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Introduzione
I rifiuti acquistano la dimensione di problema solo in tempi recenti.
L’abbondanza di merci a costi ridotti prodotta dallo sviluppo economico insieme
alla crescita della popolazione, che sempre più si è concentrata nelle aree urbane,
ha mutato radicalmente le abitudini di consumo e gli stili di vita dell’uomo.
Un tempo i beni venivano riparati quanto più possibile e a fine vita si
procedeva ad un recupero quasi totale dei materiali che lo componevano. I rifiuti
organici venivano riciclati, mentre le piccole quantità che ne rimanevano erano
biodegradabili e, di conseguenza, avevano un mimino impatto sull’ambiente.
Quando si è iniziato a “produrre rifiuti”, le nostre società non erano pronte
per la loro gestione. Al contrario, per molto tempo, nell’opinione generale, i rifiuti
hanno continuato a non esistere e a non essere considerati come un problema. Solo
negli ultimi decenni, trovandosi di fronte ad una situazione ormai grave e con
conseguenze visibili sull’ambiente e sulla salute dell’uomo, gli Stati si sono
convinti della necessità di una riduzione della produzione di tali sostanze nocive e
di una loro gestione ecologicamente corretta.
È noto che la gestione finale di un rifiuto può essere lo smaltimento o il
recupero. Tuttavia nel corso degli anni, e soprattutto all’inizio degli anni ottanta del
secolo scorso, si è venuta configurando un’ulteriore pratica, finalizzata anch’essa
alla gestione finale di sostanze tossiche: si tratta dell’esportazione di rifiuti
pericolosi in altri Paesi, a volte solo perché essi siano trattati opportunamente e poi
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restituiti al Paese d’origine, altre volte per un loro smaltimento definitivo. Questa
pratica risulta la meno onerosa, soprattutto se i Paesi destinatari sono quelli in via
di sviluppo e il mittente sia rappresentato dalle nazioni industrializzate, le quali,
nonostante posseggano le capacità tecniche e le disponibilità finanziarie necessarie
al trattamento adeguato dei rifiuti pericolosi all’interno dei propri confini, decidono
di esportare per sfuggire ad una legislazione molto rigida e per evitare di pagare i
costi molto elevati di smaltimento di tali sostanze tossiche.
Il trasporto di questo tipo di rifiuti pericolosi crea problemi non solo perché
il luogo di destinazione deve possedere i mezzi adeguati per gestirlo, ma anche e
soprattutto perché si tratta di un trasporto di per sé pericoloso in caso di incidenti
durante il percorso e sarebbe quindi necessaria l'autorizzazione delle autorità del
luogo non solo di destinazione, ma anche di transito. La comunità internazionale si
è concentrata per trovare un sistema di controllo delle esportazioni che potesse
garantire la sicurezza del trasporto e arginare il fenomeno dei traffici illeciti che,
come vedremo, hanno dilagato.
La trattazione è suddivisa in quattro capitoli. Il primo capitolo rappresenta
una sorta di excursus storico per capire le origini del problema. L’analisi parte da
una serie di incidenti che avvennero soprattutto durante gli anni ottanta del secolo
scorso e che coinvolsero delle navi da trasporto cariche di rifiuti altamente tossici.
Esse, a causa della mancanza nel sistema normativo internazionale dell'epoca di
regole per la movimentazione oltre frontiera di rifiuti pericolosi, poterono scaricare
le sostanze tossiche trasportate o in mare o in zone terrestri soprattutto nei Paesi in
via di sviluppo. Il primo capitolo si pone lo scopo di capire come si è arrivati alla
necessità di creare delle norme che regolassero tali esportazioni di rifiuti pericolosi
e quali siano state le prime risposte a livello internazionale per arginare il
problema.
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È nel secondo capitolo che si cercherà di rispondere alla domanda centrale:
quali strumenti a livello internazionale o regionale sono stati adottati dalla
comunità degli Stati in materia di movimento transfrontaliero di rifiuti pericolosi?
La “Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti
pericolosi e sulla loro eliminazione” firmata il 22 marzo del 1989 ed entrata in
vigore il 5 maggio del 1992 rappresenta l'unico esempio di testo a carattere
internazionale pressoché universale in materia, che comprende un altissimo numero
di paesi membri: al febbraio 2013, data in cui si redige la presente trattazione, essa
conta 179 membri. Si vede, inoltre, come, a partire da tale Convenzione, e nello
specifico sulla base del suo articolo 11, gli Stati si siano organizzati a livello
regionale (o limitandosi ad un certo numero di nazioni) stipulando una serie di
accordi che regolano, nello specifico, l'esportazione di rifiuti pericolosi per una
determinata area del mondo.
