implementato. E, tra i limiti del MBO quello che risulta essere più critico è
“l’eccessivo orientamento al breve termine dei manager”, ossia la c.d. “miopia
manageriale”, dovuta dall’eccesiva enfasi posta, nella valutazione delle
performance dei manager, alle grandezze di tipo economico-finanziarie.
Per ovviare tale limite si potrebbero affiancare agli indicatori economici-
finanziari, i c.d. lagging indicators, che stanno alla base del MBO, degli indicatori
non contabili, capaci di guidare le performance future, i c.d. leading indicators.
Un modello che risponde a tale esigenza è la BSC, Balanced Scorecard,che
secondo alcuni rappresenterebbe una naturale evoluzione del MBO.
La BSC, descritta nel secondo capitolo, fu ideata da Robert S. Kaplan e David P.
Norton, appunto, per cercare di superare i limiti dei tradizionali sistemi di
controllo, tra i quali il MBO.
Essa si compone di quattro prospettive: la prospettiva economico-finanziaria,
financial perspective; la prospettiva della customer satisfaction, customer
perspective; la prospettiva dei processi interni, internal perspective; e la
prospettiva dell’apprendimento e della crescita, learning and growth perspective.
Fra queste quattro prospettive quella ritenuta di maggiore importanza è la
prospettiva dell’ apprendimento e della crescita, relativa alle risorse umane,
learning and growth perspective, considerata dagli stessi ideatori la struttura
portante delle altre tre.
Nel modello della BSC, dunque, viene riconosciuta una notevole importanza alle
risorse umane, ritenute il più importante fattore di successo delle imprese. E, a
motivo di ciò, l’introduzione della scheda di valutazione in azienda deve essere
accompagnata da un sistema premiante, capace di motivare ed incentivare le
persone a dare un proprio contributo ottimale all’organizzazione.
Nel terzo capitolo viene descritto un sistema premi/incentivi, il quale, affinché sia
capace di dare le giuste motivazioni alle persone in base ai loro bisogni, deve
tenere in considerazione non solo gli incentivi monetari, ma anche altre tipologie
di incentivi. In pratica, un sistema premiante ottimale deve essere articolato in:
retribuzione fissa, variabile e benefici aggiuntivi, i c.d. benefits, senza dimenticare
le gratificazione non monetarie.
Capitolo I
“Il Management by Objectives e i sistemi di
controllo direzionale”
1
1. IL MANAGEMENT BY OBJECTIVES
“Quanto è probabile che i nostri manager si comportino nel modo desidera-
to dall’azienda?”;
“I nostri manager comprendono cosa ci si aspetta da loro?”;
“S’impegneranno nel loro lavoro?”;
“Riusciranno a raggiungere i loro obiettivi di performance?”.
Queste sono classiche domande che i responsabili del controllo direzionale
(o controllo manageriale) affrontano ogni giorno. E, per avere una risposta
positiva a questi quesiti, bisogna ricercare dei modi mediante i quali in-
fluenzare nella maniera desiderata il comportamento dei propri manager.
Il metodo più efficace per influenzare i comportamenti individuali
all’interno delle imprese è sempre più spesso costituito dai meccanismi di
collegamento fra remunerazioni e prestazioni raggiunte. E il Management
by Objectives, M.B.O., in italiano “gestione per obiettivi”, “incentivazione
per obiettivi”, o “direzione per obiettivi” D.P.O., è uno di questi metodi.
Le prime formulazioni teoriche intorno al M.B.O. risalgono agli anni ’50 in
un famoso libro intitolato “The pratice of Management”, (traduzione italia-
na “Il potere dei dirigenti”), di Peter Drucker, notissimo studioso e scrittore
di management statunitense, nel quale l’autore presenta il MBO come una
nuova tecnica di gestione manageriale e controllo direzionale utilizzata per
2
migliorare i risultati aziendali durante i processi di determinazione degli o-
biettivi e di pianificazione della gestione.
