49
2.6. Il suicidio in carcere
Già alla fine dell 800 lo psichiatra(Morselli, 1879) dimostrò che i suicidi erano
molto più frequenti in carcere che nella società esterna. Nel corso del tempo
numerosi studi successivi hanno confermato questo dato, come ad esempio uno
studio comparativo(Pompili, Ferrara , Galeandro , & Narciso , 2006) in cui emerge
che la media dei suicidi per 10.000 detenuti nei paesi Europei è pari a 14, mentre
nella popolazione la media è di 2 suicidi per 10.000 abitanti. Il tasso di suicidi tra i
detenuti, in Italia, è poco più basso della media Europea, infatti nel 2017 è stato
registrato un tasso pari a 9,1 per 10.000 detenuti( Associazione Antigone, 2018).
Comunque, nel nostro paese, le ricerche allinterno degli istituti penitenziari sul
suicidio sono poche e di non facile realizzazione: spesso si incontrano diverse
difficoltà, tra le quali, ad esempio, la difficoltà nel reperimento del materiale o del
numero esatto dei decessi. A tal proposito possiamo notare, nelle tabelle 1 e 2,
che i dati raccolti da due fonti diverse presentano delle differenze. Ad esempio,
nel 2013 il Dipartimento dellAmministrazione penitenziaria (DAP) riporta un
numero di decessi per suicidi pari a 42, mentre i casi individuati dal Centro studi di
Ristretti Orizzonti
32
e riportati nel dossier Morire di carcere sono 49. Inoltre,
grazie ai dati elaborati dallassociazione Openpolis per la realizzazione del
minidossierDentro e fuori(2016) possiamo notare che il divario esistente tra le
due fonti è quasi sempre presente.
In ogni caso possiamo affermare che, probabilmente, non sia sempre stata
dedicatala la giusta attenzione allargomento suicidio allinterno dei
penitenziari. Di fatti il gesto suicida e quello autolesionistico, in questo ambiente,
vengono spesso interpretati come gesti manipolatori e strumentali attraverso i
quali i detenuti tentano di ottenere dei benefici.
32
Ristretti Orizzonti è uno dei gruppi di lavoro, allinterno dell a Casa di Reclusione di Padova che
da più di dieci anni è impegnato nella ricerca e nella produzione di materiale informativo sul
carcere.
50
Tabella 1 Suicidi nelle carceri anno 2013: dati del DAP e di Ristretti Orizzonti a confronto
33
Istituto Penitenziario Suicidi Report DAP Suicidi Dossier Morire di carcere
Alghero 1 1
Ancona Montacuto 1 1
Aversa OPG 1 1
Benevento 1 1
Bergamo 1 1
Caltanissetta 2 2
Castelfranco Emilia CL 1
Catanzaro 2 2
Cremona 1 1
Crotone 1 1
Ivrea 1 1
La Spezia 1 1
Latina 1 1
Lecce 1 1
Livorno 1
Macomer 1
Milano Opera 1 2
Napoli OPG 2 2
Napoli Poggioreale 2 2
Napoli Secondiglianio 1 2
Noto 1 1
Padova 1 1
Palermo Pagliarelli 1 1
Perugia 1 1
Pesaro 1 1
Pescara 1 1
Prato 1 1
Reggio Emilia OPG 1
Roma Rebibbia NC 3 3
Rossano 1 1
S. Angelo Lombardi 1 1
Spoleto 2 2
Taranto 1 1
Terni 2 2
Torino 1 1
Trieste 1 1
Velletri 1 2
Viterbo 1 1
Totale 42 49
33
Fonte: Associazione Ristretti Orizzonti
http://www.ristretti.it/commenti/2014/gennaio/pdf1/dossier_2013_confronto.pdf
51
Tabella 2 Confronto dei dati sui suicidi in carcere: Ministero della Giustizia vs. Ristretti Orizzonti
34
34
Fonte: Openpolis, Minidossier, Dentro o fuori. Il sistema penitenziario italianotra vita in carcere
e reinserimento sociale, 2016
52
A tal proposito Page(1994), esaminando nel suo studio la reazione dellistituzione
davanti al detenuto suicida, evidenzia che per lo staff penitenziario la persona che
compie questo gesto è considerato malato di mente, altrimenti si tratta di un
detenuto ribelle che tenta di at tirare attenzione su di sé o ancora cerca di
vendicarsi delle ingiustizie subite. Proprio per questo Ubaldi(1997) ritiene che il
gesto suicidario nel contesto detentivo può assumere due significati importanti,
ovvero suicidio come fuga e suicidio come vendetta.
