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2. LA SCOLIOSI 
 
La scoliosi è un’infermità grave, spesso benigna, antiestetica per 
le deformità toraciche che provoca e che compromettono l’aspetto 
e la qualità della vita; essa cagiona una morbilità notevole e può 
diventare una menomazione grave e persino mortale se sono 
compromesse le funzioni cardio-respiratorie. Biomeccanicamente 
la curva scoliotica è stata sempre considerata come entità 
geometrica a sviluppo ed evidenza frontale; Ippocrate per primo 
denominò scoliosi (sinuoso) la deviazione della colonna 
vertebrale sul piano frontale. Esistono però altri elementi che, 
sommandosi alla deviazione sul piano frontale consentono di 
tracciare un quadro più definito della situazione patologica. 
La scoliosi viene oramai definita come una deformazione spaziale 
del rachide, quindi non solo una deviazione sul piano frontale 
(inclinazione laterale), ma anche una deviazione sul piano 
sagittale (cifosi o lordosi) e sul piano orizzontale, ossia una 
rotazione e una torsione; la scoliosi è perciò una “deformazione 
antero-posteriore in lordosi, generata da un movimento di 
torsione” (Pedriolle). 
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3. EZIOLOGIA DELLA SCOLIOSI 
 
La scoliosi è nel 25-30% dei casi ad eziologia nota: 
• Scoliosi congenite, dovute a difetti dei corpi vertebrali, affezioni 
neurologiche, affezioni muscolari, neurofibromatosi, 
mesenchimopatie. 
• Scoliosi traumatiche, dovute ad interventi chirurgici o fratture. 
• Scoliosi statiche o funzionali, dovute ad asimmetria del bacino 
e dismetria degli arti inferiori. 
Nel restante 70-75% dei casi, la scoliosi viene definita “idiopatica”, 
cioè ad eziologia ignota: questa tipologia colpisce i giovani nel 
periodo di accrescimento della colonna vertebrale ed interessa 
statisticamente dal 2 al 10% della popolazione giovanile, con un 
rapporto donne – uomini di 4-6:1. 
Le teorie sull’eziologia della scoliosi idiopatica sono molteplici e si 
riferiscono a fattori genetici, fattori neurologici e fattori di crescita. 
• Fattori genetici: la scoliosi idiopatica, secondo recenti studi, 
rappresenta una manifestazione congenita tardiva, in seguito 
all’attivazione di un particolare induttore genetico 
adolescenziale; è quindi fuori dubbio che nella scoliosi sia 
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presente il fattore genetico, sia per l’eredità familiare, che varia 
dal 43% all’80%, sia per la prevalenza del sesso femminile 
nell’80% dei casi. 
• Fattori neurologici: l’origine centrale della scoliosi idiopatica è 
attualmente un fattore probabile: può essere infatti dovuto a 
disturbi bulbari, alterazioni del tronco encefalico e delle radici 
spinali, disfunzioni del sistema oculo-riflesso e dei riflessi 
propriocettivi. Il tono muscolare viene controllato dal sistema 
vestibolare tramite le vie vestibolo-spinali; una rotazione con 
inclinazione laterale della colonna, potrebbe quindi 
ragionevolmente essere causata da una modificazione del 
circuito vestibolare. Recenti lavori di Yamamoto e Mac Ewen 
hanno evidenziato come il meccanismo neurofisiologico giochi 
un ruolo importante nel determinare la scoliosi idiopatica. 
• Fattori di crescita: sono purtroppo fattori determinanti, dato che 
nel 70% dei casi la scoliosi si manifesta nel periodo dello 
sviluppo. 
 
L’eziologia è quindi multifattoriale, come da definizione di P. 
Stagnara: “La scoliosi idiopatica appare come una malattia 
multifattoriale il cui supporto sarebbe una maturazione anormale 
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del sistema nervoso centrale geneticamente determinata, 
associata ad uno squilibrio dello scheletro in senso assiale per 
differenza di crescita dei diversi elementi vertebrali e sul quale 
agirebbero altri fattori chimici e neuromuscolari di cui è difficile 
dire se sono la causa o la conseguenza”. 
 