Il letteratura vi sono diverse definizioni del MBO, in quanto è concetto al-
quanto complesso da poterlo esprimere in una sola definizione.
Tuttavia una specifica, nonché puntuale definizione che esprime efficace-
mente gli elementi distintivi del MBO ci viene data da Ordine, il quale so-
stiene che:
“Il Management by Objectives può essere descritto come un processo se-
condo il quale, in un determinato contesto organizzativo, i manager di cia-
scun livello collaborano all’identificazione e definizione degli obiettivi co-
muni e delle principali aree di responsabilità di ciascun individuo in termini
di risultato desiderati e utilizzando queste misure come giuda per la gestio-
ne aziendale e per la valutazione del contributo dei suoi singoli membri”.1
L’implementazione di questa metodologia di management è basata su:2
Un puntuale processo di definizione degli obiettivi, determinazione de-
gli stessi e dei relativi criteri di misura, nonché su una più ampia formu-
lazione delle mete da raggiungere (formulation goal);
Rigoroso rispetto di una metodologia gerarchica di sviluppo degli obiet-
tivi dell’organizzazione in grado di rendere agevole il passaggio delle
indicazioni strategiche dal vertice alla base con il coinvolgimento degli
impiegati e del management di livello intermedio (middle management),
1
G. S. Ordione, Management by Objectives (MBO), Sperling & kupfer, VI ed.,1990.
2
Lorenzo Lucianetti, BSC e controllo aziendale, Aracne, 2004.
3
nei processi di formulazione degli obiettivi (goals formulating proces-
ses);
Controllo, soprattutto interno, dei risultati (feedback of results) e colle-
gamento puntuale degli obiettivi prefissati con il sistema incentivante.
L’applicazione del MBO richiede, dunque,una stretta integrazione fra:
Il sistema di pianificazione e controllo;
Il sistema di valutazione delle prestazioni, facente parte del più ampio
sistema di valutazione del personale, nel quale rientrano anche il sistema
di valutazione delle posizioni e del potenziale;
Il sistema incentivante (o premiante).
E per tale motivo, il sistema d’incentivazione per obiettivi deve essere ge-
stito congiuntamente dalla direzione del personale, per gli aspetti di politica
retributiva e di gestione degli incentivi, e dalla direzione controllo di ge-
stione, per gli aspetti inerenti alla formulazione degli obiettivi e il controllo
dei risultati.3
Il MBO può essere interpretato in una prospettiva di tipo sistemico, le cui
fasi sono:
ξ Definizione degli obiettivi, nella quale vengono identificati gli obiettivi-
traguardi che ogni manager dovrà raggiungere in un determinato periodo
di tempo. Questa fase assume un ruolo cruciale nell’ambito del MBO, in
quanto tali obiettivi individuali consentono al manager di definire in
3
F. Fontana, L’incentivazione per obiettivi, in Costa G.., (a cura), Manuale di gestione del perso-
nale, Utet, Torino, 1992.
4
modo esplicito il “valore” del proprio contributo agli obiettivi aziendali
e di verificare in modo sistematico con il proprio valutatore quanto è
stato fatto e le opportunità di miglioramento.4
ξ Pianificazione dell’azione, nella quale si determinano a priori come gli
obiettivi definiti nella precedente fase possano essere raggiunti, definen-
do i relativi piani d’azione. In particolare, vengono identificate sia la ti-
pologia che il fabbisogno di risorse che ogni manager necessita per poter
4
Augusto De Biasio e Ilena Tovaglieri, “Gli obiettivi di prestazione individuale ed il legame con
gli obiettivi aziendali”, Amministrazione e finanza.Oro. n.3/2004
5
ξ gnati. Anche questa fase, costituisce uno dei punti cardine del MBO e
può essere una delle sue più ricorrenti cause d’insuccesso. Infatti, è ri-
corrente che si verifichino degli effetti indesiderati, come la creazione di
riserve di risultato da parte dei manager.
