La seconda parte, ha come argomento l’ambiente nel contesto del sistema energetico. Lo
sviluppo economico e l’aumento dei consumi che si sono avuti nel XX secolo se da una parte hanno
portato benessere per larghi strati della popolazione, dall’altra hanno creato pressioni sull’ambiente.
Il problema del deterioramento delle risorse e soprattutto l’inquinamento prodotto dall’impiego dei
combustibili fossili, dimostrano che la questione ambientale ha una dimensione planetaria. Inoltre,
dato che oggi quasi il 90% dell’energia nel mondo è prodotta bruciando combustibili fossili, è ormai
accertato che proprio tali attività che utilizzano metano, petrolio e carbone generano quei gas
inquinanti che, una volta immessi nell’atmosfera danneggiano l’ambiente. Davanti ai danni causati
dall’inquinamento, la legislazione adottata nei vari Paesi e la protezione riconosciuta all’ambiente
anche a livello costituzionale si è dimostrata ben presto insufficiente e l’equilibrio dell’ecosistema è
diventato oggetto di preoccupazione generale. Gradualmente, si è constatata l’insufficienza delle
misure ambientali che intervengono a posteriori e la necessità di intervenire a monte, nella
consapevolezza che qualcosa dovesse cambiare nel rapporto uomo-ambiente e che fosse necessario
definire, anche a livello mondiale, una politica ambientale ed una regolamentazione giuridica ad
essa ispirata. Il secondo capitolo si conclude con l’analisi dei nuovi strumenti di tutela
dell’ambiente, infatti, inizialmente la prevenzione dell’inquinamento è stata affidata a strumenti
normativi vincolanti, ma dopo il fallimento di tale politica si è cercato di prevenire e ridurre le fonti
inquinanti attraverso nuove strategie di azione orientate agli strumenti volontari di tutela
dell’ambiente che, hanno portato a risultati positivi per la protezione dell’ambiente. Tali strumenti
hanno elevate potenzialità applicative, poiché sono in grado pur restando nel campo dell’adozione
volontaria, di stimolare comportamenti virtuosi sia nei consumatori sia nei produttori; è presumibile
che le scelte dei consumatori consapevolmente orientati in futuro verso stili di vita ecosostenibili
potranno determinare il posizionamento competitivo delle aziende, incentivando i produttori a
ricercare vantaggi concorrenziali con l’offerta di prodotti ecologici.
Nel terzo capitolo, sono puntualizzate le esigenze della collettività nell’ottica sia dello
sviluppo sostenibile sia del diritto all’ambiente. La crescita dei consumi energetici nei prossimi
decenni, si manifesterà soprattutto mediante l’incremento della domanda di elettricità. Pertanto, si
pone il problema di come soddisfare tale esigenza in modo sostenibile dal punto di vista ambientale
e delle risorse energetiche. Le fonti rinnovabili possono fornire un rilevante contributo allo sviluppo
di un sistema energetico più sostenibile, incrementare il livello di consapevolezza e partecipazione
dei cittadini, contribuire alla tutela del territorio e dell’ambiente e fornire opportunità di crescita
economica. Le comunità hanno desiderio di partecipare e godere dei benefici della tecnologia, dei
servizi più efficienti, tuttavia ciò provoca conflitti istituzionali poiché esse non vogliono
assolutamente che l’investimento e quindi l’infrastruttura in questione sia localizzata in casa
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propria. È chiaro che tale problema è andato accentuandosi con la liberalizzazione del mercato
energetico e comunque di tutti i servizi a rete. Il processo decisionale fra tecnici e politici non è
sufficiente a garantire l’effettiva realizzazione dell’opera in assenza del consenso dei cittadini
residenti nel luogo in cui sorgerà l’opera di interesse nazionale.
Infine l’ultimo capitolo, è dedicato alla situazione energetica della Regione Puglia, ed
evidenzia aspetti di particolare rilievo nel confronto con la situazione nazionale. Le Regioni sono
chiamate a sostenere il processo di decentramento delle responsabilità e a contribuire alla soluzione
delle attuali grandi problematiche del sistema energetico nazionale, cioè quelle della sicurezza degli
approvvigionamenti, della riduzione della dipendenza energetica e della compatibilità ambientale
per lo sviluppo sostenibile. Il Piano Energetico Ambientale è il principale strumento attraverso il
quale le Regioni possono programmare ed indirizzare gli interventi, anche strutturali, in campo
energetico nei propri territori e regolare le funzioni degli enti locali, armonizzando le decisioni
rilevanti che sono assunte a livello regionale e locale. I Piani energetico-ambientali sono orientati a
garantire obiettivi coerenti con la politica energetica del Paese e assicurare al territorio regionale lo
sviluppo di una politica energetica rispettosa delle esigenze della società, della tutela dell’ambiente
e della salute dei cittadini.
