2
seguire nel tradurre del materiale audiovisivo da una lingua A ad una lingua B e
successivamente a una lingue C partendo dall’esistenza delle versioni in lingua A
e B. Le traduzioni delle opere di questo regista sono interessanti perché
introducono il concetto di dubtitles: ovvero sottotitoli fatti non a partire dalla
traccia audio originale, ma dalla traccia doppiata in un’altra lingua. In particolare,
vedremo cosa succede quando i sottotitoli in una lingua C vengono realizzati
partendo dai dubtitles nella lingua B. Vedremo infatti come i sottotitoli in italiano
dei film di Miyazaki siano spesso traduzioni dei dubtitles inglesi, che altro non
sono che trascrizioni dei dialoghi doppiati inglesi, generalmente fortemente
adattati rispetto ai dialoghi giapponesi. La nostra analisi riguarderà i quattro
lungometraggi del regista usciti in Italia, cioè Princess Mononoke, Kiki –
Consegne a domicilio, Laputa Castello nel Cielo e La città incantata.
Il terzo capitolo presenta un esperimento pratico di quanto spiegato nel secondo
capitolo. Eseguiremo cioè due proposte di sottotitolaggio per il film di Hayao
Miyazaki Tonari no Totoro: una a partire dall’audio giapponese, una a partire dai
dubtitles inglesi. Lo scopo è renderci conto se le due liste sottotitoli siano
sostanzialmente compatibili o se effettivamente le differenze siano tali da rendere
problematico il fatto che nei DVD italiani, come sottotitoli dal giapponese, si
trovino le traduzioni dei dubtitles inglesi.
Infine, alleghiamo in appendice le interviste a Roberto Morville, della Buena
Vista International, responsabile del doppiaggio di alcuni dei film di Miyazaki, e a
Roberto Miglio, della Buena Vista Home Entertainment, che spiega invece la
prassi di sottotitolaggio seguita dall’azienda. Si allegano inoltre lo script di Tonari
no Totoro scritto in caratteri giapponesi e una tabella per la conversione da
caratteri giapponesi a caratteri romani. L’ultimo allegato è una spiegazione
tecnica di un procedimento per aggiungere i sottotitoli a un DivX.
3
Capitolo I
I Fansub
Parlando di animazione giapponese e sottotitolaggio non si può evitare di parlare
del fenomeno di sottotitolazione amatoriale chiamato fansub
1
. A prima vista,
infatti, sottotitolare un film in giapponese potrebbe sembrare un’operazione fuori
dalla realtà perché, in un paese del doppiaggio come l’Italia, in cui quasi tutto
viene doppiato, per una lingua esotica come il giapponese la scelta del doppiaggio
sulla sottotitolazione è ancora più ovvia. Tuttavia, esiste una particolare nicchia di
persone, gli appassionati di cartoni animati giapponesi, per cui solo il
sottotitolaggio può rendere pienamente e rispettare i contenuti del prodotto amato.
Il mondo dei fansub è forse sconosciuto ai più, ma sicuramente vivace, attivo e
produttivo. In questa breve analisi cercherò di descrivere il mondo dei fansub.
Questo excursus vuole essere solo una panoramica su un fenomeno esistente e non
un invito al loro utilizzo o una guida ad azioni al limite della legalità. Prima di
tutto spiegherò cosa sono, come e perché si sono sviluppati; poi, mi concentrerò
su come funzionano e su come i fansubbers (ovvero i ‘fan sottotitolatori’, coloro
che producono i fansub) li producono e distribuiscono, parlando anche di alcuni
siti esistenti; analizzerò infine la questione della loro legalità.
1
In italiano, essendo un termine preso in prestito recentemente, il suo utilizzo linguistico di fansub
non è ancora standardizzato. Fansub/fansubs indica sia i sottotitoli che i filmati sottotitolati. Il
plurale è fansubs o fansub; il termine è utilizzato sia come maschile che come femminile. La
ricerca su Google, pagine in italiano, del 26/03/2005 riporta i seguenti risultati:
la fansub: 22 casi
le fansub: 86 casi
le fansubs: 14 casi
il fansub: 947 (utilizzato per riferirsi al ‘fenomeno del fansub’)
i fansubs: 9 casi
i fansub: 279
4
1.1. Cosa sono
Accanto alle aziende che si occupano di doppiaggio e sottotitolaggio, nel corso
degli anni, anche grazie ad Internet, si è sviluppata una rete, più o meno
sotterranea, di appassionati che producono sottotitoli e se li scambiano
gratuitamente ‘online’.
Questo fenomeno, che si sta diffondendo anche per altri generi cinematografici, è
nato precisamente per gli ‘anime’, cioè i cartoni di animazione giapponese. Il
termine ‘anime’ è una parola entrata in giapponese come prestito dall’inglese
‘animation’: in giapponese indica ogni tipo di film d’animazione, ma poi è entrata
come prestito in inglese, e successivamente nelle altre lingue, per indicare in
modo specifico l’animazione giapponese. La produzione di questi cartoni è
talmente abbondante che non tutti escono in versione tradotta in altre lingue, o in
ogni modo a volte questo avviene molti anni dopo l’uscita in Giappone. Per
colmare questo vuoto, i fan hanno creato i ‘fansub’. Questo fenomeno esiste da
qualche anno in Italia, ma negli Stati Uniti è andato sviluppandosi negli ultimi
venti anni. In uno dei tanti siti web dedicati agli anime si può trovare la seguente
definizione, tra il serio e il faceto, del termine fansub:
Fansub: [fa'n-su'b] sost. masch. neol. (deriva dall'inglese "fan" e "subtitle") -
1. Attività senza scopo di lucro tramite la quale un gruppo di appassionati di
anime cerca di far conoscere agli altri anime fan serie che altrimenti
avrebbero poche speranze di essere importate in Italia (o che vedrebbero la
luce dopo ere geologiche)
2
.
(“AcK.it” 2005)
La traduzione di questa parola, giunta dall’inglese attraverso il giapponese,
composta da fan e subtitles sarebbe “sottotitolazione da/per appassionati”, in altre
parole sottotitolaggio eseguito da appassionati per appassionati. Da un sunto di
tutte le dichiarazioni di intenti dei gruppi di ‘fans sottotitolatori’ si ricava che i
principi chiave del fansub sono due:
2
Definizione da “AcK.it”, http://www.ackit.altervista.org
5
1. Non trarre alcun guadagno economico, ma tradurre e sottotitolare solo per
diffondere la conoscenza degli anime;
2. Cessare la produzione e la distribuzione di un anime non appena ne vengano
acquistati i diritti per il paese o area linguistica di competenza.
In generale, si tratta di materiale video originale giapponese sottotitolato in altre
lingue, principalmente in inglese, ma sempre più frequentemente anche in lingue
diverse, soprattutto europee, come tedesco, francese, spagnolo, italiano,
portoghese, polacco e via dicendo.
Le ultime versioni di fansub vengono anche chiamate ‘digisubs
3
’, parola che
proviene dalla combinazione di ‘digital’ e ‘fansub’. I ‘digisubs’ sono anime
sottotitolati dagli appassionati in digitale, che possono essere scaricati da Internet.
Si tratta generalmente di file in formato DivX (avi), che possono essere aperti con
Windows Media Player o DivXPlayer. Per produrli vengono utilizzati software
per il sottotitolaggio come Sub Station Alpha (per creare i titoli) e VirtualDub (per
aggiungere i sottotitoli al video), anche se escono in continuazione programmi più
pratici, come ad esempio Subtitle Workshop. I fansub esistevano anche prima
dell’era digitale, ma si trattava di VHS o SVHS che dovevano essere ordinati e
spediti, con chiari problemi aggiuntivi, tra cui le spese di spedizione e il fatto che
dovessero essere prodotte molte copie. Ora, con i fansub digitali, è sufficiente
produrre una copia che poi ogni appassionato potrà scaricare da casa con il
proprio computer. Seguendo la tendenza dei fan, utilizzeremo il termine ‘fansub’
per designare indistintamente ‘fansubs’ e ‘digisubs’, dato che l’uso dei VHS è
praticamente scomparso.
Per riassumere, ciò che avviene con i fansubs/digisubs attuali è che il materiale
giapponese, sottotitolato da amatori, viene messo a disposizione di chiunque lo
desideri, gratuitamente, su Internet. In alcuni casi, ciò che si scambia è solo il file
contenente i sottotitoli (softsub) utilizzabili con un filmato compatibile, in altri il
filmato comprensivo dei sottotitoli (hardsub). Il sistema dei fansub si basa
sull’idea del file sharing, in altre parole la possibilità di scambiare o condividere
file con altre persone connesse in rete, tutto questo gratuitamente e senza scopo di
lucro.
3
È interessante osservare che in italiano, facendo una ricerca con Google, in italiano, in data
26/03/2005 non si incontra nemmeno un caso di digisub o digisubs. Questo probabilmente perché
in Italia i fansub sono arrivati quando erano già digitali, quindi non c’è la necessità di distinguere
tra le due tipologie.
6
1.2. Storia
La maggior parte dei fansub sono in inglese (e spesso l’inglese viene utilizzato
come lingua pivot per tradurre nelle altre lingue) sia perché l’inglese è ormai la
lingua di comunicazione mondiale, sia perché il questo fenomeno è nato e si è
sviluppato negli Stati Uniti prima di diffondersi nel resto del mondo. Oggigiorno i
fansub vengono prodotti perché la traduzione e distribuzione ufficiale negli altri
paesi non seguono i ritmi di produzione in Giappone, ma il fansub è iniziato negli
Stati Uniti perché l’esportazione era inesistente proprio per il fatto che i primi
tentativi di esportazione non avevano riscontrato successo o erano stati ostacolati.
In pratica, i produttori giapponesi di anime si erano disinteressati del mercato
statunitense perché non erano riusciti a sfondare, poi però si è creata una rete di
appassionati che ha contribuito a diffondere e a fare apprezzare questi prodotti
tanto da spingere le società giapponesi a ricominciar l’esportazione negli Stati
Uniti, in modo sempre più consistente.
1.2.1. Gli Stati Uniti
4
1.2.1.1. Arrivo degli anime negli Stati Uniti
I primi cartoni animati giapponesi arrivarono negli Stati Uniti nel 1961 (Panda
and the Magic Serpent, Magic Boy, Alakazam the Great). In seguito arrivarono,
tra gli altri, Astro Boy (1963), Gigantor (1965), Kimba the White Lion (1965), e
Speed Racer (1967). La caratteristica principale era l’americanizzazione di questi
prodotti e le modifiche apportate alla storia per adattarla ai gusti dei bambini
americani. Negli anni ’70, però, si svilupparono movimenti per ‘epurare’ i
contenuti televisivi e si accentuò la protesta contro questi cartoni, ritenuti non
appropriati per i loro contenuti troppo violenti o con troppi riferimenti sessuali. La
distribuzione di questi prodotti venne così boicottata, e, di fatto i distributori
giapponesi si ritirarono dal mercato americano, tranne alcune eccezioni di cartoni
che comunque venivano pesantemente tagliati e censurati. L’animazione
4
Per la storia più dettagliata dei fansub negli Stati Uniti si veda. Leonard, 2004.
7
giapponese arrivava in America solo attraverso i canali via cavo in lingua
giapponese.
1.2.1.2. Nascita e sviluppo dei fanclubs
Verso la metà degli anni ’70 cominciarono a diffondersi i primi videoregistratori e
gli appassionati di fumetti e fantascienza iniziarono a registrare i programmi dalla
televisione giapponese per mostrarli agli amici. I primi anime iniziarono a essere
mostrati pubblicamente perché venivano portati da alcuni fans durante i raduni di
appassionati di fantascienza della LASFS (Los Angeles Science Fiction Society);
la visione di anime divenne sempre più frequente, pur restando un’attività
corollaria, e non quella principale, di quegli incontri. Proprio per questo, nel 1977
un piccolo gruppo fans di fantascienza fondò un club indipendente per i cartoni
animati giapponesi, per potere incontrarsi e guardarli regolarmente. Nacque così a
Los Angeles la Cartoon/Fantasy Organization (C/FO), il cui fondatore si
chiamava Fred Patten. Iniziò una intensa attività di scambio di videocassette: tra
fans in varie parti degli Stati Uniti, perché i canali giapponesi non erano gli stessi
in tutto il territorio, ma anche tra appassionati di fantascienza americani e
giapponesi. I giapponesi inviavano cartoni animati in cambio di serie come Star
Trek o Guerre Stellari. Questo fu reso possibile dal fatto che in Giappone e negli
Stati Uniti veniva utilizzato lo stesso formato video NTSC e quindi le stesse
videocassette erano compatibili sia con i videoregistratori americani che con
quelli giapponesi
5
. Nel frattempo, oltre alla C/FO stavano nascendo molti altri
club di appassionati di anime in tutti gli Stati Uniti, come ad esempio a Boston, a
New York, a Filadelfia. È importante notare, comunque, che in quel periodo i
cartoni venivano proiettati senza sottotitoli, in giapponese.