ξ Attuazione, nella quale vengono realizzati i piani d’azione definiti nella
fase precedente.
ξ Valutazione e controllo, nella quale vengono valutate le performance dei
manager, mediante un confronto fra obiettivi prestabiliti e risultati rag-
giunti, ovvero con il meccanismo di feed-back.
2. M. B. O. E I SISTEMI DI CONTROLLO DIREZIONALE
Il MBO pone particolare enfasi sul ruolo dei sistemi di controllo direziona-
le. Infatti, esso non può essere sviluppato efficacemente qualora non venga-
no rese disponibili le informazioni necessarie per definire gli obiettivi da at-
tribuire alle unità organizzative, formulare i piani d’azione e rilevare i risul-
tati conseguiti. E, generalmente, ai sistemi di controllo direzionale viene ri-
servato il compito di rendere disponibili tali informazioni.
Ma che cos’è effettivamente il “controllo direzionale”?
A questa domanda possiamo rispondere con una definizione, largamente
diffusa e condivisa in ambito aziendale e accademico, secondo la quale:
6
“Il controllo direzionale (o controllo di gestione) è un “sistema direziona-
le” con cui i manager ai vari livelli si accertano che la gestione si svolga in
condizioni di efficienza e di efficacia, in modo da permettere il raggiungi-
mento degli obiettivi prestabiliti, esplicitati in sede di pianificazione strate-
gica”.5
Questa definizione racchiude in sé degli concetti, che è opportuno chiarire:
ξ Innanzitutto, per “sistema direzionale” (o meccanismo operativo)
s’intende un insieme di regole, principi e strumenti con i quali la dire-
zione aziendale prende decisioni più corrette di quelle che prenderebbe
in assenza di un vero e proprio sistema di controllo di gestione.
ξ Il termine controllo non è da intendersi come sinonimo di ispezione, co-
ercizione (o strumento punitivo), ma deve essere inteso come strumento
di guida verso il raggiungimento degli obiettivi, mediante il quale si va-
luta periodicamente l’efficienza e l’efficacia della gestione. Per efficien-
za s’intende l’attitudine ad ottimizzare il rapporto input/output, es-
sa,infatti, è una misura che esprime in che modo sono utilizzate le risor-
se aziendali al fine di ottenere un certo rendimento dei fattori produttivi;
mentre, per efficacia s’intende la capacità dell’azienda di perseguire gli
obiettivi di fondo della gestione, prestabiliti ed esplicitati in sede di pia-
nificazione strategica.
ξ La pianificazione strategica è un processo direzionale in cui viene defi-
nito il piano strategico, di norma pluriennale, nel quale vengono prese
5
L. Brusa, Sistemi manageriali di programmazione e controllo, Giuffrè, 2000.
7
decisioni inerenti alle strategie che l’impresa intende perseguire nel
tempo.
ξ Il monitoraggio dell’efficienza e dell’efficacia della gestione, essendo
quest’ultimi concetti relativi, (cioè non si può essere efficiente e/o effi-
cace in assoluto) deve avvenire mediante il confronto con dei “parame-
tri-obiettivo”.
Il sistema di controllo direzionale può essere suddiviso in due componenti:
Una componente “strutturale”;
Una componente “dinamica” o di “processo”.
La componente “strutturale”, a sua volta, si compone di due elementi:
La struttura organizzativa del controllo, cioè la suddivisione
dell’azienda in sub-sistemi, coincidenti con le unità organizzative, defi-
niti spesso “centri di responsabilità”.
La struttura tecnico- contabile, denominata “contabilità direzionale”, co-
stituita dall’insieme di strumenti di misurazione contabile ed extra-
contabile che rilevano, elaborano e presentano le informazioni necessa-
rie a quantificare i risultati delle unità organizzative. Inoltre, rientrano in
tale ambito anche i meccanismi che definiscono il legame tra i risultati
raggiunti dai centri di responsabilità e i premi, riconoscimenti o puni-
zioni aziendali.