5
Un aiuto, seppur minimo, può essere visto nei testi delle convenzioni
internazionali firmate e ratificate tra il 1904 ed il 19331. In esse infatti si
trovano le definizioni di white slave traffic, traffic in women and children,
slavery e forced labour. Inoltre nel 1949 nella convenzione delle Nazioni Unite2
per la soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione,
si tentò di rivolgersi al problema in modo più concreto considerandolo però in
relazione allo sfruttamento della prostituzione.
Data questa situazione di confusione, molteplici sono gli studi che elencano ed
analizzano soprattutto le definizioni che sono state usate negli ultimi vent’anni
da fonti ufficiali o organizzazioni non governative.
A partire poi dagli anni ’90, presa coscienza del dilagare sempre maggiore del
fenomeno, si è dato il via ad un dibattito molto intenso sulla precisa definizione
non solo dei concetti di tratta e di traffico, ma anche di criminalità organizzata,
dato il coinvolgimento dei gruppi criminali in tali attività illecite.
Bisogna precisare, però, che la problematica della definizione del termine
trafficking non si limita ad essere una pura questione semantica. Infatti senza
una chiara comprensione ed una precisa definizione di che cosa sia tale
fenomeno non è possibile né sviluppare una solida base giuridica per perseguire
1
Infra: International Agreement for the Suppression of the White Slave Traffic (Parigi, 1904);
International Convention for the Suppression of the White Slave Traffic (Parigi, 1910,
emendata dal Protocollo del 1947 firmato a Lake Success, New York); League of Nations:
International Convention for the Suppression of Traffic in Women and Children, protocollo
emendato nel 1910 dalla International Convention (1921, emendata dal Protocollo del 1947
firmato a Lake Success, New York); Slavery Convention (Ginevra, 1926).
2
Infra.
6
i “trafficanti” né approntare efficaci strumenti empirici volti ad interrompere ed
eliminare lo sviluppo di tale pratica.
Nell’intento di definire il traffico è stato scritto: “The wide and increasing
concern over trafficking migrants does not imply that a clear, simple and
commonly accepted definition of such activities in readily available” 3. T le
affermazione mostra chiaramente la situazione che è prevalsa per molti anni.
Stati, europei e non, istituzioni statali, organizzazioni non governative e
ricercatori hanno differito nella loro percezione di che cosa il traffico riguardi e
questo è stato visto come un invalicabile ostacolo alla comprensione del
problema, fondamentale per poterlo risolvere4. Vi è stato anche chi5 oncordò
sul fatto che la mancanza di una definizione legale unica del crimine di traffico
ha reso problematica l’analisi del fenomeno e di conseguenza lo sviluppo e
l’applicazione di una uniforme azione di prevenzione o repressione del crimine
stesso.
Ad aumentare tale confusione si è aggiunto il fatto che le diverse istituzioni
competenti al riguardo hanno sempre usato una vasta scala di termini per
indicare il fenomeno: alien smuggling, trafficking of aliens, illegal immigrant
smuggling, human trafficking, trade of human beings, human commodity
trafficking, human trade, trafficking in human beings, trafficking in persons. E
3
Gosh, Huddled Masses and Uncertain Shores: Insights into Irregular Migration, in “Refugees
and Human Rights, L’Aja, 1999, vol.2
4
Kelly e Regan , Stopping Traffic: An Exploratory Study of Trafficking in Women for Sexual
Exploitation in the UK, rapporto de la Police and Reducing Crime Unit, pubblicato
dall’Università di Londra Nord, 2000.
5
Meese, Van Impe e Vanheste , Multidisciplinary Research on the Phenomenon of Trafficking
in Human Beings from an International and National Perspective: A Pilot Study with Poland
and Hungary, Università di Ghent divisione ricerca su politica sulle droghe, politica criminale e
crimine internazionale, Ghent, 1999.
7
va da sé che la differenza dei termini usati ha portato come conseguenza un
potenziale differente approccio al problema.
A questo si deve aggiunge il dibattito imperniato sulla problematica se il
traffico possa essere considerato come una forma di immigrazione clandestina e
quindi se possa essere contrastato con gli stessi mezzi legali che vengono
utilizzati per contrastare quest’ultima.
