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Introduzione
La relazione analizza il tema del trasferimento del ramo di azienda.
L’argomento sarà sviluppato dapprima delineando la disciplina civilistica e fiscale delle diverse
operazioni mediante il quale è possibile attuarlo, ed in seguito analizzando un caso aziendale di
conferimento di azienda e le possibili alternative che nella pratica si sarebbero potute percorrere.
L’obiettivo è capire, dopo avere dettagliato la normativa di cessione d’azienda, conferimento
d’azienda, scissione societaria ed affitto d’azienda, i principali punti di forza e criticità delle stesse,
in un’ottica di valutazione comparata, confrontando dal punto di vista pratico quanto esposto nei
primi capitoli teorici.
Infatti, qualora ci si trovi nella condizione di dover effettuare il trasferimento di un ramo aziendale
per i più disparati motivi, che si analizzeranno nello svolgimento della tesi, le normative civilistica
e fiscale offrono diverse soluzioni, le quali si rivelano più o meno convenienti a seconda
dell’effettiva finalità che si vuole raggiungere.
Si tratta di un argomento sempre di risalto nella dottrina economico-aziendale e nella tecnica
professionale.
Già in passato ci si interrogava sul tema delle operazioni straordinarie e su quale fosse, nella prassi,
l’alternativa migliore per le esigenze degli imprenditori. Così scriveva Onida nel 1939: “le complesse
operazioni di espansione, limitazione e trasformazione strutturale delle aziende […] possono presentare
natura economica diversa anche secondo i fini per i quali quelle operazioni vengono effettuate. Per il
raggiungimento dei propri fini, la pratica si avvale degl’istituti giuridico-economici che in dati luoghi e tempi
è possibile utilizzare: e mentre accade comunemente che un medesimo istituto sia usato per fini diversi, […]
avviene pure, non di rado, […] che istituti differenti servano a fini economici fra loro simili”
1
.
La variazione del perimetro aziendale può essere attuata in diversi modi, e la scelta dello strumento
giuridico per attuare tale modificazione dipende da svariati fattori, quali quello finanziario,
economico, strategico, delle sinergie ottenibili. Non da ultimo, nella scelta dell’operazione più
adatta, riveste spesso importanza cruciale il fattore fiscale. A seguito di diverse disposizioni che si
sono succedute nel corso degli anni, infatti, è risultata avvantaggiata dal legislatore questa o quella
operazione, sino ad arrivare agli ultimi anni in cui alcune delle operazioni di riorganizzazione
aziendale godono della neutralità dal punto di vista delle imposte dirette ed indirette, che spesso
rappresenta la differenza che fa ricadere la scelta su un’operazione invece di un’altra.
Posto che ogni operazione va sempre valutata partendo dalle finalità e dalle motivazioni per cui
essa viene effettuata, e che di conseguenza non è possibili individuare l’operazione migliore in
assoluto, bensì l’operazione più adatta in base alle esigenze delle parti in causa, si cercherà di trarre
alcune conclusioni di fondo mediante la comparazione delle diverse alternative.
1
P. Onida, Le dimensioni del capitale d’impresa, 1939, Milano, Giuffrè Editore, pag. 35-36.
7
Poste queste premesse, il lavoro di seguito illustrato è suddiviso idealmente in due parti: la prima,
fino al capitolo 4, offre una panoramica sulle diverse operazioni straordinarie, con il trattamento
civilistico, contabile e fiscale; la seconda, nei capitoli 5 e 6, cerca di applicare quanto scritto in
precedenza ad un confronto, tra un caso aziendale realmente verificatosi e due operazioni
ipotizzate come alternative, al fine di capirne le effettive differenze.
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Capitolo 1: La cessione d’azienda
1 CARATTERISTICHE E FINALITÀ DELL’OPERAZIONE
1.1 CARATTERISTICHE GENERALI
Con l’operazione di cessione d’azienda si attua il trasferimento di un complesso aziendale dal
cedente al cessionario, contro il pagamento di un corrispettivo, solitamente in denaro.
