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iniziando con un teatro divino che consiste in due feste: la prima (5 Marzo)
è una processione maestosa e la seconda (dall’1 al 14 Novembre), quella
che più ci interessa, è una rappresentazione liturgica nella quale si incarna
il mito della morte di Osiride.
Si riconduce così la nascita del Teatro Greco ai I Misteri di Eleusi di
origine egiziana, in seguito assimilati ai riti dedicati al dio Dionisio,
iniziando con il mettere in scena la vita e le gesta del dio stesso, il cui culto
è un’impetuosa danza di satiri ebbri unita al canto corale che, durante le
cerimonie opera da solo fino al VI secolo a.c., per poi accompagnare cori e
danze figurate, ritraenti gli eroi e le loro gesta.
Questo tipo di raffigurazioni le ritroviamo nei Giochi Panellenici
dedicati a Zeus, Atena e Pelope che si svolgono ad Olimpia, presso gli
Agoni dove la danza cede il posto gradualmente alla parola e le emozioni, i
sentimenti sono espressi dal Coro inteso come espressione di uno stato
d’animo collettivo.
Il Teatro Greco segna la genesi storica del Teatro tout-court nel IV sec
a.c., una nascita segnata dalla connessione della tragedia con il canto lirico-
corale chiamato ditirambo, accompagnato dalla danza, quindi una sorta di
“spettacolo” che diventa sempre di più intrattenimento, perdendo
gradualmente la sua connotazione religiosa.
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Punto di partenza del teatro greco erano le feste sacre in onore di
Dionisio, dove un canto corale accompagnava la processione insieme a
danze figurate, con una forma embrionale di azione drammatica.
Gli agoni teatrali ateniesi si svolgevano durante le Lenee, nel mese di
marzo - aprile, le Grandi Dionisie, nel mese di dicembre - gennaio, e le
Dionisie Rurali.
Le Grandi Dionisie, le più importanti, erano in onore di Dionisio
Eleutero, dal 444 a.c. furono arricchite con un agone preliminare
dove
ciascun poeta partecipante si presentava con i suoi attori, i coreghi,
musicisti ed elemento del coro, in magnifiche vesti e ghirlande, (ancora
privi di maschera e costumi) su una piattaforma temporanea e presentava
gli argomenti dei drammi che avrebbe messo in scena, si dava poi inizio
alla processione con la statua del dio insieme con enormi falli che
simboleggiavano il dono divino della fecondità, con tori e altri animali
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condotti per le vie della città, pronti ad essere sacrificati; il giorno
successivo si eseguivano gli agoni ditirambici in onore di Dioniso, cui
partecipavano dieci cori di uomini adulti e dieci di ragazzi, formati
ambedue da cinquanta elementi.
Nei tre giorni seguenti si svolgevano i concorsi, costituiti da tre
tetralogie
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composte ciascuna da uno dei tre poeti e da tre commediografi
tutti scelti dall’arconte, che attribuiva il suo nome all’anno che
intercorreva.
Per partecipare alle gare bisognava superare una dura selezione, infatti,
era stilata una lista di nomi proposti da ogni tribù dell’Attica ed i suddetti
nomi erano inseriti in dieci urne sigillate, collocate nel teatro per poi far
estrarre dall’arconte cinque nomi, il vincitore era incoronato con una
ghirlanda di edera.
Proprio durante queste festività si fa risalire la figura di Tepsi, venuto
dall’Icaria verso la metà del VI secolo; giunse ad Atene su di un carro su
cui trasportava attrezzi di scena, nel 534 a.c. vinse l’agone drammatico,
contribuì a far diventare la tragedia parte integrante del culto pubblico
ateniese, si deve a lui l’invenzione del prologo e del discorso recitato, fu
anche inventore della maschera di tela di lino, cui sarebbe pervenuto a
gradi, dopo aver fatto insudiciare la faccia dei coreuti dapprima di biacca,
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Tre Tragedie e un Dramma Satiresco.
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poi di portulaca, Tepsi per primo inserì la figura del primo attore
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che nella
prima fase era “ l'interprete”, il quale era rilevato dal coro e con lui
dialogava, il poeta favorì la trasformazione del capo coro in attore che
cominciò a pronunciare parole di contenuto non più legato al mito di
Dioniso, alle quali rispondeva il canto del coro.
