6
creazione di valore. Alle imprese sarà soprattutto richiesto un importante sforzo verso
una maggiore trasparenza e verso lo sviluppo dell’area finanza, spesso trascurata.
La mia opera si prefigge, di fatto, alcuna importanti obiettivi.
Spiegare cosa sia l’Accordo di Basilea II tenendo conto anche dell’Accordo di
Basilea I tuttora in vigore.
Descrivere lo strumento che rappresenta “la chiave di Volta” del Nuovo Accordo
ossia il rating, concentrando l’attenzione sul funzionamento del sistema interno
adottato dalle banche, nonché, sulle problematiche relative al concetto di controllo e
validazione dei rating assegnati.
Il primo capitolo, infatti, entra nel merito dell’impianto generale dell’Accordo sul
capitale, nella versione di giugno 2004, tema quanto mai attuale data la sua entrata in
vigore nel 2007. Vengono messi in evidenza i limiti della precedente formulazione
del 1988, che si basava sui requisiti minimi di capitale applicati uniformemente a
tutte le banche senza tener conto della rischiosità effettiva dei singoli portafogli. Si
descrive poi il contenuto dei tre Pilastri sui quali poggia il nuovo ambizioso progetto
di revisione generale delle regole di adeguatezza patrimoniale, volto ad assicurare una
copertura più ampia dei rischi ed una loro misurazione più precisa, in linea con le
prassi più evolute di autocontrollo interno.
Il secondo capitolo cerca di spiegare la modalità di costruzione e di
implementazione di un sistema di rating interno della clientela.
7
I modelli di rating interno hanno lo scopo di valutare quantitativamente il grado
di rischio associato ad un cliente o ad una singola esposizione creditizia, dal punto di
vista della possibilità di non riuscire a recuperare, in tutto o in parte, il capitale
prestato o di dover rinunciare alla remunerazione dell’operazione. I sistemi di rating
interno, nonostante l’assenza di criteri univoci per la loro realizzazione, possono
essere raggruppati in due principali categorie: quelli basati su metodologie statistiche
e quelli basati su di un orientamento soggettivo che si adattano e si utilizzano in
relazione del diverso contesto in cui ciascun intermediario si trova ad operare. E’ un
dato certo che la costruzione di un sistema di rating interno incide comunque e
sensibilmente sull’assetto organizzativo di una banca; applicare l’una o l’altra
categoria significa intervenire sull’allestimento di basi di dati idonee alle specifiche
esigenze, soprattutto quando l’obiettivo sia rappresentato dal controllo dei rischi in
banche di piccole e medie dimensioni.
Una volta dotatisi di un sistema per l’assegnazione dei rating, sia le esigenze di
misurazione della efficacia del sistema, sia le applicazioni più avanzate dei rating,
richiedono che questi ultimi non si limitino a una semplice classificazione discreta e
ordinale del rischio, ma che essi siano misurazioni cardinali, sebbene discrete, del
rischio di credito. E’,dunque, necessaria una fase di rating quantification che associa
alle classi di rating misure dei valori attesi e inattesi in esse implicite.
8
Nel terzo capitolo si affronta il problema delle modalità di controllo
dell’intervento dei gestori della relazione nella determinazione del rating finale, dato
che tali soggetti possono contribuire a determinare il rating complessivo (fornendo
informazioni qualitative che entrano nel processo di valutazione, oppure proponendo
overrides espliciti del rating finale), il quale d’altro canto può influenzare sia i limiti
di autonomia decisionale cui essi sono soggetti sia le misure di performance sulla
base delle quali essi sono valutati, generando così un potenziale conflitto di interesse.
Il capitolo analizza quindi le cause e le possibili conseguenze di questo conflitto e
discute alcune possibili linee di intervento da parte della banca.
Nel capitolo quarto si affronta il tema, di particolare interesse sia per le banche
sia per gli organi di vigilanza, della validazione dei sistemi di rating. Come noto,
infatti, l’adozione dell’approccio IRB da parte di una banca è subordinato alla
validazione, da parte dell’organo di vigilanza, del relativo sistema di rating. Si
analizzano i diversi criteri che possono essere utilizzati per valutare la qualità di un
sistema di rating; ci si sofferma infine anche sul problema dell’identificazione degli
organi che, all’interno della banca, dovrebbero essere preposti all’attività di
validazione.
Concludo il lavoro cercando di rappresentare un esempio di operatività concreta e
reale: la valutazione di un’impresa mediante un protocollo di diagnosi myrating®
ideato ed implementato da MYCONSULTING (studio professionale che aggrega
9
consulenti, giovani professionisti che hanno maturato esperienze diverse sia in Italia
che all’estero), al fine di pervenire alla quantificazione del merito creditizio delle
imprese clienti e di assistere le stesse nella fase di “negoziazione” con gli Istituti di
Credito.
In un lavoro così articolato sono chiaramente molte anche le persone che
meritano un esplicito ringraziamento per il contributo dato al risultato finale.
Sono grata in primis al Dott. re Vitello Gianfranco, al Dott. re D’Ausilio
Francesco, al Dott. re Gorgoni Giuseppe e alla Dott. ssa Scognamiglio Annalisa, che
hanno reso possibile la ricerca e hanno avuto un ruolo centrale in questo lavoro,
fornendo spunti e suggerimenti di grande utilità.
Un ringraziamento sincero va espresso al mio relatore il Prof. re Santorsola
Giuseppe per la Sua immensa disponibilità, cortesia e per la Sua eccellente
preparazione.
10
Capitolo I. Basilea 2: le nuove regole del credito.
1.1 L’Accordo di Basilea del 1988 : i requisiti di capitale
correlati al rischio.
Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è un organismo fondato nel 1975
dai governatori delle Banche Centrali dei 10 paesi più industrializzati G-10
1
(Gruppo
dei 10) operante in seno alla BRI, Banca dei Regolamenti Internazionali, con sede a
Basilea, un’organizzazione internazionale che ha lo scopo di promuovere la
cooperazione fra le banche centrali ed altre agenzie equivalenti allo scopo di
perseguire la stabilità monetaria e finanziaria. Nel luglio del 1988, il Comitato, ha
proposto l’adozione di un sistema di requisiti di capitale uniformi per le banche attive
a livello internazionale
2
,
3
- cosiddetto “Accordo di Basilea” -, che è stato finora
ratificato da circa 140 paesi
4
. Tale Accordo, per la prima volta, ha stabilito delle
1
Il Comitato di Basilea è formato dai rappresentanti delle Banche Centrali e delle Autorità di
Vigilanza dei paesi del G-10 (Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Olanda, Svezia, Regno
Unito e Stati Uniti) nonché della Svizzera e del Lussemburgo.
2
In Europa, il recepimento dell’Accordo di Basilea è avvenuto tramite le direttive comunitarie
n θ89/299/CE e n θ89/647/CE, relative rispettivamente ai fondi propri e al coefficiente di solvibilità
degli enti creditizi. In Italia, tali direttive sono state recepite con i decreti legislativi del 10 settembre
1991, rispettivamente, il n θ301 per i fondi propri e il n θ302 per il coefficiente di solvibilità degli enti
creditizi.
3
Basle Committe on banking supervision, International Convergence of Capital Meusurement and
Capital Standards, Basilea, Luglio 1988. Per una versione in italiano dell’accordo: Banca d’Italia,
Accordo Internazionale sulla valutazione del patrimonio e dei coefficienti patrimoniali minimi,
Bollettino economico, n. 11 ottobre 1988.
4
Cfr. Desario V., Nuovi orientamenti della regolamentazione internazionale sul rischio di credito,
Intervento del Direttore Generale della Banca d’Italia alla V Convention ABI: “Sviluppo e Gestione
del portafoglio Crediti”, Cernobbio, 15 ottobre 1999. Benché l’accordo fosse originariamente
11
regole precise sui requisiti di capitale, che “legano” gli stessi ai rischi creditizi delle
banche
5
. Gli obiettivi dell’Accordo di Basilea del 1988 erano principalmente due: a)
rafforzare la solidità e solvibilità del sistema bancario internazionale (attraverso
l’introduzione di requisiti minimi di capitale correlati al rischio)
6
; b) ridurre le
differenze competitive fra le banche attive a livello internazionale (attraverso
l’introduzione di un approccio standard).