Much like attending an opera, someone would stand up and tell us the plot
and then we would watch without understanding anything said . We didn’t
know what we were watching but it was pretty damned interesting any way.
(Jenkins 2004)
5
N.B. Per i dvd, invece, Giappone e Stati Uniti utilizzano due sistemi diversi. I dvd giapponesi
sono invece compatibili con quelli europei.
8
Fortunatamente le trame erano abbastanza semplici trattandosi perlopiù di
battaglie stellari (es: Space Battleship Yamato).
Durante gli anni ’70 solo tre studi di animazione giapponesi avevano uffici negli
Stati Uniti, cioè Toei Animation, Tokyo Movie Shinsha (TMS) e Tatsunoko.
Queste compagnie, ovviamente, non concessero il permesso ufficiale di mostrare
pubblicamente i proprio materiali, ma non si preoccuparono nemmeno di bloccare
le iniziative dei fan, perché si rendevano conto della pubblicità gratuita che tali
attività stavano loro procurando. In certe occasioni, le compagnie giapponesi
stesse fornirono dei film per i raduni dei fan, invitando alle proiezioni
rappresentanti delle major hollywoodiane. Ad esempio, la Warner Bros. fu
invitata alla proiezione di Galaxy Express 999 , ma nessuno partecipò. Galaxy
Express fu venduto poi alla New World Pictures, ma il disappunto della Toei
Animation per lo stravolgimento del film fu tale da spingerla a chiudere i propri
uffici statunitensi. In pratica, nel 1982 le compagnie giapponesi si ritirarono per la
seconda volta dal mercato americano, interrompendo anche i rapporti con i fan
americani. Ci furono delle eccezioni, alcune serie e film vennero importate e
tradotte, ma quasi sempre la trama veniva completamente cambiata, con enormi
tagli e censure. Un esempio di questo fu Warriors of the Wind (1986), la versione
americana della New World Pictures di Kaze no tani no Nausicaä (1984), di cui
furono addirittura tagliati 21 minuti. Miyazaki e il suo collaboratore Takahada, la
considerarono una presa in giro e decisero di non vendere più i diritti dei propri
film all’estero senza aver prima esaminato attentamente tutte le condizioni
6
.
Qualche anno dopo la Tokuma Publishing, il distributore dei film di Miyazaki
(dello Studio Ghibli), concesse alla Streamline Pictures la licenza per Tenkuu no
Shiro Laputa, licenza non rinnovata probabilmente perché le ambizioni della
Tokuma erano di arrivare ai grandi studi di Hollywood.
Negli anni ’80, il fatto che le aziende giapponesi non fossero praticamente più sul
mercato ufficiale fece diminuire ulteriormente le remore di tipo legale o morale
6
Nel 1996 è stato stipulato un accordo tra la Tokuma Publishing, e la Walt Disney Corporation,
ma secondo alcune voci il regista non sarebbe stato d’accordo. Tra le condizioni c’è quela di non
effettuare alcun taglio o censura, nemmeno nella colonna sonora. Si veda il sito “Studio Ghibli
Italian Fan Site”.
9
sulla riproduzione e distribuzione dei film, e i club aumentarono in modo
esponenziale. Inoltre, alcuni fans iniziarono a scrivere libretti con la traduzione
dei cartoni, o almeno riassunti delle trame, per aiutare la stragrande maggioranza
dei fan che non capivano il giapponese.
Tra il 1985 e il 1989 la C/FO ebbe il periodo di maggiore attività: i video
arrivavano attraverso amici o parenti in Giappone, dai quartieri giapponesi di Los
Angeles, San Francisco o New York, o da militari americani che lavoravano in
basi militari. Oltre che della distribuzione, i club continuavano ad occuparsi dell’
organizzazione di proiezioni ed inoltre funzionavano anche come videoteche in
cui i soci potevano prendere in prestito le videocassette. Le reti di distribuzione
divennero sempre più articolate, ma si trattava ancora di materiale non tradotto.
Inoltre, il principio di fondo dei club era di diffondere la conoscenza degli anime,
ma in realtà si trattava di un circolo piuttosto elitario, chiuso, a cui era difficile
accedere.
