INTRODUZIONE
La Libia da sempre suscita in Italia considerazioni ed emozioni contrastanti
nutrite da risentimento, nostalgia ed ostracismo. L'atteggiamento generale degli
italiani verso questo Paese, che dall'età giolittiana fino alla fine del ventennio
mussoliniano ha subito la dominazione imperialista italiana, ha avuto in diversi
momenti storici sfumature diverse a seconda dei diversi momenti storici. Gli
umori dell'opinione pubblica verso gli avvenimenti più importanti che hanno
segnato i rapporti italo-libici sono spesso stati segnati da un alto grado di
disinformazione ed ambiguità. Gran parte di questa ambiguità è frutto delle
politiche stesse condotte nei confronti della Libia dai governi post-fascisti e
repubblicani. Da una parte queste sono spesso state sottomesse alle direttive
provenienti da Washington e suggerite dagli schemi imposti dalla Guerra Fredda.
Dall'altra, su di esse è stata forte l'influenza dell'assunto demagogico di partenza
secondo il quale l'Italia è stata una potenza coloniale tutto sommato “benevola”
nei confronti del Paese nordafricano e abbia contribuito al suo sviluppo durante
l'epoca della dominazione. Questo atteggiamento trova le sue radici nel periodo
immediatamente a ridosso della fine della guerra, quando si prospettava per
l'Italia sconfitta la possibilità di ottenere una qualche forma di mandato
internazionale sui territori libici persi, protraendosi però fino ai giorni nostri.
Negli ultimi anni, infatti, si è discusso in merito al mancato dibattito sul passato
coloniale italiano, molto spesso intrecciando l'argomento con altre tematiche,
quali l'immigrazione e la xenofobia. Il discorso storico sul passato coloniale
italiano in Libia è stato ben inquadrato da Angelo Del Boca, secondo il quale
“l'Italia repubblicana e democratica non ha ancora saputo sbarazzarsi dei miti e
delle leggende che si sono formate nel secolo scorso (...)”, per il fatto che “non è
mai stato promosso un serio, organico e definitivo dibattito sul fenomeno del
colonialismo. Si è anzi tentato, da parte di alcune istituzioni dello Stato, di
5
intorbidire le acque con il chiaro disegno di impedire che la verità affiorasse” . 1
La politica dei governi post-fascisti repubblicani ha quindi contribuito a questo
atteggiamento ambiguo nei confronti del nostro “dirimpettaio mediterraneo”, di
fatto dando legittimità ad una certa forma di revisionismo storico che rivendica
all'Italia giolittiana e poi fascista meriti di “civilizzazione” nei confronti della
Libia. Al di là di qualsiasi discorso storico-revisionistico, è importante ricordare
che sulla questione delle colpe coloniali si è fondata gran parte della fase storica
dei rapporti bilaterali, specie da quando la Rivoluzione Verde del 1969 ha posto
ai vertici libici la figura del Colonnello Muammar Gheddafi.* L'avvio di tale
processo rivoluzionario originale, complesso e spesso contraddittorio ha posto
una serie di sfide all'Italia (fra tutte la questione dei risarcimenti per il periodo
coloniale, evocata fino all'esasperazione nel discorso del raìs libico), le quali
hanno determinato rapporti anche tesi tra i due Stati. Con la firma del Trattato di
Bengasi nell'agosto 2008, s'è voluto dare un epilogo formale a questa fase dei
rapporti bilaterali, aprendone un nuovo corso. Molti commentatori hanno
dichiarato la firma di questo accordo come la svolta per la definitiva
riappacificazione tra la Libia e i suoi ex-colonizzatori. Dopo quasi 60 anni l'Italia
chiude i suoi conti con il proprio passato imperialista e avvia nuovi rapporti con
la leadership libica all'insegna della fiducia reciproca, lasciando alle spalle le
tensioni e promettendo risarcimenti sostanziali per i propri errori coloniali.
Per arrivare a questo punto il cammino è stato difficile, e la tesi si propone
di affrontare le diversi fasi della storia dei rapporti italo-libici, ripercorrendo
alcuni dei momenti più importanti dei rapporti tra i due Stati, analizzandone le
dinamiche, i contenuti e le finalità secondo un processo che ha portato alla firma
del suddetto Trattato di Amicizia, Partnership e Cooperazione proponendo,
infine, un'analisi prospettica sulla nuova fase di rapporti tra le due sponde del
mediterraneo.