 
 
 
 
 
 
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CAPITOLO 2 
 
ANATOMIA DELLA COLONNA VERTEBRALE 
 
1. LA COLONNA VERTEBRALE 
 
La colonna vertebrale, asse portante e unione dei cingoli corporei, 
è un organo molto complesso, non solo per come è costituito, ma 
anche per le strutture presenti all’interno ed adiacenti al canale 
vertebrale, ovvero il midollo spinale e le radici nervose. La 
colonna inoltre deve essere di sostegno ma allo stesso tempo 
deve permettere movimento in tutti e tre i piani dello spazio; ogni 
deformità porta quindi una sofferenza non solo della colonna, ma 
anche delle strutture nervose e non ultima della gabbia toracica e 
quindi dell’apparato respiratorio. 
 
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2. LE VERTEBRE 
 
L’elemento funzionale di questo delicato sistema è la vertebra, 
che varia di dimensioni e forma a seconda del livello del rachide a 
cui è posta, ossia a seconda che sia una vertebra cervicale, 
dorsale o lombare. Il corpo vertebrale ha la struttura di un osso 
breve, quindi una corticale d’osso denso che circonda del tessuto 
spongioso. Le corticali superiore ed inferiore sono chiamate piatti 
vertebrali, che sono più spessi al centro, dove è presente una 
parte cartilaginea. Dorsalmente al corpo vertebrale si trova l’arco 
posteriore, a cui si fissano, da una parte e dall’altra delle apofisi 
articolari; sull’arco posteriore si delimitano perciò due parti: 
anteriormente si trovano i peduncoli, posteriormente le lamine. 
Inoltre, sulla linea mediana, si fissa l’apofisi spinosa e 
lateralmente all’arco posteriore troviamo le apofisi trasverse. Il 
compito principale delle vertebre, indipendentemente dal livello, è 
quello di dare stabilità insieme a mobilità al rachide; inoltre 
devono dare protezione ad uno degli organi più delicati 
dell’organismo, il midollo spinale. 
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3. LE VERTEBRE CERVICALI 
 
Ogni vertebra presenta particolari peculiarità che permettono di 
distinguerla da qualunque altra. Le sette vertebre cervicali si 
estendono dal cranio fino al torace. Il corpo vertebrale è 
relativamente piccolo rispetto al forame vertebrale; a questo livello 
il midollo contiene ancora la maggior parte delle fibre neurali che 
portano gli stimoli ai muscoli e le informazioni dalla periferia al 
cervello; spostandosi caudalmente si nota una diminuzione delle 
dimensioni del canale midollare. Ad eccezione delle prime due 
vertebre cervicali, le caratteristiche comuni sono il processo 
spinoso relativamente corto e i fori intertrasversari ben evidenti, 
necessari a far passare le arterie che irrorano di sangue il 
cervello. Particolarità delle prime due vertebre, atlante ed 
epistrofeo, è quella di fungere da articolazione per i movimenti 
rotatori del capo. 
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4. LE VERTEBRE DORSALI 
 
Esistono dodici vertebre dorsali o toraciche. Una tipica vertebra 
toracica presenta un corpo a forma di cuore, più robusto di quello 
di una vertebra cervicale; il forame vertebrale è relativamente più 
piccolo e il processo spinoso si proietta in senso postero-caudale. 
Ognuna delle dodici vertebre toraciche si articola con una delle 
dodici coste, a livello delle superfici laterali del corpo vertebrale. 
 
 
5. LE VERTEBRE LOMBARI 
 
Il corpo di una vertebra lombare tipica è più spesso di quello di 
una vertebra toracica, e le sue facce superiori e inferiori sono 
ovali; il corpo e i processi trasversi non presentano superfici 
articolari ed il forame vertebrale è un po’ più ampio di quello di 
una vertebra toracica. I processi trasversi sono sottili e si 
proiettano in senso dorso-laterale. 
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6. LE VERTEBRE SACRALI E IL COCCIGE 
 
Le vertebre sacrali sono più propriamente definite come il sacro, 
poiché queste cinque vertebre sono fuse a formare un unico osso. 
Esso fornisce protezione ai delicati organi riproduttivi, digestivi ed 
urinario, oltre ad essere il punto in cui la colonna vertebrale si 
articola con il bacino, in particolare con l’articolazione sacro iliaca. 
 
7. I DISCHI INTERVERTEBRALI E I LEGAMENTI 
 
Tra una vertebra e l’altra si interpone un disco fibrocartilagineo, 
costituito da un anello fibroso all’esterno e da un nucleo polposo 
all’interno: il disco intervertebrale ha la duplice funzione di 
ammortizzare le sollecitazioni in senso cranio – caudale e di 
consentire movimento tra le vertebre; il disco intervertebrale può 
essere paragonato ad uno snodo sferico, infatti permette 
movimenti di inclinazione dei piatti vertebrali, di rotazione di una 
vertebra sull’altra e movimenti di scivolamento, per un totale di sei 
gradi di libertà. Inoltre numerosi legamenti proteggono e 
consolidano i singoli elementi della colonna vertebrale, quali il 
legamento vertebrale comune anteriore, il legamento giallo, i 
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legamenti interspinoso e sovraspinoso, il legamento 
intertrasversario. 
 
