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PREMESSE
Il presente lavoro intende analizzare la tematica dei “prezzi di trasferimento”, il
cosiddetto “transfer pricing”, che rappresenta nel sistema attuale di imposizione
dei redditi uno dei principali strumenti che i gruppi di imprese internazionali e
nazionali utilizzano per alleggerire il proprio carico fiscale.
Il tema del transfer price oltre ad essere studiato sotto un profilo di carattere
strettamente tributario, ha anche dei riflessi di carattere economico-gestionale da
interpretare e analizzare per avere una visione completa del fenomeno.
Nei rapporti intercompany, le varie consociate possono effettuare tra loro delle
operazioni quali ad esempio cessioni, acquisti di beni materiali, immateriali,
concessione di finanziamenti, prestazione di servizi ad un prezzo “concordato”,
ovvero non corrispondente al valore normale, reale di quella transazione.
In tal modo viene attuato un trasferimento di reddito verso quelle società
dislocate in Paesi con bassa fiscalità o comunque imprese del gruppo presso cui è
maggiormente conveniente allocare utili perché ad esempio sono società con
ingenti perdite.
Nell’ambito dei gruppi societari l’articolazione della catena del valore è
caratterizzata da una progressiva decentralizzazione di funzioni e processi
produttivi in unità organizzative dislocate in luoghi diversi.
Nella ricerca della massima efficienza operativa e strutturale in talune circostanze
le società di un gruppo possono mettere in pratica comportamenti abusivi e
talvolta evasivi che gli ordinamenti nazionali ed internazionali tentano di
contrastare.
L’analisi della problematica dei prezzi di trasferimento toccherà diversi aspetti
che ruotano nell’orbita del transfer price e tra cui:
• le possibili interpretazioni dell’art 110, comma 7 T.U.I.R;
• il rapporto tra la normativa nazionale e le raccomandazioni fornite sul
transfer pricing dalle associazioni internazionali tra cui su tutte l’OCSE;
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• l’applicabilità della disciplina del transfer pricing internazionale alle
situazioni di transfer price interno;
• il valore normale quale strumento e parametro di controllo per la verifica
della congruità dei prezzi dei trasferimenti;
• i metodi di calcolo del valore normale;
• l’attività ispettiva e accertativa dell’Amministrazione finanziaria per la
repressione delle pratiche evasive/elusive poste in essere con i prezzi di
trasferimento;
• il transfer pricing interno e la disciplina del consolidato nazionale.
L’attenzione del presente lavoro sarà rivolta principalmente all’ipotesi di transfer
price interno o “domestico”, ovvero a quelle operazioni sui prezzi di
trasferimento che vengono poste in essere tra imprese appartenenti a gruppi
nazionali.
Attraverso l’analisi di sentenze, di circolari dell’Amministrazione finanziaria e di
pareri della più autorevole dottrina, riguardanti controversie inerenti il transfer
pricing interno, si cercherà di inquadrare il fenomeno in maniera sistematica e
trovare delle soluzioni che possano aiutare a chiarire gli aspetti più problematici
del fenomeno, soprattutto alla luce della scarsa regolamentazione che il
legislatore nazionale ha fornito sulla problematica in questione.
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CAPITOLO I
IL PROBLEMA ECONOMICO DEL TRANSFER PRICING.
Sommario: 1.1 Definizione e concetti di transfer pricing; 1.2 La ratio dell’art.
110, comma 7, D.P.R. 917/1986; 1.2.1 I destinatari della disciplina: il gruppo di
imprese. Il profilo soggettivo; 1.2.2 La nozione di controllo ai fini della normativa
fiscale. Il profilo oggettivo; 1.2.3 Le operazioni incluse nella disciplina; 1.3 Transfer
pricing e il problema della doppia imposizione; 1.4 La pianificazione fiscale nei
gruppi d’imprese.
1.1 Definizione e concetti di transfer pricing.
Con l’espressione transfer pricing si individua un fenomeno complesso, di cui è
difficile fornire una definizione istituzionale poiché non nasce direttamente in
ambito giuridico-fiscale, ma deriva dall’analisi delle relazioni economiche
intercorrenti tra imprese situate in Stati diversi o anche in una stessa nazione le
quali fanno parte dello stesso gruppo.
1
Il termine descrive la procedura attraverso la quale società o (meglio imprese)
associate tra loro determinano i prezzi delle transazioni all’interno di un gruppo
in modo tale da minimizzare il “costo” fiscale.
Si ha “transfer pricing” quando in una operazione tra soggetti legati da una
relazione di dipendenza giuridica e/o economica, il corrispettivo di un bene o di
un servizio è fissato ad un livello divergente da quello che si sarebbe formato in
una transazione tra soggetti indipendenti, in condizioni di libera concorrenza.