1
A. DEL BOCA, “L'Africa nella coscienza degli Italiani”, Editori Laterza, 1992, pp. 113-114.
*
Muammar Al-Gheddafi (Sirte, 7 Giugno 1942) è la figura centrale della politica libica dal 1969, anno
in cui il golpe militare dei Giovani Ufficiali libici (la “Rivoluzione Verde”) rovesciò il regime
monarchico di re Idris Al-Senussi, instaurando la (“Repubblica”), fondata sui principi del
nazionalismo, del panarabismo, del socialismo e dell'anticolonialismo.
6
Nel primo capitolo mi soffermerò sui rapporti tra Italia e la Libia postbellica
del Regno Unito Libico di Re Idris, per dedicarmi nei capitoli successivi ai
rapporti con la Libia moderna di Gheddafi fino ai giorni nostri. Nell'ultimo
capitolo, particolare rilievo sarà dato al Trattato di Bengasi: commenterò i vari
articoli, la loro finalità ultima e soprattutto i riscontri reali che questi potranno
avere in futuro sui rapporti italo-libici, utilizzando documenti dell'Istituto Affari
Internazionali (IAI), dell'Istituto nazionale per il Commercio Estero (ICE),
dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPE), nonché la rassegna
stampa italiana sull'argomento.
Spero che chiunque si interessi a questa tesi possa trarne informazioni utili
per comprendere meglio i rapporti tra l'Italia ed il nostro primo partner
commerciale in Africa, che oggi possiamo ritenere essere una delle nazioni più
rilevanti dal punto di vista economico e politico per il futuro del nostro paese e
per l'intero quadro delle relazioni internazionali nel Mediterraneo.
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CAPITOLO 1: LA NASCITA DEL REGNO SENUSSITA.
L'ITALIA E LO “STATO ACCIDENTALE”
La conclusione della Seconda Guerra Mondiale segna la fine del colonialismo
italiano e con esso i sogni di creare in Libia la cosiddetta “Quarta Sponda”. Già
dal 1940, all'indomani dell'entrata in guerra dell'Italia, diversi fattori indicano che
questo grande progetto coloniale era stato in parte sovrastimato dal regime
fascista e dalle sue campagne di propaganda. Né la Libia né gli altri possedimenti
africani erano diventati mercati importanti per la produzione industriale o il
commercio della madrepatria. I circa 300 mila italiani residenti in Libia
costituivano meno dell'incremento medio annuo della popolazione del territorio
metropolitano italiano negli anni precedenti la guerra. Nel 1941, la popolazione
dei coloni raggiungeva rispettivamente le 40 mila e 70 mila unità in Cirenaica e
Tripolitania (le due province principali), con più della metà risiedente a Tripoli
nel caso della seconda.2
Se da una parte gli italiani avevano avuto poco successo nel sviluppare
l'economia del paese, ebbero anche meno successo nel difenderla dagli attacchi
esterni. Con lo scoppio della guerra, le campagne nordafricane a più riprese
costrinsero all'evacuazione molti coloni italiani, specie nella Cirenaica, principale
teatro delle operazioni belliche. Alla fine del 1942, nella provincia rimanevano
appena 8500 coloni, numero che l'anno seguente si dimezzò ulteriormente con
l'avanzata dei britannici dall'Egitto verso ovest. 3 Aiutati dalle forze libere
francesi provenienti dall'Africa equatoriale francese, gli inglesi cacciarono le
forze nazifasciste e conquistarono Tripoli nel gennaio 1943, mentre i francesi
occuparono a sud la terza provincia libica, il Fezzan.4 I danni causati dalla guerra
furono consistenti: gran parte delle infrastrutture italiane della Cirenaica erano
andate distrutte e i campi e poderi intorno al Gebel Al-Akhdar* furono
2 D. VANDEWALLE “Storia della Libia Contemporanea”, Salerno Editrice, 2007, pp. 46-47.
3 R. BRUCE ST. JOHN “Libya. From colony to Independence”, OneWorld Publications, 2008, pp. 77-
78.
4
Ivi, p.78
* La fertile area montagnosa lungo la costa della Cirenaica.
8
rapidamente rioccupati dalle greggi dei pastori beduini. Con l'instaurazione della
British Military Administration in Tripolitania e Cirenaica e dell'amministrazione
militare francese nel Fezzan, si aprì di fatto un nuovo periodo di incertezza per il
Paese. Per gli italiani rimasti si trattava di aspettare e vedere quale sorte sarebbe
loro toccata, mentre ai libici premeva capire cosa avrebbero deciso i nuovi
occupanti occidentali.
