Del resto se l’ammissibilità di un istituto straniero dipendesse solo
dalla sua semi-identificazione con istituti locali, si affermerebbe in
questo modo la totale incomunicabilità e paralisi fra gli ordinamenti.
La sua ammissibilità discende solo dalle norme di Diritto
Internazionale Privato che gli hanno riconosciuto un diritto di
cittadinanza nel nostro ordinamento e dalla non contrarietà con
l’ordine pubblico; infine, i trust non sono in contrasto con le norme
imperative del nostro ordinamento ed in particolare con l’art. 2740 c.c.
Tutti le regole giuridiche che costituiscono le basi concettuali del trust
erano già presenti nella tradizione giuridica romanistica.
Ciò spiega il motivo per il quale molti sistemi giuridici c.d. “misti”, e
anche molti sistemi di civil law, hanno inserito per via legislativa nel
proprio ordinamento giuridico il trust, ovvero istituti strettamente
analoghi ad esso.
Ad una prima tendenza giurisprudenziale di assimilazione del trust
nelle categorie di civil law, negli ultimi venti anni, in alcuni paesi, si è
assistito all’opposta volontà di rispettare la reale natura dei trust.
Al fine di eliminare ogni incertezza riguardo la disciplina applicabile
nei singoli casi concreti, si è alla fine giunti all’approvazione di una
Convenzione che disciplina la legge applicabile ed imponenesse il
riconoscimento del trust in quanto tale: La Convenzione dell’Aja.
Contemporaneamente, specificità del trust e la conseguente
applicabilità in svariate operazioni economico-finanziarie hanno
indotto alcune giurisdizioni di civil law ad intervenire con leggi
speciali al fine di dotare anche questi paesi di strumenti finanziari o
commerciali appropriati che ricalcassero alcune utilizzazioni di trusts
inglesi o americani.
5
Mentre la Francia ha deciso di proporre l’introduzione, nel codice
civile, di un istituto generale ad hoc, “la fiducie”, presentato come il
“gemello” del trust nell’Europa di Civil law, l’Italia ha introdotto un
nuovo articolo nel Codice Civile, l’art. 2645-ter, in tema di
trascrivibilità di atti pubblici con cui beni immobili e mobili registrati
sono “destinati” alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela.
Si nota in questo articolo una sorta di “risposta” dell’ordinamento
italiano al trust anglosassone.
Per ciò che concerne i beni culturali la disciplina dell’Unione Europea
sulla tutela di tali beni è finalizzata ad analizzare la disciplina della
protezione e circolazione internazionale dei beni culturali soffermando
particolarmente l’attenzione sulla attività normativa della Comunità
Europea e su tutto il percorso attraverso il quale si è giunti
all’acquisizione di competenza nel settore da parte delle istituzioni
comunitarie.
La legislazione italiana in materia di protezione del patrimonio
culturale è oggi inevitabilmente influenzata dalla normativa
comunitaria ma si inserisce in una dimensione ancor più
internazionale recependo le Convenzioni internazionali elaborate ed in
particolare la Convenzione dell’UNIDROIT sul ritorno internazionale
dei beni rubati o illecitamente esportati.
L’Italia ormai da anni ha approntato un efficace sistema di protezione
dei beni culturali, capace di impedire depauperamenti del patrimonio
nazionale conseguenti alla fuoriuscita dei beni dal territorio nazionale.
Sin dal 1939 si sono impedite le esportazioni, regolamentati gli
interventi sulle opere d’arte, garantite la conservazione e la
valorizzazione dei beni di interesse artistico; il nuovissimo Codice dei
Beni Culturali ed Ambientali recepisce decenni di legislazione in
6
materia apportando anche i cambiamenti necessari per l’adeguamento
al nuovo assetto federalista dello Stato.
La normativa della Comunità Europea si è inserita dunque in quadro
giuridico già capace di proteggere l’immenso patrimonio culturale
nazionale, imponendo alcuni cambiamenti ma contribuendo a
potenziare il sistema protettivo esistente.
In una realtà internazionale sempre più improntata alla libertà degli
scambi e del commercio, con le opere d’arte che sono anch’esse
oggetto di scambio, è sempre più forte l’esigenza di tutelare i beni
culturali, che, in virtù dell’essere elemento di rafforzamento
dell’identità storico - culturale di una nazione e del loro particolare
legame con la realtà locale, necessitano di protezione specie da
esportazioni al di fuori dei confini dello Stato.
La coesistenza della normativa italiana, comunitaria ed internazionale
sono la migliore garanzia che la libera circolazione internazionale dei
beni culturali non pregiudichi la protezione dei patrimoni culturali
nazionali.
7
I CAPITOLO
“IL TRUST IN AMBITO INTERNAZIONALE E
COMUNITARIO”
8
IL TRUST IN AMBITO INTERNAZIONALE E
COMUNITARIO
1.1 Le origini storiche dei trust
La storia dei trust risale al 13° secolo, quando, in Inghilterra, al
tempo delle Crociate, i signori feudali avevano necessità di affidare la
proprietà durante la loro assenza, per essere sicuri che tutto fosse
mantenuto e controllato. In caso di non ritorno la proprietà o l’utilizzo
di essa veniva attribuito alla famiglia.
In quanto istituto del diritto inglese, il trust è, più precisamente, un
istituto in Equity, ove con tale termine si intende uno dei due grandi
settori di diritto anglosassone, contrapposto al Common law. I diritti
discendenti dal trust sono quindi detti equitables, cioè “diritti
discendenti dal sistema di equity”
1
.
