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Introduzione
La materia tributaria inserita in un contesto di crisi fiscale, può esser considerata un
nuovo avamposto del diritto penale dell’economia, divenendo fondamentale qualora
si parli di debito sovrano. Siamo di fronte a rivolgimenti e trasformazioni profonde
del senso e della portata dell’intervento penale nell’economia, come probabilmente
mai era accaduto prima d’ora. Il discorso, peraltro, non riguarda solo il nostro paese
e non riguarda solo e tanto la disciplina normativa, ma è in realtà molto più vasto: si
tratta di un mutamento di peso e di ruolo della giurisprudenza nella materia penale
economica.
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Lo stato italiano decide di abbandonare l’obiettivo fiscale, abbracciando
ideologie più improntate verso comportamenti illusivi ed elusivi, dove
sostanzialmente, tutte le condotte che vengono incriminate previste dal D.lgs. 10
marzo 2000 n.74, vengono punite parallelamente in via tributaria, in quanto
raramente incidono sulla libertà personale del soggetto. Bisogna specificare che per
un determinato periodo di tempo, malgrado l’ordinamento italiano prevedesse i
delitti in materia tributaria, la decisione ricadde sulla scelta di indirizzarsi su pene di
carattere detentivo poiché scoraggiava gli evasori, e solo successivamente, con
l’introduzione del Decreto Legislativo sopracitato, ci fu un’inversione radicale. La
giurisprudenza assume un atteggiamento connotato da un mero buonismo nei
confronti della fattispecie, anche laddove venga ritenuta punitiva. Questo approccio
controverso del sistema italiano, pone in evidenza la problematica relativa al duplice
binario sanzionatorio, previsto sia in ambito amministrativo che penale, laddove, da
una parte, il fine ultimo che si è intenti a perseguire è quello di ottenere un
risarcimento equo, mentre dall’altra, l’effettività della disciplina sanzionatoria.
Il dispositivo dell’Art. 53 comma 1 Cost.
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costituisce il fondamento del diritto
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Luigi Foffani, Una «nouvelle vague» del diritto penale dell’economia in Italia? – Casi di diritto
penale dell’economia I. Impresa e Mercato (Cirio, Parmalat, Antonveneta, Bnl-Unipol) a cura di
Luigi Foffani, Donato Castronuovo, Edizione Il Mulino, anno 2015, p. 12
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“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.”
Atteso l'incipit della norma, che si riferisce a "tutti", i principi della c.d. costituzione fiscale, da essa
previsti, si applicano non solo ai cittadini ma a tutti coloro che si trovano sul territorio, anche se
stranieri o privi della cittadinanza. Inoltre, è necessario guardare alla loro "capacità contributiva", cioè
verificare se siano titolari di reddito perché solo in questo caso possono essere chiamati a concorrere
alla spesa pubblica. Sulla base di questo parametro la stessa Corte Costituzionale è chiamata a
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tributario nel quadro normativo italiano, il quale individua il bene giuridico tutelato,
identificandolo nel diritto dello stato nella mera percezione dei tributi da parte dei
contribuenti ed evidenziando, i profili criminosi, che prevedono essenzialmente la
sottrazione del gettito fiscale nelle casse statali, riconducendo il tutto, a determinate
condotte
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punite in modo nettamente più severo indipendentemente dall’illecito
penale fiscale. Un ulteriore problema riscontrato in questi anni, è stato quello
dell’istituto della prescrizione relativa ai reati tributari. Se in un primo momento, la
Sentenza Taricco emanata nel settembre 2015, imponeva ai giudici italiani la
disapplicazione delle disposizioni relative alla prescrizione in materia di frode fiscale
o ipotesi di sottrazione dell’imposta di valore aggiunto alle finanze comunitarie,
attualmente la Corte di Lussemburgo denuncia l'insostenibilità della disciplina
vigente della prescrizione (e in particolare la previsione di un termine massimo pur
in presenza di atti interruttivi) nella misura in cui, tale meccanismo, determina in
pratica la sistematica impunità delle frodi in materia di IVA, lasciando così senza
tutela adeguata gli interessi finanziari non solo dell'erario italiano, ma anche - ed è
quanto importa ai giudici europei – quelli dell'Unione.
