2
consultazione da parte degli studi professionali degli Avvocati o degli Uffici del
Consiglio dell’Ordine
2
.
Il diritto nell’era della new-economy risulterà pertanto notevolmente
diverso da quello a cui siamo abituati: diverso sia nella sua concezione (le regole
dovranno infatti divenire necessariamente più chiare e precise di quelle attuali)
sia nella sua attuazione (si dovrà creare un sistema di risoluzione delle
controversie più veloce ed efficace).
In quest’ottica il telelavoro, inteso come il lavorare ed il cooperare a
distanza tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e della
telecomunicazione, rappresenta un nuovo modello organizzativo che produce
ampi riflessi in vari ambiti: in campo sociale impone una ridefinizione dei ruoli e
dell'impostazione della vita collettiva; nelle aziende provoca profondi
stravolgimenti organizzativi; ai singoli consente un’autonomia ed
un’indipendenza nel lavoro fino a poco tempo fa impensabili; nel campo
tecnologico stimola la ricerca nei settori funzionali alla sua diffusione; in ambito
giuridico mette in discussione categorie ormai consolidate e rende problematica
l'applicabilità di tutele prima acquisite da ogni genere di lavoratore; in campo
psicologico ed organizzativo rivoluziona le concezioni classiche di lavoro nelle
aziende.
Orbene, in questa fitta rete di innovazioni tecnologiche e di cambiamenti
radicali che prepotentemente s’innestano nella nostra vita, la Pubblica
Amministrazione dovrà risultare preparata a svolgere un impegnativo compito
2
http://www.digiesse.it/tar (consultabile previo rilascio di una password).
3
informativo, assistenziale e collaborativo attraverso un grado di efficienza e
celerità di cui spesso, in passato, è risultata priva.
D’altronde, l’attività della P.A. manifesta un alto indice di
“telelavorabilità”, essendo in gran parte caratterizzata dalla gestione di
informazioni e da elaborazioni intellettuali.
3
Come meglio vedremo in seguito,
l’intensa attività del legislatore riferita al telelavoro nel pubblico impiego, ha
fatto sì che questo si ponesse come trainante per lo sviluppo dell’intero fenomeno:
gli enti pubblici assumono pertanto un ruolo particolarmente attivo e partecipe
nell’incremento di questa nuova forma di lavoro in Italia.
L’obiettivo del presente lavoro, pertanto, è quello di delineare i vari aspetti
del telelavoro nella Pubblica Amministrazione, anche con riferimento ad una sua
prospettiva evolutiva.
Per meglio comprenderne gli aspetti peculiari, si è deciso di suddividere la
trattazione in due parti. Nella prima, se ne illustreranno le caratteristiche
principali nonché i benefici e gli svantaggi che esso comporta sia per l’Ente che
per i lavoratori, in relazione alle sue diverse applicazioni, e si proseguirà con la
descrizione di alcune sperimentazioni di telelavoro già avviate nelle Pubbliche
Amministrazioni, al fine di verificarne l’adattabilità ed il potenziale apporto in
termini di efficienza nell’ambito del settore pubblico.
Nella seconda parte – alla cui premessa si rimanda – verranno invece
affrontati i profili normativi, così come risultati dagli interventi legislativi e delle
parti sociali.
3
Così Trizzino - Direttore Generale dell’Inps- alla Conferenza su “Telelavoro: esperienze e
prospettive”, Fidenza, 13 Luglio 2001.
4
PARTE I
IL FENOMENO TELELAVORO
5
CAPITOLO I
IL TELELAVORO IN GENERALE E NELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
1. Telelavoro: origine e aspetti sociologici
Per oltre diecimila anni l’agricoltura e l’artigianato hanno occupato una
posizione centrale nel sistema economico-sociale su scala mondiale. L’avvento
della rivoluzione industriale ha messo in crisi tale assetto, incidendo radicalmente
sui molteplici aspetti della vita umana: è stata infatti la presenza delle macchine a
richiedere l’aggregazione del lavoro sotto il segno della fabbrica, spezzando il
vincolo delle corporazioni di mestiere ed aprendo le porte del lavoro organizzato a
coloro che non possedevano specifiche qualificazioni professionali.
