dagli itinerari che l’individuo
solitamente percorre. Si escludono quindi, gli spostamenti per lavoro, studio e
obblighi di famiglia.
Il secondo fattore la durata è definito in un lasso di tempo che và, dalle 24 ore
con pernottamento compreso, all’intero anno; il terzo fattore cioè la motivazione è
da tutti visto come fattore principale, poiché chi decide di fare turismo lo fa per
“rompere” la solita routine quotidiana e vivere un periodo di riposo.
Non è facile stabilire con esattezza la data d’inizio del turismo, ma vari tipi di
spostamenti si registrano già nelle civiltà egizie e greco-romane, ma anche nella
società medioevale e rinascimentale, spostamenti , effettuati per motivi religiosi,
sportivi, e di studio.
Nel periodo medioevale assumono notevole importanza anche i pellegrinaggi dei
cristiani e dei musulmani verso i luoghi di culto, mentre nell’età del Rinascimento
si hanno molti esempi di viaggi a fini culturali , per motivi commerciali o militari;
le mete preferite in questo periodo erano rappresentate da Parigi, i Paesi Bassi, la
Germania, la Svizzera, e dall’Italia ( Genova, Milano, Roma, Firenze e Venezia).
L’impulso maggiore allo sviluppo del fenomeno turistico, è dato dalla rivoluzione
industriale e dall’affermarsi della civiltà urbana dotata di nuove e più moderne
comunicazioni, infatti risale all’Ottocento la comparsa per la prima volta, nella
letteratura inglese, del termine tourist (turista).
Determinante e decisivo per l’evoluzione del turismo, fu l’avvento della ferrovia
e dell’automobile oltre allo sviluppo nel periodo post-bellico dei voli
transoceanici e transcontinentali.
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A questi fattori, si aggiunge poi, l’evoluzione psicologica in atto nei paesi ricchi
dove si sviluppa il concetto dell’evasione, che serve per superare i difetti della
vita urbana.
Dopo l’analisi retrospettiva occorre dare una classificazione al turismo, sfruttando
le teorie di Umberto Toschi, che nel 1947 propose uno schema interpretativo del
fenomeno in cui si distinguono tre aspetti o momenti fondamentali: il momento
attivo, il momento della circolazione e il momento passivo.
“Il momento attivo corrisponde all’istante in cui il singolo potenziale turista
decide di partire dal luogo di abituale residenza, sulla base di un impulso di
carattere psicologico
Il momento passivo corrisponde, invece, all’istante in cui il soggetto di cui sopra,
ormai divenuto turista, si rivolge all’attrezzatura ricettiva della meta prescelta.
Il momento della circolazione è quello in cui avviene lo spostamento dal luogo
della residenza alla meta, questo momento si colloca in una posizione intermedia
fra quello attivo e quello passivo.” (Toschi, in Innocenti, 2002, p.16)
Dai momenti ai tipi di turismo
L’analisi dei momenti utile ai geografi che privilegiano la decisione del soggetto
di evadere e vivere sia pure temporaneamente in un ambiente diverso dal
consueto, viene visto dall’economista come elemento fondamentale per una
classificazione economica del fenomeno turistico.
Il turismo infatti viene distinto in turismo attivo e turismo passivo.
Il turismo attivo corrispondente al momento attivo viene a sua volta classificato in
turismo proprio e turismo improprio come si evince dalla tabella che segue: