≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 2
1.2 Geologia e geomorfologia
1.2.1 Vicende geologiche d’insieme
Le formazioni rinvenibili nel territorio circostante la miniera si sono depositate
durante il Mesozoico, in un arco temporale di circa 100 milioni di anni; esse sono
il risultato di cicli sedimentari e di processi tettonici prevalentemente estensionali,
con formazione di bacini (graben) separati da alti strutturali (horst).
I processi estensionali si sono verificati nel Triassico superiore e durante il
Giurassico. Durante il Norico, nella piattaforma carbonatica della Dolomia
Principale in corrispondenza dell’attuale Lombardia, si generano depressioni
bacinali intra-piattaforma in cui si deposita materiale terrigeno (Argillite di Riva
di Solto e base del Calcare di Zu). Successivamente e sino al Retico, subentra di
nuovo un ambiente di piattaforma, con costruzione di banchi corallini (calcari
coralliferi del Calcare di Zu). Tale fase si conclude nel Retico con la deposizione
della Dolomia a Conchodon. All’inizio dell’Hettangiano si ha una seconda fase di
subsidenza (il Calcare di Sedrina testimonia l’approfondimento progressivo);
durante tutto il Liassico il permanere di questo ambiente permette la deposizione
del Calcare di Moltrasio, per sedimentazione di materiali franati dalle zone
rilevate dei fondali marini.
La regolare e lenta subsidenza delle aree depresse più distanti dagli alti strutturali
contribuisce alla formazione del Calcare di Domaro, rappresentativo dell’area di
studio. Segue la deposizione di unità torbiditiche della Formazione di Concesio.
Al termine del Giurassico ed all’inizio del Cretacico, il bacino lombardo giunge
alla sua massima profondità con fenomeni di sedimentazione pelagica ed abissale
(tetto della Formazione di Concesio e Selcifero Lombardo). Ciò si protrae per
tutto il Cretacico inferiore (Maiolica) e nel Cretacico superiore i bacini marini
sono ormai riempiti da torbiditi ed arenarie.
Durante Eocene superiore ed Oligocene avvengono le maggiori deformazioni delle
masse rocciose; le deformazioni proseguono nel Miocene, determinando il
sollevamento definitivo delle catene montuose. Nell’assetto dell’area Sebina è ben
documentata la presenza di pieghe e sovrascorrimenti vergenti verso Sud. Si
ricordano a tal proposito le anticlinali di Parzanica e Vigolo, la sinclinale di
Tavernola ed il sovrascorrimento del monte Bronzone-monte Saresano sulla
sponda bergamasca del lago.
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 3
1.2.2 Glaciazioni
Nella zona descritta è rimasta una traccia delle glaciazioni quaternarie.
Ciclicamente da 1,7 milioni d’anni fa fino a 10.000 anni fa l’espansione dei
ghiacciai ha comportato l’attraversamento della Valcamonica e del Sebino.
L’escavazione di un’antica valle miocenica, formatasi 5-6 milioni d’anni fa in
seguito al disseccamento del Mediterraneo, ha presumibilmente generato la
depressione ora occupata dal lago. In particolare, sul medio Sebino, una lingua
laterale del ghiacciaio camuno si è inoltrata per circa 6,5 Km in quella che è la
valle del torrente Rino (lato SudOvest dell’area mineraria).
Sul territorio di studio sono state riconosciute tracce delle ultime tre glaciazioni:
mindeliana, rissiana e wurmiana. Sia le valli del Rino che dei Foppi sono
attualmente sospese poiché l’erosione ha troncato il profilo terminale della valle,
costringendo i torrenti a compiere un salto per superare un gradino roccioso prima
di giungere a lago. Le acque acquistando velocità hanno dunque potuto scavare
marmitte d’erosione.
Nei periodi interglaciali i torrenti hanno trasportato verso il lago molti materiali,
sviluppando apparati deltizi erosi poi dalla glaciazione successiva.
