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Europea e presso le altrettanto numerose associazioni impegnate nelle attività di tutela dei
diritti umani a Bruxelles, ho avuto modo di avvicinarmi alla tematica, al punto di fare del
traffico di minori la mia tesi di laurea.
Attraverso, prima uno studio delle varie componenti giurisprudenziali, nazionali ed
internazionali, della vicenda e poi delle varie modalità in cui si espleta il fenomeno si è
tentato di dare una visione d’insieme del fenomeno. Il materiale a disposizione, al di fuori
dei circuiti specializzati è largamente incompleto ed insufficiente. I testi reperibili si
contano sulle dita di una mano. Senza il potentissimo strumento che è internet (che come
avremo modo di evincere nelle prossime pagine, qualora ce ne fosse di bisogno,
rappresenta una vera croce e delizia del mondo dello scambio informativo), il materiale
gentilmente messomi a disposizione dal Signor Parata per conto della Terre des Hommes e
quello egualmente prezioso recapitatomi dalla professoressa Ester Briguglio, da anni
studiosa del fenomeno; il mio lavoro di ricerca sarebbe risultato più difficile di quello che è
stato.
Affrontare una tematica del genere, comporta dei rischi proprio dovuti alla
frammentazione delle informazioni e dalla capacità di perdersi ora nell’analisi di una ora
nell’analisi di un‘altra, modalità di sfruttamento dei minori.
Dopo un’accurata analisi della definizione più appropriata, seguita al Protocollo di
Palermo: di traffico di minori, che come vedremo corrisponde al termine inglese child
trafficking e che nell’uso comune è adoperato nell’erronea traduzione di traffico (invece di
tratta). Ci occuperemo di affiancarlo ad un fenomeno ad esso simile, lo smuggling,
evincendone analogie e discrepanze.
Successivamente si passerà in rassegna la parte storica del fenomeno, incuriosendo
il lettore con un’attenta quanto shockante descrizione di come gli italiani si siano
tristemente resi protagonisti di child trafficking fino a poco tempo fa.
Si passerà quindi ad un’analisi più corposa, del traffico di minori oggi: spaziando
dalle motivazioni esterne ed interne alle vittime, attraverso un’analisi dei fattori che lo
stimolano e che provocano un suo costante aumento in tutto il mondo.
Siamo davanti ad un analisi multi-disciplinare, come si può ben vedere, dove
s’intersecano punti di vista, legali, economici, sociologici, storici e psicologici del
problema.
Prenderemo conto delle figure che agiscono all’interno del traffico con ruolo
marginale (favorendolo, direttamente o indirettamente) e da protagonisti (analisi delle varie
9
tipologie di trafficanti). Per poter meglio rendere l’idea di come avviene lo sfruttamento si è
pensato di argomentare le varie fasi attraverso uno schema semplice, formulato con
l’ausilio della Dottoressa Rosa Maria Parise, che trova le sue origini nel raffronto tra il
ciclo di un prodotto (dalla creazione al declino) e le varie fasi dello sfruttamento.
I minori trafficati verranno dunque ad essere protagonisti, di un ciclo che li vede
reclutati prima e attraverso ulteriori tappe sfruttati fino alle due uniche possibilità di uscita
o la morte o l’emancipazione, che come avremo modo di vedere, a sua volta richiede un
prezzo da pagare. La similitudine continua, poiché come un prodotto una volta finito il suo
ciclo può essere trasformato e modificato per poter avere una “vita” più duratura sul
mercato, anche il minore può essere ceduto o passato d’impiego a seconda di vari fattori,
quali l’età o le condizioni di salute.
Interessanti sono stati anche gli studi in merito al come ed al dove vengono sfruttati
i minori. Con un occhio particolare, dato ad internet ed al suo ruolo, nel contesto del
traffico finalizzato alle adozioni, al trapianto di organi e nello smercio di materiale pedo-
pornografico.
L’analisi delle fasi prosegue, con la descrizione delle rotte seguite dai trafficanti, le
modalità assoggettamento e iniziazione al lavoro, l’espletazione delle funzioni lavorative
(questa parte con un documento argomentante il ciclo del sub-appalto e una storia
emblematica di sfruttamento del lavoro minorile: la casa-laboratorio). In fine
L’emancipazione, ultima fase, possibile per pochi facile per nessuno.
