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Introduzione
L’elaborato che segue tratta gli aspetti principali che
caratterizzano il sonoro cinematografico, sia dal punto di vista tecnico
che teorico.
L’idea di elaborare una dissertazione su tale argomento nasce da
esperienze effettuate direttamente “sul campo” dalle quali, attraverso un
approfondimento ed uno studio sistematico, si sono sviluppate riflessioni
di carattere tecnico-pratico ma anche teorico. Le esperienze alle quali si
fa riferimento nascono da un primo approccio al mondo del cinema
effettuato attraverso un tirocinio presso il L.U.M. (Laboratorio
Universitario Multimediale “Michele Mancini” dell’Università di
Palermo), tra maggio 2010 e giugno 2011, svolgendo la mansione di
tecnico audio di presa diretta e post-produzione per il film B-Alarm!, in
prima nazionale nel mese di giugno 2011. Questa esperienza ha
permesso di provare e sperimentare le fasi di lavorazione di un prodotto
cinematografico in lungometraggio dal punto di vista del suono, dalla
presa diretta dello stesso alla sua elaborazione ed editazione, per
giungere al prodotto finito.
Un ulteriore motivazione che sta alla base dell’elaborazione del
presente lavoro di ricerca proviene dall’aver constatato che la letteratura
critica esistente a riguardo è esigua e non esaustiva. Infatti, spesso, il
sonoro cinematografico, è stato investigato essenzialmente attraverso
uno, ed uno solo, dei due versanti possibili. Un primo approccio vede
evolversi la ricerca lungo l’asse storico del cinema, secondo una linea di
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ricerca che punta alla trattazione contemporanea sia dell’utilizzo del
suono da parte dei registi che l’evoluzione delle tecnologie che si sono
succedute nell’arco del tempo. Una seconda linea d’indagine è legata ad
una ricerca di carattere interpretativa, atta ad identificare le variabili dei
segni e dei codici sonori all’interno di micro-sequenze filmiche. Fra
queste due linee di ricerca, spesso s’insedia un gradino intermedio
occupato dalla musica, spesso erroneamente definita “colonna sonora”
(definizione errata in quanto, dal punto di vista tecnico, la “colonna
sonora” è costituita da tutte le componenti facenti parte del suono di un
film – parlato, effetti/rumori e musica – di cui le musiche sono solo una
parte, a volte determinante, ma comunque una parte del tutto).
A mio parere, gli elementi fondamentali per la comprensione e
l’analisi approfondita del suono nel cinema, ma trascurati da queste linee
d’indagine sono: la funzione della Parola nel contesto filmico e una
teoria dell’arte che riguardi non solo il cinema in generale, ma anche
singolarmente le sue componenti (quindi, anche il suono del film).
Per l’elemento della Parola il testo principale da noi utilizzato
come linea guida è quello di Paola Valentini la quale, nel trattare la
storia del cinema sonoro, utilizza come baricentro dell’indagine proprio
la Parola, rapportandola sia alle evoluzioni di carattere filologico che
hanno accompagnato la storia del cinema, sia a quelle tecniche (dal pre-
cinema al cinema postmoderno).
La seconda esigenza che si cercherà qui di soddisfare riguarda una
possibile definizione di un ambito che riguardi solo la componente
sonora nei suoi possibili approcci teorici e nei risvolti critici che ne
conseguono. Ciò che manca alle trattazioni filologiche è un’affermazione
di una identità artistica che faccia leva su tutta la gamma dei codici
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sonori (parlato, rumore e musica e non soltanto quest’ultimo) e che li
tratti come Significanti al pari dei codici visivi.
Per arrivare ad una descrizione esaustiva ma comprensibile degli
argomenti, la trattazione verrà articolata in sei capitoli. Con questa
articolazione si manterrà, nei limiti degli argomenti trattati di volta in
volta, una costante coesione tra le varie parti, cercando in questo modo
di equilibrare l’enunciazione degli aspetti tecnici (senza la cui trattazione
la lettura rischierebbe di divenire ostica) e di quelli teorici.
Il primo capitolo ha il compito di tracciare un percorso diacronico
sul sonoro cinematografico. Verranno analizzati i vari “stili del sonoro”,
ossia i caratteri che accomunano gruppi di film o di autori della storia del
cinema, dai suoi albori, con i LumiØre, fino al cinema postmoderno con
il suono sintetico e l’enfatizzazione estrema della percezione uditiva.
Punto di riferimento costante di questo sguardo sull’evoluzione storica
sarà la voce, o meglio la Parola. Infatti, spesso, nel trattare il suono
cinematografico, l’analisi storica si è soffermata esclusivamente o
sull’evoluzione delle tecnologie, o sull’utilizzo della musica all’interno
della storia del cinema.