1.2.3 Carsismo
Come già anticipato i calcari delle zone descritte sono interessati dall’azione
carsica. Nei dintorni dell’area mineraria, in particolare nei comuni di Parzanica e
Vigolo, sono presenti grotte di una certa importanza, ma difficilmente visitabili a
causa del loro andamento prevalentemente verticale. Altre forme carsiche sono le
doline (situate nella zona di Vago, Colle Martinazzo -nel comune di Vigolo), i
solchi e le vaschette di corrosione.
Presso il ponte delle Tombe, a Sud dell’area mineraria, sono state individuate due
depressioni doliniformi impostesi nel Calcare di Domaro. Essendo adiacenti, esse
appaiono come un’unica dolina di forma ellittica, con asse maggiore di circa 200
m ed asse minore di 70 m. Sul fondo pressoché pianeggiante non si è ritrovato
alcun inghiottitoio.
Nella zona di Punta del Corno, all’uscita dalla galleria provenendo da Sarnico, è
possibile vedere il cosiddetto “Pozzo glaciale”, un’apertura verticale profonda una
decina di metri. Un’ipotesi circa la sua origine è quella carsica; il ghiacciaio
avrebbe invece asportato la parte sommitale della cavità ed introdotto al suo
interno materiale glaciale da cui la grotta è stata recentemente liberata.
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 4
Diversamente qualcuno pensa che l’acqua di fusione del ghiacciaio, precipitando
in un crepaccio, abbia prodotto una marmitta torrentizia (cfr. fig. 1.2 e 1.3)
Nell’area mineraria si rinvengono rocce fratturate con rideposizioni di aragonite
e/o calcite, soprattutto nella zona Pozza (fig. 1.4); in passato, in alcune fessure,
sono state trovate stalattiti e stalagmiti.
Figura 1.3. Particolare dell’entrata al Pozzo
Figura 1.2. Pozzo glaciale (inghiottitoio)
Figura1.4. Rideposizioni di aragonite in zona Pozza
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 5
1.2.4 Caratteri strutturali
L’area di studio rientra nella “zona a pieghe e faglie” del Sudalpino; qui gli sforzi
tettonici hanno infatti prodotto numerose pieghe con asse a prevalente andamento Est-
Ovest (cfr. figura 1.5 e 1.6).
L’assetto strutturale della zona (Cassinis & Forcella) è caratterizzato dai seguenti
elementi:
sinclinale di Tavernola: piega molto aperta e simmetrica nella parte orientale, si
presenta a fianchi molto ravvicinati e rovesciata a Sud nella parte occidentale. Il suo
asse è diretto all’incirca Est-Ovest, ma con andamento un po’ sinuoso. Il piano
assiale è sempre immerso tra NordEst e NordOvest con inclinazione fra 45 e 55°
nella parte occidentale, approssimandosi ai 90° nell’orientale. Il fianco
settentrionale, nella zona del monte Saresano, dà luogo a pieghe secondarie; quello
meridionale coincide con il fianco settentrionale dell’anticlinale di Predore;
anticlinale di Predore: il piano assiale subverticale è immerso a NordEst in Val
Adrara, con un’inclinazione di 60-70° avvicinandosi a Predore. Presso Predore la
piega si rovescia maggiormente a Sud, passando a piega-faglia con
sovrascorrimento del Calcare di Zu sul Calcare di Domaro. Il fianco settentrionale è
interessato da faglie sia trasversali che longitudinali;
anticlinale di Adrara: piega per lo più simmetrica, con piano assiale spesso
verticale, salvo lievi inclinazioni locali soprattutto nella parte più occidentale. L’asse
è diretto Est-Ovest. Il fianco meridionale presenta disturbi tettonici sempre più
accentuati procedendo da Est ad Ovest. A Sud è limitata dallo scorrimento del
M.Bronzone. Nella valle delle Tombe, a Tavernola, le unità presentano immersioni
varianti da Est, nella zona della cerniera, a SudEst nelle parti più esterne, con
inclinazioni da 45 a 65°. Verso Ovest gli strati si fanno subverticali e l’immersione è
a Sud. In Val Adrara il fianco meridionale rovescia a Sud , gli strati appaiono
fratturati e laminati, in serie inversa ed immersi tra Nord e NordEst con inclinazione
fra 35 e 50°. Il fianco settentrionale ha un’inclinazione da 45 a 55° nella zona assiale
e di 10-30° in quella periferica ove si raccorda alla sinclinale di S.Fermo;
scorrimento del M.Bronzone: è avvenuto lungo un piano inclinato ed ondulato,
immerso per lo più a Nord con pendenze maggiori ai due estremi e minori verso il
centro tra M.Bronzone e Corna Nera.