L’organizzazione del lavoro così com’è stata concepita sino ai nostri giorni,
trovò comunque le sue origini circa un secolo fa, grazie, innanzitutto,
all’ingegnere americano F. W. Taylor (1856 – 1915): l’idea fondamentale sulla
quale si basò fu quella di realizzare un incremento della produttività degli operai
razionalizzando i metodi di lavoro, scomponendo le varie mansioni in operazioni
semplici e di dettaglio (therbligs) ed assegnando le stesse ad operatori diversi, così
da determinare una maggiore specializzazione ed una diminuzione dei tempi e dei
costi di addestramento.
6
Successivamente, un altro ingegnere americano, H. Ford Senior (1862 –
1947), sviluppò tali teorie concentrando la propria attenzione sui ritmi operativi e
sul collegamento integrato delle operazioni con riferimento principalmente
all’assemblaggio: frazionò ulteriormente le mansioni lavorative e rese mobili sia il
piano di lavoro sia i pezzi da assemblare, secondo la logica dell’ormai nota catena
di montaggio, caratterizzata da una produzione di massa standardizzata, dalla
rigidità degli orari, dalla concentrazione dei lavoratori all’interno dell’unità
produttiva (officine ed uffici), dalla coincidenza tra tempo e luogo della
prestazione lavorativa.
L’avvento dell’informatica, a partire dagli anni ’50, ha portato al graduale
superamento dell’epoca fordista, determinando la realizzazione di processi
automatizzati secondo criteri di specializzazione flessibile, l’adozione di strutture
agili, funzionali ed autoadattive ai cambiamenti delle condizioni ambientali, la
nascita di nuove forme occupazionali e lo sviluppo di centri nodali alternativi
collegati fra loro da reti virtuali in relazione biunivoca.
Accanto allo sviluppo scientifico-tecnologico, le innovazioni organizzative,
l’alfabetizzazione di massa, lo sviluppo delle comunicazioni hanno determinato
l’allungamento della vita media, la centralità del sapere rispetto al produrre, la
prevalenza di beni immateriali rispetto alla produzione di beni materiali costruiti
in serie.
L’assetto sociale che ne è scaturito possiede delle caratteristiche inedite
nella storia dell’umanità e legittima l’ipotesi di un passaggio epocale dalla società
industriale ad una società post-industriale, caratterizzata da strutture e culture
contrapposte a quelle precedenti.
7
Una società in cui il lavoro tende a destrutturarsi sia per quanto riguarda la
dimensione tempo sia per ciò che è inerente alla dimensione spazio: il caos urbano
rende i cittadini sempre più insofferenti della vita metropolitana e degli
spostamenti quotidiani; l’inquinamento cittadino pone problematiche di notevole
importanza agli amministratori locali e non; la sincronizzazione del lavoro, la
concentrazione tra tempo e luogo della prestazione a cui sono costretti ogni giorno
milioni di lavoratori non corrisponde più né ad una necessità reale della
produzione né ad un bisogno effettivo dei singoli e, nello stesso tempo, si
contrappone alle esigenze della nuova economia.
Sempre più chiara si pone così l’inutilità di un lavoro svolto nel grande
ufficio centralizzato e si diffonde l’aspirazione verso una gestione autonoma,
flessibile, soggettiva e decentrata del proprio lavoro; si prende coscienza delle
opportunità offerte dal progresso tecnologico capace di offrire un accesso
immediato a qualsiasi informazione e di annullare i vincoli spazio-temporali; ci si
rende conto dell’assorbimento del lavoro ripetitivo ed esecutivo (fisico o
intellettuale) da parte delle macchine e della necessità che esso debba essere
sostituito da una prestazione intellettuale di tipo creativo, per il quale –
fortunatamente – permane il monopolio dell’uomo. In proposito, il primo capitolo
della “Bozza dei Principi e linee guida sul telelavoro” redatta in sede di Consiglio
Europeo nel 1997 sotto il titolo “Una sfida rivoluzionaria per i responsabili delle
decisioni”, recita testualmente: “In tutto il mondo, le tecnologie dell’informazione
stanno generando una nuova rivoluzione industriale che si annuncia fin d’ora non
meno importante e portatrice di conseguenze di quelle dei secoli passati.
8
E’ una rivoluzione basata sull’informazione, essa stessa espressione della
conoscenza umana: il progresso tecnologico ci consente oggi di elaborare,
memorizzare, reperire e comunicare l’informazione indipendentemente dal suo
formato – orale, scritto, visivo – senza limiti di distanza, tempo e volume. E’ una
rivoluzione che consente all’intelligenza umana di acquisire nuove capacità; si
tratta di una risorsa che cambia il nostro modo di lavorare e di vivere insieme”.