2
Nella determinazione del prezzo o del corrispettivo di un contratto, tra parti
libere e indipendenti in un libero mercato concorrenziale, in cui entrambe le parti
tendono a massimizzare la loro utilità, il prezzo nasce da una dialettica e pertanto
il consenso nascendo da un contradditorio è tendente alla verità; il valore della
transazione è perciò un valore reale, “normale”, ritenuto idoneo sia dalla parte
acquirente che da quella venditrice, ed è accettato come tale anche
dall’Amministrazione finanziaria.
1
Si pensi a titolo esemplificativo ai trasferimenti di beni e prestazioni di servizi tra società di un medesimo gruppo.
2
La differenza di prezzo tra il valore normale di un bene e il corrispettivo stabilito dalle parti all’interno di una
transazione tra società di un medesimo gruppo viene appunto chiamata transfer price.
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Il conflitto economico che le parti risolvono non è in contraddizione con la logica
del tributo, pertanto possiamo affermare che l’autonomia contrattuale è variabile
indipendente delle imposte sul reddito.
Nella determinazione del prezzo tra imprese appartenenti ad un medesimo
gruppo, invece, la normale dialettica contrattuale che spinge ogni parte a
massimizzare il proprio risultato non c’è, visto che sono gli interessi complessivi
e unitari dell’entità gruppo a prevalere e cioè la massimizzazione dell’interesse
comune a pagare meno imposte
3
.
A seguito della manipolazione dei valori di scambio applicati alle transazioni
commerciali effettuate tra società appartenenti allo stesso gruppo è possibile
“ridurre” o “trasferire” il carico fiscale ed in definitiva ridistribuire il peso della
tassazione sul reddito prodotto in un determinato territorio.
Pertanto il legislatore fiscale si è preoccupato di individuare i principi ai quali
devono sottostare le operazioni infragruppo affinché non sia possibile
ridistribuire o minimizzare il carico fiscale complessivo .
In particolare, si tratta di verificare se le transazioni commerciali intercompany
vengano effettuate rispettando il principio di libera concorrenza (arm’s length
principle), in modo tale che sussista corrispondenza tra il prezzo stabilito nelle
operazioni commerciali tra imprese associate e quello che sarebbe pattuito tra
imprese indipendenti, in condizioni similari, sul libero mercato.
La disciplina del transfer pricing deve essere esaminata anche alla luce delle
leggi fiscali in materia dei vari Paesi, nonché in riferimento alle norme emanate
dalle organizzazioni sovranazionali che negli anni recenti hanno profuso energie
per trovare strumenti di cooperazione e scambio di informazioni.
Al fine di preservare la propria potestà impositiva i singoli stati hanno adottato
una normativa speciale sul transfer pricing, la quale recepisce il principio di
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In tal senso C. ROTONDARO, Il transfer price interno: brevi note in tema di strumenti giuridici di accertamento e
metodi di repressione, in Diritto e pratica tributaria vol. 1/2001, pag.106, secondo il quale, il contribuente nel porre in
essere pratiche di transfer pricing, ottiene un risultato di ottimizzazione della situazione impositiva del gruppo
pattuendo, nelle transazioni fra imprese collegate, prezzi di trasferimento di beni o servizi che, discostandosi dai
valori di mercato, sono in grado di fare emergere materia imponibile nella giurisdizione con regime fiscale più
vantaggioso, riducendo specularmente la base imponibile e, conseguentemente, il debito d’imposta dei membri del
gruppo multinazionale fiscalmente residenti ed assoggettati ad imposizione in Paesi a fiscalità più elevata.
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valutazione a valore normale delle transazioni infragruppo contenuto nel modello
di convenzione OCSE.
Le manovre abusive messe in atto mediante la politica dei prezzi di trasferimento
possono riguardare sia gruppi multinazionali di imprese in cui si cerca di
destinare maggiore reddito verso quelle consociate stabilite in Paesi con più
bassa tassazione, sia gruppi di società nazionali che adottano la politica in esame
per trasferire redditi da una società in utile a società in perdita, o ancora per
ripartire i costi in maniera adeguata alle esigenze della capogruppo, o “spostare”
reddito imponibile in territori che godono di una tassazione privilegiata.
In buona sostanza il meccanismo del transfer pricing può realizzarsi con la
seguente procedura tra più società facenti pare dello stesso gruppo:
Es. 1 La “company” X1, residente in un territorio ad elevata pressione fiscale
(aliquota del 20%), acquista beni o servizi dalla “company” X2, residente in un
paese a contenuta pressione fiscale (5%).
Al fine di drenare liquidità e reddito dal regime fiscale ad elevata pressione verso
il regime fiscale più favorevole, viene fissato un prezzo di vendita dei beni e/o
servizi della società X2 molto elevato, in modo che il profitto si concretizzi nel
territorio a bassa pressione fiscale e si ottenga il risultato di abbattere la base
imponibile della società sita nello stato ad elevata fiscalità, con evidente
vantaggio per l’intero gruppo di imprese.
