3
agevolerà molto a comprendere i summenzionati stati di perplessità e
delusione, attraverso l’illustrazione delle ben più radicali proposte
arenatesi durante la conferenza.
Nel secondo sono illustrati gli emendamenti relativi alle
istituzioni chiave dell’Unione, titolari dei poteri d’iniziativa e
decisionali, Parlamento, Consiglio e Commissione, mentre nel terzo si
prendono in considerazione le variazioni inerenti sia la composizione
che la giurisdizione degli organi di controllo delle Comunità, Corte di
Giustizia e Corte dei Conti.
In ultimo nel quarto capitolo sono state analizzati gli altri organi
dell’Unione che non hanno ancora guadagnato lo status di istituzione,
illustrando di seguito le variazioni che hanno investito, ampliandola,
la funzione consultiva del Comitato delle Regioni, e quelle inerenti il
Comitato Economico Sociale, con accenni relativi alla nuova Cellula
di Programmazione Politica e Tempestivo Allarme e alla Banca
Centrale Europea, la cui entrata in funzione ha suscitato un giustificato
clamore nell’opinione pubblica.
Inoltre, nel corso della trattazione, ho cercato di porre in risalto
piuttosto frequentemente quel deficit democratico che a mio avviso è
uno dei maggiori difetti di questa Unione la quale ha sì istituito una
cittadinanza europea, ma stenta ancora molto a renderla patrimonio
comune della popolazione.
Ho deciso di dare questa impronta al mio lavoro anche grazie
all’esperienza compiuta in qualità di studente ERASMUS a Bruxelles
nell’anno accademico 95\96, che oltre ad acuire il mio interesse per il
diritto comunitario e comparato (ho sostenuto tre esami inerenti il
diritto comunitario e tre di diritto comparato), ha suscitato in me un
4
certo senso di insoddisfazione per ciò che attiene il sentimento comune
europeo, che dovrebbe essere alla base del processo integrativo, che
dovrebbe valorizzare e non esaltare le differenze e diminuire le
distanze tra popolo e popolo.
Se, insieme a questi ultimi, scopo della costruzione europea è
anche quello di dare voce al cittadino comune, indipendentemente
dallo Stato di provenienza, la tappa fondamentale in questa
organizzazione internazionale già sui generis è quella di darsi una
conformazione istituzionale in grado di dar più voce alla popolazione
e di garantire una certa efficienza nel funzionamento, visto i numerosi
paesi che di qui a breve verranno ad aggiungersi ai Quindici.
Il nuovo Trattato ha fatto dei passi in avanti in ambito
istituzionale ed ha istituito un nuovo titolo sull’occupazione per
ascoltare le esigenze dei cittadini, ma ha rimandato delle questioni
assai importanti : il processo sarà lungo, ma il famoso “razzo a tre
stadi” di Hallstein forse si realizzerà concretamente.
In ultimo vorrei ringraziare per l’assistenza offertami nel corso
delle ricerche, la dott.ssa Flaminia Gallo, costante punto di
riferimento sebbene residente a Bruxelles; ulteriori ringraziamenti
vanno alla dott.ssa Alessandra Bertino, bibliotecaria dello IAI e ai
bibliotecari dell’Istituto di diritto internazionale dell’Università “La
Sapienza” per la loro disponibilità ed un grazie speciale a mio
cognato Stefano per la sua “onnipresenza”.
Giugno 1998 Marco Moreschini
5
CAPITOLO 1
DA MAASTRICHT AD AMSTERDAM:
L’UNIONE EUROPEA SI PERFEZIONA
1.1. Premessa e base giuridica della revisione
In un’intervista rilasciata ad un titolato quotidiano francese subito
dopo il Consiglio di Edimburgo del dicembre 1992
1
, nel pieno del
periodo di ratifica del trattato istitutivo dell’Unione Europea da parte dei
singoli Stati membri, l’ex cancelliere socialdemocratico tedesco Helmut
Schmidt affermava che “il Trattato di Maastricht non era un buon
trattato, perché mescolava l’essenziale e l’accessorio, il lungo ed il breve
termine e che sarebbe stato parzialmente inapplicabile, soprattutto per le
carenze nell’individuazione di responsabilità politiche connesse con
l’instaurazione dell’Unione Economica e Monetaria”.
