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standard di igiene e salubrit dei propri prodotti in tutte le fasi in cui si articola
l attivit , successive alla produzione primaria (raccolta, mungitura, allevamento).
Pertanto, appare evidente come il decreto in questione vada a coinvolgere ogni
soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che eserciti una o piø delle
seguenti attivit : fabbricazione, trasformazione, preparazione, confezionamento,
deposito, trasporto, distribuzione, somministrazione o vendita di prodotti destinati
all alimentazione umana.
Tuttavia, l implementazione del Sistema di autocontrollo in sostanza non
comporta nulla di nuovo sul piano dei doveri, relativamente ai requisiti minimi di
igiene della produzione; difatti, gi la Legge 30/4/62, n.283, successivamente
modificata e integrata dalla Legge 26/2/63, n.441, e il DPR 327/80 stabiliscono gli
standard igienico-sanitari obbligatori e costituiscono ancora oggi i principali
riferimenti normativi in materia di igiene per chiunque operi nel comparto
alimentare.
La novit peculiare sta essenzialmente nell introduzione dell obbligo, da parte
degli operatori, di garantire e assicurare in ogni momento il rispetto di quanto gi
stabilito precedentemente dalle leggi citate, potendolo altres dimostrare attraverso
la registrazione e la documentazione scritta degli accorgimenti attuati per
l adempimento a quanto previsto.
In altri termini, con il recepimento delle Direttive CEE sopraindicate, alla
normativa gi esistente Ł stato dato particolare rilievo sul piano sostanzialmente
qualitativo, introducendo di fatto il concetto di "prevenzione dai rischi
alimentari", in sostituzione dell oramai superato concetto di "controllo sul
prodotto finito", ossia a valle della filiera, e di "azione correttiva a ritroso", attuata
cioŁ solo dopo che il rischio si Ł concretizzato in evento dannoso.
In definitiva, l autocontrollo Ł un istituto giuridico adottato dal legislatore
comunitario per sensibilizzare le aziende alimentari sul tema della cosiddetta
"qualit alimentare" dei prodotti e per responsabilizzarle maggiormente in merito
soprattutto all aspetto della "salubrit degli alimenti", privilegiando i controlli
sulla linea di lavorazione rispetto a quelli tradizionali, effettuati esclusivamente
sul prodotto finito. Un approccio di questo tipo origina sia dalla consapevolezza
che la procedura di controllo tradizionale poteva fornire solo informazioni di tipo
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retrospettivo, finalizzate ad individuare un eventuale difetto dell alimento gi
prodotto, piuttosto che prevenirne l insorgenza, sia dalla convinzione che i
controlli sul prodotto finito non possono essere eseguiti in modo tale da garantire,
dal punto di vista statistico, un reale controllo della produzione sotto il profilo
igienico.
Al contrario, il Sistema di autocontrollo, pianificato secondo i principi della
metodica HACCP, fornisce informazioni che possono essere elaborate con
tempestivit e pertanto consente di intervenire in modo piø immediato ed efficace
sul ciclo di lavorazione, mediante l applicazione di appropriate azioni preventive
e correttive; questo, in definitiva, Ł il carattere che piø differenzia il Sistema di
autocontrollo HACCP dal sistema di controllo tradizionale dei prodotti alimentari.
D altra parte, questa nuova impostazione per alcuni versi ricalca quella che,
attualmente, Ł la moderna concezione di "Qualit ", ossia non piø qualit del
prodotto finito garantita mediante il solo controllo finale, ma, piø in generale,
qualit di tutto il sistema produttivo aziendale; la finalit Ł quella di ottenere un
prodotto con caratteristiche e propriet tali da soddisfare i bisogni impliciti ed
espliciti del cliente.
In questo senso, il D.lgs.155/97, ponendo l accento sulla "qualit alimentare", e
in particolare sugli aspetti "salubrit " e "sicurezza" degli alimenti, va oltre il
semplice concetto di "soddisfazione del cliente" e aggiunge a tutto ci quello che,
in definitiva, Ł lo scopo primario: la "tutela della salute pubblica".