Ivi si terrà conto delle difficoltà e delle insidie che bambini provenienti da un
passato nel child trafficking, possono incontrare (ricordiamo che sono molte, ogni anno, le
bambine che tornano a casa con un passato nella prostituzione uccise dai familiari per
punire il disonore che l’atto ha recato alla famiglia) una volta reinseriti, senza un’adeguata
preparazione nella società.
Ma prima d’iniziare, argomentiamo la deprecabilità del crimine contro i minori.
Il crimine contro un minore è dalla notte dei tempi considerato uno dei reati peggiori
perché compiuto, non solo contro un proprio simile, cosa di per sé deprecabile ma ancor
peggio contro uno degli individui meno capaci di reagire ed indifeso, il bambino.
Alle basi dell’educazione di tutti i popoli sta il rispetto di tale forma di vita da
salvaguardare e proteggere poiché costituisce il futuro di una stessa civiltà e in termini
darwinisti il fine principale del nostro essere al mondo.
Testimonianza di tali concetti sono le più primitive forme di trasmissione della
cultura di un popolo, i racconti mitologici fatti dagli anziani (perpetratori della cultura) dei
10
villaggi nelle notti in torno al fuoco ai più giovani elementi delle tribù ai quali in forma di
miti e leggende venivano raccontate storie ai fini educativi.
All’interno di tutte le saghe mitologiche del mondo occidentale e non (fatte le
dovute eccezioni) si trovano storie atte ad illustrare la necessità del rispetto dei più piccoli
e la loro importanza simbolica e primaria all’interno di una società, pena il castigo
dell’Entità Suprema.
Così nella Bibbia, come in tutti i libri sacri finalizzati all’illustrazione della retta via
etica da seguire, troviamo storie come quella di Isacco
1
: chiesto come offerta sacrificale
per provare la fede di suo padre, fu risparmiato da Dio stesso che fermò la mano armata di
Abramo prima che potesse colpirlo.
Sempre nella Bibbia, troviamo un altro esempio (tra i numerosi) di quanto siano
importanti i bambini all’interno della cultura di un popolo, il caso di riferimento riguarda le
piaghe d’Egitto
2
: Mosè incaricato da Dio doveva portare il popolo d’Israele fuori
dall’Egitto nella terra di Canaan, la terra promessa, ma il Faraone era contrario poiché
necessitava degli Ebrei come schiavi per costruire le sue città. Mosè annunciò al Faraone
molti castighi mandati da Dio stesso per indurlo a liberare il popolo eletto. I castighi, le
famose “piaghe d’Egitto”, puntualmente si verificarono: l’acqua di tutto l’Egitto fu
cambiata in sangue, il paese fu invaso dalle rane, dalle zanzare, dai mosconi, ci fu una
grande morìa nel bestiame, gli Egiziani furono colpiti da ulcere, i campi furono devastati
prima dalla grandine e poi dalle cavallette, e per tre giorni tutto il paese d’Egitto fu
immerso nel buio. Ad ogni castigo, il Faraone mandava a chiamare Mosè e gli prometteva
che avrebbe lasciato partire il popolo d’Israele; ma appena il castigo cessava, cambiava
idea. Allora il Signore annunciò la piaga più grave: la morte di ogni figlio primogenito
degli Egiziani, dal figlio del Faraone al figlio dell’ultimo servo.
Ma anche nella più antica mitologia greca esistono storie in merito a quanto siano
deprecabili gli atti contro i bambini tra esse quella d’Ifigenia: figlia di Clitennestra e di
Agamennone re di Argo e Micene, fu sacrificata da quest’ultimo a Diana per propiziare i
venti alla partenza della flotta greca verso Troia. L’indovino Calcante, infatti, aveva
suggerito al re di sacrificare alla dea ciò che di più bello fosse nato durante l’anno ovvero
Ifigenia che era senza alcun dubbio la creatura più bella: “pianse Efigenia il suo bel
1
La Sacra Bibbia, Antico Testamento, Genesi 21.
2
La Sacra Bibbia, Antico Testamento, Esodo 4 - 12.