Prima di iniziare la trattazione mi sia consentito un sincero ringraziamento al prof.re A. M,
che mi ha consentito di trattare tale argomento di estrema importanza.
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CAPITOLO 1
IL SISTEMA ENERGETICO ITALIANO
1.1 IL SISTEMA ENERGETICO ITALIANO: I PROBLEMI E LE POSSIBILI
SOLUZIONI
L'energia è ormai diventata una compagna inseparabile dell'uomo, che la utilizza in ogni momento
della sua giornata e in tutte le sue attività. Per assicurarsi la possibilità di usufruire di questa risorsa
in modo semplice, stabile e continuo l'uomo ha dovuto applicarsi in studi e ricerche per molto
tempo, e solo negli ultimi decenni del diciannovesimo secolo è riuscito, in molte nazioni ma non in
tutte, a predisporre "sistemi energetici" che assicurano la qualità e le quantità di energia necessaria
allo sviluppo. Con il termine "sistema energetico" si è soliti indicare l'insieme dei processi di
produzione, trasformazione, trasporto e distribuzione di fonti di energia. I sistemi energetici sono
normalmente estremamente complessi e richiedono competenze in tutti i campi della scienza per
poter essere costruiti e gestiti. Infatti, tanto è semplice utilizzare l'energia che ci viene messa a
disposizione in casa, quanto è difficile e complesso produrre quell’energia e portarla fin dentro le
nostre case. La difficoltà e la complessità in merito alla produzione e alla distribuzione dell’energia,
nascono principalmente da tre fattori:
Distribuzione non omogenea delle fonti primarie. La produzione delle fonti di energia
attualmente più utilizzate (i combustibili fossili) è concentrata nel sottosuolo di pochi Paesi, molto
spesso distanti dai Paesi che la consumano. E' necessario quindi trovare e portare in superficie la
fonte di energia, e stabilire opportuni accordi tra Paesi produttori e consumatori di energia in modo
da assicurare a questi ultimi una fornitura stabile e duratura delle fonti fossili. Infine è necessario
provvedere al trasporto fisico delle fonti di energia dai Paesi produttori a quelli consumatori.
Necessità di trasformare le fonti primarie per ricavarne energia. Non sempre le fonti di energia
sono da noi utilizzabili come si trovano in natura (le fonti primarie). È spesso necessario
trasformarle al fine di renderne più facile e più efficiente l’impiego presso le utenze finali (si pensi
all'energia elettrica ottenuta dalla combustione del carbone, oppure alla benzina ottenuta dalla
raffinazione del petrolio greggio). Queste fonti di energia prodotte artificialmente dall'uomo sono
dette fonti secondarie, e sono quelle da noi maggiormente conosciute poiché vengono utilizzate
quotidianamente. Anche i processi di trasformazione delle fonti primarie in fonti secondarie e
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l'organizzazione della loro distribuzione ai consumatori finali sono complessi, e richiedono molte
persone e competenze per poter essere gestiti nel migliore dei modi.
Il problema della gestione "nel migliore dei modi" introduce il terzo fattore di complessità: la
sicurezza. Infatti, tutte le attività che compongono il sistema energetico devono essere svolte in
condizioni di sicurezza per l'uomo e per l'ambiente. Se si perde il controllo delle fonti energetiche,
infatti, si possono causare danni molto gravi alla salute dell'uomo e dell'ambiente (si pensi
all'inquinamento del mare provocato da una petroliera in avaria oppure alle terribili conseguenze
della perdita di materiale radioattivo da una centrale nucleare in caso di incidente). Per questo
motivo l'uomo deve studiare e applicare continuamente tecnologie che rendano più sicure le
operazioni nelle diverse fasi di produzione, trasporto, trasformazione e distribuzione di energia agli
utenti finali. Molto é già stato fatto rispetto ai primi anni di utilizzo intensivo delle fonti di energia,
ma molto si potrà ancora fare, utilizzando le nuove scoperte scientifiche.
Nonostante una crescita modesta dei livelli d’attività e valori relativamente elevati del costo
dell’energia, il sistema energetico italiano presenta una tendenza di medio periodo ad un aumento
costante dei consumi energetici. Almeno per un altro decennio, la tendenza del sistema energetico
italiano è quella di una crescita piuttosto sostenuta del consumo d’energia primaria.