Il presente lavoro quindi analizzer inizialmente il problema della sicurezza e
dell igiene degli alimenti, in termini di rischi derivanti da una non corretta
produzione o trattamento degli alimenti stessi. Successivamente sar esaminata
l evoluzione della normativa di riferimento, passando poi a descrivere in pratica
come implementare il sistema di autocontrollo HACCP. Alla fine, ricordando che
sempre piø spesso, oggi, la normativa cogente ricorre a strumenti, metodi e norme
volontarie per garantire il rispetto dei requisiti essenziali della sicurezza, verr
messo a confronto, per rilevare le possibili sinergie e le concrete differenze, il
sistema HACCP con le norme, della serie ISO, su cui si basa la certificazione di
qualit .
7
Capitolo primo
La qualit igienica dei prodotti alimentari.
SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. Igiene e sicurezza degli alimenti. 2.1. Il rischio
microbiologico. 2.2. Il rischio chimico. 3. I microrganismi negli alimenti. 3.1. Fattori che
influenzano la crescita microbica. 3.2. I principali microrganismi. 3.3. La crescita batterica.
4. Malattie da alimenti. 5. Osservazioni conclusive.
1. Introduzione
La qualit di un prodotto deriva da molteplici aspetti rivolti a definire e ad
assicurare la rispondenza all uso riscontrata dal consumatore, in relazione alle
esigenze che ne hanno motivato l acquisto. ¨ importante sottolineare che questo
concetto tiene conto sia della conformit del prodotto che dell adeguatezza in
funzione del suo impiego.
Come faceva rilevare Maslow, psicologo umanista, le aspettative del
consumatore sono in evoluzione, verso un livello sempre piø alto, secondo quella
che potrebbe essere definita la gerarchia delle esigenze umane.
Quando un bisogno inferiore viene soddisfatto, l individuo non solo considera
importante il bisogno di livello superiore ma addirittura necessario. Sul piano del
comportamento del consumatore questa teoria sottolinea il fatto che piø un
bisogno viene soddisfatto, meno conta la sua soddisfazione.
In altri termini, ci che si Ł ottenuto non ha piø effetto motivante ma aumenta la
capacit di creare insoddisfazione se non viene garantita una continuit nella
qualit del prodotto.
Da un punto di vista storico, la qualit pu essere suddivisa in due periodi:
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(a) il periodo del controllo (Quality Control) che arriva fino agli anni Sessanta
ed Ł caratterizzato dall attenzione posta sul fattore controllo inteso come
corrispondenza alla conformit ;
(b) il periodo della gestione (Quality Management) caratterizzato dai concetti
di Qualit Totale (adeguatezza all uso) e di Qualit Globale (adeguatezza alle
necessit del cliente).
Il primo cambiamento segue il concetto guida che la qualit del prodotto deve
essere assicurata dall applicazione delle norme di buona fabbricazione; dalla
standardizzazione delle operazioni produttive; dall integrazione tra controllo di
qualit e produzione.
Nella fase della qualit globale, seconda met degli anni Ottanta, la qualit , da
fatto tecnico, diventa fatto gestionale; l obbiettivo Ł adeguarsi alle necessit del
cliente.
Il raggiungimento dell efficienza di un tale sistema, richiede una politica
aziendale della qualit che consenta di gestire e migliorare le prestazioni delle
persone; rinforzare l integrazione; promuovere l informazione.
Tale contesto organizzativo deve prevedere un evoluzione della struttura in
funzione dei nuovi compiti e, quindi, una preparazione delle persone alle nuove
professionalit con sistemi d addestramento; sistemi per il passaggio delle
informazioni; sistemi procedurali; norme di buona attivit .
In conclusione, dal momento che le esigenze del cliente sono rapidamente
mutevoli non Ł piø ipotizzabile misurare la qualit rispetto a standard statici o
comunque lentamente modificabili, cos com Ł inefficace adottare azioni tese a
raggiungere quegli standard poichØ il miglioramento deve essere continuo cos
come continuo Ł il variare delle esigenze del cliente.
Nel settore alimentare il moderno concetto di qualit evidenzia la necessit di un
forte coordinamento tra interventi di ricerca, di controllo e le attivit produttive.
Negli ultimi decenni, infatti, le esigenze del consumatore si sono ampliate
enormemente passando da un indiscriminata spinta consumistica ad una piø
diversificata attenzione soprattutto ad aspetti nutrizionali e dietetici.