Si pongono perciò in evidenza l’aspetto tecnologico (telematica), quello
organizzativo (lavoro a distanza e ristrutturalizzazione dell’azienda) e quello
culturale (accettazione delle tendenze tipiche dell’era post-industriale, nella quale
le risorse-chiave non sono più i beni materiali e l’energia ma le informazioni, le
conoscenze scientifiche e la cultura).
Sulla base di queste considerazioni e all’interno di un contesto in continua
evoluzione, nasce e si sviluppa il concetto di telelavoro: ne possiamo ritrovare le
origini a partire dagli anni ’70, quando, negli Stati Uniti
4
, venne visto come una
delle possibili risposte alla crisi petrolifera: si immaginò che l'impiego delle
tecnologie informatiche e telematiche, allora agli albori, avrebbe potuto
contribuire a decentrare le attività lavorative presso le residenze degli impiegati
(telelavoro da casa) o nelle immediate vicinanze (telelavoro in telecentro).
Per quanto riguarda, in particolare, la pubblica amministrazione, la prima
che adottò il telelavoro fu quella americana. Nel 1988 iniziò nello stato della
California un progetto di telelavoro, spinto soprattutto da motivazioni di ordine
ambientale.
4
I primi esperimenti si sono avuti nel 1973 e furono affidati a Jack Nilles, progettatore di veicoli
spaziali per la NASA, che mise a frutto la sua esperienza adattandola al mondo reale, con l’idea di
sostituire le telecomunicazioni ai trasporti e quindi di limitare il pendolarismo; “Guida al lavoro”
nr. 04 del 14/10/97.
9
All’inizio, i dipendenti coinvolti nella sperimentazione erano in numero di
circa 150, provenienti dall’area di San Francisco e Sacramento, poi si aggiunsero
alcuni dipendenti del dipartimento di giustizia che vivevano nella zona di Los
Angeles.
In seguito al successo del progetto anche lo Stato dell’Arizona, del
Minnesota, dell’Oregon, della Florida, del Colorado e della Virginia avviarono
sperimentazioni analoghe
5
.
In Italia lo sviluppo del telelavoro, seguendo un iter assai originale rispetto
agli altri Paesi dell’Unione Europea, ha avuto notevole incentivo proprio dagli
enti pubblici, il cui ruolo attivo e partecipe ha determinato una sorta di formula
del “telelavoro all’italiana”.
5
Da: TELELAVORO & PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, www.univr.it/ius/teletesi/pa.htm
10
2. Il concetto
Una, cento, mille definizioni di telelavoro esistono in letteratura tanto da
fare dire ad uno dei massimi esperti in materia che “esistono più definizioni di
telelavoro che telelavoratori”
6
. Ciascun fautore di definizioni descrive il telelavoro
utilizzando i termini che gli sembrano più appropriati per metterne in risalto le
caratteristiche che lo distinguono da qualsiasi altra attività lavorativa.
Tra le definizioni più autorevoli, si pone innanzitutto in evidenza quella
fornita dall’Ufficio internazionale del lavoro secondo cui “il telelavoro è una
forma di lavoro che è effettuata in un luogo distante dall’ufficio centrale o dal
centro di produzione e che implica l’adozione di una nuova tecnologia che
permette la separazione e facilita la comunicazione”
7
.
Per Jack Nilles, inventore dei termini telework (telelavoro) e telecommuting
(telependolarismo) , telelavoro è “ogni forma di sostituzione degli spostamenti di
lavoro con tecnologie dell’informazione”.
Lo Statuto Europeo del telelavoro
8
poi definisce il telelavoro come “un
modo di lavorare usando le tecnologie di informazione e comunicazione in cui il
lavoro è eseguito indipendentemente dall’ubicazione, in particolare da un posto
diverso dal tradizionale posto di lavoro”
9
.
Nel Disegno di legge De Luca
10
del 1999, col quale vi fu un tentativo di
adottare un testo unificato per disciplinare il telelavoro nei rapporti privati, la
figura in questione viene identificata con “il lavoro prestato in forma subordinata,
6
Intervento di Di Nicola alla conferenza “New ways of working in a changing society”, Milano 2
dicembre 1999.
7
L. Gaeta, P. Manacorda, Telelavoro, l'ufficio a distanza, Roma, Ediesse, 1995, pp. 10-11.
8
European Charter for telework, progetto Diplomat, maggio 1997.