11
volto”
3
, poiché proprio la sua bellezza la rese vittima del voto paterno. Poco prima che la
bimba fosse uccisa, tuttavia, Diana la sostituì con una cerva e la condusse in Tauride come
sua sacerdotessa.
Ma forse l’esempio più forte c’è dato da Tantalo
4
tristemente noto per il suo
supplizio. Il losco figuro, noto nella mitologia greca per varie efferatezze, guadagnò la
giusta punizione allorquando decise di fare a pezzi il proprio figlio ancora bambino Pelope.
Dopo averlo cucinato, lo imbandì sulla mensa degli dei per metterne alla prova
l’onniscienza: nessuno toccò il cibo. Per ordine di Zeus il corpo di Pelope fu ricomposto ed
il bambino resuscitato. La cosa fu giudicata da Zeus, che decretò per Tantalo un castigo
supremo per aver osato sfidare gli dei; per di più abusando di un innocente del quale lui
stesso era responsabile. Così, nel Tartaro, lo incontra Ulisse
5
: “Vidi Tantalo, che pene
gravose soffriva ritto dentro uno stagno: l’acqua lambiva il suo mento. Pareva sempre
assetato e non poteva attingere e bere: ogni volta che, bramoso di bere, quel vecchio si
curvava, l’acqua risucchiata spariva, la nera terra appariva ai suoi piedi. Un dèmone la
prosciugava. Alberi dall’alto fogliame gli spargevano frutti sul capo, peri e granati e meli
con splendidi frutti, fichi dolcissimi e piante rigogliose d’ulivo: ma appena il vecchio
tendeva le mani a sfiorarli, il vento glieli lanciava alle nuvole ombrose”.
Come è dunque possibile che un fenomeno tanto antico e tanto deprecato sia ancora
presente nella società?
Nelle pagine che seguono vedremo di dare risposta a questa e ad altre domande.
3
Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso V, 70.
4
Pausania, II 22,3 e Pindaro, Olimpiche, I 54-66
5
Omero, Odissea, XI 582-92.
12
1 IL “TRAFFICO DI ESSERI UMANI”:
DEFINIZIONI UFFICIALI E SFUMATURE LINGUISTICHE
Occorre premettere che fornire una definizione univoca del fenomeno è stata
impresa non facile. Ci troviamo innanzi ad un fenomeno di portata internazionale le cui
definizioni ufficiali sono il frutto non di riflessioni generiche ma, al contrario,degli
obiettivi regolativi propostisi dagli stessi soggetti giuridici. Inoltre, la definizione del
fenomeno ai fini di prevenzione e di repressione costituisce l’oggetto di dibattiti accesi,
tanto a livello nazionale - nei diversi paesi coinvolti - quanto a livello internazionale e in
seno alle istituzioni sopranazionali.
Vediamo dunque di comprendere il significato del concetto di traffico di esseri
umani. L’espressione “traffico internazionale degli esseri umani” indica, genericamente,
tutte le forme di attività criminose che si fondano sul trasferimento, apparentemente legale
o totalmente illegale, di persone da uno Stato all’altro. In tale locuzione sono ricomprese
due situazioni distinte.
Da un lato si trova il “traffico” (in Italia chiamato soprattutto “tratta”) finalizzato
allo sfruttamento delle persone che ne sono oggetto e che trova la sua definizione nella
formula inglese trafficking in human beings. Dall’altro lato si trova il favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina, identificato con l’espressione inglese Smuggling of
migrants (letteralmente “contrabbando di migranti”).
Tale distinzione di due species nel genus “tratta o traffico” si è imposta,
inizialmente, in relazione alla ripartizione dei compiti operativi nella prassi di organi
investigativi nazionali ed internazionali, oltreché per comodità descrittive. Tuttavia questa
distinzione successivamente è stata fatta propria da strumenti normativi internazionali e
nazionali. È necessario, però, sottolineare che a tutt’oggi è difficile individuare una
definizione internazionalmente accettata di trafficking e/o di smuggling. Infatti dato il
coinvolgimento di un numero elevato di organizzazioni ed agenzie nella analisi e nello
studio di tale fenomeno la confusione dilaga.