Di conseguenza, l industria alimentare, proveniente da un periodo, quello degli
anni 60, in cui l imperativo era vendere e crescere a qualunque costo, si Ł dovuta
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porre il problema di recuperare credibilit in relazione alla nuova sensibilit del
consumatore. Un ulteriore evoluzione delle percezioni della qualit del prodotto
alimentare vede oggi tale caratteristica incentrata principalmente sul tema della
sicurezza.
2. Igiene e sicurezza degli alimenti.
Un analisi delle cause che sono all origine dei mutamenti avvenuti nella
seconda met del nostro secolo nel settore alimentare, trova radici nell espansione
dei mercati, nella proliferazione dei prodotti, nelle accresciute esigenze di
sicurezza e nella risposta data dalla ricerca scientifica e tecnologica ai diversi
problemi igienici e nutrizionali. Sono stati, infatti, meglio definiti i rapporti tra
alimentazione e stato di salute, il ruolo svolto dai diversi nutrienti, i fattori di
rischio igienico sanitario che possono essere associati ai diversi prodotti quando
non siano adeguatamente controllati e protetti durante la loro produzione,
distribuzione e consumo. La sicurezza degli alimenti rientra, quindi, nel quadro
delle azioni preventive a tutela della salute e ad essa si riferiscono le norme
legislative nazionali e comunitarie, i criteri di salubrit e le misure di protezione
adottate oggi dalla produzione.
Il concetto d igiene degli alimenti, un tempo legato quasi esclusivamente alla
presenza di microrganismi patogeni trasmessi all uomo da materie prime
d origine animale o vegetale o direttamente dall uomo agli alimenti durante la
loro preparazione e conservazione a partire dagli anni 50, si Ł aperto su aspetti
precedentemente non esistenti o ancora non noti. I problemi posti dalla
contaminazione ambientale, dai trattamenti, da processi di trasformazione non
adeguatamente controllata, hanno associato al rischio microbiologico le insidie del
rischio chimico i cui effetti, non sempre evidenziabili a breve termine, sono quasi
sempre responsabili di danni gravi ed irreversibili alla salute.
L assicurazione della qualit igienica degli alimenti ha richiesto quindi, negli
ultimi decenni, un approccio multidisciplinare microbiologico, tossicologico,
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chimico, biochimico, tecnologico, anche se storicamente nasce come problema
genericamente correlato alla presenza di microrganismi responsabili
dell alterazione degli alimenti e di patologie associate al loro consumo.
2.1. Il rischio microbiologico.
A partire dagli anni 50, la microbiologia alimentare si Ł consolidata come
disciplina specifica sviluppando i diversi aspetti biomedico, veterinario e
tecnologico ad essa connessi. Notevole Ł stato, in questo settore, il contributo
dato dalla scuola italiana. Lo sviluppo decisivo di questa disciplina parte
comunque dall Istituto Pasteur di Lille dove, nella seconda met del secolo,
ricercatori illustri - di cui Buttiaux Ł stato caposcuola - hanno gettato le basi della
moderna microbiologia alimentare.
Studi approfonditi sull ecologia e sulla cinetica microbiologica sono stati
condotti da Ingram negli anni 50 60 70 mentre, parallelamente, nello stesso
periodo Sir Ghraham Wilson, G.M. Dack e, successivamente, Betty Hobbs
esplicitavano il principio che la sicurezza degli alimenti non poteva essere affidata
al solo controllo del prodotto finito, pena l insuccesso totale o parziale di qualsiasi
approccio destinato ad implementare la loro sicurezza.
Principio piø recentemente ripreso e perfezionato da D.A.A. Mossel che
riconduce le azioni da intraprendere a tutela della contaminazione microbiologica
a tre momenti:
1) eliminazione dei microrganismi indesiderabili nelle materie prime, mediante
riduzione al minimo della contaminazione e mediante sistemi di bonifica attiva
compatibili col mantenimento delle qualit organolettiche e nutrizionali;
2) prevenzione della ricontaminazione degli alimenti trattati, mediante
confezionamento asettico o ulteriore trattamento dopo confezionamento
ermetico;
3) distribuzione e conservazione in condizioni tali da arrestare o almeno
limitare lo sviluppo dei pochi eventuali microrganismi indesiderabili che hanno
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superato i due livelli precedenti nel caso di alimenti privi di un intrinseca
protezione antimicrobica.