Mentre le Lenee inclusero le competizioni dal 442 a.c. inizialmente con
le commedie che furono solo in seguito integrate con le tragedie.
Questa festa aveva un tema più intimo con soggetti che trattavano le
problematiche del cittadino ateniese, questi soggetti erano permessi solo
durante le Lenee, infatti, queste cerimonie erano celebrate quando il mare
Egeo era tempestoso e non vi era affluenza di stranieri, lo dimostra la
disavventura di Aristofane con la sua opera Babilonesi che fu rappresentata
durante le Grandi Dionisiache, il poeta fu ammonito dal demagogo non
perché avesse messo in ridicolo il governo, ma perché in presenza di
stranieri.
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Le Dionisie Rurali si svolgevano nei singoli distretti dell’Attica e
comprendevano sia tragedie sia commedie, anch’esse aperte da una
processione che Aristofane riprodusse mimeticamente nella sua opera
Acarnesi.
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upokrites
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Παρόντων των ξένων.
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Degno di nota era il numero degli spettatori che rispecchiavano la
diversità della stessa società greca; secondo Aristotele per i greci il teatro
non era solo uno spettacolo, ma un vero rito collettivo, con funzione
persino di purificazione, infatti, sempre secondo il filosofo tutte le forme di
teatro, in special modo la tragedia, avevano un’azione catartica giacché
servivano a rappresentare l’inconscio umano.
Nei posti d’onore, di solito le prime file, vi erano molte persone di
importanza civica e religiosa: sacerdoti, arconti e altri funzionari pubblici,
benefattori della città, i figli degli uomini caduti in guerra ed infine
ambasciatori di altri stati greci.
Tutti erano accompagnati al loro posto con grandi cerimonie; mentre al
centro in prima fila vi era il trono del sacerdote di Dioniso Eleuterio.
Il prezzo d’ingresso nel teatro era una somma politica che lo Stato
versava in ogni caso ai meno facoltosi
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di circa due oboli al giorno; ma,
dall’epoca di Pericle era la tesoreria dello stato che pagava i posti per i
cittadini.
Data l’assenza delle imposte dirette, i cittadini più agiati dovevano
gravarsi a turno del sovvenzionamento dei coreuti e del loro istruttore, più
il finanziatore era munifico, più ricca era la rappresentazione e, di
conseguenza, più possibilità aveva il poeta di vincere l’agone; mentre
l’onorario dell’artista e il premio assegnatogli erano a carico dello stato.
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theroricon
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Aspetti scenografici
Nell’antica Grecia era impossibile trovare due teatri uguali, grazie ai
ritrovamenti archeologici e grazie alle annotazioni di Vitruvio e di Polluce
e
ai drammi stessi, che furono ideati per permettere una facile
rappresentazione scenica, è possibile fare una divisione tra gli edifici
esistenti, in quattro tipi principali:
I primi teatri erano costruiti quasi interamente in legno, tranne
l’orchestra e il trono del dio, con pianta trapezoidale e non circolare,
i gradoni erano ordinati ad angolo per far sì che circondassero quasi
totalmente il luogo della danza.
Nel V secolo troviamo già il teatro ateniese classico.
Successivo a quell’ateniese è quell’Ellenistico eretto dal IV
secolo, specialmente nei territori al di fuori della Grecia, anche se di
cultura greca-ellenica.
Infine l’incontro con la cultura romana che da origine al teatro
Greco-Romano.
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L’edificio teatrale greco era costituito da:
La Cavea (Théatron) era composta dalle gradinate appoggiate
al pendio a conca e tagliate in senso verticale da quattordici scalinate
(Klímakes) e in senso orizzontale da due corridoi (Diazómata).
L’Orchestra, al centro della quale sorgeva l’altare di Dioniso
(Thyméle), aveva un diametro di circa venti metri a forma
inizialmente circolare, poi a semicerchio, anche se il coro della
tragedia si muoveva in formazione rettangolare.
Fra la scena e la cavea si aprivano due corridoi laterali Parodoi
che consentivano l’accesso degli spettatori alla cavea e all’ingresso
del coro.
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La Skené (edificio scenico) inizialmente fu una costruzione
eretta con solidi tavolati di legno, trasformata in qualità dell’area
teatrale dopo essere stata utilizzata come deposito per le maschere,
costumi ed attrezzatura scenica e come camerino per i cambiamenti
di costume degli attori.