Nel terzo capitolo si cercherà di capire se, all'interno della normativa
internazionale che regola il movimento oltre frontiera di rifiuti pericolosi, siano
stati incorporati alcuni dei principi cardine su cui si basa il diritto internazionale
dell'ambiente e se ne siano stati introdotti di nuovi e specifici per la materia in
questione.
Infine, il quarto capitolo si pone l'obiettivo di presentare gli sviluppi più
recenti nell'ambito della normativa internazionale in precedenza analizzata e, nello
specifico, si cerca di capire come gli Stati abbiano cercato, nel corso degli anni, di
colmare alcune della lacune presenti della Convenzione di Basilea.
Sarà analizzato il “Ban Amendment” che dispone un bando totale alle
esportazioni di rifiuti pericolosi nei Paesi in via di sviluppo, e il “Protocollo sulla
responsabilità per i danni risultanti dal movimento transfrontaliero di rifiuti
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pericolosi e dal loro smaltimento”, per valutare in che modo queste lacune siano
state effettivamente colmate.
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Capitolo primo
Evoluzione storica della normativa internazionale in
materia di movimento transfrontaliero di rifiuti pericolosi
1. I traffici internazionali di rifiuti e analisi dell’origine della
regolamentazione del loro movimento transfrontaliero
Il problema dei rifiuti ha acquistato una dimensione di rilevanza
internazionale solo in tempi relativamente recenti. Si è assistito, infatti, a partire dal
secolo scorso a una mutazione radicale delle abitudini di consumo e degli stili di
vita della popolazione, dovuta principalmente all’abbondanza di merci prodotte a
costi ridotti e a un crescente sviluppo economico. Inoltre, un tempo, i beni
venivano riparati quanto più possibile e, anche quando questa pratica risultava non
più possibile, si procedeva al recupero dei materiali che componevano la merce: i
rifiuti organici venivano riciclati e quello che rimaneva era biodegradabile. Di
conseguenza, nel momento in cui le nostre società hanno iniziato a produrre merci
utilizzando nuove tipologie di lavorazioni e di materie prime, soprattutto le
industrie chimiche e quelle che producono metalli, ci si è trovati di fronte alla
necessità di gestire una categoria di rifiuti contenenti elementi pericolosi e tossici
per la salute umana e per l’ambiente.
Tali rifiuti tossici altamente inquinanti, come ad esempio le sostanze che
derivano dalle lavorazioni di industrie chimiche o pesticidi provenienti
dall’agricoltura, creano dei rischi ambientali e per la salute dell’uomo che
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necessitano di una soluzione a livello internazionale. In primo luogo, il costante
rilascio nell’ambiente di sostanze potenzialmente tossiche potrebbe avere degli
effetti cumulativi e a lungo termine sulla salute umana e animale. Per molti
decenni, ad esempio, sono state trasportare persistentemente nella zona artica,
sostanze inquinanti provenienti dalle aree industriali di Europa, Asia e America
settentrionale. Degli studi hanno dimostrato come la vita marina e animale mostri,
in quell’area, una concentrazione di materie inquinanti molto più alta rispetto ad
altre zone del mondo
1
.
In secondo luogo il traffico internazionale di rifiuti pericolosi pone dei
potenziali rischi per l’ambiente marino e gli Stati di transito. Spesso, infatti, anche
nel recente passato, il trasporto dei rifiuti pericolosi avveniva senza che né lo Stato
che importava, né gli Stati di transito fossero a conoscenza della presenza nel loro
territorio di quelle sostanze inquinanti.
A livello mondiale viene generata una sempre maggiore quantità di rifiuti
contenenti sostanze pericolose, in particolare nei Paesi industrializzati. Se
analizziamo le statistiche in nostro possesso relative alla produzione di rifiuti
pericolosi notiamo come, dal punto di vista quantitativo, dagli inizi del XX secolo
c’è stato un proporzionale aumento della produzione dei rifiuti pericolosi. Per fare
un esempio nel 2009 sono stati generati, solo nell’area dell’Unione Europea, 98
milioni di tonnellate di rifiuti tossici
2
e, a livello mondiale, gli Stati Uniti e la
Russia rappresentano i loro maggiori produttori
3
.
1
Birnie – Boyle, International law and the environment, Oxford University Press, 2009, p.
443.
2
Fonte: European Commissione Eurostat, disponibile sul sito internet:
http://epp.eurostat.ec.europa.eu
3
La Russia ha da sola dichiarato una produzione di rifiuti pericolosi di 150 milioni di
tonnellate. Si veda CHALMIN, GAILLOCHET, Dalla scarsità all’infinito. Sintesi del Panorama
Mondiale dei rifiuti 2009, Parigi, pag. 27.