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 6
Figura 1.5. Carta geologico-strutturale della zona di studio (G.Cassinis & F.Forcella)
Figura 1.6. Sezione geologica N-S con le principali strutture del versante occidentale del lago
d’Iseo fra Sarnico e Riva di Solto (Guide Geologiche Regionali - Alpi e Prealpi Lombarde, 1990)
A livello locale, cioè nell’area mineraria, si riconosce (Ravagnani &
Santambrogio, 1993) una sinclinale conica secondaria rispetto alla sinclinale di
Tavernola, il cui asse è diretto sempre Est-Ovest con immersione generalmente ad
Est di 10-30°. Si sviluppa dalla zona retrostante l’ex foresteria, a quota lago, fino
al vecchio frantoio a quota 520 m s.l.m. (cfr. tavola 3). Al suo nucleo presenta
molte pieghe disarmoniche soprattutto in presenza di livelli con intercalazioni
marnose. La rigidità dei calcari e dei calcari marnosi favorisce invece la
fratturazione degli ammassi parallelamente all’asse delle pieghe, di frequente
lungo la cerniera delle sinclinali ed anticlinali minori. Questi fenomeni si
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 7
osservano bene nei settori del Pratone, della Pozza e nella parte alta di Cicara ove
altra caratteristica comune è la giacitura a franapoggio.
Nell’orizzonte roccioso sottostante quello descritto è ancora rinvenibile una
struttura generale a sinclinale, ma le deformazioni prevalenti sono di tipo rigido:
faglie e fratture a basso angolo d’inclinazione e faglie subverticali in
corrispondenza della cerniera della sinclinale. Tra le faglie a basso angolo quelle
delle zone meridionali (Cicara ed Ognoli) immergono a Nord o NordEst con
inclinazioni fra i 20° e i 45° ed hanno una spaziatura di 40 m, quelle delle zone
settentrionali (Scappioni) immergono ad Est/SudEst con inclinazioni dai 15 ai 40°
ed hanno una spaziatura di 5-10 m.
Queste due tipologie di faglie hanno movimenti prevalentemente paralleli alla
direzione del piano di faglia con spostamento verso Est del tetto.
Le faglie in corrispondenza della cerniera invece sono subverticali, con direzione
Est-Ovest ed ubicate una in corrispondenza della cerniera della sinclinale, l’altra
100 m più a Nord. Anche qui i movimenti prevalenti sono lungo la direzione.
Esiste anche un altro sistema di fratture-faglie diretto Nord NordEst-Sud SudOvest
con inclinazione subverticale variabile localmente verso ESE od ONO. La
spaziatura di tale sistema sembra possa essere di 30-40 m.
Figura 1.7. Esempio di piega anticlinale in zona Cicara
1.2.5 Principali caratteristiche delle unità stratigrafiche
ARGILLITE DI RIVA DI SOLTO
L’Argillite di Riva di Solto è stata definita da Gnaccolini (1965a) con sezione tipo
presso Riva di Solto, sul lago d’Iseo.
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 8
La formazione è costituita da argilliti e marne argillose nerastre a stratificazione
generalmente sottile, con intercalazioni di calcari e calcari marnosi massicci di
colore scuro.
Jadoul et al. (1994) propongono una suddivisione della formazione in due litozone:
litozona inferiore (Norico inferiore), caratterizzata da argilliti nere sottilmente
stratificate con intercalazioni di livelli di calcari micritici e paraconglomerati;
litozona superiore (Norico superiore), costituita da strati alternati di argilliti,
marne, calcari marnosi e calcari micritici.
Il limite inferiore dell’Argillite di Riva di Solto è segnato nettamente dalla
comparsa delle argilliti al di sopra dei calcari dolomitici della Dolomia Principale.