Per esempio, il traffico è stato descritto6 come una delle più gravi forme di
immigrazione clandestina dato che è in continua espansione e coinvolge altri
reati quali iltraffico di armi e di droga, la prostituzione, lo sfruttamento dei
minori e simili.
Generalmente il traffico è stato ed è considerato come una delle forme di
immigrazione clandestina7, sebbene non sempre possa identificarsi come tale:
capita infatti che l’entrata in un paese avvenga in modo regolare ma che poi,
una volta nel paese lo status della persona immigrata muti passando dalla
legalità alla clandestinità. Ma non è tutto: infatti vi è stato chi nel 19978 ha fatto
un passo ulteriore definendo il traffico degli immigrati come un business
internazionale che comprende il commercio e lo spostamento delle persone
esattamente come se si trattasse di capitali; questo comporta anche un
coinvolgimento esteso di diverse persone, organizzazioni ed intermediari.
6
Gosh, op. cit.
7
Aronowitz, Smuggling and Trafficking in Human beings: the phenomenon, the markets that
drive it and the organisations that promote it, in “European Journal on Criminal Policy and
Research”, 2001, vol. 9, pagg. 163-195.
8
Salt e Stein, Migration as a Business: The Case of Trafficking, in “International Migration”,
1997, Vol.34(4).
8
Recentemente, però, la connessione con il fenomeno dell’immigrazione,
soprattutto clandestina, è emersa in modo sempre più chiaro nei fora
internazionali e regionali.
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), per esempio, ha
ritenuto che si possa parlare di traffico di esseri umani quando un migrante è
stato illegalmente reclutato, rapito o comprato, e/o spostato sia all’interno dei
confini nazionali sia all’esterno. Ma non solo: è necessario infatti che durante
questo processo gli intermediari (“i trafficanti”) ottengano un vantaggio
economico o di altra natura attraverso l’uso della forza, delle minacce o di ogni
altra forma di sfruttamento tale da violare i diritti umani fondamentali dei
migranti9
Il Budapest Group10, invece, ha una concezion differente di tale fenomeno.
Infatti mentre l’IOM ha unito in un unico concetto sia il fenomeno del
trafficking sia quello dello smuggling – considerando i due fenomeni così
strettamente connessi da ritenere che una distinzione possa essere utile solo da
un punto di vista teorico – il Budapest Group li ha differenziati: “In accordance
with the definitions of Europol and Interpol, the concepts of trafficking in and
smuggling of persons are distinguished from each other”11.
9
International Organisation for Migration, The role of legal systems in the combat against
human trafficking, Statement of the International Organisation for Migrati n (IOM) in
“International Seminar on Trafficking and Sexual Exploitation of Women”, Porto, 6-7
Dicembre 1999.
10
Costituito nel 1993 grazie ad un’iniziativa congiunta del Governo svizzero e del Governo
austriaco. Formula raccomandazioni finalizzate l rafforzamento della cooperazione tra i vari
governi degli Stati dell’Europa Centrale e dell’Est per armonizzare le diverse legislazioni contro
il trafficking e lo smuggling. Vi fanno parte 34 Stati tra i quali anche l’Italia.
9
In breve, secondo il Budapest Group, il traffico di persone ricomprende, oltre
alla agevolazione nell’attraversamento dei confini nazionali, anche una forma di
sfruttamento: il che porta ad un profitto doppio per i “trafficanti”. In questo
caso sia l’attraversamento dei confini sia la permanenza sul territorio sono
illegali. Lo smuggling (letteralmente contrabbando) di persone, invece, implica
solo la facilitazione nell’attraversamento illegale dei confini. Tale pratica deve
essere considerata senza dubbio illegale.
La particolarità in tale concezione è che per il Budapest Group non esistono
differenze tra l’azione di coloro che favoriscono l’ingresso clandestino
all’interno di un paese e coloro che vi entrano clandestinamente: entrambi
commettono un reato.
In ogni caso entrambi tali fenom ni sono gestiti da gruppi criminali, solitamente
coinvolti in altre attività criminali, che possono essere più o meno strutturati ed
organizzati: si parte dai piccoli delinquenti locali fino ad arrivare ai grandi
gruppi criminali transnazionali che vedono il coinvolgimento delle “mafie” di
tutto il mondo.