Non è però necessario che il prezzo sia regolato in denaro, in quanto l’inquadramento giuridico e
fiscale dell’operazione non muterebbe nemmeno se il corrispettivo fosse rappresentato da una
permuta con beni, altre aziende, partecipazioni. Si avrebbe una permuta anche nel caso in cui le
azioni o quote offerte in cambio fossero della stessa società acquirente, qualora però le stesse
derivino da un precedente acquisto di azioni proprie
2
; in caso contrario si attuerebbe una diversa
operazione, il conferimento d’azienda, con differenti risvolti giuridici e soprattutto fiscali.
Lo schema dell’operazione può essere così rappresentato:
L’operazione permette al cessionario di attuare una crescita “esterna”, ed al cedente, generalmente,
di uscire dal business, ovvero di scambiare la propria azienda con altri beni o partecipazioni che
ritenga più utili.
Salvo il caso visto sopra riguardante la permuta con azioni proprie della società cessionaria,
l’operazione di cessione d’azienda si caratterizza per il fatto che, ad esclusione di eventuali rapporti
di debito o credito, non si mantiene alcun legame tra le parti interessate successivamente al
perfezionamento della cessione. In questo aspetto, essa si differenzia da tutte le altre operazioni
straordinarie di trasferimento dell’azienda, quali il conferimento, la fusione, la scissione.
Altra discriminante è il fatto che a tale operazione possono partecipare nella veste di cessionario e
cedente sia soggetti societari che imprenditori individuali, a differenza del conferimento (dove il
soggetto che riceve l’azienda deve essere una società o ente equiparato) e di fusione e scissione
(dove entrambi i soggetti devono essere società o enti equiparati).
Infine, a differenza di altre operazioni societarie, la cessione permette al soggetto che voglia
investire in una determinata attività, di individuare con grande flessibilità il perimetro del
complesso aziendale acquisito, concentrandosi esclusivamente sulle componenti più rilevanti di
2
G. Savioli, Le operazioni di gestione straordinaria, 3° edizione, 2008, Dott. A. Giuffrè Editore.
CEDENTE CESSIONARIO
Azienda
Denaro/permuta
9
tale attività e sui beni a cui è interessato, escludendo gli altri elementi, e potendo inoltre limitare le
passività di cui dovrà rispondere in solido col cedente
3
.
Infatti, per ridurre i costi ed aumentare l’economicità aziendale, le imprese scelgono sovente di
esternalizzare i servizi ritenuti ausiliari ed a scarso valore aggiunto, mantenendo al proprio interno
solo le attività ritenute essenziali al core business societario
4
.
Come si vedrà, l’oggetto del trasferimento deve essere inderogabilmente un complesso di beni
organizzati e coordinati al fine dello svolgimento di un’attività, mentre una semplice sommatoria
di beni non in grado di svolgere autonomamente l’attività aziendale non può configurare
l’operazione in esame. Peraltro, nei fatti, sul punto la distinzione non è sempre agevole da
effettuare.
A livello societario, i risvolti fiscali della cessione d’azienda la fanno spesso soccombere rispetto ad
altre operazioni più economiche da tale punto di vista, seppur più complesse; la sua semplicità e
celerità, però, le permettono di essere preferita per il trasferimento di piccole realtà aziendali
5
.
1.2 LE FINALITÀ DEL CESSIONARIO E I RISCHI CORRELATI
La cessione d’azienda è la fattispecie “base” delle operazioni di concentrazione aziendale.
Tutte le finalità che si vedranno in seguito hanno l’obiettivo comune di modificare l’assetto
dell’impresa per creare maggior valore, mediante la ricerca di maggiori ricavi, minori costi, minori
rischi e così via, accrescendo le dimensioni del capitale economico dell’impresa intesa come
investimento
6
.
