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che consente la correzione degli errori commessi in prima istanza, cioè con un
notevole grado di protezione in favore del cittadino, ove il primo (TAR) è istituito
vicino al cittadino che si assume aver subito la lesione di una propria posizione
giuridica soggettiva, mentre il secondo (Consiglio di Stato) svolge, in sede
centrale, una funzione di nomofilachia, per armonizzare con un indirizzo unitario i
vari orientamenti formatisi in venti sedi giurisdizionali regionali disparate; dove è
stato prescritto, prima che l’atto si formi (e quindi allo scopo di evitare un’inutile
contenzioso), un contraddittorio con il destinatario dell’atto stesso, per sentire le
ragioni (art. 7 e ss. 1 n. 241 del 1990), dove il processo in tale ottica di
pariteticità,vede ormai la parte privata (ricorrente) sullo stesso piano di quella
pubblica (resistente) in passato favorita per il suo ruolo di tutela dell’interesse
pubblico anche in sede processuale; dove l’effettività delle pronunzie si realizza
addirittura con la sostituzione dell’organo amministrativo inadempiente sin con la
sentenza di primo grado e, preceduta da un indirizzo giurisprudenziale coraggioso,
ora addirittura anche in sede cautelare ECC.,al nostro interlocutore noi avremmo
rappresentato il nostro come un Paese Felice, quantomeno sotto il profilo
dell’organizzazione dei metodi di difesa apprestati in favore del cittadino e di
efficienza dell’operato dei Giudici amministrativi preposti alla risoluzione delle
vertenze insorte nei confronti della P.A.
Il nostro ospite si congratulerà con noi e si riterrà soddisfatto.
Ma noi saremmo convinti di avergli rappresentato la realtà?
Si, la realtà o il quadro complessivo è effettivamente, e solo apparentemente,
questo: se c’interroghiamo a fondo dovremmo sconsolatamente concludere che la
realtà positiva o formale è molto diversa dalla realtà sostanziale e dalla verità
storica, cioè quella che oggi il comune cittadino italiano percepisce ed apprezza in
quanto si ritiene del tutto insoddisfatto del sistema processuale amministrativo e
dei risultati concreti che riesce a conseguire.
Ora se vogliamo analizzare le ragioni dello stato d’insoddisfazione del nostro
connazionale, dobbiamo interrogarci su quale atteggiamento tenere per osservare
l’evoluzione del sistema normativo, che pur è stato appositamente creato per
offrirgli tutela nei confronti dell’operato della Pubblica Amministrazione.
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Ma dobbiamo prima di tutto lealmente rifiutare il metodo narrativo adottato nella
descrizione all’amico straniero dei vari istituti introdotti nell’ordinamento e
rinunziare ad esaminare partitamene le varie «unità di movimento», che come
abbiamo visto prima parlando della gara di Achille con la tartaruga, sono
discontinue; in secondo luogo, dobbiamo respingere le “le buone intenzioni”
manifestate dal legislatore (che di buone intenzioni sono lastricate le strade che
portano all’inferno…), il quale sembra operare come gli antichi sofisti (ma ne
esistono anche di moderni), perché in tal modo, cioè privilegiando il metodo delle
spiegazioni parziali, che sono collegate a parziali interventi normativi, non
riusciremo a capire perché Achille, pur essendo dotato dalla natura di una velocità
prodigiosa, non raggiungerà mai la tartaruga e perché, quindi, il nostro sistema di
giustizia amministrativa non riuscirà mai a soddisfare le attese e le aspettative di
migliaia di cittadini.
La febbre altissima (circa un milione di ricorsi pendenti tra TAR e Consiglio di
stato nel 2000, pendenti e non esaminati…)
3
non va curata con una
somministrazione di vitamine o con analgesici, che, se sono meramente
ricostituenti o alleviano temporaneamente il dolore dell’ammalato, certamente non
potranno guarirlo.
E’ una drammatica realtà la sempre più pressante richiesta del cittadino che si
ritiene angariato (a torto o a ragione che sia) dall’amministrazione che,
nonostante tutti i tentativi operati dal parlamento di separare nettamente il potere
politico ed i suoi organi da quello amministrativo con i suoi dirigenti non sempre
è all’altezza dei compiti ad essa attribuiti.
Non si può affrontare una situazione osservando solo un lato della poliedrica
problematica che involge tanto il processo amministrativo (che costituisce il
momento in cui si esamina la patologia dell’atto amministrativo e si è già
manifestata la frizione con gli apparati amministrativi) quanto il procedimento
3
Secondo i dati riportati daTALICE, Analisi dell’attività della giustizia amministrativa nel 1998,
in Cons. St.,1998,II,1397, possiamo con buon margine di certezza, operando una proiezione
,affermare che nel 2000 sia stato iscritto a ruolo il milionesimo ricorso (tra TAR e Consiglio di
Stato)ma che a differenza di quanto accade per i passeggeri che transitano nelle stazioni ferroviarie
o aeroportuali, il ricorrente-qualora dovesse essere chiamato-non riscuoterà nessun premio e la sua
attesa, viceversa,sarà punita per aver osato presentare un ricorso sfornito degli estremi del danno
grave ed irreparabile, mediante la condanna a non ottenere in vita alcuna sentenza.