CALCARE DI ZU
È stato definito da Gnaccolini (1965a) con sezione tipo presso Zu, sulla sponda
occidentale del lago d’Iseo.
Il Calcare di Zu è costituito da calcari e calcari marnosi di colore variabile da
grigio nocciola a grigio scuro, compatti o a stratificazione variabile da sottile a
massiccia.
Verso la base della serie i calcari sono intercalati da argilliti marnose e marne.
Caratteristica è la presenza di uno o più livelli a coralli.
Il più recente lavoro sul Calcare di Zu (Jadoul et al, 1994) propone una
suddivisione dell'unità in quattro litozone:
litozona inferiore (Norico superiore), caratterizzata da alternanze di argilliti,
marne, calcari marnosi e calcari micritici. Le marne sono confinate alla base
della successione. Verso la parte alta si osserva un incremento delle
intercalazioni calcaree con un maggiore spessore degli strati;
litozona intermedia (Retico inferiore), con un progressivo incremento dei
calcari, soprattutto in corrispondenza degli alti strutturali. E' costituita da
calcilutiti bioturbate con resti di banchi di coralli e da calcareniti localmente
ricche di Crinoidi;
litozona superiore (Retico inferiore), suddivisa a sua volta in tre sottounità: la
prima con calcari marnosi grigi, la seconda con marne grigie verdastre, marne
argillose nerastre, calcari marnosi e calcari micritici, la terza con calcari
coralliferi;
litozona al “top” (Retico superiore?), costituita da calcilutiti sottilmente
stratificate, povere in fossili, associate superiormente a calcareniti oolitiche e
bioclastiche.
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 9
Il Calcare di Zu è a contatto superiormente con la Dolomia a Conchodon e
inferiormente con l'Argillite di Riva di Solto. Il limite superiore è generalmente
netto e corrisponde al passaggio da calcari grigio scuri, a stratificazione media o
sottile del Calcare di Zu, ai calcari o calcari dolomitici massicci generalmente a
tessitura oolitica e di colore chiaro della Dolomia a Conchodon.
La natura micritica dei calcari e, soprattutto, la presenza dei calcari biocostruiti a
coralli, testimoniano condizioni ambientali caratterizzate da acque poco profonde e
relativamente tranquille. Le intercalazioni marnose e argillitiche testimoniano
inoltre scarsi e saltuari apporti terrigeni, più frequenti durante la deposizione della
parte basale della serie.
In base alla biostratigrafia a pelecipodi, echinoidi e brachiopodi, l'età della
formazione del Calcare di Zu è il Norico superiore ed il Retico.
Nella zona la potenza dell’unità è di circa 1000 m.
DOLOMIA A CONCHODON
La formazione consiste di calcari micritici e talvolta oolitici grigio nocciola in
grossi banchi a stratifícazione indistinta.
La Dolomia a Conchodon è a contatto inferiormente con il Calcare di Zu e
superiormente con il Calcare di Sedrina. Il limite inferiore corrisponde al
passaggio da calcari grigio scuri a stratificazione media o sottile del Calcare di Zu
ai calcari o calcari dolomitici massicci generalmente a tessitura oolitica e di colore
chiaro della Dolomia a Conchodon.
Il limite superiore viene posto invece nel punto in cui si osserva la comparsa di
calcari grigio chiari a stratificazione decimetrica con noduli di selce grigia e grigia
scura.
La Dolomia a Conchodon si è formata tra il tardo Retico e l'inizio dell'Hettangiano
(Gnaccolini, 1965b). La sua potenza è di circa 160 m.
CALCARE DI SEDRINA
È stato definito da Francani (1967) con sezione tipo presso Sedrina (BG), in bassa
Val Brembana.
Si tratta di una successione ben stratificata di calcari bioclastici a matrice micritica
grigio marnosi, con noduli di selce da bianca a grigio scura.
