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INTRODUZIONE
1.1 Il contesto storico
La Pace di Aristofane venne rappresentata ad Atene per la prima
volta nel 421 a.C. Questo lo sappiamo per certo da una delle hypotheseis
premessa al testo della commedia, che ci informa che Ἐνίκησε δὲ τῷ
δράματι ὁ ποιητὴς ἐπì ἄρχοντος Ἀλκαίου, ἐν ἄστει: “il poeta vinse con
questa commedia alle Dionisie, sotto l'arcontato di Alceo [422/21]”. La
stessa hypothesis attesta che Πρῶτος Εὔπολις Κόλαξι, δεύτερος
Ἀριστοφάνης Εἰρήνῃ, τρίτος Λεύκων Φράτορσι: “fu primo Eupoli con gli
Adulatori, secondo Aristofane con la Pace, terzo Leucone con i Membri
della fratria”.
Il 421 a.C. fu un anno importantissimo per la città di Atene, ed in
generale per tutta la Grecia. Da dieci anni infuriava la guerra del
Peloponneso, che impegnò per ventisette anni le due maggiori potenze
dell’Ellade contemporanea: Sparta e Atene, con i loro rispettivi alleati.
Ma il 421 fu un anno particolare, in cui sembrò possibile sperare in
una pace duratura. L'anno prima, infatti, nel 422, trovarono la morte ad
Anfipoli il generale spartano Brasida e lo stratego ateniese Cleone. Costoro
erano i maggiori fautori della guerra, contrari a qualsiasi tipo di tregua o
pace; ecco allora che il partito della pace, sostenuto in Sparta dal re
Pleistonatte, in Atene da Nicia, ne approfittò per aprire le trattative. Nel
421 si giunse quindi alla conclusione della pace (detta di Nicia, dal nome
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del generale e uomo politico ateniese che era stato l’anima delle trattative)
di cui Tucidide (Storie V, 18-19) ci ha trascritto il testo: “Fanno pace gli
Ateniesi e Lacedemoni e i loro alleati (…) Per cinquant’anni vi sia pace
senza inganno e senza danno, per terra e per mare (…) Se vi sarà qualche
discordia tra di loro, usino i procedimenti legali e i giuramenti secondo
quanto è convenuto”
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. La pace chiudeva la decennale guerra archidamica,
prima fase della guerra del Peloponneso. Il criterio era di ristabilire lo
status quo ante: Sparta e Atene avrebbero dovuto restituire le città
conquistate negli anni di guerra. Ma si trattò in realtà di un periodo di
riarmo per entrambe le parti, prima che riprendesse il conflitto.
Tucidide, parlando della Pace di Nicia, attesta che essa venne
stipulata ἅμα ἦρι ἐκ Διονυσίων εὐθὺς τῶν ἀστικῶν, “col venir della
primavera, subito dopo le Dionisie urbane” (Storie V, 20, 1). Istituite nella
seconda metà del VI secolo dal tiranno Pisistrato, le Dionisie cittadine
rappresentavano uno degli eventi più importanti della vita della polis. La
festa si celebrava all'inizio della primavera, nel mese attico di Elafebolione
(tra marzo e aprile), e prevedeva processioni sacre, cortei e sacrifici,
nonché agoni drammatici. In occasione delle Dionisie cittadine furono
dapprima istituiti gli agoni tragici, poi quelli ditirambici ed infine quelli
comici. Agli agoni comici gareggiavano cinque commediografi, ognuno con
una commedia. Particolare importante è che alle Dionisie cittadine, a
differenza che nelle feste Lenee, erano presenti gli stranieri , giunti da ogni
parte della Grecia. Questo è testimoniato da molti passi della stessa Pace,
in cui ad esempio Aristofane si rivolge al pubblico dicendo che “sempre mi
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Tutte le traduzioni di Tucidide qui presenti sono di Ferrari 1985.
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opponevo combattendo per voi e per le isole” (vv. 759-760), rendendo
chiaro che alla rappresentazione della commedia erano presenti anche gli
abitanti delle isole, e non solo gli ateniesi.
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La commedia aristofanea fu dunque rappresentata solo qualche
giorno prima della firma della pace di Nicia, che avrebbe dovuto durare
cinquant'anni e ristabilire la situazione precedente allo scoppio del
conflitto, ma i termini del patto non furono rispettati né da parte ateniese
né da parte spartana, e così la pace stessa si rivelò piuttosto fragile. Dopo
la Pace, infatti, Aristofane tornerà a parlare della guerra e del desiderio di
pace ancora nella Lisistrata, giungendo ad attribuire alle donne un ruolo
chiave nell'affermazione della concordia.
La fine della guerra del Peloponneso, infatti, la guerra “più
importante di tutte quelle avvenute fino allora” (Tucidide, Storie, I, 1), non
giungerà che nel 404 a.C., con la resa di Atene. Già tre anni dopo la firma
della pace di Nicia, a Mantinea, ci fu lo scontro tra le truppe spartane e
quelle di alcune città peloponnesiache alleatesi contro Sparta con l’aiuto di
Atene. E sei anni dopo, nel 415, vi fu la grande spedizione ateniese contro
Siracusa, che si concluse nel 413 con l’annientamento della flotta ateniese e
la perdita di circa quarantamila uomini.