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amministrativo (che invece rappresenta il momento fisiologico del formarsi
dell’azione amministrativa).
Il processo, come astrazione, tende all’accertamento della verità (processuale,
evidentemente, non storica): il processo penale all’individuazione della
responsabilità dell’imputato o della sua estraneità ai fatti accertati; il processo
civile è governato dall’interesse collettivo ad assicurare tra i consociati la
composizione di quei conflitti di interessi, che possono insorgere tra loro in
conseguenza della insufficienza dei beni naturali a soddisfare ugualmente i
bisogni di tutti i consociati e quindi tende al componimento di una lite tra privati
ed alla attribuzione di un bene ad uno o all’altro dei contendenti.
Il processo amministrativo, ancorché come fine ultimo, ha lo scopo di tutelare il
cittadino - e si parla non a caso di strumenti o mezzi posti a tutela del cittadino
nei confronti della pubblica amministrazione - ; ma in concreto si può dire che
esso costituisca la rappresentazione in aula giudiziaria del fallimento degli
obiettivi primari dell’amministrazione, perché in tale sede si accerta l’illegittimità
del suo operato (in caso di accoglimento del ricorso), o si conferma che essa non è
riuscita a convincere i destinatari dell’attività che il suo potere è stato
correttamente esercitato (in caso di rigetto del ricorso).
Infatti, se si condivide l’oramai pacifico orientamento , soprattutto dottrinale, che
configura l’Amministrazione quale soggetto erogatore di servizi e prestazioni,
quando il cittadino ritiene che tali servizi e prestazioni non siano stati
correttamente espletati o disimpegnati, ci troveremo a constatare l’incapacità di
quel soggetto di svolgere il proprio compito , che consiste, anche, nel convincere
la collettività in generale ed i fruitori dei servizi e delle prestazioni in particolare
della bontà delle scelte adottate.
Se così è, se cioè il processo amministrativo, ripetasi, è la rappresentazione
scenica di un fallimento, la mancata celebrazione del processo è il paradosso
dell’affermazione dell’esistenza di un sistema ordinamentale democratico, che
vede la tutela e la salvaguardia dei diritti del cittadino al centro o addirittura al
primo posto dei pensieri del legislatore: anzi, tale constatazione è il ripudio della
fede, l’apostasia del profondo senso religioso dello Stato che ha ispirato i
fondatori dello stato moderno.
Pagina 5 di 192: IL SILENZIO-RIFIUTO DELLA P.A.
L’unica via è quella di rendere celere e tempestiva la risposta giudiziaria
amministrativa alle illegittimità contestate: ed occorre intervenire – sempre che il
potere legislativo intenda ripudiare gli ultimi quaranta anni di dispersiva,
dissennata politica giudiziaria , scevra da qualsiasi seria pulsione verso il bene
comune – affinché si consegua l’ottimale obiettivo di far sì che al giudice
amministrativo siano presentati tanti ricorsi quanti egli riesca effettivamente a
decidere in tempi brevissimi e che tutte le azioni che non siano da lui
prontamente e direttamente esaminabili siano suscettibili di essere risolte
mediante meccanismi – siano o meno suindicati – efficaci ed alternativi al
tradizionale processo amministrativo.
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CAPITOLO PRIMO
Presupposti, ambito ed evoluzione storica del silenzio-rifiuto.
Sommario: 1. Precisazioni terminologiche: i “tre silenzi della pubblica
amministrazione; 2. Il problema giuridico del silenzio: il silenzio – rifiuto …“un
silenzio non qualificato”; 3. Evoluzione storica e ambito del silenzio-rifiuto:
quando è attivabile il meccanismo del silenzio; 4. Domande inaccoglibili e
silenzio; 5.(Segue): i presupposti del silenzio-inadempimento; 6. La disciplina
del silenzio-rifiuto anteriore all’entrata in vigore della legge 241/1990
disciplinante il procedimento amministrativo e alle modifiche apportate ala Legge
1034/1971 dalla Legge 205/2000 disciplinante il processo amministrativo; 7. Agli
albori della disciplina concernente il silenzio-rifiuto; 8. La formazione del silenzio
impugnabile e i connessi problemi della diffida e del decorso del termine; 9. I
presupposti storici della diffida. 10. L’analogia con la disciplina concernente i
ricorsi gerarchici; 11. Il superamento della concezione «attizia» del silenzio. 12.