Criteri, oggi ovvi che fecero fatica ad affermarsi tra le inveterate abitudini degli
addetti al settore e degli esercenti delle professioni sanitarie. Un eccezione fu
costituita, in Francia, da Buttiaux, avanti ricordato, e dai suoi collaboratori che
associarono la protezione della salute del consumatore anche alla corretta gestione
del processo produttivo degli alimenti (1947 e 1964).
Gli alimenti costituiscono un substrato particolarmente idoneo allo sviluppo di
microrganismi. Sotto questo profilo possono essere classificati in alimenti
favorenti, ostacolanti la moltiplicazione batterica rispettivamente: latte, carne,
uova che appartengono alla prima categoria; pane, frutta e verdura appartengono
alla seconda.
La flora microbica degli alimenti, per le implicazioni sanitarie che ne derivano,
si suddivide in germi saprofiti, germi indici di inquinamento fecale, germi
patogeni. I germi saprofiti non hanno effetto sulla salute; tuttavia una loro
concentrazione superiore a determinati valori denota scarsa igiene nella
produzione dell alimento o non idonee condizioni di conservazione. Particolare
significato igienico hanno i germi indici di inquinamento fecale diffusi
nell ambiente e che possono pervenire all alimento attraverso acque per uso
potabile contaminate. Il loro riscontro negli alimenti pu infatti costituire indizio,
sia pure indiretto, di germi patogeni. Proprio questi ultimi sono i microrganismi
che hanno effetto dannoso sulla salute. Le conseguenze della contaminazione da
germi patogeni sotto il profilo metodologico di studio possono essere cosi
classificate: infezioni quando l origine eziologica che genera la patologia Ł
rappresentata da batteri; intossicazione se causa della patologia Ł la tossina
prodotta dal batterio; tossinfezioni se l effetto Ł dovuto contemporaneamente alla
tossina e al batterio.
A livello della comunit scientifica, le conoscenze sperimentali che interessano
l igiene degli alimenti, in particolare quelle sulla patogenesi e sulle modalit di
trasmissione delle infezioni ed intossicazioni microbiche veicolate dagli alimenti,
e sulla bonifica degli stessi, si sono notevolmente ampliate negli anni 50 e 60 e
si sono ulteriormente affinate e consolidate negli anni 70 e 80. Per molti agenti
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microbici sono stati resi noti la dose infettante, i fattori che ne condizionano la
presenza, la sopravvivenza, la moltiplicazione e, quindi, le modalit di controllo.
Il progresso scientifico non sempre Ł stato seguito con la stessa rapidit da un
sostanziale miglioramento della gestione dei rischi correlati, in contrasto con le
realizzazioni compiute in altre aree della microbiologia applicata.
Molti problemi, anche se in modo nuovo, si sono riproposti e l incidenza
complessiva delle malattie microbiche trasmesse dagli alimenti Ł ancora ad un
livello elevato. Sul versante delle tossinfezioni di origine microbica si sono
ottenuti risultati di rilievo in specifici settori, quali ad esempio l acqua potabile, il
latte e i suoi derivati. In ragione della particolare vulnerabilit di questi ultimi
prodotti, la loro idoneit microbiologica Ł sempre stata considerata uno dei
requisiti primari. I maggiori progressi ottenuti sono da attribuire ai programmi di
eradicazione della tubercolosi, al contenimento della brucellosi, all introduzione
della pastorizzazione del latte anche come materia prima ed alle procedure di
conservazione a bassa temperatura. Anche il recente problema della
contaminazione da listeria spp. si Ł dimostrato sotto controllo nel nostro Paese,
evidenziandosi positivit medie inferiori all 1% e assenza di casi clinici correlati
al consumo di latte e derivati (1992).
Da un punto di vista complessivo, per i prodotti di origine animale in genere, si
Ł passati nel corso degli ultimi decenni dalla prevalenza di tossinfezioni dovute a
contaminazione diretta a quelle dovute a ricontaminazione.