La carriera di Aristofane, iniziata nel 427 con I Banchettanti, coincide
di fatto con il periodo di guerra (431-404 a.C.). Egli quindi visse in prima
persona una guerra lunghissima, e, oltre che nella Pace e nella Lisistrata,
mise in scena una tregua utopistica con gli Spartani negli Acarnesi, del
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Per le informazioni sulle Dionisie mi sono giovata del testo di Mastromarco-Totaro 2008, pp. 1-
6.
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425, dove è ancora una volta un contadino il protagonista, Diceopoli, il
quale stipula una tregua personale con gli spartani.
Il 421, in definitiva, concluse una prima fase della guerra e ne aprì
una nuova, foriera di sconfitte per Atene, a partire dalla disastrosa
spedizione in Sicilia. Ma nel 421 sembrò davvero possibile toccare con
mano la pace tanto desiderata e agognata.
1.2 La trama della Pace
La commedia si apre con una scena divertentissima, che cattura
subito l’attenzione degli spettatori: due servi stanno preparando un pasto a
base di… sterco per uno scarabeo gigante. Trigeo, il contadino protagonista
della Pace, vuole cavalcare l’immane scarabeo per raggiungere l’Olimpo e
chiedere ragione a Zeus dei guai dei Greci. L’impresa non è facile: Trigeo è
subito fermato da Ermes, il quale lo informa che gli dei hanno lasciato
quella dimora, disgustati dalle continue lotte dei Greci. Polemo, la
personificazione della guerra, rimasto ormai solo, ha rinchiuso la dea Pace
ed ora si appresta a pestare le città greche dentro un enorme mortaio, in
cui getta porri, aglio, formaggio e miele, che corrispondono ad altrettante
città e territori colpiti dalla guerra: Megara, la Sicilia, Atene stessa. Ma
Polemo deve rinunciare all’impresa, poiché ha appena perso i suoi pestelli
da guerra: Cleone e Brasida, morti l’anno precedente. Approfittando poi
dell’assenza di Polemo, che esce di scena per fabbricarsi un nuovo pestello,
e con l’aiuto del Coro, Trigeo riesce infine a liberare Pace. Con lei troviamo
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anche Opora e Teoria, le quali hanno dei nomi parlanti, come lo stesso
Trigeo (vignaiolo): Opora è la stagione dei frutti (soprattutto uva e fichi), e
viene data in sposa al protagonista; Teoria è la personificazione delle feste
ed è consegnata subito ai membri del Consiglio. Giungono a ringraziare
Trigeo un fabbro e un vasaio, che possono finalmente vendere strumenti
per i campi e vasellame per la casa. Meno contenti sono invece i mercanti
d’armi, che cercano di svendere la loro merce ormai inutile. La commedia
si chiude con il corteo nuziale di Trigeo ed Opora, tra la gioia e il sollievo
dei contadini che possono tornare ai loro campi.
La commedia è costruita a blocchi: prima della parabasi ci sono il
viaggio e le scene sull’Olimpo con la liberazione di Pace; dopo, ci sono le
scene sulla terra, che comprendono anche una seconda parabasi. Come fa
notare Olson (1998, p.XXXII), la struttura di base della Pace è tipica di
Aristofane, e la ritroviamo anche in Acarnesi, Uccelli, e Pluto: nella prima
metà della commedia l’eroe si impegna in un progetto straordinario (in
questo caso, volare fino all’Olimpo per parlare con Zeus); dopo la parabasi
fanno visita all’eroe diversi personaggi (Ierocle, i fabbricanti di strumenti
agricoli e i mercanti d’armi), che rendono chiare le conseguenze dell’azione
del protagonista. La commedia termina infine con una grande celebrazione
del trionfo dell’eroe (il matrimonio con Opora e la festa nuziale).
1.3 Il giudizio sulla Pace
La Pace non è una delle commedie più apprezzate di Aristofane; già i
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contemporanei non la valutarono tanto ben riuscita da meritare un primo
posto. Secondo alcuni, la commedia sarebbe povera di elementi comici,
soprattutto nella seconda parte, quando Pace è ormai libera e nulla si
oppone alla felice conclusione della trama. Secondo Wilamowitz, ad
esempio, la scena iniziale con lo scarabeo sarebbe “l’unica trovata
veramente riuscita della commedia” (Cassio 1985, p.15), e molti studiosi
parlano di semplicità e convenzionalità. In effetti i contrasti sono pochi e
vengono presto dimenticati: Polemo scompare dalla scena, Ermes si fa
convincere da qualche dono ad aiutare i contadini, e dopo la liberazione
della dea non c’è più nulla che ostacoli i propositi di Trigeo. Come fa
notare Cassio (1985, p.36), ciò è dovuto alla fretta con cui la Pace sarebbe
stata composta; è infatti ragionevole credere che Aristofane abbia scelto di
rappresentare proprio questa commedia solo molto tardi, quando ormai le
Dionisie erano vicine, e così pure i trattati di pace: la notizia della morte di
Cleone, giunta ad Atene solo in autunno, quando Aristofane aveva già
ottenuto il coro, costrinse infatti il commediografo a cambiare la trama
della commedia in tutta urgenza, secondo Gelzer.