L’Adunanza Plenaria n. 10 del 10 marzo 1978; 13. Il definitivo superamento della
concezione «attizia» del silenzio-rifiuto in favore della sua rappresentazione
«fattizia»; 14. L’evoluzione del silenzio da «rifiuto» a «inadempimento» ed i
limiti della tutela; 15. Il procedimento amministrativo del silenzio-rifiuto.
Pagina 7 di 192: IL SILENZIO-RIFIUTO DELLA P.A.
1. Precisazioni terminologiche: i “tre silenzi” della pubblica
amministrazione
4
.
Prima di entrare nel vivo della ricerca si ritengono necessarie alcune precisazioni
di carattere terminologico, con l’intento di rendere più chiaro ciò di cui si scriverà.
In particolare, si utilizzerà in modo fungibile la locuzione “silenzio” con quella di
inerzia
5
, per indicare il mancato esercizio della funzione amministrativa doverosa,
sia in fase endoprocedimentale che di conclusione del procedimento, da cui
discendono lesioni di posizioni giuridiche soggettive.
Si utilizzerà, invece, la locuzione silenzio-rigetto species del genus silenzio-
diniego, limitatamente al caso di mancata risposta entro i termini previsti dalla
legge ai ricorsi in via amministrativa, nel caso in cui esiste già una determinazione
amministrativa (il provvedimento di base ) che viene impugnata.
Il silenzio-rigetto riguarda i casi di proposizione di ricorso gerarchico, al quale
l’amministrazione non dia esito. In relazione all’inerzia con valore
provvedimentale positivo, si adotteranno le locuzioni “silenzio-assenso” e
“silenzio-accoglimento” in modo del tutto fungibile, con una preferenza per la
prima rispetto alla seconda. Per indicare l’apparato amministrativo nel suo
complesso, sia in senso soggettivo che oggettivo, verrà usata indifferentemente
l’espressione pubblica amministrazione (p.a.) ed autorità amministrativa. Nella
ricerca si tende, altresì, ad utilizzare in modo fungibile atto scritto, atto esplicito
ed atto espresso, per indicare un atto che presenti un’esistenza autonoma, esterna
al procedimento, senza la necessità di ricorrere alla figura della “fictio iuris”.
Va inoltre ricordato che la giurisprudenza tende ad usare obbligo e dovere di
provvedere in forma espressa, come conseguenza dell’applicazione dell’art. 2
della L. 241/1990, in modo del tutto equivalente
6
.
4
Vera Parisio I silenzi della pubblica amministrazione (la rinuncia alla garanzia dell’atto
scritto)..1996.
5
A ben vedere, comunque, il silenzio è sicuramente l’episodio più ricorrente ed emblematico
dell’inerzia della p. a., anche se non l’unico. Si pensi ad es. alla mancata esecuzione di un
provvedimento amministrativo.
6
In dottrina va segnalata la posizione assunta da M. CLARICH, Termine del procedimento., 28.
L’autore in relazione all’art. 2 si esprime in termini di “obbligo” di pronunciarsi sull’istanza del
privato, cui consegue il diritto del cittadino ad una risposta in forma espressa. Il cittadino non ha
ovviamente il diritto di pretendere una risposta che accolga la sua domanda, ma semplicemente ha
diritto ad una risposta, a tutela del principio della certezza dell’agire amministrativo.
Pagina 8 di 192: IL SILENZIO-RIFIUTO DELLA P.A.
Nella ricerca, data la particolare natura dell’istituto del silenzio, le sue tre
componenti fondamentali, ossia la legislazione, la dottrina e la giurisprudenza –
che è stata intenzionalmente privilegiata – si sono venute inevitabilmente ad
intrecciare.
Per questo motivo le stesse verranno trattate congiuntamente tranne che in alcuni
tratti.
Nella delineazione dell’istituto, è dato ampio spazio alla giurisprudenza, alle volte
“pretoria” – comunque sempre attenta alle esigenze di tutela degli amministrati –
degli organi di giustizia amministrativa, cui va riconosciuto un insostituibile ruolo
di supplenza nei confronti di un legislatore troppo spesso assente.
2. Il problema giuridico del silenzio: il silenzio – rifiuto …“un silenzio non
qualificato”.
Il silenzio
7
, quali che ne siano state le ricostruzioni volta a volta affermatesi in
dottrina e in giurisprudenza, e quali che ne siano stati i “nomignoli”
immeritatamente attribuitigli, è stato “pretoriamente” introdotto nell’ordinamento
positivo al fine di rendere possibile ( o di rendere più agevole e tempestivo )
l’esercizio del potere di azione, mediante il superamento dell’ostacolo derivante
dal carattere impugnatorio del processo amministrativo ( e della conseguente
necessaria presenza del provvedimento da impugnare ).
