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INTRODUZIONE
‹‹Il movimento democratico giacobino in Italia, pur dopo i processi recenti, è un mondo
in gran parte ancora da esplorare in tutte le sue infinite ramificazioni, nelle sue varie componenti
politiche, sociali, storiche e culturali››
1
.
In un’area particolare come quella dello Stato della Chiesa, queste ramificazioni
rappresentano le molteplici differenze regionali, fulcro delle mai superate problematicità centro-
periferia. Solo tenendo conto di tutte le differenze, molto spesso caratterizzanti e fondatrici di
rivalità locali e campanilismi (di cui, tra l’altro nel suo complesso, la storia della penisola italiana
è piena), il movimento repubblicano italiano può essere studiato. La spinta di tale movimento
costituisce solo una delle cause che, nello specifico, portarono alla dissoluzione di uno stato
unitario quale lo Stato della Chiesa nel 1798 (seppur già in difficoltà a causa della scarsa
efficacia delle Istituzioni intermedie nel rapporto centro-periferica e della larga autonomia alle
varie regioni
2
, dell’arretratezza economico-culturale e delle frequenti carestie e crisi monetarie) e
al primo governo laico di Roma in età moderna
3
.
La nuova forma statuale, che successe all’antecedente Stato pontificio nel Febbraio del
1798, sulla falsariga delle nuove strutture politiche formate ex-novo
4
durante la ‹‹Campagna
d’Italia›› del 1796-1799 guidata dal generale Napoleone Bonaparte, assunse il nome di
1
C. Zaghi, Postfazione, in L. Rossi, Mazzini e la Rivoluzione napoletana del 1799. Ricerche sull’Italia giacobina,
Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 1995, p.183; citato anche in A.M Rao, M. Cattaneo, L’Italia e la Rivoluzione
francese 1789-1799, Firenze, Olschki Editore, 2003, p. 143. Lo stesso termine ‹‹giacobino›› e la conseguente accusa
delle autorità religiose di ‹‹giacobinismo›› riflettono un’abiguità di termini (giacobino/patriota) evidenziato molto
bene da L. Guerci, ‹‹Uno spettacolo mai più veduto nel mondo››, Torino, UTET, 2008;
2
E. Iachello, P. Militello, Territorio, in Atlante storico dell’Italia rivoluzionaria e napoleonica, a cura di M.P.
Donato, D. Armando, M. Cattaneo e J.F. Chauvard, Roma, Ècole française de Rome, 2015, pp. 13-52, p.26.
3
Ibidem. Fino all’armistizio di Bologna del 23/06/1796 lo Stato della Chiesa era composto dalle seguenti province:
Lazio, Campagna e Marittima, Patrimonio di San Pietro, Sabina, Umbria, Perugino, Marca di Ancona, Ducato di
Urbino, Legazioni di Bologna, Romagna e Ferrara (cedute), Ducati di Benevento e Pontecorvo.
4
Le cosiddette ‹‹repubbliche sorelle›› che in Italia furono la Repubblica Cisalpina, Repubblica Cispadana,
Repubblica Ligure, Repubblica Romana e Repubblica Romana (quest’ultime due successive al trattato di
Campoformio del 12/10/1797).
4
‹‹Repubblica Romana››. Essa adottò una carta costituzionale avente come modello la
Costituzione della Repubblica francese del 1795 (Anno III della rivoluzione)
5
.
A livello amministrativo, il nuovo Stato sostituì la suddivisione in provincie con una
divisione in Dipartimenti, più simile alla struttura amministrativa francese. Per la sua posizione
geografica e geopolitica, in quanto luogo necessario di passaggio da e per Roma (oltre a
collegare due città fondamentali dello Stato quali la stessa Roma ed Ancona), in questa nuova
ripartizione divenne centrale l’ex-provincia pontificia dell’Umbria, divisa ora in due
dipartimenti: Trasimeno e Clitunno. Inoltre, l’Umbria (sia durante il Pontificato di Pio VI che
con l’esperienza repubblicana) rappresentò il confine con due diversi stati esteri: a nord con il
Granducato di Toscana, il cui confine naturale fu il lago Trasimeno (e più precisamente nelle
località di Passignano e Tuoro sul Trasimeno)
6
, e a sud con il Regno di Napoli (e
successivamente, nel 1799 con la Repubblica napoletana), con il confine posto nell’area della
Valnerina (a Sud di Spoleto). Inoltre, dai due confini con gli Stati stranieri proverranno anche le
due “spinte” degli insorgenti controrivoluzionari che confluiranno verso l’Umbria: il ‹‹Viva
Maria›› toscano e il sanfedismo meridionale (oltre alle insorgenze interne), il che fa dell’Umbria
un “laboratorio” e centro di reciproche in influenze.
Le differenze interne ai due dipartimenti umbri, soprattutto per tradizioni e rivalità
storico-culturali con veri e propri campanilismi tutt’ora presenti (ad esempio nella rivalità tra
Foligno e Spoleto, città che si contesero il ruolo di Capoluogo di Dipartimento), spinsero studiosi
come Luisa Proietti Pedetta e Mario Tosti a non parlare di una realtà omogenea ma ‹‹delle››
5
V.E. Giuntella, Bibliografia della Repubblica romana del 1798-1799, Roma, 1957, riporta per primo come la
Costituzione della Repubblica romana sia stata stampata per primo a Foligno dallo ‹‹stampatore vescovile››
Giovanni Tomassini nel 1798.
