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Va inoltre osservato che il concetto di sicurezza alimentare nel corso degli anni ha
assunto un significato sempre più ampio, che va ben al di là dell’igiene, che oggi è solo
uno degli elementi legati alla qualità dei cibi. In questo ambito si inserisce la riscoperta e la
valorizzazione dei prodotti mediterranei (olio, vino, ortaggi….) che tra l’altro già dalla fine
degli anni ’70 con la ricerca americana di Ancel Keys veniva indicata come la più idonea
per la prevenzione dei tumori per l’azione di contrasto alle malattie cardiovascolari e per la
riduzione del processo di invecchiamento cellulare. Il successo dei prodotti tipici può
dunque essere visto come una strategia del consumatore nel frammentato panorama attuale
e la ricerca della tradizione e dell’origine locale come sinonimo di genuinità, di salubrità,
di qualità, di sicurezza.
Gli interventi del legislatore, nazionale e comunitario, in materia alimentare, nel
corso degli ultimi anni tendono in primis alla salvaguardia di un diritto primario come
quello alla salute e nel contempo alla tutela del consumatore. Non sempre è stato così, e
non tutto ancora è stato fatto.
Nella presente tesi si cercherà dunque di evidenziare come sono cambiate le
politiche di intervento in ambito agricolo e produttivistico, ponendo in particolare l’accento
sulle attuali normative, sottolineando al tempo stesso, il sistema HACCP per
l’autocontrollo.
La tesi si sviluppa in cinque capitoli e nel primo di questi si tratta il percorso storico
della legislazione in materia di sicurezza alimentare, dalle vecchie direttive a carattere
verticale a quelle orizzontali, si citano dunque le direttive 89/387/CEE, la 93/43/CEE e il
decreto legislativo n. 155 del 26.5.1997, per passare poi all’attuale pacchetto igiene,
entrato in vigore dal 1 gennaio 2006, analizzando i principali regolamenti CEE (892/04,
853/04, 854/04, 882/04).
Il secondo capitolo approfondisce il sistema HACCP, spiega il perché della sua
nascita, i suoi obiettivi, la sua applicabilità, i suoi vantaggi, ma anche le difficoltà, le
limitazioni e i problemi che nascono all’interno delle aziende ogni qualvolta si deve creare
un piano di autocontrollo basato sul sistema HACCP.
Nel terzo capitolo si riportano le linee guida per l’elaborazione di un piano di
autocontrollo seguendo dodici tappe stabilite, al fine di impostare un efficace ed efficiente
piano tenendo conto della sua applicabilità all’interno di una qualsiasi azienda.
Il quarto capitolo invece è quello che descrive l’indagine tecnica in un’azienda
siciliana, si è analizzato e studiato un piano di autocontrollo di un’azienda oleicola, al fine
di valutare un caso pratico nella sua applicazione.
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Il quinto capitolo invece, descrive i risultati dell’analisi economica dei costi e dei
tempi del sistema HACCP implementato nell’azienda di riferimento.
Capitolo 1. Percorso legislativo
Se si tenta una ricostruzione storica della legislazione nell’ambito della sanità
alimentare ci si accorge che nei paesi dell’Unione Europea vi è una cultura risalente ai
primi del anni del XX secolo.
In Italia il primo regolamento sanitario risale all’anno 1901, in questo erano illustrate
norme riguardanti l’igiene degli alimenti e si dava la definizione di alimento adulterato.
In Francia la normativa di base risale ad una legge del 1905 riguardante le frodi
alimentari; questa legge non riguarda in maniera tassativa la salubrità degli alimenti ma
esprime un chiaro divieto alla commercializzazione di alimenti nocivi per la salute della
popolazione.
Anche in Svizzera il primo regolamento federale risale al 1905 e riguarda gli alimenti
in generale, questo è stato poi seguito da un’ordinanza del 1936.
In Grecia le prima legge è un regolamento d’igiene emanato nel 1929.
Con l’arrivo della guerra vi fu un netto cambiamento delle abitudini e delle necessità
della popolazione, infatti diventò importante la quantità di cibo e non la qualità, ma i
vertici militari avvertirono la necessità di avere a disposizione grandi quantità di derrate
alimentari per le truppe e che queste arrivassero in condizioni di buona salubrità nelle zone
di guerra.
Questi alimenti dovevano garantire l’approvvigionamento delle truppe ma non
l’insorgere di gravi fenomeni tossinfettivi; questo dette una notevole spinta verso lo
sviluppo e il perfezionamento di varie tecnologie alimentari per migliorare la
conservabilità degli alimenti.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale vi fu un nuovo riassetto politico-economico
e sociale che portò ad un nuovo cambiamento delle abitudini e delle necessità dei cittadini.
Con il crescente sviluppo industriale che caratterizzò il dopoguerra questi mutamenti
subirono un’accelerazione; infatti la popolazione divenne più esigente nelle abitudini
alimentari cominciando a pretendere un certo livello di qualità. A tutto ciò si aggiunse lo
sviluppo delle città, l’incremento del turismo, l’accresciuto livello di benessere oltre che ad
un accresciuto livello culturale che contribuì alla formazione di una popolazione di
consumatori sempre più critici ed esigenti verso i produttori.