Entrambi gli obiettivi perseguivano un’unica finalità: ridurre il verificarsi di crisi
bancarie senza minare la concorrenza internazionale all’interno dell’industria
bancaria. In breve, il Comitato di Basilea ha strutturato i requisiti di capitale per le
istituzioni bancarie attraverso la definizione di tre elementi:
a) Il capitale di vigilanza, ossia le poste destinate a “difendere” la banca
dall’eventualità di perdite
7
. L’Accordo suddivide il capitale di vigilanza in due
blocchi, denominati Tier 1(Patrimonio di Base)
8
che comprende il capitale sociale, gli
indirizzato alle banche di maggiori dimensioni dei paesi rappresentanti nel Comitato di Basilea,
attualmente lo stesso è considerato un sistema di riferimento per le banche di tutto il Mondo.
5
Marotta, Piattaluga (1993); Carretta (1998): Banche e intermediari non bancari: concorrenza e
regolamentazione, Bancaria Editrice.
Per adeguatezza patrimoniale si intende che il patrimonio deve essere adeguato ai rischi assunti. Il
rischio bancario va quantificato tramite una tabella di coefficienti che trasformano il valore
contrattuale di un’attività in una quota rappresentativa del rischio stesso.
6
Scopo in parte raggiunto grazie all’incremento del livello di patrimonializzazione delle banche
operanti nei paesi del G-10 dal 9.3% all’11.2%. Cfr. Jackson et al. (1999). Un’interessante analisi dei
sistemi di vigilanza è ritrovabile in Carretta (1998) Basle Committee on Banking Supervision (1996).
7
Riserva di patrimonio che le banche devono costituire e accantonare per fronteggiare i rischi che esse
assumono svolgendo la loro normale attività creditizia.
8
“Patrimonio di base” (Capitale di rischio apportato dai soci o creato dalla gestione): Elementi positivi:
Capitale sociale, Sovrapprezzo di emissione, Riserve, Fondo rischi bancari generali, strumenti
innovativi di capitale (preference shares). Elementi negativi (da detrarre): Capitale sottoscritto non
versato, Azioni o quote proprie, Avviamento, Altre immobilizzazioni immateriali, Perdita di esercizio.
12
utili non distribuiti e le riserve palesi e il Tier 2 (Patrimonio Supplementare)
9
, che
non può comunque superare il 50% del patrimonio complessivo, è composto dalle
riserve occulte, dal debito subordinato, dai fondi rischi e dagli strumenti ibridi di
capitale e di debito. Vedi Tabella 1.1
Tabella 1.1 Definizione degli elementi costitutivi l’aggregato patrimoniale
10
Patrimonio di base (Tier 1) Patrimonio suplementare (Tier 2)
*
Elementi positivi
Capitale sociale Riserve di rivalutazione monetaria
Sovrapprezzi di emissione Strumenti ibridi di patrimonializzazione
Riserve da accantonamento utili Passività subordinate
Fondo rischi bancari generali Fondi non impegnati
Elementi negativi
Capitale sociale non versato Minusvalenze su titoli
Azioni proprie in portafoglio Perdite su crediti non contabilizzate
Immobilizzi immat. e avviamento Insussistenze dell'attivo non contabiliz.
Perdite dell'esercizio e pregresse
* Il patrimonio supplementare netto è ammissibile fino a un massimo pari al patrimonio di base netto
Fonte: Basle Commitee on Banking supervision (1988)
b) Il rischio, attraverso la creazione di una serie di ponderazioni relative al
rischio di credito delle controparti
11
. Il rischio delle varie esposizioni creditizie (sia
per quelle in bilancio che per quelle fuori bilancio) viene quantificato in base a
“Patrimonio Supplementare” (nei limiti del 100% del “patrimonio di base”) (Capitale originato da: -
adeguamento dei valori di bilancio al processo inflativo; -accantonamenti prudenziali relativi a rischi
eventuali; -particolari forme di finanziamento di natura intermedia tra capitale di rischio e capitale di
debito): Elementi positivi: Riserve di rivalutazione, strumenti innovativi di capitale non computabili
nel patrimonio di base, Strumenti ibridi di patrim. (passività irredimibili rimborsabili dietro richiesta
emittente e dietro rilascio consenso Banca d’Italia), Passività subordinate, Fondo rischi su crediti,
Plusvalenze nette su partecipazioni. Elementi negativi: Minusvalenze nette sui titoli /al 50%),
Minusvalenze nette su partecipazioni in società non bancarie e non finanziarie (al 50%).
9
Cfr. Caiazza Stefano., L’Accordo di Basilea 2001: verso una nuova regolamentazione dei requisiti
del capitale bancario, in Bancaria 2001.
10
Cfr. Basle Commitee on Banking Supervision (1998), p. 17 e ss.
11
Cfr. Troiani M., (1999), Prime riflessioni sulle proposte di Basilea in tema di adeguatezza
patrimoniale, in Bancaria n. 10.
13
determinate ponderazioni selezionate sulla base di tre criteri: liquidità, tipologia della
controparte e paese di residenza
12
. Si va così dai “crediti ad imprese private, Crediti
verso banche e governi di paesi non OCSE, Fideiussioni, Accettazioni” che sono
ponderati con pesi pari al 100%, ai “Mutui integralmente assistiti da garanzia
ipotecaria su immobili residenziali, Impegni a erogare con scadenza superiore ad 1
anno” pesati al 50%, ai “Crediti verso banche centrali dei paesi OCSE, impegni a
erogare con scadenza inferiore ad 1 anno” per i quali è previsto un coefficiente di
ponderazione dello 0%, vedi tabella 1.2
Tabella 1.2 Fattori di ponderazione del rischio per le attività in bilancio
13
Ponderazione 0% Ponderazione 20% Ponderazione 50% Ponderazione 100%
Cassa e valori assimilati Crediti verso banche Mutui assistiti da garanzia Crediti vs imprese private
multilaterali di sviluppo reale su abitazioni
utilizzate dal debitore*
Crediti verso banche centrali Crediti verso banche Partecipazioni in
dei paesi OCSE dei paesi OCSE imprese private
Titoli di Stato emessi Crediti verso enti Crediti verso banche
da governi paesi OCSE del settore pubblico e governi di paesi
non OCSE
*
Ponderazione riconosciuta dalla direttiva 98/32/Cee sino al 31 Dicembre 2006 e non dall’Accordo di Basilea
Fonte: Basle Commitee on Banking Supervision (1988).
12
CFr., Zazzara C., (1999), Il ruolo del capitale nelle banche e la sua regolamentazione: dall’Accordo
di Basilea del 1988 ad oggi, in Minerva Bancaria n. 5.
13
Fonte: Basle Commitee on Banking Supervision (1988), p. 21 e ss.
14
Tabella 1.3 Fattori di ponderazione del rischio per le attività fuori bilancio
14
Ponderazione 0% Ponderazione 20% Ponderazione 50% Ponderazione 100%
Impieghi analoghi alla Impieghi di f irma legati Facilitazioni in appoggio Sostituti diretti del credito
erogazione di credito a operazioni commerciali all'emissione di titoli. f isso (f idejussioni e
con scadenza < 1 anno Altri impegni all'erogazione accettazioni). Cessione
di credito con scadenza di attività pro solvendo,
< 1 anno con rischio di credito
a carico della banca.
c) Il rapporto minimo tra il capitale e il rischio. Lo schema proposto e tuttora in
vigore, prevede il rispetto di diversi coefficienti patrimoniali obbligatori. Il più
importante ai fini della nostra analisi è il coefficiente di solvibilità che si basa sul
principio del Risk-asset approch o Rar. L’Accordo prevede che le banche detengano
capitale in misura almeno pari all’8% della somma dei crediti per cassa ponderati per
il rischio.