In sostanza, sia per l’acquirente che per il cedente, l’operazione di cessione d’azienda ha di norma
lo scopo di variare il perimetro aziendale e “conferire all’impresa la dimensione e la struttura più
economiche”
7
.
Le finalità dell’acquirente dell’azienda possono essere così schematicamente riassunte.
Concentrazione orizzontale. L’acquirente attua una crescita dimensionale esterna,
acquisendo un’azienda che opera nello stesso settore economico, al fine di ottenere
economie di scala, ridurre i costi unitari di produzione, incamerare fattori produttivi come
macchinari o attrezzature. L’ipotesi di crescita esterna è preferita alla crescita interna in
quanto più rapidamente attuabile, inoltre non aumenta l’offerta sul mercato (rischiando
che non venga assorbita), ma la mantiene invariata.
La concentrazione orizzontale, in tal senso, può essere intrapresa anche allo scopo
principale di eliminare un concorrente insidioso, aumentando la quota di mercato senza
affrontare rischi eccessivi, essendo il settore già conosciuto. Il concorrente acquisito
3
R. Perotta, G. M. Garegnani, Le operazioni di gestione straordinaria, 1999, Dott. A. Giuffrè Editore
4
Cfr. Stefano Rossi, “Cessioni di rami aziendali: ecco in 5 punti quando sono legittime”, in Il Sole 24 Ore del 09/01/2014.
5
R. Perotta, G. M. Garegnani, op. cit.
6
L. Guatri, M. Bini, La valutazione delle aziende, 2007, EGEA.
7
P. Onida, Le dimensioni del capitale d’impresa, 1939, Dott. A. Giuffrè Editore.
10
potrebbe essere anche solo potenziale, ad espressione di una politica non aggressiva come
nel caso precedente, bensì difensiva, del cessionario che voglia difendere la propria quota
di mercato dall’intrusione di nuovi potenziali competitors
8
.
Concentrazione verticale. Altra finalità dell’acquirente di un’azienda può essere
l’integrazione, a monte o a valle, di un’attività che prima era affidata a clienti o fornitori
dell’impresa. Questo permette al cessionario, principalmente, di assorbire il margine che
prima era riconosciuto appunto a clienti o fornitori, onde migliorare l’economicità
dell’agire aziendale con riduzioni del costo o del prezzo di mercato dei propri
prodotti/servizi. Finalità alternative, ma non meno importanti, possono essere la migliore
gestione della filiera produttiva in merito ai tempi di consegna, al trasporto e così via, un
migliore controllo delle risorse in fase di approvvigionamento, lo svolgimento all’interno
dell’impresa di fasi a maggior valore aggiunto e quindi il miglioramento della redditività.
In tal modo, peraltro, l’impresa aumenta la propria rigidità ed investe ancor più
pesantemente nel settore in cui già operava in precedenza, aumentando potenzialmente il
rischio economico.
Diversificazione: l’effetto in questo caso è opposto alle motivazioni di concentrazione
orizzontale e verticale appena esaminate, in quanto la diversificazione è attuata al fine di
ridurre il rischio complessivo dell’impresa, investendo in settori merceologici diversi
rispetto a quelli in cui già opera (questa operazione è anche detta di “concentrazione
conglomerale”, che può portare alla creazione di un’impresa con struttura divisionale). In
alternativa la diversificazione può essere operata in merito alle aree geografiche. In
entrambi i casi, l’operazione permette, in linea teorica, di ridurre il rischio globale
dell’impresa e quindi la sua capacità di sopravvivere nel medio-lungo periodo.