Alla luce della relativa libertà concessa dalle due amministrazioni, si
svilupparono un gran numero di interessi politici riguardanti il futuro delle tre
province, senza che fosse raggiunto alcun accordo. In Cirenaica, tutto ruotava
intorno al movimento della Senussia* , che godeva della fiducia dei britannici,
essendo stato loro alleato durante la guerra. Il Gran Senusso Sayyid Idris, già nel
1940 si era dichiarato a favore degli inglesi dal suo esilio al Cairo, offrendo in
loro sostegno 5 battaglioni di volontari e prendendo iniziali accordi per
un'eventuale indipendenza finale, ottenendo così la promessa formale da parte del
Ministro degli Esteri britannico Anthony Eden che in caso di vittoria nel Nord
Africa i libici non si sarebbero più ritrovati sotto la dominazione italiana
(discorso alla House of Commons dell'8 gennaio 1942).5 In Tripolitania, questa
dichiarazione fu inizialmente vista come un tentativo della Gran Bretagna di
assumere un ruolo preminente sul futuro postbellico del Paese o, peggio ancora,
di riconoscere alla Senussia di rappresentare i territori di entrambe le province.
Tuttavia, nel 1946, dopo la creazione dell'Assemblea nazionale, i Senussi
iniziarono a preparare il terreno per l'autogoverno della Cirenaica. La
Tripolitania, per tradizione più cosmopolita, progressista e politicamente più
vivace (esistevano nel 1947 già diversi partiti politici), si dimostrò più
* La Senussia, dal nome del suo fondatore Sayyid Ibn Ali As-Sanusi, era un movimento islamico
riformista nato nel XIX° secolo, diffusosi in Libia sotto gli Ottomani e radicato in particolare tra le
tribù beduine della Cirenaica attraverso una rudimentale struttura di governo fondato sulle zawiya
(“monasteri”). Il movimento ai primi del '900 si alleò con gli italiani per contrastare l'espansionismo
francese nell'area, per poi diventare il principale movimento di opposizione contro il colonialismo
italiano. La resistenza senussita si concluse solo nel 1931, con la cattura e impiccagione del capo
storico (poi divenuto eroe nazionale libico) Sayyid Omar Al-Mukhtar per mano delle truppe del
Generale Vittorio Graziani.
5 R. BRUCE ST. JOHN, “Libya. From colony to Independence”, pp. 85 et D. VANDEWALLE “Storia
della Libia Contemporanea”, pp.48-49
9
consapevole dell'importanza dell'unità nazionale, considerato che non vi era stata
alcuna assicurazione che la provincia non sarebbe ritornata a dipendere dall'Italia
post fascista. Inoltre andavano considerati gli interessi della minoranza di circa
40 mila italiani rimasti nel territorio tripolitano. 6
Oltre ai suddetti, avevano interesse a partecipare al gioco nel futuro del
paese Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti ed Unione Sovietica. Tutti convennero
che l'Italia dovesse rinunciare alla sovranità legale che ancora possedeva sui
territori delle tre province e ciò avvenne il 15 febbraio 1947, in occasione della
firma del Trattato di pace di Parigi.7 Ciò nonostante, non si riuscì a trovare
inizialmente un accordo su come disporre dei territori. Stando ai principi della
Carta Atlantica, americani ed inglesi sostenevano il diritto dei popoli
all'autodeterminazione, ma di fatto sia gli americani che gli inglesi avevano piani
diversi per la regione.
Il Dipartimento di Stato americano, in un memorandum della prima
Conferenza del Quebec dell'agosto 1943, prospettava ben 4 possibili soluzioni
alla questione libica:8
1. La creazione di un international trusteeship* composto da un comitato di
inglesi, francesi ed egiziani che governasse la Libia come parte di una più
ampia compagine territoriale nordafricana. Questa idea fu scartata già
all'epoca perché il controllo della Libia non fu considerato così
importante dal punto di vista strategico per la sicurezza statunitense.
2. La divisione del territorio libico, con la Cirenaica posta sotto
l'amministrazione dell'Egitto e la Tripolitania sotto quella della Tunisia.