6
I controlli al confine furono intensificati già nel 1793, quando il flusso di ‹‹preti refrattari›› francesi si fece più
intenso ed aumentò il pericolo di agenti rivoluzionari infiltrati come riporta M. Tosti,“Gli atleti della fede”:
emigrazione e controrivoluzione nello Stato della Chiesa (1792-1799), in Chiesa italiana e rivoluzione francese, a
cura di D. Menozzi, Bologna, EDB, 1990, pp. 233-285, p.256.
5
realtà umbre
7
. In questo modo, i due storici cercano di mettere in evidenza dei tratti comuni a
tutta la regione (come il comune fronte all’arrivo dei preti emigrati francesi)
8
, ma
sottolineandone anche le differenze (ad esempio la coesistenza nello stesso dipartimento di
Perugia, città repubblicana, ed Assisi, un fulcro della pubblicazione propagandistica
controrivoluzionaria).
A livello religioso, tra le 45 diocesi della Repubblica, 15 sono presenti in Umbria e per la
maggior parte presentano vescovi in carica da più di dieci anni e solo 6 di essi, in tutta la
repubblica, insediati solo nel 1796
9
. Una delle poche eccezioni è rappresentata dalla diocesi e
dalla città di Foligno il cui vescovo Antonio Moscardini si insediò solamente il 27/06/1796, con
seguente aggregazione al Patriziato urbano
10
.
Oggetto di questo studio è proprio la città di Foligno, per lungo tempo lasciata ai margini
degli studi sul Triennio rivoluzionario (1796-1799), effettuati in modo particolare da Mario Tosti
e Claudia Minciotti Tsoukas, a favore dei più quotati capoluoghi di dipartimento, (nonché nel
caso di Perugia sede dell’unica e storica Università della Regione, unica sia ad oggi sia durante il
Triennio), ma importante centro politico, economico, geografico e culturale. Piccola miniera di
informazioni e memorie molto spesso ignorata dai suoi stessi cittadini e da studiosi, i quali solo
ultimamente stanno cercando di rivalorizzare e dare nuova luce a tale patrimonio.
7
L. Proietti Pedetta, Il ruolo dei canonici del Duomo di Perugia nel Settecento: nella Chiesa e nella società
cittadina, in Una città e la sua cattedrale: il Duomo di Perugia. Atti del Convegno di studio: Perugia, 26-29
settembre 1988, 1992, pp. 441-452, p.442.
8
In special modo M. Tosti, “Gli atleti della fede”: emigrazione e controrivoluzione nello Stato della Chiesa (1792-
1799), in Chiesa italiana e rivoluzione francese, a cura di D. Menozzi, Bologna, EDB,1990, pp. 233-285 ma anche
G. Sanna, Episodi della rivoluzione francese in Umbria, in ‹‹Bollettino della Regia deputazione per l’Umbria››,
1909, 14, pp. 465-490.
9
D. Armando, La Chiesa, in Una Rivoluzione difficile. La Repubblica romana del 1798-1799, a cura di D.
Armando, M. Cattaneo, M.P. Donato, Pisa, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, 2000, pp. 27-110, pp. 59-
60.
10
Sezione Archivio di Stato di Foligno, Comune di Foligno, Priorale, Atti municipali diversi, b. 102, 167r-169v.
Viene riportato l’insediamento del vescovo Moscardini e la sua entrata nel Patriziato cittadino nel Consiglio del
6/04/1797 insieme ai fratelli Filippo, Carlo e Ferdinando.
6
Sembra dunque scontata la sua importanza prima di tutto a livello geografico: centro dei
collegamenti del centro-Italia, dello Stato della Chiesa prima e della Repubblica romana poi, e
tappa necessaria per l’arrivo a Roma
11
; strettamente collegato con l’aspetto economico.
In linea con gli altri centri culturali italiani ed europei, la nascita di Accademie letterarie
nella seconda metà del XVIII secolo
12
, sotto influenze illuministiche, riguardò anche la città di
Foligno che vide la nascita tra le altre dell’Accademia Fulginia nel 1759 (ancora esistente e
successivamente rinominata ‹‹Accademia Fulginia di lettere scienze ed arti di Foligno››)
13
.
Inoltre, è da segnalare anche l’azione culturale svolta in questo contesto dall’abate folignate e poi
tribuno della Repubblica Feliciano Scarpellini, ri-fondatore e segretario dell’Accademia dei
Lincei
14
e fondatore dell’Accademia del Collegio Umbro-Fuccioli
15
.