E’ limitata inferiormente dalla Dolomia a Conchodon e superiormente dal Calcare
di Moltrasio. Il limite inferiore corrisponde al passaggio graduale dai calcari a
stratificazione indistinta della Dolomia a Conchodon ai calcari marnosi grigi con
noduli di selce grigia del Calcare di Sedrina.
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 10
Il limite superiore è graduale e corrisponde alla comparsa della selce nerastra e
delle maggiori intercalazioni marnose del Calcare di Moltrasio.
Nella sezione tipo descritta da Francani presso Sedrina, sono stati distinti due
membri:
inferiore: con calcari oolitici, calcari dolomitici e calcari marnosi grigio scuri o
neri, a stratificazione massiccia, con noduli di selce grigia;
superiore: con predominanza di calcari marnosi neri in strati sottili e noduli di
selce chiara e bianca; in esso i calcari oolitici e dolomitici sono rari.
L’età della formazione è Hettangiana, l’ambiente marino poco profondo e talora
neritico. Lo spessore nella zona di studio è di circa 100 m.
CALCARE DI MOLTRASIO
E’ costituito da calcareniti e calcilutiti marnose grigio scure a stratificazione
media, piano-parallela, con liste di selce nera e frequenti intercalazioni marnose.
Nella parte inferiore sono presenti inoltre strati di calcareniti grigio chiare.
La denominazione dell’unità è da attribuire a Stoppani e deriva dalla località di
Moltrasio (CO). Il limite inferiore può essere più o meno netto, a seconda che
siano presenti i livelli silicizzati a tetto del Calcare di Sedrina. Il limite è di norma
segnato dalla maggior frequenza di intercalazioni marnose e dal colore nerastro dei
noduli di selce del Calcare di Moltrasio.
In base alla biostratigrafia ad ammoniti l’età del Calcare di Moltrasio è
Sinemuriano-Pleinsbachiano; nella zona di studio la potenza si aggira attorno ai
100-300 m. L’ambiente di formazione è marino aperto.
CALCARE DI DOMARO
Il nome della formazione è antico (Bonarelli, 1894) e deriva dal Monte Domaro
(BS), dove è stata descritta per la prima volta.
Il Calcare di Domaro è costituto da calcari marnosi a stratificazione variabile da
sottile a spessa, piano-parallela, con liste e noduli di selce ed intercalazioni
marnose grigio-verdi. In associazione si rinvengono calcilutiti grigie o rosse con
intercalazioni di calcari marnosi nodulari, ricchi in Ammoniti, o strati e banchi
calcarenitico marnosi a liste di selce, gradati e laminati.
L’intervallo inferiore della successione verticale, presso il bacino Sebino, è
rappresentato da alternanze calcareo-marnose, a stratificazione media con liste e
noduli di selce grigia, associati a torbiditi pelagiche fini, in strati gradati e laminati
a cui si intercalano potenti corpi di slump a geometria marcatamente lenticolare.
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 11
L’intervallo superiore presenta associazioni di calcari marnosi grigi in strati e
banchi talora pluridecimetrici e calcareniti gradate passanti a marne, in strati
piano-paralleli da sottili a medi, d’origine più chiaramente torbiditica.
Il limite inferiore con il Calcare di Moltrasio è normalmente graduale, e
corrisponde al passaggio dalle calcareniti marnose con liste di selce nera del
Calcare di Moltrasio ai calcari più chiari e più micritici del Calcare di Domaro.
Il limite superiore è graduale, con il Calcare di Domaro sovrastato da marne e
calcari marnosi della Formazione di Concesio.
L'età della formazione è Pleinsbachiano, l’ambiente è marino aperto; la potenza
nella zona di studio è di circa 400 m.
Per la stessa successione, Montanari (1974), propone la distinzione in tre litofacies
(cfr.fig. 1.8):
TIPO 1: calcari ad alta composizione detritica di derivazione intra ed extra
bacinale, frequentemente o tendenzialmente gradati, identificati, per la
Lombardia orientale, nelle calcareniti della Formazione di Concesio del
Domeriano terminale e del Toarciano. Rappresentano apporti in depressioni ai
margini di scarpate.