La società X1, corrispondendo un prezzo all’import maggiore di quello normale
che un acquirente indipendente avrebbe pagato sul libero mercato aumenta in
maniera artificiosa i costi all’interno del proprio Conto Economico di 20 e
diminuisce gli utili a vantaggio della società X2 che può sfruttare una aliquota
d’imposta minore.
È evidente come in tal caso si produce un duplice effetto fiscale:
HOLDING
X3 X1
X2
Valore normale bene: 50
X1 acquista da X2 ad un prezzo di 70
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a) trasferimento nel Paese a bassa fiscalità di una porzione di reddito (pari a 20)
che avrebbe dovuto soggiacere ad una tassazione più elevata in Italia;
b) registrazione in contabilità di un costo sovrastimato (pari a 70 anziché 50)
con conseguente maggiore abbattimento del reddito imponibile (in Italia);
Viceversa la vendita di un prodotto ad una collegata residente in uno stato dal
regime fiscale agevolativo condotta ad un prezzo inferiore a quello normale
consente di mantenere basso il reddito imponibile della società cedente.
Es. 2 La procedura del transfer pricing può avvenire anche attraverso
comportamenti riguardanti più direttamente i costi aziendali, senza un diretto
coinvolgimento della cessione di beni.
Tra la società ALFA (situata in un territorio a bassa tassazione A) e la società
BETA residente in uno stato ad alta pressione fiscale B viene effettuato un
finanziamento con un tasso concordato particolarmente elevato, con aggravio del
conto economico della società finanziata.
Si immagini una operazione finanziaria pari a € 10.000.000 con la quale
un’impresa stabilmente organizzata in un paese a fiscalità contenuta rifornisce
della liquidità necessaria la società controllata BETA ad un tasso di interesse del
6,5%.
La company BETA finanziata, il cui regime fiscale preveda una tassazione
diretta sul reddito imponibile, immaginiamo del 37%, verserà interessi annuali
sul prestito interamente deducibili ed ad esempio esenti nel paese di percezione
della associata ALFA. La manovra suindicata garantirà alla società finanziata un
risparmio finanziario di matrice tributaria pari a € 240.500 (10.000.000 * 6,5% =
650.000 --- 650.000 * 37 % = 240.500) attraverso un’operazione di puro
“finanziamento soci”.
Figura 1
4
.
4
MULTINAZIONALE
Paese B
Società beta
Paese A
Società alfa
- La società B riceve un finanziamento/mutuo ad un tasso
concordato da una società del gruppo.
-Occorre verificare che il saggio di interesse sia
determinato considerando quello pattuito o che sarebbe
stato pattuito per un finanziamento similare contratto da
imprese indipendenti.
- Il mercato di riferimento è quello del mutuante.
- Fattori da considerare del prestito: ammontare, durata,
titolo natura e oggetto del negozio, posizione finanziaria
del mutuante, moneta di computo, rischi di cambio,
garanzia prestate in relazione al finanziamento concesso.
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Ulteriori ipotesi di transfer pricing sono quelle riconducibili al cosiddetto Cash
pooling (raccolta di fondi), al fenomeno delle società di ricerca, o ancora alla
“riassicurazione”.
L’ipotesi del cash pooling si verifica allorché un’impresa del gruppo viene
utilizzata per centralizzare la tesoreria ovvero per compensare e bilanciare le
attività e passività espresse in valuta da parte di tutte le altre società del gruppo.
In tal caso dovrà essere riconosciuto alla società stessa un compenso analogo a
quello che sarebbe riconosciuto ad una società indipendente per la prestazione
dello stesso servizio, e non concordato, per non incorrere in un abuso da prezzi di
trasferimento.
Nel caso delle società di ricerca una società realizza su base internazionale per
tutte le consociate le attività di ricerca sulla base di contributi che vengono
corrisposti da tutte le società del gruppo. In tal caso è opportuno valorizzare il
corrispettivo pagato confrontandolo con il prezzo pagato da parti indipendenti
per operazioni similari, poiché tale società effettivamente non assume il rischio
di impresa e del prodotto oggetto di ricerca.
Infine, nella riassicurazione, può verificarsi che un società di assicurazione
inserita in un gruppo si riassicura per i rischi assunti sul mercato nazionale
stipulando polizze di copertura con altre società collegate. Il corrispettivo pagato
per tali copertura dovrà essere determinato a valore normale.
Questi sono solo alcuni esempi di come le società di un gruppo possono
effettuare accordi sui corrispettivi per evadere e trasferire il carico fiscale tra le
diverse entità del gruppo
1.2 La ratio dell’art. 110, comma 7, D.P.R. 917/1986.
La disciplina dei prezzi di trasferimento in Italia è contenuta oggi nell’art. 110,
comma 7, T.U.I.R, ma è dato rinvenire nel nostro Paese disposizioni ascrivibili a
questa area già nel testo unico delle leggi sulle imposte dirette del 1958 (D.P.R.
645/1958).