Le novità del trattato si inserivano in un “quadro piuttosto ambiguo,
dovuto al sovrapporsi di obiettivi eminentemente federalisti, di strutture
ispirate alla dottrina funzionalistica monnetiana
2
e di altri organi operanti
in senso intergovernativo”.
La natura estremamente compromissoria del trattato, frutto di estenuanti
negoziati tra volontà politiche assai contraddittorie, hanno aggiunto
autorevoli commentatori
3
, poneva le basi ad un edificio disordinato,
costruito su “sedimentazioni ideologiche” fra le quali si pongono canali
1
Le Monde, Paris, 12 gennaio 1993.
2
Relative alle proposte di Jean Monnet (1888-1979),già Segretario delle Nazioni Unite e consigliere del
Governo francese nell’immediato Dopoguerra, secondo il quale l’obiettivo dell’Unione Europea può
essere raggiunto solo attraverso integrazioni settoriali successive e cessioni di sovranità in taluni ambiti
o funzioni.
3
Fra questi Bino Olivi, ex portavoce della Commissione Europea, in “L’Europa difficile”, Il Mulino,
6
di comunicazione assai fragili e pericolosi.
Per fare un esempio delle numerose discrasie, si pensi alla estrema
differenziazione della politica sociale e all’assoluta mancanza di
collegamento con le rigidità dell’UEM
4
, della quale dovrebbe essere un
complemento indispensabile.
Inoltre, sempre secondo l’ex portavoce della Commissione, il trattato
non aveva sufficientemente risolto, con l’introduzione della procedura di
codecisione, il grave problema del deficit democratico dell’Unione,
dovuto alla minore importanza e alla mancanza di un autentico potere
decisionale dell’istituzione rappresentativa dei cittadini della comunità,
cioè il Parlamento, rispetto a quella che fa riferimento alla volontà degli
Stati, ossia il Consiglio dei Ministri
5
.
L’articolo 189B, infatti, prevedeva una procedura troppo farraginosa e
burocratica, che non avrebbe facilitato l’efficienza e la trasparenza
dell’azione del Parlamento nello svolgimento della funzione cardine di
ogni ordinamento giuridico, quale è quella legislativa
6
.
I commenti a caldo piuttosto eloquenti di uomini dalla caratura
internazionale di Schmidt, peraltro europeista convinto, amplificati
dall’eco di critiche provenienti anche da altri ambienti ed aree politiche,
erano comunque in linea con il comportamento tenuto dai negoziatori,
che avevano in un certo modo, già in sede di scrittura dell’accordo,
ammesso che lo stesso non era irreprensibile: infatti la presa d’atto delle
varie imperfezioni del trattato indusse gli Stati a prevedere nell’apposito
articolo per la revisione dell’accordo, sostitutivo dell’art.236 del trattato
di Roma, un comma con un termine entro il quale porre in essere tale
Bologna, 1995, pp. 397 e segg.
4
Sta per la già citata Unione Economica e Monetaria istituita dal Trattato di Maastricht.
5
Da ricordare che era presente già nel preambolo del TUE un riferimento alle decisioni che dovevano
essere “quanto più vicine ai cittadini…”.
6
Ed in effetti l’articolo 189B è stato modificato dal trattato di Amsterdam come vedremo più avanti
nella sezione dedicata alla riforma delle istituzioni dell’Unione.
7
revisione.
Questo a testimonianza del carattere evolutivo del diritto comunitario e
in sintonia con la peculiarità dell’articolo A del TUE, dove si definisce
l’Unione Europea come “step towards union”, una “tappa verso
l’unione”, sottintendendo implicitamente ulteriori passaggi per la
costruzione di una vera e salda entità politica ed economica
7
.
Il nuovo articolo N del trattato di Maastricht, quindi, costituisce la base
giuridica per la revisione del TUE, che si deve svolgere, e si è svolta,
secondo la procedura ben determinata dai commi 1 e 2 ed il cui primo
termine era fissato dal comma terzo per il 1996
8
.
Lo stesso art.N, quindi, sancisce che per ciascuna revisione del trattato
c’è bisogno di una conferenza intergovernativa, come è d’uopo per ogni
accordo di diritto internazionale, che deve essere convocata dal
Presidente di turno del Consiglio dell’Unione dopo consultazione del
Parlamento Europeo e della Commissione. Dopo la chiusura dei
negoziati il nuovo trattato deve essere ratificato “conformemente alle
rispettive norme costituzionali”
9
.