Riguardo alle fonti, nel breve-medio periodo gas e petrolio presentano andamenti opposti, il primo
in crescita, il secondo in diminuzione, per poi stabilizzarsi entrambi su valori compresi tra il 35% e
il 40% del consumo totale d’energia primaria. Anche nel lungo periodo il petrolio sembra dunque
destinato a rimanere la fonte primaria più importante, in quanto la crescita dei consumi nei trasporti
è evidentemente sufficiente a compensare la quasi completa eliminazione del suo uso nella
termoelettrica (che segue la forte riduzione già avvenuta nell’industria e nel civile).
Dopo la forte crescita degli ultimi anni, il consumo di carbone tende a stabilizzarsi nel breve
periodo, mentre riprende a crescere nel medio-lungo periodo, grazie ad una parziale penetrazione
delle nuove tecnologie nella generazione elettrica (in particolare la gassificazione). Cresce invece
ad un ritmo costante, ma modesto, la quota delle fonti rinnovabili, grazie anche all’elevazione della
soglia d’obbligo per Certificati Verdi.
Certamente occorre rimodernare il parco delle centrali termoelettriche italiane, chiudendo o
ricostruendo quelle obsolete, inefficienti ed inquinanti, sostituendole quindi con impianti nuovi a
maggiore rendimento e con minori emissioni in ambiente. La carenza di investimenti dell'ultimo
decennio ha reso necessario questo tipo di intervento. Le centrali a ciclo combinato gas/vapore
alimentate a gas naturale (metano) hanno alti rendimenti e basse emissioni, e la maggioranza dei
nuovi progetti si basa su questa soluzione. Ma occorre anche diversificare le fonti energetiche e
cercare altre soluzioni, evitando per quanto possibile di ritornare a combustibili altamente
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inquinanti come il carbone e l'olio pesante. Questi, pur costando meno del gas, richiedono impianti
complessi e difficili da gestire per l'abbattimento delle emissioni che, in ogni caso, non possono
essere ridotte a valori realmente accettabili, soprattutto per l'anidride carbonica, che non è tossica
ma altera il clima. Si dovrebbe ad esempio incrementare la produzione di energia dai rifiuti, che in
Italia è minima. Certo occorre tenere sotto controllo gli impianti in modo attento, ma a questo
dovrebbero pensare le organizzazioni dei cittadini. E senza dubbio è preferibile che questo genere di
impianti sia gestito da enti pubblici e non da privati che cercano solo il profitto immediato. Esistono
anche grandi opportunità di produzione di energia da scarti agricoli ed industriali, ancora non
sfruttate.
Il bilancio energetico complessivo dell’Italia dipende, per l’82% del fabbisogno, dall’importazione
di fonti energetiche, con un esborso annuo che supera i 30 milioni di euro. Il fabbisogno nazionale è
coperto per il 65% attraverso il ricorso agli idrocarburi (petrolio e gas naturale). La situazione è
ancora più grave nel sistema elettrico, dove la dipendenza dall’estero raggiunge l’84% e la
dipendenza dagli idrocarburi l’80%. Alla luce delle tendenze recenti del prezzo del barile la
situazione è ormai tale da condizionare pesantemente la capacità dell’Italia di competere sui mercati
internazionali.
La dipendenza dell’Italia dall’estero per la fornitura di energia elettrica non deriva solo da necessità
strutturali ma anche da esigenze di economicità e di risparmio. L'energia acquistata all'estero dovrà
essere gradualmente sostituita da fonti energetiche locali. La riconversione sarà facilitata se lo Stato
aumenterà la ricerca scientifica in questo settore dando priorità agli studi sull'energia pulita. Inoltre
lo Stato dovrà gestire e controllare (anche in caso di decentramento a livello provinciale,
regionale...) la produzione dell'energia senza profitti e dovrà tenere conto dell'impatto ambientale e
della sicurezza. Allo stesso modo dovrà essere pianificato l'approvvigionamento delle materie
prime.
A partire dalle prime crisi del mercato del petrolio degli anni ’73-74 e ’79-80, i paesi industriali
hanno avviato politiche di diversificazione del mix energetico, portandoli progressivamente a
diminuire il contributo percentuale degli idrocarburi e ad incrementare quello del carbone e
dell’energia nucleare. Nello stesso periodo, in Italia, a valle dell’abbandono dell’energia nucleare vi
è stata una transazione dal petrolio al gas naturale, con il risultato che il contributo complessivo
degli idrocarburi alla copertura del fabbisogno energetico è addirittura aumentato.