Non si dispone di dati sufficientemente sicuri sul numero di infezioni,
tossinfezioni, intossicazioni alimentari. L Organizzazione Mondiale della Sanit
ritiene che solo una ridotta percentuale delle malattie trasmesse da alimenti venga
oggi accertata e notificata nel mondo e che nei Paesi industrializzati gli incidenti
di salute legati all alimentazione denunciati rappresentano meno del 10% del
totale reale. Anche nel nostro Paese, i casi segnalati (alcune migliaia) devono
considerarsi notevolmente sottostimati. Agli episodi epidemici bisogna infatti
aggiungere quelli che coinvolgono singole persone, che spesso passano
inosservati alle autorit sanitarie pubbliche e sfuggono alla notifica. Le cause di
infezioni e tossinfezioni alimentari sono numerose: l allevamento intensivo degli
animali, il commercio internazionale delle derrate, la diffusione del sistema di
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ristorazione collettiva, le contaminazioni crociate ed il permanere della
disattenzione alle norme igieniche da parte degli addetti e dei consumatori, il
permanere, in molte situazioni, del solo controllo analitico "a posteriori", il
mancato o solo recente riconoscimento del ruolo di diversi agenti microbici
"emergenti" quali responsabili di malattie trasmesse con gli alimenti.
Considerando comunque i dati epidemiologici disponibili, l incidenza degli
episodi di malattie trasmesse da alimenti di produzione industriale appare molto
inferiore rispetto al passato.
Le strategie di controllo oggi attivate nelle diverse fasi del processo, consentono
infatti l eliminazione o la riduzione del rischio di contaminazione microbica.
Particolare attenzione deve essere posta anche ai sistemi di ristorazione
collettiva per il numero di soggetti coinvolti, e alla preparazione domestica dove
non sempre si seguono le regole dell igiene alimentare.
2.2. Il rischio chimico.
I metodi di indagine chimici e biologici e le conoscenze tossicologiche hanno
dato, a partire dagli anni 50- 60, un contributo decisivo alla individuazione di
numerose sostanze dotate di tossicit , spesso elevata, presenti negli alimenti e
aventi diverse origini: ambientale, endogena, da trattamenti, da processo.
Il primo allarme sui rischi correlati alla presenza di contaminanti chimici
nell ambiente risale agli anni 50, quando furono rintracciate nei tessuti umani
tracce di DDT, il pesticida che aveva dato una svolta spesso risolutiva ai numerosi
problemi della produzione agricola. Gli studi successivi dimostravano che gli
alimenti e le acque potabili possono essere vettori di agenti chimici dispersi
nell ambiente e che, per deposizione, dall aria, veicolazione con le acque o
assorbimento dal suolo possono raggiungere le materie prime alimentari vegetali e
animali.
Negli anni 56- 60 in alcuni villaggi di pescatori della baia di Minamata in
Giappone furono registrati piø di 120 casi di una non meglio identificata forma di
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encefalite, con numerosi esiti letali. Si trattava di una forma morbosa sconosciuta
e mancava all epoca la preparazione culturale che indirizzasse verso una diagnosi
di tossicit piuttosto che verso una patologia infettiva.
Solo nel 1969 fu scoperta la causa: quando dallo studio delle abitudini
alimentari risult che le famiglie piø povere, presso cui si era verificata la
maggiore incidenza dei casi, erano forti consumatrici di molluschi provenienti
dalla baia.
Dal pesce fu isolato un derivato organico del mercurio, identificato come metil
mercurio e successivamente confermato quale agente neurotossico.
La presenza del mercurio nel pescato Ł un esempio di contaminante ambientale
trasferito all uomo dall ambiente attraverso gli alimenti.
L elenco dei possibili contaminanti chimici comprende numerose sostanze di cui
alcune molto note quali, ad esempio, il piombo di cui spesso si Ł occupata anche
la stampa, altre meno conosciute, quali le micotossine, sostanze dotate di elevato
effetto tossico, prodotte da funghi tossigeni che in particolari condizioni di
umidit e di temperatura attecchiscono e si sviluppano soprattutto in materie
prime cerealicole o in semi di oleoginosi. Furono scoperte all inizio degli anni 60
a seguito del verificarsi in Inghilterra, di una moria di tacchini, anitre e vitelli. Il
problema della presenza delle micotossine nelle derrate alimentari Ł oggi
all attenzione delle principali organizzazioni interessate alla salubrit degli
alimenti e della FAO per le forti implicazioni sulla salute delle popolazioni dei
Paesi in via di sviluppo. Recentemente si Ł posto anche in Italia il problema della
presenza di biotossine algali nei molluschi.