Le questioni che la conferenza doveva inizialmente discutere, (poi
vedremo che alcuni temi sono stati stralciati ed altri aggiunti) erano
previste direttamente dal trattato di Maastricht stesso in alcune
disposizioni, in accordo con il dictum dell’art.N secondo paragrafo
10
, e
dalle dichiarazioni annesse all’Atto finale che lo accompagnano.
Gli articoli in questione sono:
- l’art.189B, paragrafo 8, che prevede l’estensione ad altri ambiti della
procedura di codecisione;
7
Tale definizione è stata data da A.P.Pliakos nel saggio “La nature juridique de l’Union Européenne”,
29 Revue trimestrielle de droit europeen, 1993 Paris, p. 188.
8
Lo stesso articolo N sarà riutilizzato anche per la futura revisione, già prevista dal Trattato di
Amsterdam, anche se non è individuata la data entro cui portarla a termine.
9
Al momento non sono iniziate le procedure di ratifica del trattato di Amsterdam solo in alcuni paesi.
10
“…per esaminare… le disposizioni del presente trattato per cui è prevista una revisione.”.
8
- l’art.J.4., paragrafo 6, e l’art.J.10. che prevedono la possibilità di
revisione della politica estera e di sicurezza comune “in vista di
promuovere l’obiettivo del presente trattato e tenendo conto della
scadenza del trattato di Bruxelles istitutivo dell’UEO
11
, prevista per il
1998”;
- la dichiarazione numero 1, che configura la possibilità di aggiungere
l’energia, il turismo e la protezione civile come nuovi titoli nel trattato
istitutivo della Comunità Europea;
- la dichiarazione numero 16, invece, richiede una classificazione degli
atti comunitari per stabilire un ordine gerarchico tra le varie categorie di
norme;
- in ultimo si aggiunge la dichiarazione numero 15 riguardante la modifica
del numero dei membri della Commissione, in vista dell’imminente
allargamento dell’Unione.
Queste, quindi, erano le disposizioni da ritoccare previste dal corpus del
trattato; tuttavia in virtù dello stesso art.N, più in specie del suo primo
comma
12
, questo ordine del giorno poteva essere esteso ad altre questioni
sollevate dalla Commissione o dagli Stati membri, e quindi dallo stesso
Consiglio Europeo quale massimo organo rappresentativo della volontà
degli Stati.
Ciò è accaduto a più riprese nei Consigli di Bruxelles (secondo semestre
1993) e Corfù (primo semestre 1994), durante i negoziati di adesione di
Austria, Finlandia e Svezia, dove furono sollevate diverse questioni
legate al problema dell’efficienza di istituzioni e meccanismi di
decisione che furono create quasi quarant’anni prima per una Comunità a
11
Unione dell’Europa Occidentale: organismo con compiti prettamente militari, ma di non grande
rilievo istituito inizialmente nel 1949 da 5 paesi e di cui vennero a far parte, dopo il fallimento della
Comunità Europea di Difesa, istituzione sovranazionale, anche gli altri paesi della Comunità
Economica. Secondo molti paesi dovrebbe diventare il braccio militare dell’Unione.
12
“Il Governo di qualsiasi Stato membro o la Commissione possono sottoporre al Consiglio progetti
intesi a modificare i trattati su cui è fondata l’Unione”.
9
sei e forse troppo macchinosi e inadatti per un’Unione di dodici, quindici
e nel prossimo futuro anche di venti Stati membri
Tali questioni relative alla riforma delle istituzioni in generale (che
saranno oggetto specifico di trattazione di tale tesi nei prossimi capitoli),
al problema della ponderazione del numero dei voti richiesto per la
maggioranza qualificata in Consiglio
13
, alle altre misure necessarie per lo
snellimento dei lavori delle istituzioni, fra i quali il congegno della
cooperazione rafforzata, sono stati ugualmente trattati, anche se in
maniera meno soddisfacente del previsto in occasione della CIG 1996.
Sebbene, quindi, ci fosse l’opportunità di ampliare l’ambito della
riforma, il Consiglio di Cannes del giugno 1995 ha preferito delimitare
l’azione della CIG e i lavori del Gruppo di Riflessione
14
dettando delle
priorità in modo che la stessa Conferenza fosse maggiormente partecipe
delle esigenze dei cittadini.