In passato la sanità in carcere è stata carente e non presente nella maniera
adeguata, infatti le mancanze, i ritardi e le omissioni hanno avuto conseguenze
gravi sulla vita dei soggetti detenuti. Questo purtroppo è dipeso da un approccio
alla tutela della salute influenzato dal retaggio culturale secondo il quale i detenuti
non sono meritevoli di cure e attenzione alla pari degli altri cittadini in quanto
colpevoli, simulatori, lamentosi(Manconi & Torrente, 2015). Negli anni,
però, il fenomeno del suicidio e del tentato suicidio in carcere hanno ricevuto
unattenzione maggiore, tanto che a seguito dellaumento dei suicidi e degli atti di
autolesionismo, nel 1987 il Dipartimento dellAmministrazione Penitenziaria ha
emanato la circolare Amato intitolata Tutela della vita e dellincolumità fisica e
psichica dei detenuti e degli internati. Istituzione e organizzazione del Servizio
Nuovi Giunti
35
. Ma, come nota Ubaldi(1997), dalle misure preventive e curative
poste in essere dallamministrazione si evince che lapproccio al fenomeno
suicidario è esclusivamente di tipo medico-psichiatrico.
Nel corso del tempo, però, sempre più importanza è stata data ai fattori esogeni
collegati al suicidio e grazie a questi contributi si apprende che la detenzione stessa
rappresenta un fattore di rischio effettivo per il comportamento suicidario.
35
Il Servizio Nuovi Giunti prevede che entro le prime 24 ore di detenzione del nuovo soggetto
venga effettuato un colloquio per accertare il rischio suicidario e sulla base dei risultati ottenuti
il detenuto viene assegnato in un reparto specifico.
53
Ad esempio, Manconi e Boraschi(2006) nel loro studio sul suicidio e
lautolesionismo in carcere, concentrandosi maggiormente proprio sui fattori
esogeni, cioè quel gruppo di elementi implicati nel suicidio che vanno al di là dei
fattori endogeni, ovvero la storia del soggetto e le condizioni psico-fisiche, hanno
notato che laffollamento dellistituto è un fattore strettamente correlato al tasso
di suicidi. Infatti, dalla loro analisi emerge che, se nelle carceri non affollate ci si
uccide 15 volte in più rispetto a quanto si faccia fuori, in quelle sovraffollate il tasso
è di 18 volte superiore rispetto lesterno. Sicuramente non si può pensare che ci
sia una causalità lineare (causa-effetto) tra affollamento e suicidio, ma i dati che
emergono impongono la necessità di ricercare delle spiegazioni a partire dalle
politiche penitenziarie del paese. Infatti, il sovraffollamento è la manifestazione
evidente di gravi carenze organizzative e strutturali che creano disagio e
sofferenza a tutti i protagonisti della vita in istituto.
La scelta degli autori di utilizzare una prospettiva ambientale per comprendere il
fenomeno suicidario e autolesionistico in prigione deriva dai risultati ottenuti
attraverso alcuni studi condotti in Inghilterra e in Nord America che prendevano
in esame lambiente carcerario e le pratiche penitenziarie per studiare le morti
autoinflitte. Utilizzando tale prospettiva, in entrambi i rapporti sui suicidi nelle
carceri italiane (Manconi, 2002; Manconi & Boraschi, 2006), si riscontrano in linea
generale dei risultati coerenti con quelli della letteratura internazionale in tre
punti principali, ovvero:
1. Le prime settimane di detenzione sono quelle ritenute più a rischio per la
commissione di suicidio perché il detenuto che entra per la prima volta in
carcere è esposto al trauma da ingresso;
2. I detenuti più giovani sono quelli più a rischio suicidario perché non
avendo dimestichezza con lo stile di vita detentivo, le regole e le gerarchie
presenti non conoscono il codice di comportamento da seguire per tenersi
al riparo dai traumi della vita reclusa(Baccaro & Morelli, 2009);
3. Nella maggior parte dei casi a togliersi la vita sono i soggetti che non hanno
ancora ricevuto una condanna definitiva.