Tuttavia, nonostante la lacuna della precisa definizione e distinzione lessicale,
non è mancata la formalizzazione prescrittiva, che in un primo momento ha
riguardato solamente la specie smuggling, cioè il favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina.
Per evidenti connessioni con il controllo dei flussi migratori e, soprattutto,
dell’immigrazione clandestina: questa condotta criminosa è stata appositamente
11
Secretariat of the Budapest Group, The Relationship between organised crime and trafficking
in aliens, International Centre for Immigration Policy and Development (ICMPD), Vienna,
giugno 1999.
10
contemplata nella Convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione
dell’Accordo di Schengen12. L’articolo 27 della Convenzione, infatti, obbliga le
parti concorrenti “a stabilire sanzioni appropriate nei confronti di chiunque aiuti
o tenti di aiutare, a scopo di lucro, uno straniero ad entrare o soggiorn r nel
territorio di una parte contraente in violazione della legislazione di detta parte
contraente relativa all’ingresso o al soggiorno degli stranieri” (par.1). Tale
obbligo nei confronti degli Stati contraenti degli Accordi di Shengen è stato
fondamentale per lo sviluppo nelle legislazioni nazionali della previsione di una
specifica fattispecie criminosa.
Le due species di trafficking e smuggling sono comparse entrambe ed insieme,
invece, nell’allegato di cui all’articolo 2 della Convenzione13 che istituisce un
Ufficio europeo di polizia. Infatti, tra le forme di criminalità organizzata, viene
compreso, per un verso, il reato di “organizzazione clandestina di
immigrazione”, cioè le azioni intese ad agevolare deliberatamente, a scopo di
lucro, l’ingresso ed il soggiorno o il lavoro nel territorio degli stati membri
dell’Unione europea, in violazione delle leggi e delle condizioni applicabili agli
stati membri; per altro verso, compare, come definizione autonoma, la “tratta
degli esseri umani”. Quest’ultimo reato ricomprende14 “il fatto di sottoporre una
12
Nascimbene e Pastore (a cura di), Da Schengen a Maascstricht. Apertura delle frontier ,
cooperazione giudiziaria e di polizia, M lano, 1995; Bellucci, S hengen, l’avvio di un’Europa
senza frontiere, Roma, 1995; Hailbronner, European immigration and asylium law under the
Amsterdam Treaty, in “Common Market Law Review”, 1998 pagg. 1047 ss.; Quadri, Primi
spunti per uno Statuto giuridico dell’immigrato extracomunitario, in “Il diritt comunitario e
degli scambi internazionali”, 1998, pagg. 395 ss.; Curti Gialdino, Schenge e il terzo pilastro: il
controllo giurisdizionale secondo il Trattato di Amsterdam, in “Rivista di Diritto europeo”,
1998, pagg. 41 ss; Nascimbene, Lo spazio Schengen: libertà di circolazione e controlli alle
frontiere esterne, in “Studi in onore di F. Capotorti”, Milano, seconda edizione, 1999, pagg. 307
ss.
13
Firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995.
11
persona al potere reale e illegale di altre persone ricorrendo a violenze o a
minacce o abusando di un rapporto di autorità o mediante manovre in
particolare per dedicarsi allo sfruttamento e di violenza sessuale nei confronti di
minorenni o al commercio connesso con l’abbandono dei figli. In tali forme di
sfruttamento sono comprese le attività di produzione, vendita o distribuzione di
materiale pornografico”.
In questo contesto di incertezza lessicale e di conseguente dilagare dei
fenomeni si è posta l’esigenza di unificare i concetti e di cercare degli strumenti
di soluzione internazionalmente riconosciuti ed applicati.
Per tale motivo l’Assemblea Generale della Nazioni Unite15 ha costituito il Ad
Hoc Committe on the Elaboration of a Convention against Transnational
Organized Crime, per elaborare appunto il testo di una convenzione contro il
crimine organizzato correlata anche da due protocolli addizionali: uno sul
“traffico di migranti” – “Protocol against the Smuggling of Migrants by Land,
Air and Sea” – e l’altro sulla “tratta di persone” – “Protocol to Prevent,
Suppress and Punish Trafficking in Persons, Especially Women and Children”.
In ciascuno dei due protocolli è stato dedicato un articolo alla precisa
definizione del fenomeno trattato.
L’articolo 2, lettera (a), del Protocollo per combattere il traffico di migranti
definisce l’espressione “traffico di migranti” come il procurare, al fine di
ricavare, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanzirio o m teriale,
14
Ai sensi della decisione del Consiglio dell’Unione del 3 dicembre 1998 che integra la
definizione di cui all’allegato predetto.
15
Con la risoluzione 53/111 del 9 dicembre 1998.
12
l’ingresso o la permanenza illegale di una persona in uno Stato parte di cui la
persona non è cittadina o residente permanente16.
L’espressione “tratta di persone”, invece, è considerata nell’articolo 3, lettera
(a) del Protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta delle persone, ed
indica il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o accogliere
persone tramite l’impiego o la minaccia dell’impiego della forza o di altre
forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di
posizioni di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di denaro o
vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha l’autorità su un’altra a
scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo
sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il
lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe,
l’asservimento o prelievo di organi17.
Grazie a questi Protocolli si ha quindi una definizione internazionalmente
riconosciuta dei due fenomeni.
A questo punto però sorge un problema per quanto riguarda l’uso della
terminologia esatta nella lingua italiana: infatti l’italiano non è una delle lingue
16
Article 2. Definitions – For the purposes of this Protocol, the following definitions shall
apply: (a) “Smuggling of migrants” shall mean the procurement of the illegal entry into or
illegal residence of a person in a State Party of which the person is not a national or a
permanent resident in order to obtain, directly or indirectly, a financial or other material
benefit; [...]
17
Article 3. Use of terms – For the purposes of this Protocol:
(a) “Trafficking in persons” shall mean the recruitment, transportation, transfer, harbouring or
receipt of persons, by means of the threat or use of force or other form of coercion, of
abduction, of fraud, of deception, of the abuse of power or of a position of vulnerability or of
the giving or receiving of payments or benefits to achieve the consent of a person having
control over another person, for the purpose of exploitation. Exploitation shall include, at a
minimum, the exploitation of the prostitution of others or other forms of sexual exploitation,
forced labour or services, slavery or practices similar to slavery, servitude or the removal of
organs; [...]
13
ufficiali in cui è stata redatto il testo della Convenzione e dei Prtocolli non
esiste pertanto una traduzione ufficiale. Lo stesso problema si pone per tutte le
lingue non ufficiali. Durante la prima sessione di lavoro del Comitato ad hoc le
rappresentanze dei diversi Stati hanno sollevato il problema chiedendo di creare
un sistema standard di traduzione e riferimento. In questo contesto il Comitato
ad hoc ha creato un glossario dei termini che devono essere usati nelle lingue
diverse dall’inglese. Per quanto riguarda l’italiano, il Comitato ha deciso che si
debba fare iferimento al testo della Convenzione in lingua francese e da questo
se necessario effettuare una traduzione, che però non ha valore di ufficialità. La
scelta del riferimento al francese è stata imposta dalla maggiore somiglianza
che l’italiano ha con questa lingua, anch’essa di origine latina, piuttosto che con
la lingua inglese.
In francese quindi si parla di traff c, quando l’inglese si riferisce allo smuggling,
e di traite, quando l’inglese invece si riferisce al trafficking.
In italiano quindi bisogna utilizzare i termini traffico e tratta.
Il traffico deve essere inteso come l’insieme delle attività legate
all’immigrazione illegale. L’introduzione clandestina consiste soltanto nella
fornitura di un servizio da parte di un intermediario che, illegalment , procura
la possibilità al migrante di attraversare un confine. Dopo di che si interrompe il
legame con il migrante.
La tratta, invece, riguarda l’insieme delle attività legate allo sfruttamento non
solo sessuale, delle donne e dei ragazzi, ma anche degli uomini costretti a
lavorare in condizione di schiavitù (magari per ripagare il biglietto di viaggio
per arrivare nei paesi occidentali).