13
Un aiuto, seppur minimo, può essere visto nei testi delle convenzioni internazionali
firmate e ratificate tra il 1904 ed il 1933
6
. In esse infatti si trovano le definizioni di white
slave traffic, traffic in women and children, slavery e forced labour. Inoltre nel 1949 nella
convenzione delle Nazioni Unite per la soppressione del traffico di persone e lo
sfruttamento della prostituzione, si tentò di rivolgersi al problema in modo più concreto
considerandolo però in relazione allo sfruttamento della prostituzione. Data questa
situazione di confusione, molteplici sono gli studi che elencano ed analizzano soprattutto le
definizioni che sono state usate negli ultimi vent’anni da fonti ufficiali o organizzazioni
non governative.
A partire poi dagli anni ‘90, presa coscienza del dilagare sempre maggiore del
fenomeno, si è dato il via ad un dibattito molto intenso sulla precisa definizione non solo
dei concetti di tratta e di traffico, ma anche di criminalità organizzata, dato il
coinvolgimento dei gruppi criminali in tali attività illecite.
Bisogna precisare, però, che la problematica della definizione del termine
trafficking non si limita ad essere una pura questione semantica. Infatti senza una chiara
comprensione ed una precisa definizione di che cosa sia tale fenomeno non è possibile né
sviluppare una solida base giuridica per perseguire i “trafficanti” né approntare efficaci
strumenti empirici volti ad interrompere ed eliminare lo sviluppo di tale pratica.
Nell’intento di definire il traffico è stato scritto: “The wide and increasing concern
over trafficking migrants does not imply that a clear, simple and commonly accepted
definition of such activities in readily available”.
Tale affermazione mostra chiaramente la situazione che è prevalsa per molti anni.
Stati, europei e non, istituzioni statali, organizzazioni non governative e ricercatori hanno
differito nella loro percezione di che cosa il traffico riguardi e questo è stato visto come un
invalicabile ostacolo alla comprensione del problema, fondamentale per poterlo risolvere
7
.
6
1 Infra: International Agreement for the Suppression of the White Slave Traffic (Parigi, 1904);
International Convention for the Suppression of the White Slave Traffic (Parigi, 1910,
emendata dal Protocollo del 1947 firmato a Lake Success, New York); League of Nations:
International Convention for the Suppression of Traffic in Women and Children, protocollo
emendato nel 1910 dalla International Convention (1921, emendata dal Protocollo del 1947
firmato a Lake Success, New York); Slavery Convention (Ginevra, 1926).
2 Infra . - Convention for the Suppression of the Traffic in Persons and of the Exploitation of the Prostitution
of Others, aperta alla firma a New York, 21 marzo 1950.
3 Gosh, Huddled Masses and Uncertain Shores: Insights into Irregular Migration, in “Refugees
and Human Rights, L’Aja, 1999, vol.2.
7
Kelly e Regan , Stopping Traffic: An Exploratory Study of Trafficking in Women for Sexual Exploitation in
the UK, rapporto de la Police and Reducing Crime Unit, pubblicato dall’Università di Londra Nord, 2000.
14
Vi è stato anche chi
8
concordò sul fatto che la mancanza di una definizione legale unica del
crimine di traffico ha reso problematica l’analisi del fenomeno e di conseguenza lo
sviluppo e l’applicazione di una uniforme azione di prevenzione o repressione del crimine
stesso. Ad aumentare tale confusione si è aggiunto il fatto che le diverse istituzioni
competenti al riguardo hanno sempre usato una vasta scala di termini per indicare il
fenomeno: alien smuggling, trafficking of aliens, illegal immigrant smuggling, human
trafficking, trade of human beings, human commodity trafficking, human trade, trafficking
in human beings, trafficking in persons.
E va da sé che la differenza dei termini usati ha portato come conseguenza un
potenziale differente approccio al problema. A questo si deve aggiunge il dibattito
imperniato sulla problematica se il traffico possa essere considerato come una forma di
immigrazione clandestina e quindi se possa essere contrastato con gli stessi mezzi legali
che vengono utilizzati per contrastare quest’ultima.
Per esempio, il traffico è stato descritto
9
come una delle più gravi forme di
immigrazione clandestina dato che è in continua espansione e coinvolge altri reati quali il
traffico di armi e di droga, la prostituzione, lo sfruttamento dei minori e simili.