1.2.1.3. La nascita dei fansub
Finalmente, verso la fine degli anni ’80, si ebbe la nascita dei fansub. Questa fu
resa possibile dall’invenzione del genlock, un dispositivo che permetteva a una
TV di accettare due segnali contemporaneamente e sincronizzava un segnale
video in ingresso con un segnale generato da personal computer. In questo modo
si potevano sovrapporre titoli in tempo reale. Il risultato di questa operazione
veniva poi registrato su un’altra videocassetta. Inizialmente questa tecnologia era
molto costosa, quindi praticamente solo i club potevano permettersi di
sottotitolare, ma col tempo e con la diffusione dei computer Amiga Commodore e
Macintosh, il costo si ridusse enormemente e il sottotitolaggio divenne un’attività
praticabile da molte più persone.
Negli anni ’90, nacquero moltissimi gruppi fansub, molti a livello universitario.
Alcuni importanti, che esistono tuttora sono il MIT (Massacusetts Institute of
Technology) Anime Club e l’Anime Club della University of Texas (Austin). Il
primo progetto fansub sembra essere stato quello di Ranma ½ nel 1989, ma questi
progetti si moltiplicarono in pochissimi anni. I gruppi fansub mantenevano stretti
contatti anche grazie a Internet, per evitare di tradurre lo stesso materiale.
Inizialmente, i gruppi di fansubber copiavano le cassette singolarmente a chi ne
10
faceva richiesta; successivamente si crearono anche gruppi dediti solo alla
distribuzione. Il metodo preferito era il SASE (Self-Addressed Stamped
Envelope), cioè inviare una busta con il proprio nome e le cassette vergini. Alcuni
distributori invece chiedevano denaro, in questo caso bisognava assicurarsi di
avere a che fare con fansubbers e non bootleggers, ovvero persone che volevano
trarre profitto dalla vendita.
Nello stesso periodo in cui si diffondevano i fansub, l’industria giapponese di
animazione tornava negli Stati Uniti. Partecipando ai grandi convegni di fan di
anime dell’inizio degli anni ’90, gli artisti e i distributori giapponesi si rendevano
conto del loro enorme ed inconsapevole successo e popolarità. I primi cartoni ad
essere commercializzati furono in effetti quelli più fansubbati. Le aziende
giapponesi sfruttarono così la campagna promozionale portata avanti dai fan,
anche grazie ai fansub, per sfondare nel mercato americano.
I gruppi di fansub non agivano per profitto, dunque da subito decisero di smettere
di titolare una serie una volta che ne fossero stati acquistati i diritti, anche se
questa non sempre era la politica dei distributori di fansub. Rispetto alle prime
associazioni di fan, come la C/FO, il mondo dei fansub si caratterizzò subito per la
sua apertura a tutti, con lo scopo della condivisione e della diffusione., anche se
progressivamente iniziarono a sorgere problemi, rivalità tra i gruppi, addirittura
casi di spionaggio, e avere accesso alle videocassette sottotitolate divenne più
complicato.
1.2.1.4. Arrivano i digisubs
Se gli anni ’90 hanno visto il boom dei fansub in VHS, con il nuovo millennio le
cose sono cambiate. Negli ultimi anni, grazie all’arrivo della tecnologia digitale e
ad Internet sono nati molti gruppi fansub online e chiunque può accedere al
materiale sottotitolato. In questo caso si parla di digisubs, cioè fansub in formato
digitale, generalmente di DivX o XviD scaricabili da chiunque possegga un
computer e una connessione Internet adatti. Non esistendo una storia scritta dei
digisubs, non è facile ricostruirne la storia, se non affidandosi ai forum dei
fansubber. Una significativa fonte di informazioni è “AnimeSuki Forum – Oldest
Online Fansub Group?”, una discussione sul forum di AnimeSuki ricca di
interventi interessanti. Gli interventi non sono ovviamente tutti omogenei, ma è
11
possibile comunque trarre alcune conclusioni. Prima di tutto, parlando di digisubs
è bene tener presente due elementi: il primo è che alcuni gruppi fansub avevano
un sito Internet precedentemente, utilizzato come mezzo per farsi conoscere, o
per la distribuzione delle videocassette, ma non producevano fansub in formato
digitale (es: i gruppi Central Anime o Technogirls
7
); il secondo è che i primi video
in formato digitale non erano veri e propri digisubs, ma trasposizioni in digitale di
VHS o SVHS, apparsi intorno al 1997.