Questa fu scartata perché non si ritenne opportuno investire
l'amministrazione egiziana con un altro peso, essendo questa già gravata
da problemi interni, e perché aggiungere 40 mila italiani a quelli già
6 D. VANDEWALLE, “Storia della Libia Contemporanea”, p. 50.
7 A. ARUFFO, “ Muhammar Gheddafi e la Nuova Libia”, Datanews Editrice, 2001, p. 27.
8 R. BRUCE ST. JOHN, “Libya. From colony to Independence”, pp.87-88
* Mandato di amministrazione fiduciaria internazionale
10
presenti in Tunisia avrebbe potuto creare squilibri pericolosi con la
popolazione francese nel territorio.
3. Il ritorno della sovranità italiana in Libia. Questa opzione fu ovviamente la
meno sponsorizzata: tuttavia in generale si riteneva che bisognasse
salvaguardare i diritti fondamentali dell'immigrazione italiana in Libia,
qualsiasi fosse la scelta finale da adottare.
4. La creazione di uno stato indipendente che assorbisse parte dei rifugiati di
origine ebraica al suo interno. L'idea di creare uno “stato ebraico” nella
Cirenaica proponeva che gli ebrei si stabilissero nelle terre abbandonate
dagli italiani, ma di fatto anche questa possibilità fu scartata per la carenza
di terre stessa e per il fatto che sarebbe stato difficile persuadere gli arabi
libici ad accettare che gli ebrei vi si stabilissero, specie in un momento in
cui il nazionalismo arabo iniziava a prendere forza.
Da parte loro, i britannici nel 1944 avanzarono una proposta alternativa alla
seconda opzione statunitense. Essa prevedeva la divisione del territorio libico
come prevista, con la Cirenaica sotto sovranità egiziana in forma di territorio
autonomo e con diverse clausole che prevedessero la concessione di basi navali
ed aeree “internazionali” nella zona di Bengasi. La Tripolitania sarebbe invece
tornata sotto la sovranità italiana in cambio di garanzie sulla sua
smilitarizzazione e la concessione all'utilizzo della base aerea di Castel Benito
nei pressi di Tripoli.9
Il Segretario di Stato statunitense Cordel Hull suggerì in un memorandum al
Presidente Roosevelt che la soluzione migliore fosse la disposizione di un
mandato di amministrazione fiduciaria amministrato da una commissione di
esperti delle Nazioni Unite sul territorio congiunto delle due province, che non
precludesse la creazione di un emirato senusso autonomo in Cirenaica. Se gli
inglesi non avessero accettato, gli americani avrebbero appoggiato la proposta di
creare un emirato autonomo sotto amministrazione fiduciaria egiziana (o
9 R. BRUCE ST. JOHN, “Libya. From colony to Independence”, p. 88.
11
preferibilmente inglese) e l'affidamento della Tripolitania sotto international
trusteeship all'Italia.10
A complicare il quadro s'aggiunse nel dicembre 1945 la Conferenza dei Ministri
degli Esteri di Mosca. L'Unione Sovietica avanzò pressioni per ottenere un
mandato internazionale sulla Tripolitania, adducendo a proprio favore che
americani ed inglesi avevano già molte basi sparse intorno al globo, mentre gli
inglesi risposero cautamente che volevano evitare competizioni con l'URSS
nell'area nordafricana.11
Alla Conferenza di Potsdam del 1945 l'Amministrazione Truman, appena
insediatasi, cambiò nuovamente atteggiamento, dichiarando che avrebbe
sostenuto una delle 3 seguenti opzioni: 12
1. Ritorno dell'intero territorio libico sotto la sovranità italiana, a patto di una
sua demilitarizzazione.
2. Spartizione del territorio, con la Cirenaica emirato senusso autonomo sotto
il mandato britannico o egiziano e la Tripolitania sotto la sovranità
italiana.
3. Spartizione simile alla precedente, ma con la Tripolitania posta sotto un
mandato di amministrazione fiduciaria italiano.
Era evidente che nella nuova amministrazione americana si era affermata una
nuova ottica, e che la questione libica iniziava ad avere una certa valenza
strategica, data la posizione del paese (e delle sue basi) nel quadro Mediterraneo.
A sostenere queste nuove proposte americane vi erano non solo motivazioni di
carattere geopolitico, ma anche alcune di carattere ideologico, secondo gli schemi
che da lì a poco si sarebbero palesati con l'inizio della Guerra Fredda: per
l'amministrazione americana era importante non inimicarsi l'elettorato italiano
nelle future elezioni generali che avrebbero visto contrapposte in Italia le forze
10 R. BRUCE ST. JOHN, “Libya. From colony to Independence”, p. 89.
11
Ivi, p. 88.
12
Ivi, p. 89.
12