54
Nel recente lavoro di Anselmi, Anniali e Ghini(2014) viene sottolineato che in un
ambiente molto deprivante, come quello del carcere, lessere del soggetto tende
allassottigliamento, comportando così lannullamento del delicato nucleo
esistenziale. Secondo questi autori è proprio la condizione detentiva, con i suoi
disagi, tra i quali il sovraffollamento e la mancanza di progettualità, ad esporre il
detenuto al rischio suicidario.
Anche lAmministrazione Penitenziaria attraverso gli studi di Pietro Buffa(2008;
2012) inizia a focalizzarsi su gli aspetti ambientali connessi al fenomeno. Nel suo
lavoro, infatti, Buffa utilizzando i dati raccolti dagli uffici statistici
dellamministrazione penitenziaria definisce le variabili stimolanti e le variabili
inibenti dellautolesionismo. Nella tabella 3 è riportata la classif icazione delle
variabili. Dalla suddivisione di queste variabili si evince che lorganizzazione
dellistituzione influisce sul comportamento suicidario dei detenuti, infatti le scelte
organizzative degli istituti, come ad esempio il tipo di regime detentivo impostato
su una maggiore o minore limitazione della mobilità, le relazioni più o meno stabili
con gli operatori o la possibilità di mantenersi impegnati durante il giorno,
sembrano adesso assumere un ruolo fondamentale nella comprensione del
fenomeno tanto da essere considerate tra le variabili da tenere in considerazione.
55
Tabella 3 Variabili stimolanti e variabili inibenti per lautolesionismo
36
Variabili stimolanti Variabili inibenti
Promiscuità giuridica e penitenziaria Omogeneità giuridica e penitenziaria
Affollamento detentivo Disponibilità di spazi
Regime detentivo improntato a maggiore
limitazione della mobilità e a maggiore
monotonia
Regime detentivo aperto, articolazione
delle giornate detentive
Grande disponibilità di strumenti e di
opportunità per attuare i comportamenti
autoaggressivi
Limitata disponibilità di strumenti e
opportunità per attuare i comportamenti
autoaggressivi
Inattività prolungata Attività costante
Limitate e sporadiche relazioni con gli
operatori penitenziari
Presenza di articolate e stabili relazioni
con gli operatori penitenziari
Bassa qualità della vita relazionale Buona qualità delle relazioni in genere
Limitata capacità di coping. Marginalità
socioindividuale
Buon livello di coping associato a un buon
livellosocioindividuale
Ripetuti trasferimenti di sezione o istituto Stanzialità detentiva
In attesa di giudizio o condanna non
definitiva
Condanna definitiva
Genere maschile Genere femminile
Assenza di riferimenti affettivi esterni Stabilità affettiva
Giovane età, straniero (per
lautolesionismo) Età adulta, cittadinanza italiana (per
lautolesionismo) Età adulta, italiano (per il suicidio) Giovane età, straniero (per suicidio) Reattività comportamentale Regolarità e stabilità comportamentale
36
Fonte: Buffa Pietro (2008), Alcune riflessioni sulle condotte autoaggressive poste in essere negli
istituti penali italiani (2006-2007), p.61
56
2.7 Il suicidio nella Polizia Penitenziaria
Scrivendo sul motore di ricerca più usato al mondo, Google, suicidio nella Polizia
Penitenziaria in pochi secondi possiamo ritrovare numerosissimi a rticoli di
giornale o pagine dei vari gruppi sindacali dedicati al Corpo, che riportano i
numerosi casi di questo fenomeno. Ecco i titoli dedicati ai suicidi avvenuti
nellultimo anno tra gli agenti:
1. 4 aprile 2018 Agenti penitenziari, in aumento suicidi e aggressioni
37
2. 11 dicembre 2017 Malessere nella Penitenziaria, suicida un altro
agente
38
3. 24 novembre 2017 Agente di Polizia Penitenziaria si suicida con la
pistola dordinanza. Sposato, con tre figli, era in servizio nel carcere di
Padova
39
4. 15 settembre 2017 Prato, agente penitenziario si toglie la vita
40