15
Coefficiente di solvibilità = %8 τ
ƒ
i
AiRwi
Pv
dove
16
:
Pv = aggregato patrimoniale di vigilanza (patrimonio di vigilanza);
A
i
= attività i-esima (Attività che generano rischio)
Rw
i
= Risk weight (ponderazione per il rischio dell’attività i-esima).
14
Fonte: Basle Commitee on Banking Supervision (1988), p. 23 e ss.
15
Oltre al coefficiente di rischiosità ne era stato introdotto un altro che prevedeva che il patrimonio
complessivo costituisse almeno il 4.4% del totale dei crediti per cassa. Questo secondo coefficiente
tendeva a “legare” la dimensione dell’attivo (e quindi non solo la sua rischiosità) a quella del capitale.
16
Gabbi G., (2000), Un modello di vigilanza consensuale sul sistema bancario: i vantaggi nella realtà
italiana, in Bancaria n.1.
15
Una banca ha un livello di patrimonio adeguato quando il rapporto tra il
patrimonio di vigilanza e l’attivo ponderato in base ai coefficienti di rischio è
maggiore o uguale all’8%
17
.
Per quanto riguarda, invece, il calcolo del requisito patrimoniale relativo alle
attività fuori bilancio, occorre trasformare le esposizioni fuori bilancio in equivalenti
creditizi attraverso l’utilizzo di determinati fattori di conversione che, in base allo
strumento in esame, variano in proporzione al valore nominale dello strumento
stesso. Occorre moltiplicare l’ammontare nozionale dell’esposizione per un fattore di
conversione compreso fra l’intervallo 0-100% e successivamente applicare
l’appropriato coefficiente di ponderazione.
Il sistema di adeguatezza patrimoniale del 1988 ha funzionato per quasi un
ventennio. Con il tempo sono diventati sempre più evidenti i suoi limiti, tra i quali
18
: -
eccessiva ampiezza delle classi di controparte, con riproposizione all’interno delle
singole classi della spinta verso impieghi più rischiosi che si era realizzata con i
coefficienti dimensionali; - sottostima del requisito patrimoniale se l’attività creditizia
si concentra nei comparti più rischiosi dell’intermediazione (credito al consumo,
finanziamenti alle imprese minori); - staticità del requisito nelle diverse fasi
congiunturali, mentre è evidente che i rischi per le banche aumentano nelle fasi
17
Matteo Cotugno, (2004), L’Accordo di Basilea 2 e le operazioni di asset securitisation, Banche e
Banchieri 2004.
18
Zazzara C., (1999), Il ruolo del Capitale nelle banche e la sua regolamentazione: dall’Accordo di
Basilea del 1988 ad oggi, in Minerva Bancaria, n. 5.
16
congiunturali negative; - scarso peso della durata dell’operazione e del valore delle
garanzie accessorie nel definire le ponderazioni di rischio, mentre è evidente che
crediti di più lunga durata e meno assistiti da garanzie comportano rischi maggiori per
il creditore; - il fatto che i benefici della diversificazione di portafoglio degli impieghi
della banca risultano ignorati, mentre la capacità di diversificare adeguatamente gli
investimenti è un elemento fondamentale della corretta gestione dei rischi; - il
mancato riconoscimento dei vari strumenti di gestione del rischio di credito (tra cui i
derivati creditizi)
19
; - non mette in relazione il capitale di vigilanza con il reale profilo
di rischio sostenuto dalle banche, non consente cioè di istituire una stretta
correlazione tra il rischio d’insolvenza specifico dei clienti del sistema bancario e la
loro relativa copertura patrimoniale; - copre solo i rischi di credito (insolvenza del
debitore) e di mercato (derivante dall’attività di negoziazione).
Tuttavia, è certo che l’Accordo del 1988 abbia svolto un ruolo fondamentale nel
delineare l’architettura del sistema finanziario internazionale e abbia soddisfatto,
almeno in parte gli obiettivi prefissati. In particolare, esso ha rafforzato il livello di
patrimonializzazione delle grandi banche del G-10 che, negli ultimi dieci anni, è
passato dal 9.3% all’11.2%
20
. L’Accordo non ha invece contribuito alla creazione,
19
Garrone F., (2001), Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria e la revisione dell’Accordo sul
capitale, in Bancaria, n. 1.