9
Cfr. S.Scaiola, il telelavoro:istruzioni per l’uso,Roma, Edizioni Lavoro, 1998, pagg. 17-18.
10
Atti del Senato n° 2305.
11
parasubordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, mediante l’impiego non
occasionale di strumenti telematici, da luogo diverso e distante rispetto alla
residenza, sede, unità produttiva del datore di lavoro o del committente e,
comunque, rispetto al luogo nel quale viene utilizzato dall’altro contraente.”
Gino Giugni, che in varie opere si è occupato del telelavoro, lo definisce
come “prestazione di chi lavori con un videoterminale topograficamente al di
fuori delle imprese cui la prestazione inerisce”; nello stesso senso V. Frosini che
lo intende come “una prestazione flessibile di lavoro personalizzato nei servizi
telematici”
11
.
Da un punto di vista generale dunque, con il termine telelavoro si indica il
lavoro svolto lontano dall’azienda da cui si dipende o con cui si collabora, oppure
da altri luoghi in cui tradizionalmente si presta l’attività lavorativa, ma nel
contempo organizzativamente, gerarchicamente, funzionalmente e strutturalmente
collegata col centro direttivo di riferimento.
Tra gli elementi caratteristici del telelavoro dunque sembra essere necessaria
la combinazione tra due tecnologie (ICT, dall’inglese Information and
Communications technologies): tecnologie della comunicazione per la
trasmissione delle richieste operative e dei risultati dell’attività svolta, dato che il
telelavoro si svolge in un luogo diverso rispetto a quello che rappresenta la sede
principale dell’impresa o dell’amministrazione; tecnologie dell’informazione,
perché la comunicazione oggi di per sé non basta. Quando la comunicazione si
combina con l’utilizzazione di sistemi informatici, quando cioè il lavoro si
inserisce in una rete, allora siamo di fronte al fenomeno del telelavoro
12
.
11
Per altre definizioni vedasi il sito: http://www.mclink.it/telelavoro/tw31.htm
12
Così M. D’Antona, Verona 1998, in Il telelavoro nelle pubbliche amministrazioni, ed. Il Sole 24
Ore.
12
Come meglio vedremo in seguito, le forme applicative del fenomeno de qua
sono molto diverse tra loro; è comunque possibile individuarne i tratti comuni (sui
quali peraltro la dottrina sembra concordare):
ξ Uso prevalente di sistemi telematici e di tecnologie informatiche nello
svolgimento della prestazione lavorativa: nella società
dell’informazione in cui ormai si vive, in una realtà dunque in cui
l’informazione e la conoscenza sono risorse centrali
dell’organizzazione vista come “sistema di intelligenza distribuita”, lo
sviluppo delle tecnologie è tale che l’interconnessione attraverso le
ICT è un fattore imprescindibile ed è un presupposto chiave per
comprendere l’innovazione di questo nuovo modo di lavorare. E’
evidente come, nell’ottica di utilizzo del telelavoro come innovazione
organizzativa, l’uso delle tecnologie deve consentire comunque la
connessione e l’interazione di parti distanti e l’accumulazione di
conoscenze. Sembra ragionevole, quindi, considerare la presenza delle
ICT come condizione base per riferirsi al telelavoro; ciò che permette
altresì di escludere casi come quelli degli addetti al telemarketing o di
tutte le attività che utilizzano esclusivamente lo strumento telefonico.
ξ La delocalizzazione delle attività aziendali eventualmente in funzione
delle preferenze del lavoratore: è la condizione storicamente legata
all’idea di telelavoro. Come vedremo meglio successivamente, in
funzione del tipo di decentramento sono state individuate diverse forme
di telelavoro che dimostrano la varietà del fenomeno (ad esempio il
13
lavoro mobile, il telecentro, l’home working, ecc…). Possiamo in tal
senso premettere che è necessario distinguere il telelavoro stanziale,
svolto cioè presso l’abitazione del telelavoratore o in un telecentro, dal
telelavoro mobile. Nel primo caso, infatti, si considerano come
telelavoro tutti i casi di decentramento delle attività che vengono posti
in essere in funzione delle specifiche preferenze dei prestatori d'opera.