Generalmente il traffico è stato ed è considerato come una delle forme di immigrazione
clandestina
10
, sebbene non sempre possa identificarsi come tale: capita infatti che l’entrata
in un paese avvenga in modo regolare ma che poi, una volta nel paese lo status della
persona immigrata muti passando dalla legalità alla clandestinità.
Ma non è tutto: infatti vi è stato chi nel 1997
11
ha fatto un passo ulteriore definendo
il traffico degli immigrati come un business internazionale che comprende il commercio e
lo spostamento delle persone esattamente come se si trattasse di capitali; questo comporta
anche un coinvolgimento esteso di diverse persone, organizzazioni ed intermediari.
Recentemente, però, la connessione con il fenomeno dell’immigrazione, soprattutto
clandestina, è emersa in modo sempre più chiaro nei fora internazionali e regionali.
8
Meese, Van Impe e Vanheste , Multidisciplinary Research on the Phenomenon of Trafficking in Human
Beings from an International and National Perspective: A Pilot Study with Poland and Hungary, Università di
Ghent divisione ricerca su politica sulle droghe, politica criminale e crimine internazionale, Ghent, 1999.
9
Gosh, op. cit.
10
Aronowitz, Smuggling and Trafficking in Human beings: the phenomenon, the markets that drive it and the
organisations that promote it, in “European Journal on Criminal Policy and Research”, 2001, vol. 9, pagg.
163-195.
11
Salt e Stein, Migration as a Business: The Case of Trafficking, in “International Migration”, 1997,
Vol.34(4).
15
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), per esempio, ha ritenuto
che si possa parlare di traffico di esseri umani quando un migrante è stato illegalmente
reclutato, rapito o comprato, e/o spostato sia all’interno dei confini nazionali sia
all’esterno. Ma non solo: è necessario infatti che durante questo processo gli intermediari
(“i trafficanti”) ottengano un vantaggio economico o di altra natura attraverso l’uso della
forza, delle minacce o di ogni altra forma di sfruttamento tale da violare i diritti umani
fondamentali dei migranti
12
.
Il Budapest Group
13
, invece, ha una concezione differente di tale fenomeno. Infatti
mentre l’IOM ha unito in un unico concetto sia il fenomeno del trafficking sia quello dello
smuggling – considerando i due fenomeni così strettamente connessi da ritenere che una
distinzione possa essere utile solo da un punto di vista teorico – il Budapest Group li ha
differenziati:
“In accordance with the definitions of Europol and Interpol, the concepts of
trafficking and smuggling of persons are distinguished from each other”
14
.
In breve, secondo il Budapest Group, il traffico di persone ricomprende, oltre alla
agevolazione nell’attraversamento dei confini nazionali, anche una forma di sfruttamento:
il che porta ad un profitto doppio per i “trafficanti”. In questo caso sia l’attraversamento
dei confini sia la permanenza sul territorio sono illegali. Lo smuggling (letteralmente
contrabbando) di persone, invece, implica solo la facilitazione nell’attraversamento illegale
dei confini. Tale pratica deve essere considerata senza dubbio illegale. La particolarità in
tale concezione è che per il Budapest Group non esistono differenze tra l’azione di coloro
che favoriscono l’ingresso clandestino all’interno di un paese e coloro che vi entrano
clandestinamente: entrambi commettono un reato. In ogni caso entrambi tali fenomeni
sono gestiti da gruppi criminali, solitamente coinvolti in altre attività criminali, che
possono essere più o meno strutturati ed organizzati: si parte dai piccoli delinquenti locali
12
International Organisation for Migration, The role of legal systems in the combat against human trafficking,
Statement of the International Organisation for Migration (IOM) in “International Seminar on Trafficking
and Sexual Exploitation of Women”, Porto, 6-7 Dicembre 1999.
13
Costituito nel 1993 grazie ad un’iniziativa congiunta del Governo svizzero e del Governo austriaco.
Formula raccomandazioni finalizzate al rafforzamento della cooperazione tra i vari governi degli Stati
dell’Europa Centrale e dell’Est per armonizzare le diverse legislazioni contro il trafficking e lo smuggling. Vi
fanno parte 34 Stati tra i quali anche l’Italia.