I primi digisubs veri e propri, cioè, non trasposizioni in digitale di VHS erano files
RealMedia con sottotitoli RealText, prodotti nel 1999. Il primo progetto sembra
essere stata la serie Legend of the Galactic Herpes, anche se le traduzioni non
erano originali ma prese dalla versione in VHS. Alla fine del 1999 ci fu invece il
primo progetto con traduzioni proprie, da parte del gruppo LunaArt, con la serie
Adventures of Mini-Goddess.
Per quanto riguarda invece i digisubs in formato .avi molti concordano sul fatto
che i primi di cui si abbiano notizie siano stati quelli di Love Hina, prodotti dal
gruppo Anime Factory nel 2000. Per i sottotitoli su DivX il software più usato
divenne Sub Staion Alpha per creare i sottotitoli, e Virtual Dub per aggiungere i
sottotitoli al video. Subito dopo Anime Factory nacquero Anime-Fansubs e altri
gruppi storici come HQA, Elite-Fansubs, BakaMX e AnimeMpeg e Anime-
Kissaten. I gruppi principali sorsero tra il 2000 e il 2001; dal 2001 in poi i gruppi
si sono moltiplicati e ora si parla di centinaia. Nella storia dei digisubs americani
non sono mancati problemi che hanno portato a litigi, dissolvimento di alcuni
gruppi oppure scissione di un gruppo in più gruppi a causa di disaccordi sui
metodi di lavoro o sulle serie scelte. A volte anche solo per rivalità e questioni di
“potere”.
7
Per gli indirizzi URL dei gruppi si veda il paragrafo 1.4.1.
12
1.2.2. La situazione italiana
1.2.2.1. Il cinema d’animazione giapponese in Italia
La situazione italiana è molto diversa rispetto a quella americana, perché da noi
gli anime hanno avuto successo e hanno invaso il mercato molto prima di quanto
non sia successo negli Stati Uniti, e senza il bisogno di reti di appassionati. Come
descritto nella pagina web “The Megarobots” la prima serie di cartoni animati
giapponesi ad arrivare in Italia è stata Goldrake, nel 1978, seguita da Grande
Mazinga, Mazinga Z, Capitan Harlock, Jeeg Robot d’Acciaio, Gundam, Daitarn
3, Lupin III, Remì, Space Robot, Candy Candy, Lady Oscar, Ken il Guerriero, e
moltissimi altri. Fino ai giorni nostri il numero di cartoni giapponesi trasmessi in
Italia è cresciuto in modo esponenziale. Da subito il successo in televisione ha
portato al successo a livello editoriale, come spiegano Baglini & Zacchino (1999),
e di merchandising; accanto a fumetti, figurine e poster, si iniziarono a produrre
giocattoli e gadgets di ogni tipo, come modellini di eroi e astronavi, spille,
magliette, ciondoli, bicchieri o articoli per la scuola (“The Megarobots”). Inoltre,
persino le sigle dei cartoni divennero dei veri e propri successi musicali, come
raccontato nel sito “Giappone mania: manga e anime”. Il successo dei cartoni
animati giapponesi fu dovuto soprattutto alle novità che apportavano rispetto ai
cartoni a cui il pubblico italiano era abituato, sia quelli Disney, cioè buoni contro
cattivi, che quelli Metro-Goldwin-Mayer e Warner Bros., vale a dire furbi contro
stupidi; temi più seri e trame complicate in cui non sempre il bene trionfava e a
volte anche gli eroi buoni morivano (Pellettieri, 2004).
1.2.2.2. Nascita dei fansub in Italia
Non si hanno notizie di gruppi fansub italiani che producessero sottotitoli su VHS.
La nascita dei fansub in Italia non è stato in realtà un fenomeno lento e graduale,
ma importato direttamente dagli Stati Uniti, e già in versione digisubs. Il loro
arrivo è documentato da un articolo su Wangazine, fanzine online, che riporta
un’intervista del 2001 al fondatore di acK.it - il primo gruppo italiano - Andrea
“Tacchan” Sartori, che afferma:
13
Nell'ultimo anno grazie alla tecnologia Div'x e' nato il Digital fansubbing,
ovvero gli anime non vengono piu' offerti in VHS, ma su Internet in formato
Div'x […] AcK.it Fansubs si collochera' proprio in quest'ultimo settore, il
digital fansubbing.
(Poggioli 2001)
La prima serie ad essere fansubbata si intitolava Noir.