¨ raro che sia stata posta l’attenzione alla Parola: il cinema sonoro
diventa tale quando il primato della percezione visiva cinematografica
viene messo in discussione dai dialoghi, dalle parole pronunciate dagli
attori. Il cinema sonoro, come spiega Paola Valentini, fra i pochi studiosi
della materia che privilegia la Parola nella sua pratica di analisi, era già
presente prima del celeberrimo film Il cantante di jazz (Alan Crosland,
1927): gli accompagnamenti musicali alle pellicole, già presenti
all’epoca dei LumiØre, rendevano i film sonori, ovvero “immagini
sonorizzate” e inoltre spesso durante le proiezioni era presente in sala un
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“imbonitore” che aveva il compito di “novellizzare” con la parola parlata
ciò che era leggibile nelle didascalie o intuibile attraverso i segni delle
immagini. La novità del film di Crosland sta nella “recitazione parlata”,
ossia nell’introduzione della parola e, soprattutto, nell’interazione che
questa concede al pubblico.
Nel seguire l’evoluzione storica di questo concetto, basilare per la
comprensione del sonoro cinematografico, si citeranno le principali
tecnologie che hanno permesso di migliorare la presenza della voce
all’interno della pellicola: dai primi tentativi di sincrono alle tecnologie
microfoniche, passando dai primi tentativi di registrazione magnetica.
Ogni evoluzione tecnica, in fin dei conti, è nata dall’esigenza di conferire
maggiore presenza e “materialità” alla voce dell’attore, secondo le
prerogative che diventeranno care al cinema americano degli anni ’50.
Seguirà una descrizione delle principali tecniche e tecnologie
utilizzate per la ripresa del suono cinematografico. Per esigenze di
pertinenza, nel secondo capitolo abbiamo deciso di non elencare tutte le
tecniche microfoniche, ma soltanto quelle utilizzate per il cinema.
Questa scelta, nello stesso tempo, permette di approfondire determinati
argomenti che altrimenti sarebbero rimasti approssimativi. ¨ il caso delle
tecniche microfoniche di ripresa. Qui, oltre a descrivere le tecniche che è
possibile utilizzare con semplici microfoni, vengono descritte anche
tecniche che oggi sono all’avanguardia e, come il caso delle tecniche
olofoniche, tuttora in fase di sperimentazione. A tal proposito, ci sono
state utili le ricerche condotte dal Centro Ricerche e Innovazione
Tecnologica della Rai di Torino, nell’ambito delle sperimentazioni
effettuate su tecniche di ripresa del suono per le nuove tecnologie video
(HDTV, digitale terrestre, cinema 4K, etc).
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L’utilizzo delle tecniche microfoniche di ripresa del suono verrà
messo in relazione con le tecniche di registrazione: verranno analizzati i
primi tentativi di registrazione in sincrono, fino alla ripresa su nastro
magnetico e alla registrazione del suono con le tecnologie digitali. Verrà
trattato quindi un aspetto importante del sincrono: l’uso del timecode
numerico e come questo influenzi la precisione e i procedimenti della
fase di registrazione, anche attraverso una breve descrizione su come le
tecniche di registrazione e quelle di ripresa del suono possono essere
applicate in una situazione di set cinematografico.
La fase successiva della trattazione prevede una descrizione del set
cinematografico dal punto di vista delle componenti tecniche e delle
professionalità preposte alla cura del suono. A tal proposito verrà
analizzata la funzione della figura del sound designer e quanto questa
influenzi l’andamento del lavoro sul suono, dalla fase di preproduzione
fino alla postproduzione di un film, passando per le riprese in cui, la
situazione di set, come si vedrà, è sicuramente agevolata dal lavoro
svolto dal sound designer col regista e le altre componenti dei reparti
tecnici coinvolti. Successivamente verranno descritte i “modi di ripresa
del sonoro” utilizzati sul set e le principali figure professionali che sono
coinvolte: il fonico ed il microfonista. Si punterà l’accento sull’asse di
collaborazione che è bene esista fra entrambi, su come le potenzialità del
set vengano fuori dal loro lavoro svolto in sinergia, coadiuvati dalle
direttive ricevute dal sound designer dopo la fase dei sopralluoghi.
La descrizione della fase di ripresa sul set, quella appunto di
produzione, viene conclusa con l’analisi dei principali strumenti e
attrezzature che vengono utilizzate per la registrazione del suono in presa
diretta: dai microfoni ai supporti fino ai mixer.
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Secondo questa impostazione della trattazione, che in questa
sezione segue le fasi di lavorazione di un film, i capitoli successivi si
occuperanno della postproduzione, nella fattispecie le fasi di montaggio,
editing e mixing.