Un intossicazione da tossine algali del gruppo DSP (Diarrethic Shellfish
Poisoning) fu segnalata per la prima volta in Giappone nel 1976. Successivamente
altri Paesi sono stati interessati dal fenomeno: Francia, Spagna, Irlanda, Norvegia
e Svezia, fino a che nel 1989 si Ł verificato anche in Italia interessando il Mar
Adriatico, ripetendosi negli anni successivi. Gli esempi citati danno una misura
dei rischi connessi alla contaminazione da sostanze tossiche. Agli inizi degli anni
70 Ł stato elaborato e attivato un articolato programma di sorveglianza - Global
Environmental Program System - che a livello mondiale prevede la raccolta di
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dati provenienti da tutte le nazioni sui livelli di contaminazione degli alimenti e
dell ambiente.
I criteri di approccio scientifico elaborati negli ultimi anni si fondano, infatti,
sulla individuazione preliminare delle possibili cause di contaminazione, sulla
valutazione tossicologica del contaminante, sulla stima delle assunzioni.
Una risposta positiva al problema pu pertanto venire solo dall azione integrata
della scienza, della tecnologia e dei governi, che alla valutazione dei rischi
facciano seguire misure e adempimenti mirati al loro contenimento e, ove
possibile, alla loro eliminazione.
3. I microrganismi negli alimenti.
I microbi hanno dimensioni tali che li rendono invisibili ad occhio nudo, sono
praticamente dappertutto ed hanno la capacit di adattarsi a qualunque tipo di
ambiente e di condizione di cibo e temperatura. La cute delle mani pu contenere
fino a 300-500 UFC
1
per centimetro quadro, mentre nei capelli sono presenti sino
a 1500 germi per grammo di forfora. Si producono per scissione, ossia da una
cellula se ne formano due, poi quattro, otto, sedici e cos via.
I microrganismi possono raggiungere gli alimenti in tanti modi. Ad esempio le
carni sono contaminate gi all origine con la macellazione, oppure la frutta e le
verdure contaminate con acque irrigue infette. Ma la contaminazione pu derivare
anche da persone, portatrici di germi, addette alla preparazione delle derrate
alimentari o per l intervento di insetti ed animali domestici, che in questo caso
agiscono da veicolo di trasmissione, oppure per conservazione in ambienti
igienicamente inadeguati o per l impiego di utensili non puliti.
I microrganismi, quando sono entrati in contatto con l alimento, tendono a
riprodursi se incontrano le condizioni favorevoli alla loro crescita.
1
UFC: Unit Formanti Colonie.
16
3.1. Fattori che influenzano la crescita microbica.
a) La temperatura
L intervallo di temperatura entro il quale i microrganismi possono crescere varia
a seconda delle specie microbiche. Ciascun stipite di microrganismi ha una sua
temperatura ottimale di vita e di crescita, il freddo blocca la loro riproduzione ma
non li uccide.
Oltre i 100 C i batteri muoiono mentre resistono le spore di alcuni batteri e
muffe ed anche alcune tossine. Alla temperatura di congelamento (-18 C), i
microbi non muoiono ma neanche si riproducono, restano, per cos dire, in
letargo . In queste condizioni il rischio Ł bassissimo, quasi nullo. I batteri
patogeni vengono uccisi a temperature superiori ai 70 C ma le loro tossine
resistono e possono provocare intossicazioni. Da 0 C a +6 C la maggior parte dei
microbi si trova in una fase di pausa, solo alcuni ceppi possono riprodursi, anche
se molto lentamente a queste temperature. A temperatura ambiente tra i 35 C e
45 C, la maggior parte cresce benissimo, soprattutto i patogeni che possono
produrre le loro micidiali tossine. Pertanto l intervallo di temperatura compreso
tra i +6/65 C, risulta essere quello piø gradito alle diverse specie batteriche.
b) Tempo
Se i batteri incontrano le condizioni favorevoli cominciano a moltiplicarsi con
divisioni cellulari, in media, ogni 20-30 minuti ed in poche ore una singola cellula
pu arrivare a moltiplicarsi fino a diventare un miliardo di cellule.