Queste le priorità:
- analizzare i principi, gli obiettivi e gli strumenti dell’Unione di fronte
alle nuove sfide lanciate all’Europa;
- rafforzare la PESC per portarla all’altezza delle nuove esigenze
internazionali;
- rispondere meglio alle esigenze nel campo della sicurezza interna e,
più in generale, nei campi della giustizia e degli affari interni;
- accrescere l’efficacia, il carattere democratico e la trasparenza delle
istituzioni per permettere loro di adattarsi alla esigenze di un’Unione
ampliata;
13
Articolo 148 comma 2 TCE.
14
Vedi più avanti.
10
- rendere più stabile il sostegno dell’opinione pubblica alla costruzione
europea, rispondendo al bisogno di una democrazia più prossima al
cittadino, maggiormente attenta ai problemi dell’occupazione e
dell’ambiente e garantire una migliore attuazione del principio di
sussidiarietà
15
.
Questo quindi il primo mandato della Conferenza e la basi giuridiche
della revisione, che, a norma del secondo paragrafo dell’art.N, è
cominciata con la riunione dei rappresentanti dei governi degli Stati
membri, convocata dal presidente del Consiglio Europeo di turno
Gonzalez
16
a Madrid nel dicembre 1995 e insediatasi a Torino il 29
marzo 1996, sotto la presidenza italiana.
Tale conferenza, rispettando le tappe, ha visto la propria conclusione,
dopo un anno di duri negoziati, con il Consiglio di Amsterdam del 16-17
giugno 1997 e la proposta di nuovo trattato formulata dalla presidenza
olandese, sfociata poi nella firma del trattato nella stessa capitale dei
Paesi Bassi il 2 ottobre successivo.
15
Tale principio è stato inserito, principalmente per frenare il trasferimento di competenze verso
l’Unione, per la prima volta dal Trattato di Maastricht all’art.3B, secondo comma.
16
Ex primo ministro socialista spagnolo a cui è succeduto il popolare Aznar dal 3 marzo 1997.
11
1.2. Ricostruzione del negoziato
1.2.1. Il Gruppo di Riflessione e i rapporti delle Istituzioni
Prima di addentrarci nella disamina del contenuto del nuovo
trattato, è però opportuno incentrare la nostra attenzione sul negoziato e
sulle posizioni assunte dai vari Stati rispetto ad alcuni aspetti della
riforma e rilevare la presenza di alcuni passaggi fondamentali del
negoziato stesso finora solo accennati.
Cronologicamente, successivamente all’entrata in vigore del Trattato
sull’Unione Europea, avvenuta subito dopo l’ultima ratifica della
Germania successiva all’importante sentenza del 12 ottobre 1993 della
Corte Costituzionale di Karlsruhe
17
, il primo novembre 1993,
l’avvenimento più significativo per il prosieguo dei negoziati fu
l’istituzione di un Gruppo di Riflessione “formato da rappresentanti dei
ministri degli Esteri degli Stati membri e del Presidente della
Commissione, più due rappresentanti del Parlamento Europeo
18
”.
Tale Gruppo di Riflessione, che avrebbe cominciato i suoi lavori subito
dopo la riunione delle diplomazie di Messina celebrativa del
quarantennale del Rilancio dello Stretto
19
, aveva “ il compito di
analizzare ed esaminare le idee concernenti le disposizioni del TUE per
le quali era prevista una revisione ed altri miglioramenti, in uno spirito di
democrazia ed apertura”
20
.
La presidenza fu affidata all’ex ministro spagnolo per gli Affari Esteri e
17
Tale sentenza ha ribadito che l’Unione è una “Staatenverbund”, un’associazione di stati, di natura
confederale, ponendo delle condizioni rigide per il passaggio di una vera sovranità alla stessa.
18
Conclusioni del Consiglio di Corfù del giugno 1994.
19
Conferenza voluta dal ministro italiano Gaetano Martino, dopo il fallimento della Difesa Comune nel
1955 per ridare fiducia ai precedenti progetti di sovranazionalità europea arenatisi al solo Trattato
CECA.
12
Comunitari Carlos Westendorp, e il termine dei lavori , con la
presentazione della relazione finale, fu fissato per il Consiglio di Madrid
del dicembre 1995.
Prima dell’insediamento del Gruppo stesso, il Consiglio di Corfù chiese
alle varie istituzioni dell’Unione di preparare dei rapporti sul
funzionamento del Trattato di Maastricht, i quali avrebbero costituito
l’ossatura della complessa analisi dei Saggi.