TIPO 2: calcari ad alta componente chimica e biochimica, a scarsa matrice
siltosa, ad ossidi di ferro trivalente e, solo occasionalmente, con apporti
calcarenitici intrabacinali. Questi calcari rappresentano essenzialmente una
fanghiglia pelagica.
TIPO 3: calcari, calcari marnosi, marne, tendenzialmente condensati,
ugualmente nodulari, a matrice siltosa ossidata, talvolta con apporti detritici
intrabacinali. Identificabili nei “rossi ammonitici” del Domeriano e soprattutto
del Toarciano. Rappresentano fanghiglie emipelagiche.
Figura 1.8. Cronostratigrafia del M. Domaro (Montanari, 1974)
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 12
FORMAZIONE DI CONCESIO
La formazione prende nome dall’area di Concesio localizzata in Bassa Val
Trompia, BS (Boni & Cassinis, 1973), ma non ha mai ricevuto denominazione
formale, né esiste una sezione tipo.
La formazione di Concesio è costituita da tre membri. Il membro inferiore “Calcari
Nocciola”, costituito da marne, calcari marnosi e calcareniti chiari; il membro
superiore “Calcari Medoloidi”, rappresentato da letti alternati di calcari e marne,
con selce; il terzo, di Molvina, è composto di marne e calcilutiti con lenti di
calcareniti.
L'età della formazione è Toarciano-Bajociano, l’ambiente marino aperto e la
potenza nell’area di studio è di circa 130 m.
ROSSO AMMONITICO LOMBARDO
È costituito da calcari marnosi rosati in noduli, fasciati da marne di color rosso
mattone e presenta fauna ad Ammoniti. Il nome è seguito da “Lombardo” per
differenziarlo dall’omonimo “Veronese”. È databile alla fine del Liassico.
RADIOLARITI
Le radiolariti sono costituite da una successione di selci a stratificazione
centimetrica e piano parallela o piano ondulata, di colore rosso, verde o bruno, con
sottili interstrati marnoso-argillosi e rari livelli marnoso-calcarei.
L'unità appartiene al Gruppo del Selcifero Lombardo, insieme al Rosso ad Aptici.
La denominazione risale al secolo scorso, ma è stata formalizzata negli anni
sessanta (Pasquarè, 1965).
Il limite inferiore con la Formazione di Concesio è generalmente netto e
corrisponde al passaggio dalle marne rossastre della Formazione di Concesio alla
selce bruna e verde delle Radiolariti.
Il limite superiore è graduale ed è segnato dalla progressiva diminuzione degli
strati selciferi e dal passaggio ad una colorazione rossa più uniforme, caratteristica
del Rosso ad Aptici.
In base alla zonazione a Radiolari l'età delle Radiolariti è Batoniano-
Kimmerdgiano.
ROSSO AD APTICI
La denominazione è stata formalizzata da Pasquarè (1965).
Il Rosso ad Aptici è costituito da una successione di calcari marnosi e marne a
stratificazione da sottile a media, con liste e noduli di selce di colore rosso vinato.
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 13
Il Rosso ad Aptici appartiene al Gruppo del Selcifero Lombardo. Il limite inferiore
con le Radiolariti è graduale e corrisponde ad un decremento della selce a favore
degli strati di marne rosse e calcari marnosi.
Il limite superiore con la Maiolica può essere più o meno graduale, a seconda che
sia presente o meno un orizzonte di transizione.
In base alla presenza di Aptici ed in base alla biostratigrafia a nanofossili calcarei
l’età della formazione è Kimmeridgiano-Titoniano superiore (Pasquarè, 1965).
MAIOLICA
E’ una successione di calcilutiti bianche o grigio chiare a stratificazione da sottile a
media, con liste e noduli di selce di colore variabile da rosa, alla base della
formazione, a grigio nere.
La denominazione della formazione è molto vecchia e richiama l'aspetto
porcellanaceo delle calcilutiti che la costituiscono.
Essa è limitata inferiormente dal Rosso ad Aptici e superiormente dalle Marne di
Bruntino. Il limite inferiore è generalmente graduale, con la presenza di un livello
di transizione. Il limite superiore può essere graduale a seconda che sia presente un
orizzonte di transizione o meno.