c) L acqua
L acqua libera (aw) ovvero quella presente negli alimenti e disponibile per i
batteri rappresenta un fattore di crescita essenziale. Per questo gli alimenti
disidratati sono piø sicuri di quelli con un maggior tenore d acqua e perci piø
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deperibili. Piø aumenta l aw, piø aumenta la velocit di crescita dei
microrganismi. L optimum aw soprattutto per i patogeni, Ł intorno al 95%, mentre
scendendo da questo valore la maggior parte dei batteri resta inibita e muore. In
pratica gi sotto l 85% di umidit relativa, la loro vita Ł incompatibile con queste
condizioni. Questo Ł il motivo per cui nella stagione estiva per l azione combinata
di umidit e temperatura, il rischio e la frequenza delle intossicazioni aumenta.
d) L acidit
L unit di misura dell acidit Ł il pH. L acqua ha pH 7 cioŁ Ł neutra, sono acide
le sostanze che vanno da pH 7 a pH 0, mentre sono basiche le sostanze che vanno
da pH 7 a pH 14, anche gli alimenti sono soggetti a questa legge. Avremo perci
alimenti acidi, neutri o basici, e su di essi i batteri si svilupperanno piø o meno a
seconda delle loro capacit .
Gli alimenti piø commestibili per l uomo sono tra pH 3 e 8 come la frutta; lo
yogurt piuttosto acidi (pH 4,5-3,7); l albume d uovo piuttosto basico (pH>7 fino a
9,6); l aceto ed il limone si trovano gi a pH 2; il bicarbonato Ł a pH 9. I batteri
sono in grado di vivere nell intervallo di pH che va da 4,5 a 9,5/11 come nel caso
di salmonella spp.
e) L aria
I batteri si dividono in due categorie: gli aerobi che vivono e si riproducono in
presenza di aria e quindi ossigeno e gli anaerobi che svolgono le loro funzioni in
assenza di ossigeno e per i quali la presenza di questo elemento rappresenta un
fattore di inibizione. Ma la maggior parte dei microbi si adatta sia all una che
all altra situazione (aerobi ed anaerobi facoltativi), per tale motivo, per inibire la
crescita di molti di questi germi, viene applicato il vuoto cioŁ la sottrazione di
ossigeno dalle confezioni di alimenti, al fine di prolungare la vita di questi
prodotti. In associazione all esclusione dell ossigeno viene inoltre introdotta nella
confezione una miscela di anidride carbonica ed azoto creando una vera e propria
atmosfera protettiva.
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f) Disponibilit di nutrienti
I microbi, al pari degli esseri viventi piø evoluti, hanno bisogno di cibo per la
loro crescita e riproduzione, pertanto negli alimenti essi trovano la piø vasta
disponibilit di sostanze nutritive in mancanza delle quali la loro resistenza risulta
compromessa. Oltre ai fattori vitali fin qui esaminati, necessitano di materia
organica da consumare per portare a termine i loro processi cellulari compresa nei
patogeni, la riproduzione di tossine.
Le esigenze nutrizionali sono le piø varie ma in generale, essi prediligono i cibi
tiepidi piuttosto che quelli troppo freddi o troppo caldi, quelli piø ricchi di umidit
piuttosto che quelli secchi, quelli con un piø alto contenuto calorico invece di
quelli poveri e i cibi piø elaborati invece di quelli piø semplici.
3.2. I principali microrganismi.
a) Tossine batteriche
Molti batteri patogeni producono sostanze che distruggono i tessuti viventi, le
cosiddette tossine, che resistenti al calore, vengono prodotte a temperature
comprese tra i 10 e i 45 C. Ad esempio quella di stafilococco aureus viene
prodotta tra i 37 e i 40 C e resiste fino a 30 minuti ad una temperatura di 100 C,
ed Ł addirittura capace di resistere per molte ore alla pastorizzazione tra i 70 e gli
80 C.
b) Spore batteriche
La maggior parte dei batteri muore in assenza di sostanze nutritive o in
condizioni ambientali sfavorevoli. Alcuni batteri tuttavia, sviluppano spore dotate
di involucri protettivi resistenti alle condizioni estreme che consentono loro di far
fronte alle avverse condizioni ambientali.