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Questa, fa leva sulle entrate derivanti dalla riscossione e rientranti nella sfera di
interesse finanziario, e l’organo comunitario, interviene, dichiarando
l’incompatibilità della normativa in accordo con la prescrizione del reato,
introducendo l’Art. 325 TFUE in materia di crimini fiscali. Nasce un obbligo di
disapplicazione del combinato disposto degli Artt. 160 e 161 c.p. da parte del
giudice, il quale è tenuto a stabilire una soglia massima al prolungamento del termine
di prescrizione, qualora fossero presenti determinati eventi interruttivi, atti a produrre
sindacare la legittimità delle leggi ordinarie che impongono tributi. Peraltro, il riferimento a questa
capacità non esclude che determinate categorie di soggetti possano essere esonerate dal versamento o
che lo stesso possa essere determinato in forma meno gravosa, se ricorrono determinati presupposti
(reddito minimo, nuclei famigliari numerosi ecc.). Consultabile online:
http://www.brocardi.it/costituzione/parte-i/titolo-iv/art53.html
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si fa riferimento alla dichiarazione, l’omissione e la frode, accomunate dal dolo specifico di evasione
e dalla sottrazione all’erario italiano e comunitario di quanto dovuto secondo la normativa in regime
fiscale e penale.
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Francesco Viganò, “Disapplicare le norme vigenti sulla prescrizione nelle frodi in materia di IVA?
Primato del diritto UE e nullum crimen sine lege in una importante sentenza della Corte di
Giustizia”, «Diritto penale contemporaneo » data 14 settembre 2015, consultabile online:
http://www.penalecontemporaneo.it/materia/-/-/-/4132-
disapplicare_le_norme_vigenti_sulla_prescrizione_nelle_frodi_in_materia_di_iva__primato_del_dirit
to_ue_e_nullum_crimen_sine_lege_in_una_importante_sentenza_della_corte_di_giustizia/ cfr. Corte
d'appello di Milano, II sez. pen., ord. 18 settembre 2015, Pres. Maiga, Est. Locurto
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una sostanziale impunità. In materia tributaria, le tempistiche legate alla prescrizione,
hanno subito profonde modifiche. Innanzitutto è opportuno chiarire il concetto di
prescrizione, il quale fa riferimento ad uno strumento regolatore degli effetti legati
allo scorrere del tempo sulla commissione di un illecito penale. La ratio di questo
istituto, va ricercata nel venir meno dell’interesse statuale alla repressione dei reati,
compiuti in tempi lontani, al punto di far scemare ogni tentativo di repressione.
Persino il legislatore può ricorrere a tale strumento, rendendo di conseguenza
effettivo, il principio della ragionevole durata dei tempi processuali, enunciato
nell’Art.111 Cost.
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e fungendo da garanzia per colui che si trova in posizione di reo.
In seguito ad un lungo dibattito giurisprudenziale, incentrato sugli effetti processuali
dell’istituto della prescrizione, si è giunti or ora, a due filoni di pensiero: il primo,
prevede essenzialmente che le norme concernenti l’area sanzionatoria, debbano
ricadere sotto il brocardo “nullum crimen sine lege” contenuto nell’Art. 25 comma 2
Cost.
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mentre d’altro canto, si rimanda all’orientamento della Corte EDU
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che con un
approccio ermeneutico, definisce la prescrizione come un istituto di stampo
processuale. Viene dunque sottolineata, la necessità di imporre agli stati membri,
l’obbligo di riscossione dell’Imposta di Valore Aggiunto (IVA) e l’applicazione di
un sistema sanzionatorio efficace e dissuasivo, senza esser condizionate dal
fenomeno della prescrizione che mira a nullificarne gli effetti.
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La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo
e imparziale e la legge ne assicura la ragionevole durata.
Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia nel più breve tempo
possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga
del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice,
di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la
convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e
l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non
comprende o non parla la lingua impiegata nel processo
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“nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge” la ratio, prevede che la
garanzia del giudice naturale ed il principio di legalità vengono previsti per tutelare i singoli da
possibili abusi o favoritismi, sulla scorta dell'esperienza fascista che, eliminate le garanzie, aveva
istituito tribunali appositi per reprimere le opposizioni al regime.
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È un organo giurisdizionale internazionale istituita nel 1959 dalla Convenzione Europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali