VII
Introduzione
La parola calcio dovrebbe evocare termini come sport, gio-
co, palla, emozione, squadra, tifo, passione, divertimento,
spettacolo. Dovrebbe, appunto, perché invece vengono in
mente sostantivi quali: violenza, criminalità, mafia, corru-
zione, calcioscommesse. Eppure, queste visioni apparente-
mente opposte, legate alla parola calcio, sono parte inte-
grante di una realtà complessa.
Il gioco del calcio, nella sua forma più pura – ventidue at-
leti che si sfidano cercando di segnare un gol in più della
squadra avversaria – non racchiude in sé nessuno di questi
argomenti con accezione negativa. Da dove origina dunque
tutta questa negatività? Non sembra esserci una risposta
compiuta e definitiva. Semplicemente perché non può esse-
re rintracciata una data, o un evento, che abbia fatto di col-
po cambiare l’idea che si ha di questo sport. Tantissimi so-
no stati i fattori che hanno via via indotto a pensare negati-
vamente a tutto ciò che gira attorno al movimento. Il siste-
ma calcio racchiude diverse entità e componenti al suo in-
terno: vi è una governance (FIFA, UEFA, FIGC e le varie
Leghe), che rappresenta l’anima politica e imprenditoriale
(sembra quasi un ossimoro accostare insieme le due parole)
di questo mondo; ci sono le società, cha hanno alle loro di-
pendenze dirigenti, staff tecnici e calciatori; e poi i tifosi, la
componente più numerosa ed eterogenea. A queste tre ca-
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tegorie se ne aggiunge una quarta: il giornalismo, storica-
mente definito “quarto potere”.
Ebbene, ognuna di queste componenti ha contribuito atti-
vamente all’inquinamento dei valori positivi di questo
sport. Il giornalismo si è reso spesso protagonista
dell’esasperazione dei toni, utilizzando un linguaggio viru-
lento e avvalendosi di metafore belliche. Informazione
dunque colpevole spesso di strumentalizzazione dei fatti, di
racconti parziali e distorti, intrisi di false verità, finendo
inevitabilmente per incrinare i principi deontologici della
professione. La parte politica, a lungo andare, è stata sem-
pre più miope e incapace di restare al passo con
l’evoluzione dei tempi, sia per incompetenza sia per inte-
ressi personali: sono diversi nel mondo i casi di corruzione
dei vertici delle federazioni, di immobilismo di fronte alla
decadenza di certi valori. Ma non solo, essa ha finito per
prestare troppo spesso il fianco alla violenza che negli anni
ha offeso il calcio, dimostrandosi accondiscendente a di-
namiche che nel tempo si sono radicate al punto da render-
ne quasi impossibile l’estirpazione.
Su questa falsariga piena di ambiguità, hanno agito le so-
cietà di calcio che, per decenni, hanno fatto il doppio gioco,
schierandosi ora al fianco delle istituzioni e ora alimentan-
do il potere delle frange più violente del tifo. La stragrande
maggioranza dei tifosi è consapevole che questo è prima di
tutto uno sport, un gioco. Un gioco che è il più praticato al
mondo e che è veicolo di una miriade di emozioni, positive
e negative. Si urla a squarciagola perché si è segnato un
gol, si inveisce contro l’arbitro perché ha fischiato un fallo
dubbio, si piange perché la propria squadra ha perso; questa
è soltanto una parte delle emozioni che può suscitare il cal-
cio. Ma a volte si va oltre la semplice passione. Dunque,
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occorre distinguere un tifo “buono” (composto da persone
che seguono il calcio per amore e con passione) da uno
“cattivo” (quello che al suo interno registra la presenza di
un elevato tasso di delinquenza). Il primo tipo di tifo è
quello più semplice, disinteressato, fuori dalle manovre po-
litiche e dalle speculazioni economiche, che segue il calcio
come spettacolo per emozionarsi, per divertimento, per
svago. L’altro tipo rappresenta il rovescio marcio della me-
daglia. Una degenerazione del tifo, fatto di violenza, esa-
sperazione, guadagni illeciti, manovre oscure, teppismo e
tanto altro. Una categoria di tifosi, che in realtà tale non è.
Un folto gruppo di persone, spesso organizzate tra di loro,
in grado di insinuarsi nelle crepe del sistema e di ritagliarsi
un ruolo di primissimo piano.
Questo lavoro cercherà di mettere a fuoco il ruolo,
l’evoluzione e la degenerazione del tifo (o di una parte di
esso). Verranno affrontate le diverse tematiche che caratte-
rizzano questo fenomeno: partendo dalla sua nascita. Si
tenterà di spiegare la differenza tra tifoso, ultrà e delin-
quente comune, attraverso un’indagine psicologica con
l’obiettivo di delineare i diversi idealtipi.
Anche il giornalismo è un settore che ha influenzato il cal-
cio nel corso della sua evoluzione. La figura del giornali-
sta-tifoso, diviso tra etica della professione e amore per i
colori della squadra del cuore, sarà uno degli aspetti da ap-
profondire. Attivamente, quando parliamo delle azioni
compiute dai professionisti dell’informazione e passiva-
mente, quando agli stessi viene impedito di svolgere il pro-
prio mestiere, venendo allontanati dalle conferenze stampa,
dagli allenamenti o dagli stadi, o quando vengono contesta-
ti dalle frange violente degli ultras.
X
Tra le piaghe di questo sport non vi sono soltanto le parole
fuori luogo o le azioni violente, ci sono anche fenomeni più
silenziosi, più subdoli e per certi versi più inquietanti:
l’infiltrazione della criminalità e il calcioscommesse. A
partire dal lavoro delle Commissioni parlamentari
d’inchiesta, si scaverà a fondo in questi due fenomeni, che
negli anni hanno prodotto più danni di quanti ne abbiano
fatto i tifosi violenti. Le mani della malavita che, grazie alle
ingenti disponibilità economiche, hanno potuto insinuarsi
come un cancro nel nostro calcio: dalle acquisizioni di so-
cietà, soprattutto del “calcio minore”, al controllo diretto di
numerosi gruppi ultras delle curve. Non meno importante il
calcioscommesse che trova nella malavita organizzata uno
degli attori principali. Una piaga che forse più di tutte ha
causato delusione in tanti appassionati: quando non v’è la
certezza che ciò che si sta vedendo sia reale o combinato,
deciso ancor prima di iniziare, che senso ha assistere a una
farsa? Quando gli stessi atleti si piegano alla logica del ma-
laffare, come non pensare che tutto sia marcio? Ma una
speranza sussiste: c’è chi ha saputo reagire e anteporre al
denaro l’onestà e la sportività.
In tutto questo la politica, le società, le istituzioni, la giusti-
zia sportiva e quella ordinaria non sono soggetti passivi.
Quali scelte e quali azioni sono state messe in campo per
reagire alle degenerazioni? Quali leggi, quali provvedimen-
ti amministrativi? Spesso agli annunci segue il silenzio e
molti girano il capo dall’altra parte.
Per comprendere la complessità del mondo del calcio è ap-
parso utile e opportuno dare la parola ai protagonisti: tifosi,
giornalisti, uomini dello Stato, della politica, del calcio, ci
aiuteranno a capire il perché accadono certe cose, e le ra-
gioni di certe scelte.
1
“Il calcio è un gioco ma anche un
fenomeno sociale. Quando miliardi
di persone si preoccupano di un
gioco, esso cessa di essere solo un
gioco.” (Simon Kuper)
Capitolo 1: L’appartenenza, i colori, la fede
Il dizionario Treccani definisce il termine “tifoso” (dal
greco typhos, “fumo, fantasia, febbre con torpore”) come
colui che “coltiva una passione sportiva accesa ed entusia-
stica che si esprime in uno stato di eccitazione, con incita-
menti, fischi, applausi, ecc. e nel parteggiare per una squa-
dra o per un atleta durante una competizione”. Una passio-
ne “entusiastica e perfino aggressiva, per una team o un
personaggio”.
1.1. Il calcio: il gioco di tutti
Il calcio è di gran lunga lo sport più seguito al mondo.
Uno dei fattori che più ha contribuito al successo è la sua
semplicità. Dal punto di vista storico, se si escludono le an-
tiche varianti quali l’episciro o il Calcio fiorentino
1
, muove
1
Il primo era un gioco praticato nell’antica Grecia in cui due squadre si
sfidavano calciando una palla al di là di una linea. Il secondo, detto an-
che calcio in costume, deriva a sua volta dal gioco latino Harpastum ed
2
i suoi primi passi in Inghilterra attorno alla prima metà
dell’Ottocento, divenendo ben presto il passatempo preferi-
to non tanto delle classi più agiate, quanto della working
class. Prima del calcio, la pratica degli sport era riservata
quasi esclusivamente alla classe elitaria della società, sia
per motivi economici (l’acquisto di costose attrezzature o
l’affitto degli spazi), sia per il poco tempo che gli si poteva
dedicare (tra allenamenti e performance) e sia per eccesso
di regole alle quali si doveva obbedire nelle altre discipline.
Per il football, bastavano quattro sassi o bastoni per delimi-
tare le porte, uno spiazzo più o meno pianeggiante e sgom-
bro, e infine un pallone, fatto anche di stracci. Grazie al
calcio, gli operai potevano così liberare le tensioni delle pe-
santissime settimane lavorative correndo dietro a un pallo-
ne.
Il feeling con il ceto basso della popolazione ha da sempre
contraddistinto la storia di questa disciplina, dato che i gio-
catori e i loro primi supporters provenivano proprio da
quella fetta di popolazione. Erano gli stessi colleghi, amici
e parenti dei giocatori a cominciare a popolare i bordi dei
campetti, per poi successivamente spostarsi nelle tribune
dei primi stadi che di lì a poco iniziarono a sorgere nelle
città inglesi. Non circolavano neanche tanti soldi, agli atleti
infatti veniva riconosciuta occasionalmente una piccola
somma di denaro, che si aggiungeva al salario. Anche con
l’avvento del professionismo a tempo pieno, risalente al
1885, le paghe dei calciatori non si discostavano da quelle
di un normale salario da operaio qualificato. Non si diven-
tava di certo ricchi, ma grazie al calcio si potevano già
era giocato da due squadre che si sfidavano utilizzando una palla gonfia
d’aria.
3
guadagnare stima e popolarità ed essere considerati alla
stregua di un local hero (beniamino locale).
In Italia il calcio compie i primi passi nel 1887, quando un
giovane imprenditore proveniente dall’Inghilterra, ma di
origini svizzere, fonda il Torino Football & Cricket Club, a
tutti gli effetti la prima società di calcio sorta in Italia. Co-
mincia così l’avventura dello sport principe del nostro pae-
se, quello che più di ogni altro farà del tifo un fenomeno
sociale di massa
2
. Tuttavia, la sua diffusione non sarà im-
mediata come nell’Oltremanica. Ciononostante, il concetto
del calcio come “gioco di tutti” trova la sua massima
espressione. Le poche immagini fotografiche dei primi in-
contri mostrano un pubblico apparentemente interclassista:
gruppi eleganti si mescolano con tifosi di condizione socia-
le meno elevata, vestiti con l’abito della domenica. La pri-
ma partita di football si disputa il 6 gennaio 1898 sul cam-
po di Ponte Carrega, a Genova, tra il Genoa e il Football
Club Torinese; per la cronaca, vincitore con un punto mar-
cato del giovane Savane. Ad assistere alla partita furono in
154, di cui 84 paganti che sborsarono 1 lira a testa per assi-
stere all’incontro e un’ulteriore lira per l’eventuale noleg-
gio di una sedia numerata
3
.
Con la rapida proliferazione delle società, nelle varie città,
e l’avvento delle istituzioni federali, in tutto il mondo, dalla
fine del 1800 il calcio comincia la sua inarrestabile corsa
per diventare lo sport più seguito al mondo. Il numero di
tifosi cresce esponenzialmente: nell’aprile del 1901 ci furo-
no più di 110mila spettatori ad assistere alla finale di FA
2
Pieranni Flavio, Gridalo forte. Storia del tifo in Italia dalle origini ai
giorni nostri, Ivrea, Bradipolibri, 2014, p. 24.
3
Ibid.