Le carenze di impostazione della politica energetica hanno fatto del sistema energetico italiano il
più costoso, instabile e inquinante fra quelli dei paesi industriali, con pesanti conseguenze sulla
competitività delle imprese e sul bilancio delle famiglie. Tanto per citare alcuni esempi, l’energia
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elettrica prodotta in Italia costa il 60% più della media europea, due volte quella prodotta in Francia
e tre volte quella prodotta in Svezia.
. Non è un mistero infatti che nel nostro Paese il prezzo finale dell’energia elettrica è più alto di
circa il 20% della media europea. Le cause principali sono dovute sostanzialmente all’alta incidenza
dell’olio combustibile nel paniere produttivo che concorre a formare la tariffa
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e la bassa efficienza
media degli impianti di produzione; insomma un parco di generazione obsoleto che necessità di un
ampia strategia di repowering.
Da ciò deriva che il costo dell’energia importata è di solito sensibilmente inferiore a quello
dell’energia prodotta.
Il problema dei prezzi è dovuto oltre che alla scarsa concorrenza nel settore anche alle scelte
energetiche del paese. Nel gas, dove il 90% di quanto consumiamo proviene dall’estero, il vero
nodo è separare la funzione di approvvigionamento da quella di vendita. Perciò, sarebbe opportuno
costruire più impianti per importare gas in forma liquida e rigassificarlo in Italia. Questa situazione
pone fuori mercato interi comparti del sistema produttivo ed espone il paese, in misura superiore
che agli altri paesi europei, alle fluttuazioni dei prezzi del petrolio e del gas sui mercati
internazionali.
Tutto ciò dimostra una grave debolezza del sistema energetico nazionale per la sicurezza degli
approvvigionamenti ed è un ostacolo ai potenziali benefici che il processo di liberalizzazione
potrebbe offrire, come è già successo in altri Paesi.
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1.2 LEGISLAZIONE ENERGETICA IN ITALIA E RIFORMA DEL SETTORE
ENERGETICO
Il piano energetico nazionale del 1975 è stato per molto tempo l’unico documento di riferimento per
la politica energetica italiana e ad oggi rimane l’ultimo piano ufficiale elaborato in sede
governativa. L’ultimo aggiornamento, approvato dal Consiglio dei Ministri nell’agosto del 1988,
pur rimanendo valido nell’individuazione di obiettivi prioritari (competitività del sistema
produttivo, diversificazione delle fonti e delle provenienze geopolitiche, sviluppo delle risorse
nazionali, protezione dell’ambiente e della salute dell’uomo e risparmio energetico) è un
documento ormai datato, anche perché si riferisce ad un quadro istituzionale e di mercato che nel
frattempo ha subito notevoli mutamenti, anche per effetto della crescente importanza e influenza di
una comune politica energetica a livello europeo.
E’ incredibile come gli obiettivi del piano energetico nazionale risultano essere oggi di grande
attualità, tuttavia il quadro oggi è notevolmente cambiato. Infatti da un lato è evidente il
condizionamento internazionale derivante da una legislazione europea sempre più incisiva,
dall’altro il processo di decentramento amministrativo ha consegnato enormi prospettive ai governi
regionali e locali per una loro più ampia partecipazione al processo decisionale.
Si fa strada inoltre una tesi, soprattutto oggi con la nuova stagione di liberalizzazioni, e cioè che il
settore energetico, fondamentale per lo sviluppo economico di un Paese, comporti il ricorso a
dinamiche di mercato ed alla libera iniziativa superando così l’antica concezione di regolazione
centralizzata e assoluta, ma piuttosto di indirizzo e di monitoraggio.
Il segnale è chiaro, si sente la necessità di un nuovo modo di fare politica energetica che si poggi su
metodologie concertative, sul decentramento delle responsabilità, sull’utilizzo di meccanismi
competitivi e di mercato.
Poi bisogna arrivare fino al 2000, con la "Relazione sullo stato di attuazione del Piano Energetico
Nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti
rinnovabili di energia", documento comunque parziale e che rende conto dell'attuazione della Legge
n. 9/1991 ( contenente modifiche al PEN), emesso nel 2001 a firma del ministro Marzano.
Come risultato di questi continui rinvii, ci ritroviamo nel 2006 senza un Piano Energetico Nazionale
moderno ed adeguato, che tenga conto dei parametri di riduzione delle emissioni fissati dal
Protocollo di Kyoto.
La definizione di un nuovo modello energetico orientato verso i principi dello sviluppo sostenibile
determinerà anche una evoluzione del quadro legislativo che attiene alla materia energetico-
ambientale. Il settore è interessato da profondi cambiamenti dovuti alla liberalizzazione dei mercati
energetici, al recepimento nell’ordinamento nazionale delle diverse Direttive comunitarie e al
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