La conoscenza dell’istituto del trust al di fuori dei paesi di Common
law si è avuta grazie allo sviluppo di indagini comparatistiche. Il trust,
date le sue caratteristiche, è divenuto il simbolo di quelle singolarità
tecniche che demarcano un settore giuridico dall’altro
2
.
Alla base di questa singolarità si collocano gli itinerari mediante i
quali si è sviluppata la law of trust
3
. E’ però anche vero che tutti gli
elementi giuridici che hanno costituito le basi concettuali del trust
erano già presenti nelle tradizioni giuridiche romanistiche. Per questo
1
Tale espressione non ha alcun equivalente in italiano, in quanto il nostro termine equitativo
assume tutt’altro significato, riferendosi al concetto di equità.
2
Questo atteggiamento è percepibile nei sitemologi francesi. Cfr P. RODIERE, Introduction au
droit comparè, Paris, 1974, pag.31.
3
Cfr M. GRAZIADEI e B. RUDDEN, Il diritto inglese dei beni e il trust, Milano, 1979, po. Cit.
458.460, nell’affrontare il tema “i beni e le forme di appartenenza” con riguardo al diritto inglese
contemporaneo gli autori notano che non viene tanto posto il problema di chiarire il debito
dell’odierna law of property verso il passato, quanto piuttosto quello di comprendere le novità, le
discontinuità e le rotture rispetto al passato.
9
motivo sarebbe utile far riferimento in ambito storico non solo alla
law of trust inglese ma anche agli insuccessi continentali di creazione
di figure simili ai trust senza però integrarne la struttura e le funzioni.
Infatti non si può evitare di constatare come, in varie forme, si assista
oggi ad una sorta di “corsa ai trust”
4
, effettuata da quasi tutti gli
ordinamenti giuridici contemporanei.
1.2 Il trust nell’ordinamento di common law: l’Inghilterra
Il trust può essere considerato come un particolare rapporto
giuridico in virtù del quale un soggetto, denominato trustee, al quale
sono attribuiti i diritti e i poteri di un vero e proprio proprietario
5
,
gestisce un patrimonio che gli è stato trasmesso da un altro soggetto,
denominato settlor (o disponente) per uno scopo prestabilito, purchè
lecito e non contrario all’ordine pubblico, nell’interesse di uno o più
beneficiary
6
o per fine specifico
7
.
Le peculiarità e l’insularità del trust quale “creatura”
8
dell’equity non
risiede solo nella derivazione di tale istituto da un sistema di
giurisdizione sconosciuto all’ordinamento italiano, ma nella tutela che
la diversa giurisdizione dell’equity appresta a questo particolare tipo
di proprietà fiduciaria, tutela che predispone una serie di rimedi per
4
L’espressione “corsa ai trust” è utilizzata da M.LUPOI nell’Enciclopedia giuridica Treccani. I)
Profili generali e diritto straniero, 1995.
5
In inglese legal owner
6
Diritto del beneficiario nei sistemi di diritto civile (Corte di Giustizia europea sentenza Web vs
Web) non è un diritto reale, ma personale verso il trustee.
7
R. FRANCESCHELLI, Il trust nel diritto inglese, Padova, 1935, pag. 40 e ss
8
Parla di “insularità del trust” A. GAMBARO, Problemi in materia di riconoscimento degli effetti
dei trusts nei paesi di civil law”, in Riv. dir. civ., 1984, I, 93 e ss. Il trust è stato definito quale
“creatura” dell’equity da M. LUPOI, Il trust nell’ordinamento giuridico italiano dopo la
Convenzione dell’Aja del 10 luglio 1985, cit. 971.
10
tutelare le aspettative del beneficiario o fiduciante che fanno del trust
un modello competitivo
9
.
Infatti il complesso rapporto tra common law e equity va oltre
l’individuazione di un ruolo di supplenza o di integrazione della
seconda rispetto alla prima.
Il sistema di common law non offriva tutela al terzo beneficiario del
trust contro il titolare dell’estate
10
, cosi l’obbligazione contratta da
questi, mancando di tutela dinnanzi ai giudici di common law, trovava
la propria attuazione nell’equity
11
.
I rimedi approntati dall’equity, sono stati formulati, in Inghilterra, in
un’epoca in cui il trust era utilizzato soprattutto per trasferire fiduciae
causa un real estate a beneficio di terzi soggetti
12
.
Con il tempo le pronunce dei giudici di equity hanno seguito la
tendenza all’uniformazione e alla creazione di regole dotate di rigidità.
Nella sfera del common law ha rilievo l’atto di trasferimento al quale
si riconosce piena efficacia attributiva e, per conseguenza, il trustee è
considerato pieno titolare della proprietà sui beni, potendo agire con
piena libertà e discrezionalità che la situazione giuridica gli consente.
Diventando proprietario del bene, il trustee, potrebbe non rispettare la
volontà del settlor e agire in difformità dell’atto istitutivo del trust.
L’intervento sussidiario dell’equity è rivolto a ridurre tale possibilità,
in quanto, particolarmente attenta alla repressione delle frodi, della
mala fede, e degli abusi del trustee.
9
In generale si qualifica un modello competitivo rispetto ad un altro non solamente considerando
le finalità che attraverso un determinato strumento giuridico si intendono raggiungere, ma anche
attraverso la valutazione dei costi economici della scelta di uno strumento piuttosto che un altro.
10
L’estate è una situazione giuridica caratterizzata dall’esistenza di un soggetto sopraordinato
rispetto al titolare dell’estate. Il trust ha dunque per oggetto iniziale un estate.
11
S. MONTICELLI, Equità ed equity a confronto, in Giust. Civ., 2003, pag. 549.
12
Cfr A. GAMBARO, La proprietà in diritto comparato, UTET, Torino, 1997.
11