5. 13 settembre 2017 Agente della polizia penitenziaria si suicida, lavorava
al Pagliarelli
41
6. 29 giugno 2017 Milano, agente della polizia penitenziaria si suicida con
la pistola d'ordinanza in un garage
42
7. 28 giugno 2017 Agente di polizia penitenziaria spara alla moglie e si
suicida
43
8. 11 aprile 2017 Ancora un suicidio: poliziotto penitenziario si impicca in
casa a Marsala
44
37
http://www.rassegna.it/articoli/agenti-penitenziari-in-aumento-suicidi-e-aggressioni
38
http://www.ilgiornaleditalia.org/news/cronaca/893244/Malessere-nella-Penitenziaria--suicida
un.html
39
http://www.poliziapenitenziaria.it/public/post/blog/agente-di-polizia-penitenziaria-si-suicida-
con-la-pistola-daposaposordinanza-sposato-con-tre-f-3660.asp
40
http://www.reportpistoia.com/prato/item/51703-prato-agente-penitenziario-si-toglie-la-
vita.html
41
http://www.palermotoday.it/cronaca/suicidio-agente-polizia-penitenziaria-pagliarelli.html
42
http://www.milanotoday.it/cronaca/sucidio-polizia-penitenziaria.html
43
http://www.alsippe.it/it/2017/06/28/agente-di-polizia-penitenziaria-spara-alla-moglie-e-si-
suicida/
44
http://www.poliziapenitenziaria.it/public/post/blog/ancora-un-suicidio-poliziotto-
penitenziario-si-impicca-in-casa-a-marsala--3382.asp
57
Lepisodio più recente risale al 18 aprile 2018.
Con il titoloCar ceri, suicida agente polizia penitenziaria , lAnsa riporta quanto
segue:Un poliziotto penitenziario di 31 anni effettivo alla Casa Circondariale di
Aosta e di origini sarde, sposato da pochi mesi, in forza al Gruppo Operativo Mobile
e in questo periodo operativo in Sardegna, si è tolto la vita a Oristano(ANSA,
2018).
In Italia, purtroppo, sono ancora pochissimi gli studi dedicati al tema del suicidio
tra gli appartenenti alle forze dellordine in generale e alla polizia penitenziaria in
particolare. Proprio per questo risulta molto difficile quantificare il numero
effettivo dei suicidi tra gli appartenenti alle forze di polizia e comparare i dati con
la popolazione di riferimento.
Per quanto riguarda la polizia penitenziaria, stando a quello che scrive il Segretario
Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, Donato Capece, negli anni
tra il 2015 e il 2017 si sono suicidati più di 55 poliziotti e dal 2000 a oggi sono stati
complessivamente più di 110(Capece, 2017). Ma i dati non sono certi ed assoluti,
ad esempio, nel periodo che va da 2010 al 2016 lassociazione Cerchio Blu
45
,
attraverso lOsservatorio Nazionale dei Suicidi nelle Forze dellOrdine (ONSFO) riporta 53 casi di suicidio.
I dati ufficiali del DAP, riferiti al periodo 2009-2014 indicano 47 casi(Minniti, 2017),
nello specifico vengono riportati 7 casi nel 2013 e 11 nel 2014, questo mostra già
delle piccole differenze con i dati raccolti dallONSFO. Per un confronto diretto
riportiamo le tabelle elaborate dalle due fonti.
In ogni caso lan damento del fenomeno dimostra un trend di crescita negli ultimi
anni e questo richiede un intervento mirato.
45
Cerchio Blu nasce nel 2004 come primo progetto di sostegno psicologico per la Polizia italiana.
Dal 2006 al 2014 CERCHIOBLU è stata la Piattaforma Scientifica e Divulgativa focal point
nazionale sui temi inerenti lo stress tipico degli operatori di Polizia e dellemergenza. Dal 2014,
Cerchio Blu si è costituita in Associazione NoProfit divenendo lunica Organizz azione Non
Governativa che si occupa trasversalmente e in modo multidisciplinare in Italia, di gestione
delle situazioni critiche in emergenza, di comunicazione durante la crisi, di comunicazione social
2.0 in emergenza, di gestione dello stress degli operatori di polizia e dei soccorritori e del loro
supporto psicologico, dellassistenza delle vittime di eventi traumatici, della comunicazione del
decesso ai familiari delle vittime, di Etica di Polizia.