Oltre alle Accademie, nello stesso periodo in tutta Italia sorsero molteplici giornali e
periodici, di vario orientamento politico, tra i quali si possono segnalare alcuni maggiormente
radicati nei singoli contesti e di successo come il ‹‹Giornale ecclesiastico di Roma›› fondato nel
1785 da Luigi Cuccagni, ‹‹Annali di Roma››, ‹‹Gazzetta di Foligno›› e la ‹‹Gazzetta Universale››
(stampata a Foligno dal 1776 da Giovanni Tomassini), con il compito di veicolare, propagandare
e controllare sia il messaggio rivoluzionario o quello controrivoluzionario in base al singolo
orientamento, utilizzando in ogni caso termini molto forti ed amplificati in quanto,
maggiormente efficaci sulla mentalità delle persone.
11
SASFoligno, Priorale, Comune di Foligno, Atti municipali diversi, b. 207, cc. s.n. Base dell’esercito del generale
Victor Perrin dal 15/02/1797 al 25/03/1797 e successivamente del generale Berthier nel 1798 che la occupò il
5/02/1798.
12
Come descritto da M.P. Donato, Cultura, in Atlante storico dell’Italia rivoluzionaria e napoleonica, a cura di
M.P. Donato, D. Armando, M. Cattaneo e J.F. Chauvard, Roma, Ècole française de Rome, 2015, pp. 203-242, pp.
228-230, fu un fenomeno riguardante tutte le grandi città italiane, in particolare Roma, Milano, Napoli, Firenze con
ad esempio la fondazione dell’accademia dei Georgofili.
13
A. Messini, L’Accademia fulginia e le altre associazioni culturali sorte in Foligno nella seconda metà del secolo
18, Foligno, Tipografia G. Ciampi, 1932.
14
P. Maffei, Feliciano Scarpellini, in ‹‹Bollettino storico della città di Foligno››, Accademia Fulginia di Lettere
Scienze e Arti, Foligno, 1969, 1, pp. 105-119, p.107.
15
Ivi, p.109.
7
Un particolare aspetto nell’interpretazione dell’esperienza rivoluzionaria e dei movimenti
giacobini democratici italiani riguarda il rapporto tra la nuova classe emergente borghese (i
cosiddetti ‹‹uomini nuovi››)
16
, le nuove idee illuministiche e rivoluzionarie e l’attività politica.
Nonostante il requisito necessario della ricchezza per l’accesso al Patriziato cittadino, i vertici
amministrativi non erano chiusi, ma aperti
sia nel cosiddetto ‹‹Triennio rivoluzionario›› sia nella
successiva ‹‹età napoleonica››, a persone di estrazione sociale estranea a quel ceto aristocratico
pre-rivoluzionario (un esempio risulta essere Gioacchino Murat, re di Napoli dal 1808 al 1815,
proveniente da una famiglia di umili origini), anche grazie all’abolizione dei privilegi e del
feudalesimo avvenuto in tutte le ‹‹repubbliche sorelle››, seppur con tempistiche diverse
17
.
In generale, le nuove municipalità furono il prodotto di una coesione tra la vecchia classe
dirigente, di stampo aristocratico, e nuovi esponenti ‹‹patrioti››, liberali, il cui connubio risulterà
fondamentale nell’amministrazione nella successiva ‹‹età napoleonica››
18
, seguendo una politica
di continuità di governo (dove essa risultò possibile). Questo processo risulta attivo anche in
Umbria ed in particolar modo nella città di Foligno dove, seppur senza più titoli nobiliari, i
membri del primo consiglio della municipalità rivoluzionaria furono già, in quasi tutti i casi,
presenti tra i membri degli ultimi consigli cittadini antecedenti all’istituzione della Repubblica
romana. Le uniche eccezioni furono Francesco Colombi e Francesco Pizzoni, molto attivi nella
vita economica cittadina ed ‹‹imprenditori›› in cartiere e terreni ma non di famiglia
aristocratica
19
.
16
S. Levati, Società, in Atlante storico dell’Italia rivoluzionaria e napoleonica, a cura di M.P. Donato, D. Armando,
M. Cattaneo e J.F. Chauvard, Roma, Ècole française de Rome, 2015, pp. 123-162, pp.138-140.
17
G. Degli Azzi, Gli Umbri nelle assemblee della Patria, in ‹‹Archivio storico del Risorgimento Umbro››, VIII,
Fasc II-III, 1912, pp. 83-137, p.108 solo il l’8 fiorile ci fu la proposta di abolire da tutta la Repubblica (romana) i
segni di feudalità.
Nella Repubblica napoletana del 1799, a causa di problematiche interne non si riuscì ad approvare tale risoluzione,
legge che fu attuata nel 1806.
18
S. Levati, Società, cit. pp.144-146.
19
B. Lattanzi, Le occupazioni dei francesi 1797-1814, in Storia di Foligno, Roma, IBN editore, vol. 4, 2001, p.87.
Emblematico il caso del Barone Domenico Barugi, parte attiva nella ‹‹resistenza›› alle truppe francesi e poi
nominato Capo della Guardia cittadina.
8
Queste municipalità si trovarono ad affrontare molteplici problematiche che in diversi
modi coinvolsero tutti gli Stati della Penisola: insorgenze controrivoluzionarie, forte crisi
economica e carestia, e uno stato di guerra permanente, nel quale l’Italia divenne uno dei suoi
campi di battaglia.