Per quanto riguarda le tre relazioni delle istituzioni più importanti, quella
più audace è sembrata quella del Parlamento, quella della Commissione
essendo meno tentata da spirito federalista e quella del Consiglio troppo
attenta a non anticipare le discussioni del Gruppo di Riflessione,
constando in un franco resoconto sulla vigenza e sul funzionamento
degli istituti previsti da Maastricht.
Le altre istituzioni (Corte di giustizia, Comitato Economico e Sociale,
Corte dei conti, Comitato delle Regioni) si sono limitate per lo più ad
elaborare delle proposte relative alla riforma dell’istituzione stessa, mai
arrivando a tracciare un quadro complessivo dell’applicazione del
Trattato.
La Commissione, nel parere presentato dal suo presidente al Consiglio
sotto l’invito della presidenza italiana, ha indicato gli obiettivi
indispensabili all’Unione per soddisfare le esigenze scaturite dalla
dialettica approfondimento-ampliamento, obiettivi peraltro già chiari nel
rapporto presentato dopo Corfù
21
.
Nel secondo e terzo pilastro dell’Unione la Commissione auspicava una
riforma chiara che avesse per scopo l’incremento della funzionalità di
20
Conclusioni del Consiglio di Corfù.
21
Il parere è stato presentato a Bruxelles il 24/02/1996 da Jacques Santer e gli obiettivi principali per
l’Unione così apparivano nel prologo :
- Essere più vicina ai cittadini;
- Affermarsi all’esterno,
- Dotarsi di un sistema istituzionale adatto a funzionare in un’Europa allargata.
13
strumenti quasi mai utilizzati. E ancora l’esecutivo proponeva una
fusione tra le tre Comunità e l’Unione, un’unificazione dei trattati e il
consolidamento degli strumenti esistenti.
Nello stesso parere l’eco dei Consigli Europei precedenti
22
induceva la
stessa Commissione a proporre l’introduzione di un capitolo
sull’occupazione e ad inserirsi nel dibattito politico premendo per
l’istituzione di una cooperazione rafforzata in determinati settori per
certi stati, senza che però la stessa portasse alla formazione di un’Europa
a più velocità.
In ultimo l’équipe di Bruxelles era favorevole all’istituzione di un’Unità
di Analisi per la Difesa Comune, composta da membri della
Commissione, del Consiglio ed esperti UEO, con decisioni da prendere a
maggioranza superqualificata, pari a circa il 70% dei voti.
Il Parlamento Europeo si è pronunciato con una risoluzione frutto di una
duplice relazione sul funzionamento del TUE redatta dagli onorevoli
Jean Louis Bourlanges (popolare francese) e David Martin (laburista
inglese)
23
, e lo ha fatto in maniera piuttosto dettagliata, mettendo a nudo
tutti i molteplici difetti dell’Unione con estrema lucidità e capacità
d’analisi, e cercando di dare un’impronta politica federalista ad una
riforma che deve tentare di colmare il deficit democratico dell’Unione,
che non vede pienamente soddisfatte le richieste provenienti dei cittadini
rappresentati nell’organo parlamentare
24
.
22
Fra i quali, quelli di Essen e Madrid dove l’argomento principe è stato quello dell’occupazione. Su
insistenza delle istituzioni altre questioni furono sottoposte al vaglio della Conferenza, vale a dire la
procedura di bilancio e più in specie la classificazione delle spese e i casi di misure d’esecuzione
delegati alla Commissione da testi adottati in codecisione: la Conferenza ha poi tralasciato tali
argomenti senza alcuna spiegazione.
23
Tali rapporti sono stati presentati alla Commissione per gli Affari istituzionali il 12 maggio 1995.
24
Le questioni indicate dal Parlamento possono essere individuate nel seguente ordine:
ξ Migliore definizione della cittadinanza europea e protezione sotto l’egida della Corte di Giustizia;
ξ Risposta alle preoccupazioni dei cittadini sulla sicurezza interna, attraverso la comunitarizzazione,
cioè l’assoggettamento alle regole del primo pilastro, di alcuni settori del terzo, quali la lotta al traffico
di stupefacenti, l’immigrazione, l’asilo e i visti;
ξ Sviluppo di una dimensione sociale ed ecologica dell’UE e varo di una politica europea
14
Inoltre anche il Parlamento si è detto a favore della possibilità per alcuni
paesi di procedere anche senza l’apporto degli altri, spezzando una
lancia a favore di una trasparente flessibilità di integrazione.