La ricerca si estese nel campo della chimica, della microbiologia, dell’impiantistica,
e della tossicologia. Lo sviluppo, il perfezionamento e la ricerca di nuove tecniche di
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allevamento e di alimentazione degli animali si rese necessario per tenersi al passo rispetto
all’avanzamento del settore industriale.
Questo portò, nel 1974, alla formazione di un Comitato Scientifico per
l’Alimentazione Umana il cui compito era di fornire alla Comunità Europea informazioni e
pareri sui problemi relativi all’alimentazione e la tutela del consumatore.
In Italia la prima normativa riguardante la tutela igienico sanitaria degli alimenti e
delle bevande fu introdotta con la Legge n°283 del 30 aprile del 1962 riguardante la
“disciplina igienica nella produzione e nella vendita di sostanze alimentari”.
Questa legge all’art. 1 pone in evidenza la necessità da parte del legislatore, di
tutelare la salute pubblica attraverso la vigilanza della produzione e del commercio delle
sostanze destinate al consumo umano e individua i requisiti di base che costituiscono la
conditio sine qua non per cui un prodotto può essere considerato inidoneo all’uso
alimentare (art. 5).
Questa legge introduceva per la prima volta il criterio di “lista positiva” secondo la
quale venivano autorizzate solamente determinate sostanze nella produzione di alimenti.
Questa norma base in materia di igiene della produzione e della vendita di sostanze
destinate al consumo umano e le sue numerose successive modificazioni, hanno il loro
regolamento di esecuzione nel D.P.R. n°327 del 26.3.1980.
Nel corso degli anni ’80 la Comunità Europea, per tutelare la salute dei consumatori
e per armonizzare le disposizioni nazionali in materia di produzione e commercio degli
alimenti ha avviato lo studio di alcune normative relative ad alcune tipologie di prodotto,
giungendo alla promulgazione di quelle che sono definite direttive verticali; esse si
pongono l’obiettivo di uniformare le normative per avere un prodotto che possa far parte
del mercato unico, principio ispiratore della Comunità.
Nell’ambito della sicurezza degli alimenti all’interno delle industrie agroalimentari
le principali direttive sono:
- Direttiva 91/493/CEE relativa alle norme applicabili ai prodotti della pesca;
- Direttiva 92/5/CEE relativa alle norme applicabili ai prodotti a base di carne;
- Direttiva 92/46/CEE relativa alle norme applicabili al latte e ai prodotti a base di
latte;
la direttiva sicuramente più esauriente è la 91/493 in quanto ad essa è collegata la
Decisione 94/356 della Commissione il cui scopo è disciplinare minuziosamente il sistema
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dell’autocontrollo indicandone le dodici tappe che conducono alla realizzazione del
Sistema HACCP.
L’abbattimento sempre più delle frontiere e la formazione di un grande mercato
unico, ha indotto le istituzioni della Comunità Europea a cambiare metodologia di
approccio passando cosi allo sviluppo e all’adozione di direttive orizzontali in quanto
applicabili trasversalmente a tutte le imprese che operano nel campo della produzione di
alimenti e bevande.
Pertanto sono state emanate, alla fine degli anni ’80, le seguenti direttive:
1.1 Direttiva 89/387 CEE
La direttiva orizzontale 89/387 CEE “definisce i principi generali per l’esecuzione del
controllo ufficiale dei prodotti alimentari” sulla base della necessità di proteggere non solo
la salute ma anche gli interessi economici dei consumatori fornendo loro adeguate
informazioni. Questa normativa consente l’abbattimento delle barriere frapposte alla libera
circolazione delle merci, in quanto armonizza il regime dei controlli ufficiali superando le
diversità di applicazione dei vari stati membri.
In pratica, nel tentativo di garantire uno standard di qualità a livello europeo, nella
produzione e commercializzazione dei prodotti alimentari, la norma all’art. 5 fa riferimento
all’autocontrollo individuando come parte essenziale del controllo ufficiale “l’esame del
materiale scritto e dei documenti […] e dei sistemi di verifica eventualmente istallati
dall’impresa e dei relativi risultati.
1.2 Direttiva 93/43/CEE
Questa direttiva raccomanda vivamente, a tutte le imprese operanti nell’UE che
producono ed immettono sul mercato prodotti destinati all’alimentazione umana, lo
sviluppo di un sistema HACCP con funzionalità preventiva per la riduzione o completa
eliminazione dei rischi correlati alla salute pubblica. Questa Direttiva serve ad equilibrare
la legislazione in tutta la Comunità Europea oltre che a creare un clima di reciproca fiducia
fra gli Stati membri necessaria per le esportazioni di prodotti alimentari.
In questa Direttiva viene inoltre richiamata l’esigenza di unire l’HACCP alle norme
volontarie della serie EN 29000 o ISO 9000 come raccomandato nell’articolo n°6. La
coincidenza di alcuni punti chiave tra i due metodi è abbastanza evidente come nel caso del
riesame periodico del sistema.