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Manca poi un vero e proprio agone epirrematico, il dibattito tra due
antagonisti su un tema importante (come ad esempio i tribunali nelle
Vespe), che vivacizzi l’azione scenica.
Altri studiosi (Albini 1972, Moulton 1981, Cassio 1985) danno un
giudizio sostanzialmente positivo della commedia, ritenendo la Pace ricca
di elementi visivi, che dovevano avere un forte impatto sugli spettatori
(così Albini 1972, pp. 138-140): “Nella prima parte della Pace (…) molte
sono le trovate spettacolari suggestive: il rimpinzamento e il volo dello
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Cfr. Mastromarco 1983, p. 12.
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scarabeo, l’ingresso e i minacciosi, esagitati preparativi del dio della
guerra, il disseppellimento dalla caverna di una immane statua, la Pace, la
presentazione al Consiglio di una bella donna, Teoria, il sacrificio
propiziatorio”. Tutte trovate che saranno state di grande effetto sugli
spettatori, e che noi possiamo in parte solo immaginare. Insomma, per
Albini la Pace rappresenta “un’invenzione dietro l’altra, una serie di
variazioni, una dietro l’altra, che impediscono qualunque stanchezza”.
Anche la seconda parte della commedia non è priva di significato: anzi, è
proprio qui che la guerra viene smascherata come una semplice faccenda
economica, una questione d’affari. E insieme alla guerra sono denunciati e
sbeffeggiati i suoi alleati, i mercanti d’armi; è “la guerra totale contro la
guerra”, personalissima, di Aristofane (Albini 1972, p. 149).
Ciò che probabilmente ha portato molti a considerare la Pace una
commedia di scarsa qualità è il fatto che in essa, a differenza che in altre
commedie, non c’è il riso sguaiato, ma il sorriso benevolo di chi è scampato
ad un grave pericolo e non vede l’ora di tornare alla propria vita di tutti i
giorni (i contadini). In più, la Pace è stata da alcuni considerata
negativamente per essere una pièce d’occasion, anche se non va
dimenticato che le commedie dell’archaia hanno forti legami con il
presente del proprio autore.
1.4 Il problema della Pace II
L’esistenza di una seconda Pace è testimoniata dalla seconda
Hypothesis della commedia a noi giunta:
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Nelle «Didascalie» si tramanda che Aristofane rappresentò anche una
Pace seconda. È incerto, afferma Eratostene, se replicò la stessa o
rappresentò un’altra, che non si è conservata. Cratete in vero conosce due
commedie (con questo titolo) quando scrive: «dunque negli Acarnesi o nei
Babilonesi o nella Pace seconda». E qua e là cita alcuni pezzi
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, che non si
trovano nella commedia che ci è stata tramandata.
Secondo Olson (1998, pp. L-LI), è probabile che la Pace II sia una
rielaborazione della Pace I, messa in scena dopo il 413, quando
l’occupazione spartana di Decelea rese nuovamente rilevante il tema di un
gioioso ritorno in campagna. La data della Pace II sarebbe invece da
stabilire alle Lenee del 420, secondo Mastromarco (1994, p.62): “è
verosimile che si trattasse solo di una rielaborazione curata in vista di una
messa in scena in uno dei teatri dei demi attici, verosimilmente in
occasione di una festa organizzata, qualche tempo dopo la firma della pace
di Nicia, per celebrare il ritorno dei contadini nei loro aviti poderi”.
Di tutt’altro parere Platnauer (1964, p.XIX), secondo il quale la teoria di
una Pace seconda come una nuova commedia è preferibile rispetto a quella
di un rifacimento della prima Pace. Le sue motivazioni sono
principalmente due: 1) le commedie recitate alle Dionisie e alle Lenee
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Se ne può trovare una rassegna in Platnauer 1964, pp. xvii – xx.
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(elencate in sequenza nelle Didascalie) erano in competizione fra loro, ed è
difficile credere che un rifacimento avrebbe potuto competere con delle
commedie completamente nuove; 2) la prima Pace fu essenzialmente una
pièce d’occasion, adatta per il 421 e per nessun’altro periodo storico. La
stessa tesi è sostenuta anche da Sommerstein (1985, p.XIX).
In sostanza c’è disaccordo tra gli studiosi sulla natura della Pace II; è da
notare però che lo stesso Aristofane riscrisse le Nuvole I, oggi perdute; e si
conoscono altre versioni rivisitate di antichi testi, inclusa la seconda
versione dell’Ippolito di Euripide, intesa come una risposta ad un
fallimento precedente (Olson 1998, pp. L-LI). Sembra quindi più probabile
che la Pace II sia stata un rifacimento teso ad eliminare alcuni difetti
evidenti della versione originale.