14
Secretariat of the Budapest Group, The Relationship between organised crime and trafficking in aliens,
International Centre for Immigration Policy and Development (ICMPD), Vienna, giugno 1999.
16
fino ad arrivare ai grandi gruppi criminali transnazionali che vedono il coinvolgimento
delle “mafie” di tutto il mondo.
Tuttavia, nonostante la lacuna della precisa definizione e distinzione lessicale, non
è mancata la formalizzazione prescrittiva, che in un primo momento ha riguardato
solamente la specie smuggling, cioè il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per
evidenti connessioni con il controllo dei flussi migratori e, soprattutto, dell’immigrazione
clandestina: questa condotta criminosa è stata appositamente contemplata nella
Convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione dell’Accordo di Schengen
15
.
L’articolo 27 della Convenzione, infatti, obbliga le parti concorrenti “a stabilire
sanzioni appropriate nei confronti di chiunque aiuti o tenti di aiutare, a scopo di lucro, uno
straniero ad entrare o soggiornare nel territorio di una parte contraente in violazione della
legislazione di detta parte contraente relativa all’ingresso o al soggiorno degli stranieri”
(par.1). Tale obbligo nei confronti degli Stati contraenti degli Accordi di Shengen è stato
fondamentale per lo sviluppo nelle legislazioni nazionali della previsione di una specifica
fattispecie criminosa.
Le due species di trafficking e smuggling sono comparse entrambe ed insieme,
invece, nell’allegato di cui all’articolo 2 della Convenzione
16
che istituisce un Ufficio
europeo di polizia. Infatti, tra le forme di criminalità organizzata, viene compreso, per un
verso, il reato di “organizzazione clandestina di immigrazione”, cioè le azioni intese ad
agevolare deliberatamente, a scopo di lucro, l’ingresso ed il soggiorno o il lavoro nel
territorio degli stati membri dell’Unione europea, in violazione delle leggi e delle
condizioni applicabili agli stati membri; per altro verso, compare, come definizione
autonoma, la “tratta degli esseri umani”.
15
Nascimbene e Pastore (a cura di), Da Schengen a Maascstricht. Apertura delle frontiere, cooperazione
giudiziaria e di polizia, Milano, 1995; Bellucci, Schengen, l’avvio di un’Europa senza frontiere, Roma, 1995;
Hailbronner, European immigration and asylium law under the Amsterdam Treaty, in “Common Market Law
Review”, 1998 pagg. 1047 ss.; Quadri, Primi spunti per uno Statuto giuridico dell’immigrato
extracomunitario, in “Il diritto comunitario e degli scambi internazionali”, 1998, pagg. 395 ss.; Curti
Gialdino, Schengen e il terzo pilastro: il controllo giurisdizionale secondo il Trattato di Amsterdam, in
“Rivista di Diritto europeo”, 1998, pagg. 41 ss; Nascimbene, Lo spazio Schengen: libertà di circolazione e
controlli alle frontiere esterne, in “Studi in onore di F. Capotorti”, Milano, seconda edizione, 1999, pagg.
307 ss.
16
Firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995.
17
Quest’ultimo reato ricomprende
17
“il fatto di sottoporre una persona al potere reale
e illegale di altre persone ricorrendo a violenze o a minacce o abusando di un rapporto di
autorità o mediante manovre in particolare per dedicarsi allo sfruttamento e di violenza
sessuale nei confronti di minorenni o al commercio connesso con l’abbandono dei figli. In
tali forme di sfruttamento sono comprese le attività di produzione, vendita o distribuzione
di materiale pornografico”.
In questo contesto di incertezza lessicale e di conseguente dilagare dei fenomeni si
è posta l’esigenza di unificare i concetti e di cercare degli strumenti di soluzione
internazionalmente riconosciuti ed applicati. Per tale motivo l’Assemblea Generale della
Nazioni Unite
18
ha costituito il Ad Hoc Committe on the Elaboration of a Convention
against Transnational Organized Crime, per elaborare appunto il testo di una convenzione
contro il crimine organizzato correlata anche da due protocolli addizionali: uno sul
“traffico di migranti” – “Protocol against the Smuggling of Migrants by Land, Air and
Sea” – e l’altro sulla “tratta di persone” – “Protocol to Prevent, Suppress and Punish
Trafficking in Persons, Especially Women and Children”.