14
1.3. Come funziona lo scambio di fansub
1.3.1. I fansub in VHS
Il metodo consigliato da Fansubs.NET © (www.fansubs.net) è quello tradizionale,
in altre parole inviare e ricevere VHS di anime sottotitolati per posta.
Fansubs.NET © è un sito un po’ particolare rispetto alla maggioranza dei siti di
fansub in quanto si tratta di un marchio registrato. Inoltre, non è più aggiornato
dal 2002. Il metodo dei VHS è stato omai in gran parte soppiantato dal file
sharing, tuttavia è possibile trovare altri siti, oltre a Fansubs.NET che lo praticano
ancora. Il modo in cui funziona è prevalentemente il SASE, Self-Addressed
Stamped Envelope. Come già accennato, con questo metodo il fan invia al
fansubber una busta con scritto il proprio indirizzo insieme a videocassette vergini
ed indicazioni su quali anime desidera. Alcuni distributori richiedono invece
direttamente una somma in denaro: in questo caso non è facile stabilire se davvero
la somma serva soltanto a coprire i costi di produzione e le spese di spedizione o
se il fansubber voglia ricavare un profitto dalla vendita. Un’altra caratteristica dei
fansub tradizionali è che le richieste erano diventate talmente ingenti che accanto
ai gruppi fansub sono nati anche gruppi che si occupano esclusivamente della
distribuzione. Ovviamente, se un distributore richiede più denaro di quanto non
basti per le videocassette e l’imballaggio e la spedizione, sta traendo qualche
profitto, dato che non deve coprire i costi di produzione, cioè di traduzione e
sottotitolazione. Tra i gruppi che ancora praticano il metodo tradizionale, con la
distribuzione di VHS, troviamo Technogirls e The Anime Instrumentality
Project
8
. È piuttosto interessante osservare che Technogirls distribuisce ora per
posta anche DVD, mentre The Anime Instrumentality Project si limita a DivX,
affermando, in pieno spirito fansub, che “We have no intention of releasing any of
our titles on DVD because, quite simply, the quality of the DVDs would be too
good”. The Anime Instrumentality Project, comunque, effettua la distribuzione
anche con i sistemi di file sharing.
8
Per gli indirizzi URL dei gruppi si veda il paragrafo 1.4.1.
15
1.3.2. I fansub attuali (digisubs)
Come abbiamo detto, comunque, ormai i fansub tradizionali sono stati sostituiti
dai nuovi fansub, i digisub, che hanno apportato una rivoluzione nei modi di
distribuzione, eliminando il problema di profitto/non profitto. I file sono
solitamente DivX o XviD (anche se ultimamente si stanno diffondendo molto i
file .mkv) che vengono scaricati da Internet gratuitamente.
I metodi per mettere in condivisione e scambiarsi i file sono molteplici, ma i
fansubber ne utilizzano principalmente tre: P2P (Peer To Peer), IRC e Usenet.
ξ Il P2P sembra essere di gran lunga il metodo più utilizzato per scaricare i
fansub. P2P, “da pari a pari”, definisce in pratica lo stesso concetto di ‘file
sharing’, “condivisione di file”, la possibilità cioè di due o più utenti connessi
a Internet di scambiare, condividere file. Il programma P2P di gran lunga più
utilizzato dai fansubber è BitTorrent. La maggior parte dei gruppi di fansub ha
un proprio tracker BitTorrent, cioè una pagina web in cui si trovano i file con
l’estensione .torrent per scaricare i fansub. Infatti una delle differenze tra
BitTorrent e altri sistemi P2P (come eMule, eDonkey o WinMx) è che con
BitTorrent non si può effettuare la ricerca dei file per nome: la velocità di
download è maggiore, ma è necessario prima prelevare da un sito il file
.torrent. Questi sono file statici che contengono delle informazioni che
descrivono i file da trasferire. Rispetto agli altri programmi P2P BitTorrent è
caratterizzato dal fatto che la velocità di download aumenta all’aumentare
degli utenti connessi che stanno scaricando il file. Inoltre, rispetto agli altri
programmi P2P, BitTorrent sembra avere una maggiore trasparenza, per
questo è il più usato per azioni legali, che non violano il copyright (come
l’attività del fansub vorrebbe essere). Alcuni gruppi, comunque, utilizzano
anche altri sistemi P2P eMule e eDonkey. Il nome del file è solitamente
preceduto dal nome del gruppo che lo ha sottotitolato, es:
[^MDW^]Mai_Hime_02_sub_ita.avi