L’età della formazione è Titoniano-Aptiano inferiore.
1.2.6 Calcare di Domaro nell’area di studio
Nell’area è la formazione più diffusa sia per motivi stratigrafici (ha uno spessore di
circa 1100 m) che per motivi strutturali; essa affiora al di sotto della copertura
glaciale, lungo il versante destro della valle di Tavernola (ove c’è la miniera) e
nell’alta valle di Tavernola o valle delle Tombe; costituisce quasi interamente gli
edifici montuosi del monte Saresano, del monte Mandolino e la parte sommitale
della Punta del Bert e del monte Creò; inoltre è diffusa su tutto il versante
meridionale della valle dei Foppi e tra questa ed Acquaiolo (comune di Parzanica).
La società che gestisce il progetto minerario ha commissionato un lavoro di
approfondimento geologico dell’area che ha reso possibile l’individuazione, nel
Calcare di Domaro, di sei facies (cfr.fig. 1.9) in base al contenuto di terrigeno e
selce ed alla natura di quest’ultima (Ravagnani & Santambrogio, 1993).
La descrizione è svolta dalla più vecchia alla più recente facies, con indicazione
della sigla che la individua nella carta geologica allegata (tavola 3).
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 14
Facies basale (DB)
Si rinviene soprattutto nella valle delle Tombe fino a Vigolo.
Sono calcari marnosi grigio bruni o grigio scuri, in strati decimetrici con
sottilissime intercalazioni di marne grigio giallastre.
Facies selcifera (DS)
Affiora diffusamente sul versante sinistro della valle di Tavernola o valle delle
Tombe, è più limitata nella valle dei Foppi a Parzanica.
E’ una ripetizione di cicli sedimentari alla cui base si trovano arenarie silicizzate
grigio chiaro o nocciola, cui si sovrappongono calcari marnosi grigi e marne grigio
brune o verdastre.
Le selci sono in noduli o continue e si è osservato che aumentano verso SudOvest
mentre, in concomitanza, la frazione marnosa decresce.
Nella valle del torrente Rino la selce è organogena, con spessore di 10-15 cm
contro gli 1-2 sul lago.
Figura 1.9. Rapporti stratigrafici del Calcare di Domaro e sue facies
(Ravagnani & Santambrogio, 1993)
≈ Capitolo 1. Aspetti ambientali ≈ 15
Facies a “Tripoli” (DT)
Presenta caratteri d’eteropia con la facies marnosa. E’ ben sviluppata nella valle di
Tavernola fra Pressana e Vigolo, mentre a NordEst della dismessa area mineraria
si chiude completamente.
E’ costituita da diatomiti in strati centimetrici, alternate a calcari marnosi selciferi.
Le diatomiti sono porose e leggere, bianche giallastre o più di rado verdi,
facilmente erodibili.
Facies calcarea (DC)
Sono calcari marnosi passanti verso l’alto a calcari debolmente marnosi, di color
nocciola; hanno un certo contenuto fossilifero e, rispetto alla facies successiva, il
contenuto di materia bituminosa è inferiore.
Facies marnosa (DM)
Affiora lungo la bassa valle di Tavernola e nella zona d’escavazione.
La sua continuità verticale è interrotta da intercalazioni a diversa litologia: un
livello calcareo, uno a “Tripoli” ed uno a noduli e liste di selce grigia o bruna.
Sono calcari marnosi dal colore grigio bruno o nocciola chiaro, in strati di 20-70
cm di spessore, con sottili intercalazioni marnose bruno giallastre. Questa facies ha
una composizione mineralogica che risponde ai requisiti di marna da cemento.
Caratteristica peculiare è la presenza di macchiette nerastre di materiale
bituminoso; tra la facies a “Tripoli” e quella calcarea si trovano noduli ferruginosi
a volte costituiti da esemplari di ammoniti piritizzate o alterate in ossidi di ferro
(cfr.fig. 1.10). Evidenti sono pure forme di dissoluzione carsica soprattutto in
concomitanza di fratture.
Figura 1.10. Esemplare di ammonite rinvenuto in miniera