Si cercherà innanzitutto di illustrare le principali teorie aventi per
oggetto il suono cinematografico e gli approcci pratici che ne sono
conseguiti o che è possibile applicare al suono cinematografico e, nello
specifico, alla fase di montaggio del suono. Si tratterà quindi di riflettere
sui codici sonori e sulle funzioni che questi possono assolvere
nell’ambito della significazione filmica. Non si tratta soltanto di un
elenco di codici e sottocodici componenti il sonoro ma della riflessione
su problematiche specifiche che possono aiutare, attraverso la loro
comprensione, ad acquisire una maggiore consapevolezza estetica nella
realizzazione di un prodotto audio per il cinema, senza cadere in clichØ
ed in banali digressioni di genere.
Questi spunti di riflessione verranno accompagnati da indicazioni
di natura tecnico-pratica: ad esempio, le motivazioni e necessità che
portano ad effettuare un editing dell’audio saranno associate alle
tecniche utilizzate per il mixing multitraccia della componente audio.
Analoga metodologia verrà applicata alla sezione che descrive gli
standard utilizzati per l’audio cinematografico ed in quella che riguarda
le principali tecniche di spazializzazione del suono.
La trattazione del suono cinematografico non può prescindere da
quelle che è stato l’influsso del computer nell’elaborazione dell’audio;
pertanto verranno descritte le tecniche di manipolazione e di restauro del
suono e come queste siano diventate “accessibili” attraverso la diffusione
a larga scala e “a basso costo” dei principali software di editing e mixing
audio attualmente in commercio: il Cubase, qui descritto nelle
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funzionalità della versione 5 (anche se sono comunque indicazioni valide
per versione immediatamente precedenti e anche per quella successiva).
Infine, verrà trattato il suono di sintesi, sia sotto l’aspetto puramente
storico (descrivendo l’avvento dei primi synth e la loro evoluzione) che
tecnico-teorico, illustrando come avviene la sintesi sonora e attraverso
quali specifiche, ma anche tecnologico, attraverso la descrizione di uno
dei maggiori software di elaborazione di suoni sintetici al computer (il
CSound).
Chiuderà la trattazione un capitolo interamente dedicato ad una
“storia di caso”: la prima esperienza sul set cinematografico di chi
scrive: il suono in presa diretta e l’elaborazione audio per il film “B-
Alarm!” (regia Giovanni Cannizzo e Marco Maria Correnti, 2011),
realizzato dagli allievi del L.U.M. – Laboratorio di Produzione
Cinematografica del Laboratorio Universitario Multimediale “Michele
Mancini” dell’Università degli Studi di Palermo in coproduzione con
Anas.
Per approfondire gli argomenti sopraelencati senza incorrere in
elaborazioni complesse che potessero essere di impedimento ad una
trattazione scientificamente articolata ma nello stesso tempo chiara e
intellegibile, la ricerca è stata svolta secondo due linee d’indagine. Da un
lato, si è cercato di definire una base storico-teorica su cui innestare
concetti chiave alla base delle tecniche e tecnologie inerenti il sonoro.
Dall’altro lato sono state date nozioni di carattere puramente tecnico,
comprensibili ma nello stesso tempo esaustive, pur non appesantendo gli
argomenti con teorie e formule matematiche.
Questo tipo di approccio ha permesso di mantenere una costante
coesione dei tratti peculiari che caratterizzano ciascuna delle linee di
indagine: il discorso sulla tecnica e sulle tecnologie è stato inteso come
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ausilio alla comprensione delle problematiche legate alla significazione
nel film attraverso il sonoro e non come mero paradigma ad uso
esclusivamente manualistico, come talvolta è inteso in alcune
pubblicazioni di settore non di livello accademico. La sintesi fra le due
istanze è stata infine mediata dal nostro recente sodalizio tangibile e
mentale con la pratica svolta in contemporanea su varie situazioni di set
e di post-set.
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Capitolo I
Stili sonori nel cinema
I.1 – Il cinema classico
Quando, dopo la proiezione di un film, le luci della sala
cinematografica si riaccendono; quando i titoli di coda cominciano a
scorrere srotolando un lenzuolo di nomi e cognomi associati a ruoli piø o
meno importanti; quando quel sospiro automatico sbuca fuori dalle narici
sussurrando che qualcosa è finito; in quel preciso istante, tutto sembra
svanire. Si dissolve la magia, si spegne la fantasia, riparte il treno che
riconduce a quella quotidianità ben lontana dalla storia appena vista
scorrere sul grande schermo. Con movimenti automatici, ecco la fiumara
di spettatori che si dirige, noncurante e spensierata, verso l’uscita della
sala, dove tutto ritornerà uguale, come se nulla fosse.