14
Tali termini però possono avere implicazioni e connotazioni diverse a seconda
degli interessi politici espressi delle istituzioni coinvolte nel problema; possono
includere aspetti legati al sesso del migrante, a questioni di forza lavoro, a
problemi di sicurezza, di polizia, di diritti umani, di migrazione.
I tre elementi, quindi, che definiscono il problema del traffico e dell tratta dei
migranti sono i seguenti:
- il coinvolgimento illecito del migrante, che può essere rapito, venduto o il
destinatario di false informazioni;
- la partecipazione di intermediari, che entrano in gioco per scopi di profitto;
- la presenza di una violazione dei diritti umani del migrante tramite azioni di
coercizione, di sfruttamento o comunque di privazione dei suoi diritti
fondamentali.
15
2. L'EVOLUZIONE STORICA DELLA DISCIPLINA
NORMATIVA IN MATERIA NELL'AMBITO DELLO
SVILUPPO DEI DIRITTI UMANI
Da sempre il traffico e la tratta degli esseri umani sono strettamente connessi
con la violazione dei diritti umani. Al punto che lo sviluppo di una struttura
normativa articolata a difesa dei diritti umani ha creato un forte impulso per
combattere queste gravi violazioni. Si è venuto, quindi, a costituire un
complesso normativo riguardante il raff cking, che però inizialmente
disciplinava solo la tratta delle donne ai fini dello sfruttamento sessuale.
Tuttavia a seguito della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo sono
stati redatti numerosi trattati concernenti i diritti umani, mirati soprattutto alla
tutela delle categorie degli individui più deboli. Nella maggior parte di questi
trattati sono state inserite delle disposizioni concernenti anche il trafficking, le
quali non si limitavano però a condannare tali pratiche ma addirittura
attribuivano alle vittime determinate facoltà divenute poi diritti.
L'evoluzione è stata tale per cui ormai nel concetto di trafficking si fanno
rientrare la maggior parte delle forme di moderna schiavitù.
Se però, ormai unanimemente, la tratta degli esseri umani è considerata una
forma moderna di schiavitù, non appare fuori luogo ripercorrere, le principali
tappe dell’evoluzione della disciplina internazionale, quale risulta dalle
manifestazioni di volontà della comunità degli Stati.
16
2.1 Le origini e i primi esempi di normativa.
Il termine tratta deriva dal verbo latino tractare che significa dare per ricevere,
commerciare con carattere di continuità, e che ha un’affinità etimologica con il
verbo trahere, trasportare. La tratta, pertanto, presuppone il trasporto, nel quale
si è spesso fatto risiedere il momento consumativo del reato: trasporto al fine di
commerciare18.
Le ipotesi di tratta che, storicamente, vengono considerate per prime hanno
come soggetti passivi gli schiavi. Il mondo antico ha conosciuto la schiavitù
come elemento connaturale ed ineliminabile della vita associativa al punto da
regolarla con disposizioni ad hoc19.
Gaio e Marciano20 affermano che l’istituto della schiavitù fa parte dello ius
naturale: si tratta, infatti di un’istituzione originaria, universale, razionale ed
equa. Ulpiano e Fiorentino considerano, invece, la schiavitù un elemento dello
ius gentium, dato che per lo ius naturale tutti gli uomini nascono liberi. Tuttavia
non riducono la validità di questo istituto, ma ne giustificano l’esistenza in
quanto è il risultato stesso dello ius gentium. In effetti i Romani, come
d’altronde anche i Greci, accettarono senza riserve l’ordinamento schiavistico.
Consideravano come un atto di grande misericordia l’asservimento da parte del
vincitore del perdente, che si vedeva in questo modo risparmiata la vita e che in
cambio doveva subire l’esercizio di ogni genere di diritto. L’individuo sconfitto
in battaglia diviene in questo modo servus.
18
Sola, La tratta degli schiavi, in “Critica penale- Rivista di dottrina, giurisprudenza e
criminologia”, diretta da Angelo De Mattia, Ponte Nuovo Editrice, Bologna, Anno XLVI,
Fascicolo I-II, Gen/Giu 1990.
19
Milani, La schiavitù nel pensiero politico, Giuffré, Milano, 1972.