In ciascuno dei due protocolli è stato dedicato un articolo alla precisa definizione
del fenomeno trattato. L’articolo 2, lettera (a), del Protocollo per combattere il traffico di
migranti definisce l’espressione “traffico di migranti” come il procurare, al fine di ricavare,
direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l’ingresso o la
permanenza illegale di una persona in uno Stato parte di cui la persona non è cittadina o
residente permanente
19
.
L’espressione “tratta di persone”, invece, è considerata nell’articolo 3, lettera (a)
del Protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta delle persone, ed indica il
reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o accogliere persone tramite
l’impiego o la minaccia dell’impiego della forza o di altre forme di coercizione, di
rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di posizioni di vulnerabilità o tramite il dare o
ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha
l’autorità su un’altra a scopo di sfruttamento.
17
Ai sensi della decisione del Consiglio dell’Unione del 3 dicembre 1998 che integra la definizione di cui
all’allegato predetto.
18
Con la risoluzione 53/111 del 9 dicembre 1998.
19
Article 2. Definitions – For the purposes of this Protocol, the following definitions shall apply: (a)
“Smuggling of migrants” shall mean the procurement of the illegal entry into or illegal residence of a person
in a State Party of which the person is not a national or a permanent resident in order to obtain, directly or
indirectly, a financial or other material benefit; [...].
18
Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre
forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche
analoghe, l’asservimento o prelievo di organi
20
.
Grazie a questi Protocolli si ha quindi una definizione internazionalmente
riconosciuta dei due fenomeni. A questo punto però sorge un problema per quanto riguarda
l’uso della terminologia esatta nella lingua italiana: infatti l’italiano non è una delle lingue
ufficiali in cui è stata redatto il testo della Convenzione e dei Protocolli e non esiste
pertanto una traduzione ufficiale. Lo stesso problema si pone per tutte le lingue non
ufficiali.
Durante la prima sessione di lavoro del Comitato ad hoc le rappresentanze dei diversi Stati
hanno sollevato il problema chiedendo di creare un sistema standard di traduzione e
riferimento.
In questo contesto il Comitato ad hoc ha creato un glossario dei termini che devono essere
usati nelle lingue diverse dall’inglese. Per quanto riguarda l’italiano, il Comitato ha deciso
che si debba fare riferimento al testo della Convenzione in lingua francese e da questo se
necessario effettuare una traduzione, che però non ha valore di ufficialità. La scelta del
riferimento al francese è stata imposta dalla maggiore somiglianza che l’italiano ha con
questa lingua, anch’essa di origine latina, piuttosto che con la lingua inglese. In francese
quindi si parla di traffic, quando l’inglese si riferisce allo smuggling, e di traite, quando
l’inglese invece si riferisce al trafficking.
In italiano quindi bisogna utilizzare i termini traffico e tratta.
Il traffico deve essere inteso come l’insieme delle attività legate all’immigrazione
illegale. L’introduzione clandestina consiste soltanto nella fornitura di un servizio da parte
di un intermediario che, illegalmente, procura la possibilità al migrante di attraversare un
confine. Dopo di che si interrompe il legame con il migrante. La tratta, invece, riguarda
l’insieme delle attività legate allo sfruttamento non solo sessuale, delle donne e dei ragazzi,
ma anche degli uomini costretti a lavorare in condizione di schiavitù (magari per ripagare il
biglietto di viaggio ideazioneper arrivare nei paesi occidentali).
20
Article 3. Use of terms – For the purposes of this Protocol:
(a) “Trafficking in persons” shall mean the recruitment, transportation, transfer, harbouring or receipt of
persons, by means of the threat or use of force or other form of coercion, of abduction, of fraud, of deception,
of the abuse of power or of a position of vulnerability or of the giving or receiving of payments or benefits to
achieve the consent of a person having control over another person, for the purpose of exploitation.
Exploitation shall include, at a minimum, the exploitation of the prostitution of others or other forms of
sexual exploitation, forced labour or services, slavery or practices similar to slavery, servitude or the removal
of organs; [...].