20
Basel Committee on Banking Supervision, A New Capital Requirements and Bank Behaviour: The
Impact of the Basel Accord, working paper, n. 1, Basilea, Aprile 1999.
17
all’interno del sistema bancario internazionale, di un contesto competitivo uniforme
(level playing field
21
).
21
(Ossia di condizioni concorrenziali uniformi per le istituzioni finanziarie dei diversi paesi).
18
1.2. La proposta di un nuovo sistema di requisiti patrimoniali e
di adeguatezza del capitale: “ A New Capital Adequacy
Framework”.
L’evoluzione delle gestioni bancarie negli ultimi dieci anni e, in particolare, dei
rischi di crediti (si pensi, ad esempio, ai credit derivates e alle complesse operazioni
di securitization
22
) che le banche fronteggiano, ha indotto il Comitato di Basilea a
rivedere l’Accordo attuale. La ridefinizione ha preso avvio nel 1996, quando –tramite
un emendamento al Primo Accordo- sono stati introdotti i requisiti patrimoniali per la
gestione del rischio di mercato. La revisione vera e propria ha avuto inizio nel 1999
con un primo documento consultativo diffuso al fine di raccogliere valutazioni,
commenti, critiche e suggerimenti
23
.
Nel 2001 il Comitato ha pubblicato una seconda proposta intitolata The New
Basel Capital Accord, poi raffinata nell’aprile del 2003 e infine definitivamente
articolata nel giugno 2004 , con lo scopo di: a) rafforzare il legame tra il capitale e i
rischi sottostanti , b)creare incentivi per migliorare la misurazione e la gestione dei
rischi, c) consentire l’applicazione delle nuove regole a una platea di intermediari più
ampia di quella rappresentata dalle banche internazionali dei paesi appartenenti al
gruppo dei dieci e, d) riconoscere tutti gli sviluppi nella misurazione e gestione dei
22
Cartolarizzazione dei crediti.
23
Mazzuca M., (2004), La vigilanza bancaria e il nuovo Accordo di Basilea, in Banche e Banchieri,
2004.
19
rischi bancari, per porre pertanto rimedio alle deficienze originarie dell’Accordo del
1988
24
.
Questo nuovo sistema si poggia essenzialmente su 3 pilastri (pillars)
25
:
1. requisiti patrimoniali minimi (capital adequacy), che mirano a dare
concretezza alle regole standard definite nell’Accordo originario (descrive in modo
dettagliato i criteri e le metodologie di misurazione dei rischi).;
2. attività di supervisione sull’adeguatezza del capitale delle banche e sul
relativo processo interno di valutazione del capitale (supervisory review)
26
;
3. efficace utilizzo della disciplina di mercato quale strumento per rafforzare la
trasparenza e incoraggiare pratiche di gestioni bancarie sicure e solide (market
discipline)
27
.
24
Sironi A., (1999), Il progetto di riforma dei requisiti patrimoniali: una valutazione ed alcune ipotesi
di miglioramento, in Bancaria n. 10.
25
Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, (2000), Documento a fini di consultazione.
Presentazione del Nuovo Accordo di Basilea sui requisiti patrimoniali.
I tre Pilastri presi nel loro insieme concorrono a una maggiore sicurezza e solidità nel sistema
finanziario. Tali Pilastri costituiscono un insieme unitario e di conseguenza il Nuovo Accordo non può
considerarsi pienamente attuato se non sono operanti tutti e tre.
26
Precisa il ruolo della Autorità di Vigilanza, chiamata a monitorare costantemente l’adeguatezza dei
livelli di capitalizzazione rispetto ai rischi e a valutare la coerenza delle politiche gestionali attuate
dalle banche per rispettare i ratios stabiliti dalla normativa.
27
Sollecita le banche a fornire al mercato una informativa che consenta ad azionisti, investitori e
risparmiatori di conoscere i veri portafoli di rischio ed i livelli di capitalizzazione delle banche al fine
di poterne valutare l’effettiva solidità. De Laurentis G., Miti e verità di Basilea 2, Egea, 2004.