Su tali basi si è svolto quindi il lavoro del Gruppo di Saggi terminatosi
con la presentazione , come già accennato, a Madrid nel dicembre 1995,
di una approfondita e minuziosa relazione, che di originale ha comunque
ben poco, constando in una mera rielaborazione delle proposte delle
istituzioni.
In tale relazione sono state presentate una serie di sfide che vengono
poste all’Unione con le rispettive soluzioni, delimitando l’ambito
prioritario della riforma, coincidente in pieno con gli obiettivi già
delineati dalla Commissione
25
.
Anche se definito da un gran numero di commentatori come organo
ibrido di politici e di diplomatici
26
il cui scopo di per sé risultava poco
chiaro, visto che vi si sarebbero ridibattute le questioni già prese in
considerazione da istituzioni e Stati, il Gruppo ha contribuito
notevolmente alla definizione del vero e proprio mandato della CIG ,
stilato a Torino nella primavera del 1996, e la stessa Conferenza ne ha
ricalcato in gran parte persino la composizione.
Tralasciando le proposte per rendere le istituzioni più efficienti e
democratiche, che saranno esaminate più avanti nella sezione specifica,
in ambito PESC il Gruppo di Riflessione, ripreso poi dal già citato
mandato di Torino, documento diplomatico comunque importante,
dell’occupazione, con l’inserzione di articoli ad hoc;
ξ Per la PESC combinazione di maggioranza qualificata e “opting out” per gli stati non d’accordo
con la maggioranza e creazione di una cellula d’analisi e di un Mr. PESC;
ξ Maggiore trasparenza delle decisioni dell’Unione;
ξ Estensione del voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio, tranne che per le questioni
costituzionali e possibilità di maggioranze superqualificate per questioni rilevanti;
ξ Lotta contro le frodi all’UE;
ξ Semplificazione delle disposizioni per favorire la leggibilità del trattato.
25
Cfr. la nota 21.
26
Fra questi Cesare Merlini, ex direttore dell’Istituto Affari Internazionali, nell’articolo ”Verso la
15
aggiungeva qualcosa rispetto ai rapporti delle istituzioni, definendo
meglio i compiti dell’Unità d’Analisi e di Programmazione
27
, dando un
contenuto concreto alla personalizzazione della PESC
28
, individuando i
tratti essenziali del nuovo Rappresentante in tal settore e regolando più
attentamente le modalità di funzionamento di tale politica comune,
insistendo nella ricerca di nuove soluzioni per ciò che riguarda il
rapporto UE-UEO nella difesa comune
29
.
Infine il terzo pilastro dell’Unione, la Cooperazione in materia di
Giustizia e Affari interni, avrebbe dovuto, secondo l’opinione dei
Quindici, essere “comunitarizzato”
30
e inserito nel contesto di
“un’Europa più vicina ai cittadini”, che nel suo interno avrebbe dovuto
premere per la promozione dei valori europei e dei diritti fondamentali
31
,
avrebbe dovuto assistere alla nascita di uno spazio di libertà, sicurezza e
giustizia conglobando l’accordo di Schengen
32
, si sarebbe dovuta
occupare in maniera più approfondita dei problemi relativi
all’occupazione
33
, alla necessità di rendere concreta la cittadinanza
europea
34
, tutto nel più dovuto rispetto degli equilibri ambientali
esistenti
35
.
Conferenza Intergovernativa”, in “ Maastricht Watch” del 10 luglio 1995.
27
Rapporto del Gruppo di Riflessione, paragrafo 153.
28
Ibidem, paragrafi 157-162
29
Ibidem, paragrafi 166 e segg.
30
Ibidem, paragrafi 46-55.
31
Ibidem, paragrafi 31-37.
32
Tale accordo siglato inizialmente nel 1985 da Benelux, Francia e Germania, successivamente esteso
agli altri paesi dell’Unione, prevede l’abolizione dei controlli alle frontiere fra i vari paesi membri e
l’installazione di un sofisticato sistema informativo per regolare la circolazione delle persone all’interno
del cosiddetto spazio Schengen. L’Italia è entrata a farvi parte a tutti gli effetti il 26-10-97.
33
Rapporto del Gruppo di Riflessione, paragrafi 56-60.
34
Ibidem, paragrafi 40-43.
35
Ibidem, paragrafi 61-66. Tutte queste proposte verranno poi quasi integralmente accettate, come
vedremo, nel Trattato di Amsterdam.