Per la comprensione del tema, è importante il contributo offerto dalla “matrice Boston
Consulting Group”
9
, la quale, al fine di suggerire la corretta composizione del portafoglio di
attività (ASA
10
) di un’impresa, suddivide le aree di attività classificandole secondo due
criteri, il market share (quota di mercato) ed il growth rate (tasso di crescita). Secondo tale
8
M. Martellini (a cura di), L'impresa. Economia e gestione, 2° edizione, 2006, Giappichelli.
9
10
L’ASA (o SBU - Strategic Business Unit), è una delle singole aree di attività in cui l’impresa agisce, che può coincidere con
un mercato, un segmento, fino al singolo prodotto. Per approfondimenti, G. Airoldi, G. Brunetti, V. Coda, Corso di Economia
Aziendale, 2005, Il Mulino.
11
impostazione, inserita nella più ampia famiglia delle Teorie di portafoglio, “per avere successo,
un’impresa dovrebbe avere un portafoglio di prodotti con differenti tassi di crescita e quote di
mercato. La composizione del portafoglio è funzione dell’equilibrio tra i flussi di cassa. Prodotti con
alti tassi di crescita richiedono investimenti di risorse per crescere. Prodotti con basse prospettive di
crescita dovrebbero generare flussi di cassa in eccesso. Entrambe le tipologie sono necessarie allo
simultaneamente”
11
High growth products require cash inputs to grow. Low growth products
should generate excess cash. Both kinds are needed simultaneously
Risorse strategiche: infine, il soggetto potrebbe decidere di acquisire un’azienda al fine di
incamerarne le tecnologie (qualora, ad esempio, solo tale impresa possieda determinate
tecnologie non presenti sul mercato perché brevettate), risorse scarse altrimenti non
reperibili (risorse materiali o risorse umane particolarmente qualificate), o il know-how. Si
possono avere insomma operazioni di concentrazione aziendale che non hanno uno scopo
puramente “materiale” di acquisto dei cespiti dell’azienda ceduta, essendo effettuate “per
assicurare all’azienda la collaborazione di determinati dirigenti […] o per avere la possibilità di
conoscere particolari segreti di fabbricazione o di utilizzare brevetti, e così via”
12
.
Peraltro, in questi casi, si pone il problema non indifferente dell’efficace integrazione delle
realtà aziendali, le quali, se hanno una cultura profondamente diversa ed una scarsa
propensione all’interazione con altre realtà
13
, possono di fatto far fallire l’obiettivo che era
prefissato nell’operazione.
Oltre alle finalità, occorre analizzare anche i rischi correlati ad un’operazione di cessione d’azienda,
i principali dei quali sono i seguenti.
Il cessionario, perseguendo una strategia che mira alla crescita dimensionale esterna della propria
impresa, si espone inevitabilmente al rischio che la capacità produttiva non venga saturata. Rischio
collegato alla eccessiva crescita dimensionale è inoltre l’ottenimento di diseconomie di scala, le
quali consistono sostanzialmente in un aumento del costo medio di prodotto all’aumentare della
capacità produttiva installata.
Come già accennato nell’ultimo punto del precedente elenco, l’integrazione tra realtà aziendali
differenti, operato al fine di ottenere sinergie tra i complessi di risorse, può portare al contrario
all’ottenimento di disergie, ossia di sinergie negative, che comportano un risultato complessivo
inferiore rispetto a quanto si sarebbe raggiunto in caso di complessi aziendali separati, dal punto
di vista dell’efficacia o dell’efficienza.
Infine, come qualsiasi tipologia di investimento, anche un’operazione di cessione d’azienda porta
con sé il rischio che l’investimento risulti sbagliato: è questo il rischio che deve sopportare il
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Cfr. Bruce Henderson, The product portfolio, da un articolo pubblicato nel 1970. Di seguito la frase originale. “To be successful,
a company should have a portfolio of products with different growth rates and different market shares. The portfolio composition is a
function of the balance between cash flows. High growth products require cash inputs to grow. Low growth products should generate
excess cash. Both kinds are needed simultaneously”.
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P. Onida, op. cit.
13
M. Martellini, op. cit.