8. LE CURVE VERTEBRALI 
 
La colonna vertebrale, nonostante il nome, non è dritta: se così 
fosse, non avrebbe quelle doti di elasticità e mobilità, oltre che di 
resistenza, che sono essenziali per muoversi nello spazio; sono 
presenti quattro curve, di cui la dorsale e sacrale (cifosi) sono 
dette primarie, perché compaiono già durante gli ultimi periodi 
dello sviluppo fetale; esse sono chiamate anche curve di 
adattamento, in quanto servono per lasciare più spazio ai visceri 
toracici e addomino-pelvici. Le curve cervicale e lombare (lordosi), 
chiamate curve secondarie, compaiono solo molti mesi dopo la 
nascita; esse sono anche chiamate curve di compenso, perché 
equilibrano la distribuzione del peso corporeo sugli arti inferiori. La 
maggior parte del peso corporeo è situato sulla parte anteriore 
della colonna vertebrale: le curve fanno sì che questo peso si 
allinei all’asse corporeo. Kapandji afferma che da studi di 
bioingegneria è dimostrato che la resistenza della colonna 
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vertebrale umana, quindi con tre curve, è dieci volte maggiore 
rispetto ad un rachide ipoteticamente rettilineo. 
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CAPITOLO 3 
 
LA MUSCOLATURA 
 
1. I MUSCOLI POSTERIORI DEL TRONCO 
 
La muscolatura posteriore del tronco è disposta su tre piani, uno 
profondo, uno intermedio e uno superficiale. Il piano profondo è 
costituito dai muscoli spinosi, che sono inseriti direttamente sul 
rachide, in particolare abbiamo: 
• Traverso spinale 
• Interspinosi 
• Epispinoso 
• Lungo dorsale 
• Sacro lombare 
Il piano medio è costituito da un solo muscolo, il piccolo dentato 
superiore ed inferiore. 
Il piano superficiale è formato dal muscolo gran dorsale. 
L’azione di questi muscoli è essenzialmente quella di estendere il 
rachide lombare; inoltre sono i responsabili dell’accentuazione 
della lordosi lombare. 
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2. I MUSCOLI LATERALI DEL TRONCO 
 
I muscoli laterali del tronco, sono essenzialmente due: il quadrato 
dei lombi e lo psoas. Il primo determina un’inclinazione laterale 
del tronco dalla parte della sua contrazione; il secondo, con 
l’inserzione fissa sul femore, ha una forte azione di inclinazione 
verso il lato che si contrae e di rotazione verso il lato opposto del 
rachide lombare. Lo psoas ha quindi anche un’azione di 
iperlordotizzazione e rotazione della colonna vertebrale. 
 
3. I MUSCOLI DELLA PARETE ADDOMINALE 
 
I muscoli della fascia addominale sono i due muscoli retti 
dell’addome e i muscoli traversi, il piccolo e grande obliquo. 
L’azione di questi muscoli si può brevemente riassumere 
descrivendo i movimenti che compie il tronco, ovvero movimenti 
di rotazione e flessione, oltre all’appianamento della lordosi 
lombare. 
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CAPITOLO 4 
 
IL TRATTAMENTO 
 
1. PRINCIPI DI TRATTAMENTO 
 
Il corsetto è stato uno dei primi strumenti adottati per far sì che le 
deformità vertebrali fossero in qualche modo “contenute” e 
“corrette”; fin dai tempi più remoti si sono confezionati corsetti in 
vari materiali per riallineare le curve scoliotiche degli adolescenti. 
Recentemente i corsetti hanno subito un’evoluzione, grazie anche 
alle migliori tecniche di radiografia e di valutazione; a seconda poi 
della scuola di pensiero e dei dati raccolti, viene utilizzato 
preferenzialmente un tipo di corsetto e di materiale piuttosto che 
un altro. In certi gravi casi di scoliosi (superiori a 50° Cobb 
secondo la Scuola Francese) si ricorre all’intervento chirurgico. 
La condotta terapeutica prende in considerazione l’età del 
soggetto, l’altezza del gibbo e i valori angolari della curva. Lo 
scopo è quello di interrompere l’evoluzione della curva scoliotica,