17
Spesso, però, un medesimo padrone aveva un numero di servi suberante e
questo portò al fiorire di offerte di acquisto da parte di trafficanti per poterli
rivendere21. Si creò, di conseguenza, un commercio praticato da speculatori,
ammesso e riconosciuto finché la servitù venne generalmente considerata come
un istituto di diritto.
La tratta degli schiavi fiorì anche in epoca intermedia, quando non solo fu
permessa, ma anche favorita dagli Stati interessati. Mentre fino alla metà del
XII secolo la schiavitù venne sostenuta prevalentemente dalla prigionia di
guerra, a partire da quella data fu proprio la tratta ad alimentare il commercio di
esportazione ed importazione. Sul Mar Nero, i commercianti genovesi e
veneziani compravano schiavi di razze diverse che venivano inviati ai sultani
d’Egitto oppure in Spagna ed in Italia, dove alimentavano il tradizionale
fenomeno della schiavitù. A Genova e Venezia esistevano specifiche leggi che
regolavano il commercio e la proprietà degl schiavi, prevedendo particolari
disposizioni per la riconsegna dei fuggitivi.
Dopo la scoperta dell’America, sorse il problema della mano d’opera, scarsa in
tutti i Paesi coloniali dagli stabilimenti minerari spagnoli alle piantagioni
portoghesi, olandesi, francesi e inglesi, fino alle miniere d’oro sudafricane. Si
sviluppò quindi la tratta dei neri che caratterizzò l’azione dei paesi europei nelle
varie colonie22.
20
Dig., XLI, I, 57 e Dig., V, 5.
21
Brasiello, voce P rsonalità individuale (d litti contro), in Nov. Dig. It, vol, IV, pagg. 1092 ss.
22
Ghersi, La schiavitù e l’evoluzione della politica coloniale, Padova, 1935; Cicognani, La
questione della schiavitù coloniale, Firenze, 1935.
18
Nel XVI secolo la tratta fu monopolio del Governo Spagnolo, che l’aggiudicò a
privati e a società di commercio. In seguito fu gestita dai portoghesi e dalla
Compagnia francese della Guinea, infine dall’Inghilterra. Quest’ultima, però, fu
la prima a dubitare dell’utilità di questo commercio in quanto permetteva alle
colonie straniere di essere concorre ziali.
Le mutate esigenze di ordine economico e politico e il movimento di nuove
idee che si crearono sul finire del XVIII secolo condussero all’emanazione di
leggi repressive.
Le prime prese di coscienza, al riguardo, si ricollegano al movimento per
l’abolizione della schiavitù nato a seguito delle dichiarazioni dei diritti umani
che furono il risultato delle rivoluzioni americana23 fr cese24.
Le alternative da seguire erano due: abolire totalmente la schiavitù coloniale
oppure distruggere la tratta. Nel primo caso la tratta avrebbe cessato, per
inerzia, di esistere; nel secondo caso, la schiavitù sarebbe scomparsa
progressivamente venendole a mancare la fonte. La prima soluzione, più
radicale, urtava contro molti interessi di nazioni e di privati. Venne quindi
preferita la seconda, onde gli atti con cui la Danimarca (1792), gi Stati Uniti
(1794) e l’Inghilterra (1807) proibirono l’importazione di schiavi.
23
Dichiarazione d’indipendenza, Philadelphia, 4 Luglio 1776: [...]We hold these truths to be
self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by the Creator with certain
unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness. [...].
In seguito: Bill of Rights, XIII Amendement, ratificato il 6 dicembre 1865: Neither slavery nor
involuntary servitude, except as a puni hment for crime whereof the party shall have been duly
convicted, shall exist within the United States, or any place subject to their jurisdiction.
Consultabile sul sito internet de la National Archives and Records Administration:
www.nara.gov/exhall/charters/declaration/ddeclaration.html
24
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, Parigi, 26 agosto 1789 (consultabile sul
sito internet www.leberte.ch/histoire/ddhc/ddhc-texte.html
Article premier – Les hommes naissent et demeurent libres et égaux en droits. Les distinc ions
sociales ne peuvent être fondées que sur l’utilité commune.