Quando i fratelli Lumière, nel lontano 1895, proiettavano in
pubblico le loro pellicole, le persone restavano a guardare con la bocca
spalancata, come pulcini in attesa del proprio pasto. La gente si cibava di
quell’evento, di quella macchina stranamente meravigliosa che era il
cinematografo, così simile alla realtà da sconvolgere, coinvolgere e
stupire, nel bene e nel male, tutto in una manciata di minuti. Era
l’innovazione della realtà, una nuova invenzione che si faceva visione di
una realtà, quella dei Lumière.
Ad ogni innovazione tecnologica che si è presentata col passare
del tempo, messa a punto per la fruizione della realtà di cui sopra, le
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sensazioni del pubblico sono state quasi sempre le stesse: bocche
spalancate ed occhi lucidi o sguardo torvo d’indecisione e diffidenza. A
seconda dei casi, è prevalsa l’una piuttosto che l’altra sensazione, ma il
risultato finale è sempre stato lo stesso: una macchina meravigliosa
sempre piø simile alla realtà. PerchØ ogni innovazione che si è aggiunta
all’invenzione dei LumiØre non ha fatto altro che avvicinare il cinema
sempre piø alla realtà. E, per raggiungere questo risultato, non bastava la
semplice proiezione di immagini giustapposte, ma è stato quasi
necessario l’avvento del sonoro, l’aggiunta del colore alla pellicola e
rendere via via questi due elementi sempre piø simili alla realtà,
spingendosi a volte anche oltre quel riferimento qualitativo e quantitativo
che è, per il cinema, la quotidianità, il
mondo di tutti i giorni.
Tuttavia, il cinema delle origini è
caratterizzato da una velata indecisione
nell’approccio al sonoro. ¨ costellato da
un lato da una serie di tentativi dettati
dalla voglia di dar maggiore vigore alle
nuove innovazioni tecnologiche, dall’altro da un senso di nostalgia verso
il cinema muto, che ancora negli anni Venti del ‘900 faceva l’occhiolino,
quasi disprezzando l’impatto generoso che il sonoro ebbe sul pubblico.
L’inaugurazione dell’era sonora si deve alla Warner Bros. che «il 6
agosto 1926 al Warner Theater di New York presenta in anteprima
mondiale Don Juan per la regia di Alan Crosland […]»
1
. Da quella
proiezione, dall’America all’Europa, il passaggio al film sonoro avviene
per ogni cinematografia in modo quasi automatico ed indolore. In Italia
è grazie all’imprenditore Stefano Pittalunga che, nel 1930, vengono
1
P. Valentini, Il suono nel cinema. Storia, teorie e tecniche, Venezia, Marsilio, 2006
4
, p. 24
Fig. 1 – La locandina del cinema dei
fratelli Lumière datata 1985.
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rinnovati gli ex stabilimenti della Cines di
via Vejo a Roma con le nuove
apparecchiature della RCA Photophone (la
prima tecnologia per cinema sonoro presente
in Europa).
L’importanza raggiunta dal sonoro,
inteso principalmente come introduzione
della Parola nel cinema, è strettamente legata
agli umori dei primi spettatori piø che alle
capacità di utilizzo del nuovo medium da
parte dei cineasti. «[…] Il primo film sonoro sembra muoversi attorno
alla forte riconoscibilità dei suoni e dei rumori, per certi versi alla
modellazione di archetipi della ricezione filmica sonora»
2
. Non c’è
ancora uno studio nØ tantomeno una pratica tale del suono
cinematografico che si scosti dalla mera visione: ciò che si vede è ciò
che si sente e viceversa. Niente piø, niente meno.
D’altronde, lo stesso montaggio del suono era strettamente legato
alla presa diretta: la scarna tecnologia a disposizione nella prima metà
del ‘900, costringeva, per salvaguardare al massimo il sincrono, a creare
e riprendere in diretta tutti gli elementi sonori, dai rumori alla colonna
sonora, quest’ultima spesso realizzata con un’orchestra presente in scena
e abilmente nascosta dalla scenografia.
Tutto questo porta a concludere con facilità che nel cinema
classico, la lavorazione dei suoni è indirizzata principalmente ad un
«aiuto all’identificazione»
3
di ciò che avveniva sul grande schermo. Non
c’è un ragionamento a priori che permetta di andare oltre l’immaginario
2
Ivi, p. 37
3
L. Jullier, Il suono nel cinema, Torino, Lindau, 2007, p. 31
Fig. 2 – Sistema RCA Photophone,
datato 1928