Questa scelta consente di inserire delle configurazioni intermedie che
corrispondono allo svolgimento delle prestazioni lavorative presso
centri aziendali periferici, senza tuttavia rischiare di confondere il
telelavoro con la più ampia problematica della delocalizzazione delle
unità organizzative
13
. In questo caso, dunque, è necessario considerare
la preferenza del telelavoratore che sulla base delle proprie esigenze
personali di eliminazione (home working o più semplicemente
telelavoro domiciliare) o riduzione degli spostamenti (telecentri),
sceglie di lavorare lontano dalla sede tradizionale. Queste
considerazioni sono coerenti con una prospettiva organizzativa che ha
come obiettivo il conseguimento dell'efficienza e, nello stesso tempo,
della soddisfazione dei dipendenti. Nel caso del telelavoro mobile
invece, le tecnologie consentono un avvicinamento piuttosto che un
allontanamento di unità, creando un legame tra l'organizzazione e
l'individuo che svolge un'attività per sua natura dispersa. Il telelavoro
13
Nonostante alcuni esperti ricadano in questo errore (ad esempio, Trizzino nel suo intervento alla
Conferenza su “Telelavoro: esperienze e prospettive”, Fidenza, 13 Luglio 2001 riteneva di poter
qualificare come telelavoro l’apporto produttivo – in particolare la fabbricazione di suole di scarpe
– effettuato da una sede dell’Adidas a favore della casa madre), ritengo che in questo modo si
rischierebbe di far rientrare nella fattispecie in questione anche figure che non hanno nulla a che
vedere con il telelavoro (ad esempio, l’agente di pubblica sicurezza che comunica alla sede
operativa un crimine).
14
mobile permette l’esplorazione di nuove possibilità di integrazione tra
unità divise, oltre a facilitare l'esecuzione dei compiti.
ξ Incidenza sull’attività lavorativa: la tecnologia deve essere utilizzata
come mezzo per modificare il sistema tradizionale di lavorare visto
che, come ho già accennato, il telelavoro è diverso dalla semplice
delocalizzazione delle attività economiche tramite l'utilizzo di
tecnologie telematiche. In particolare, la possibilità di telelavorare deve
essere riferita ai compiti precipui della mansione e non solo allo
svolgimento delle attività accessorie. Questa scelta porta ad escludere
una serie di situazioni come le interviste telefoniche, la gestione dal
proprio domicilio della posta elettronica o la semplice comunicazione
di dati e informazioni alla sede tramite computer portatile e modem. In
tutti questi casi, infatti, il contenuto di base delle mansioni svolte
rimane sostanzialmente immutato. Si avrà dunque telelavoro solo se ed
in quanto si generi una modificazione organizzativa dell'operatività del
ruolo: ad esempio, una redistribuzione dell'attività tra capo ufficio e
impiegato, una diversa suddivisione del tempo del lavoro, una
maggiore autonomia, forme differenti di controllo, una modificazione
delle tradizionali modalità di interazione con clienti, colleghi,
superiori. La tecnologia, quindi, deve consentire una modifica della
struttura organizzativa dell’impresa e non deve essere una pura e
semplice comodità che si limiti a migliorare l’esecuzione del proprio
lavoro.
15
3. Tipologie di telelavoro
Il telelavoro si pone dunque come una metodologia per la gestione flessibile
ed ottimale delle risorse umane con l’ausilio dei più moderni strumenti telematici;
esso presenta molteplici possibilità di applicazione come:
a) Il lavoro da casa o domiciliare (home based; soho): in questa forma
applicativa il prestatore di lavoro opera presso il proprio domicilio. Ad
essa viene fatto solitamente ricorso quando sono presenti mansioni di
tipo ripetitivo svolte sotto forma di attività dipendente (home based)
oppure in autonomia (soho). Un esempio del primo caso è
l’immissione in massa di informazioni contenute su un documento
cartaceo in una banca dati elettronica. Nelle Pubbliche
Amministrazioni si è rivelato utile per quei dipendenti che dovevano
recuperare vecchie delibere o fare la scansione di documenti da avere
sempre “in linea”. Esempi del secondo caso sono la realizzazione di
programmi per computer oppure lavori di ricerca che richiedano la
connessione all’ufficio per l’accesso a banche dati o ad altre
informazioni. Per gli enti pubblici si è visto che il telelavoro
domiciliare è utilizzabile quando l’obiettivo del lavoro è ben definito e
soprattutto verificabile a posteriori; presenta inoltre evidenti vantaggi a
persone con handicap fisici e alle donne in gravidanza. Richiede
capacità di autogestione e di mantenimento di rapporti interpersonali in
forma scritta. Nelle esperienze già realizzate il dipendente effettua
alcune giornate di lavoro a casa – due o tre a settimana – mentre nelle