Fungeva anche da sfondo all’azione con quadri o pitture
rappresentanti un palazzo, un tempio, etc.
Secondo alcune fonti storiche incerte, la decorazione della scena
sarebbe stata introdotta per la prima volta, fra il VI e V secolo a.c.,
da Formo di Siracusa, che avrebbe usato una tenda fatta di pelli
conciate e dipinte di rosso, ma Aristotele fa della scenografia
un’invenzione di Sofocle, mentre per Vitruvio il primo fu Eschilo
aiutato dal pittore Agatarco di Samo.
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In pochi anni la Skené divenne più complessa, già nel 425 a.c. fu
costruita una base in pietra per permettere la costruzione di una lunga
parete frontale, interrotta alle estremità da due avancorpi laterali i
Paraskenia.
Nella facciata della Skené si aprivano tre porte per le uscite e le
entrate degli attori, la scena possedeva anche un secondo piano
l’episcenio che veniva utilizzato per i giochi scenici.
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Polluce, iv, 311/ Vitruvio,v,6
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Tra i Paraskenia vi era un palco molto basso rialzato di pochi
centimetri dal piano dell’orchestra, subito dietro vi era un proscenio
a colonne.
La pedana era tale da non impedire la comunicazione verbale e il
transito dei personaggi e dei coreuti fra area del proscenio e area
dell’orchestra.
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Le Macchine
Polluce nella sua opera
esaminò attentamente tutti gli artifici utilizzati
dagli scenografi per apportare migliorie alla messa in scena con macchine,
per l’esattezza circa diciassette, che creavano “magici” effetti scenici.
L’autore iniziò con l’esaminare le tre porte sullo sfondo della Skené:
la porta centrale era la più grande ed era considerata l’entrata reale del
protagonista; mentre la porta di destra era destinata al secondo attore,
quella di sinistra ad un personaggio minore, invece per i personaggi che
venivano da lontano erano assegnate le parodi (ingressi orchestra).
Per decorare la scena vi erano i Periaktoi dei prismi triangolari con una
scena dipinta su ciascun lato, erano fissati su di un perno centrale e si
facevano girare per simulare un cambiamento di scena, si presume che
fossero posti nelle due entrate laterali.
Polluce continuò la sua descrizione con l’analisi delle singole macchine:
1. L’ekkuklema (dal verbo “rotolare”) consisteva in una
piattaforma su cui veniva posto un trono, di forma semicircolare e si
utilizzava per mostrare un‘azione che accadeva all’interno della
skené.
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2. Collegato alla prima macchina era (l'exostra) un carrello su
due ruote.
3. La µηχανή (mechané – deus ex machina) era un gancio con
una carrucola posti in cima alla skené sul suo lato sinistro; di modo
che le divinità potevano essere sollevate o abbassate.
(Questa macchina era chiamata in diverse maniere: Theologeion,
gru, eòrema).
4. La κράδη (Krade oppure “ramo di fico”) una corrispondente
alla mechané.
5. La Skopé probabilmente consisteva in luogo privilegiato dove
il regista potesse osservare dall’alto l’azione.
6. Poche notizie abbiamo sul Teichos muro.
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7. Come anche per la torre Purgos, ma sembra che fossero parti
sopraelevate dalle quali si poteva guardare la scena.
8. Sulla Torre del faro non abbiamo nessuna descrizione.
(Phruktorion)
9. La Distegìa dava la possibilità agli attori di salire sul tetto di
una casa e osservare dall’alto i personaggi. (διστεγία )
10. La “macchina per produrre i fulmini” (Keraunoskopèion) era
simile ai prismi (Periaktoi), ma con tre facce colorate in nero, dove
su ognuna era disegnato un fulmine.
11. Il βροντεϊον (brontèion) o “macchina dei tuoni” erano delle
giare contenenti pietre che venivano rovesciate rumorosamente in un
contenitore di ottone.
12. Il semicerchio si trovava vicino l’orchestra ed offriva la
veduta di un paesaggio in lontananza.
13. Lo stropheion era una sorta di congegno rotante che mostrava
gli eroi morti in battaglia.
14. Infine “la scaletta di Caronte” si presume fosse una botola o
un passaggio sotterraneo nei pressi dell’orchestra, attraverso la quale
gli spiriti facevano il loro ingresso in scena.