Dato il ruolo al quale si è appena accennato, il silenzio si qualifica con evidenza
tra gli istituti che s’ispirano ad un principio di civiltà giuridica.
Il silenzio della pubblica amministrazione continua a rappresentare
8
uno dei temi
più controversi del panorama amministrativo in quanto stenta tuttora ad emergere
una soluzione che possa considerarsi allo stesso tempo condivisibile sul piano
dogmatico e soddisfacente per il privato vittima dell’inerzia dell’amministrazione.
Tale principio, ad avviso di chi scrive, va però, controbilanciato con quello dell’economia
processuale. In senso conforme, cfr. F. BRIGNOLA, Silenzio, cit. 8, il quale ritiene che l’art. 2
della L. 241/1990 ricollega all’istanza obbligante la necessità del procedimento, e non consente di
distinguere tra istanze fondate e infondate.
7
SCOCA FRANCO GAETANO, Clamori di novità, 1995, in Dir. Proc. Amm. XIII pp. 393 ss.
8
LAMBERTI LAURA, Silenzio: sempre più impervia la via dell’innovazione, in Cons. St. 2002,
pp. 2039 ss.
Pagina 9 di 192: IL SILENZIO-RIFIUTO DELLA P.A.
In realtà proprio per la mancanza di una completa ed esaustiva disciplina
legislativa, per la nascita della quale molte sono state le «occasioni perdute»
9
, la
più accorta dottrina ha più volte indicato i principi per giungere, senza rinunciare
alla correttezza dell’analisi, a conclusioni atte a neutralizzare « uno dei più tristi
sintomi della crisi dell’amministrazione » e della conseguente ricostruzione.
Sotto questo profilo non si può non rilevare un atteggiamento di chiusura
manifestato da una certa giurisprudenza che, restia nel secondare gli spunti
migliori, ha troppo spesso assunto posizioni che si sono dimostrate del tutto
frustranti per gli interessi dei privati.
Il problema
10
concernente il silenzio da parte della Pubblica amministrazione
nell’esercizio dell’attività amministrativa, tranne i casi in cui il legislatore a tale
comportamento ha attribuito un preciso significato (mi riferisco alle figure del
silenzio-asssenso e del silenzio-rigetto), costituisce il tallone d’Achille di tutto il
sistema di difesa dei diritti del cittadino avverso un provvedimento illegittimo
emanato dalla pubblica amministrazione quando al mancato decorso del termine
di conclusione del procedimento l’ordinamento non riconnetta conseguenze di
carattere provvedimentale.
Non a caso un autore attento come P. Stella Richter
11
nel tracciare un bilancio
dell’evoluzione della giustizia amministrativa, ha finito con l’individuare « sul
fronte della tutela delle aspettative di provvedimenti favorevoli diretti : i termini
d’inerzia della P. A., il silenzio, il rifiuto di provvedimento, l’inottemperanza del
giudicato , l’elusione del giudicato…», un capitolo del bilancio della giustizia
amministrativa che per usare un termine ormai usuale degli economisti dei nostri
giorni chiude senz’altro in rosso.
Il silenzio, non riesce a trovare assestamento travolto com’è, ormai da più di un
secolo, da ondeggianti assestamenti giurisprudenziali e altalenanti quando non
schizofrenici interventi legislativi
12
.
9
S. CRISCI, Il principio di legalità nella Pubblica Amministrazione e la legge 241 del 1990 sul
procedimento amministrativo, in Scritti in onore di Bozzi A.,Padova, 1993,1177.
10
RESTA DOMENICO, Il silenzio della pubblica amministrazione tra dottrina e giurisprudenza in
Cons. St. ,1983, II, pp. 133 ss.
11
In tal senso P. STELLA RICHTER, L’aspettativa di provvedimento 1981.
12
CORRADINO MICHELE, Termini, efficacia dei provvedimenti e silenzio dell’Amministrazione
nelle “riforme”della legge n. 241/1990, 2005, in www. giustiziamministrativa.it.
Pagina 10 di 192: IL SILENZIO-RIFIUTO DELLA P.A.
Il problema giuridico
13
del silenzio della pubblica amministrazione è tra quelli che
hanno impegnato maggiormente la dottrina e la giurisprudenza, tanto per i profili
sostanziali quanto per le implicazioni processuali.
Il silenzio costituisce un mero comportamento in cui manca ogni espressione
volontaristica dell’amministrazione ed assume una connotazione giuridica solo nei
casi in cui la legge gli attribuisce un valore tipico.
In tali casi di silenzio significativo la norma qualifica, come già ricordato, il
comportamento inerte dell’amministrazione, protrattosi oltre un certo termine
come equivalente ad un provvedimento a contenuto positivo (silenzio
accoglimento ) o negativo ( silenzio diniego o rigetto ).
Qualora la legge non qualifichi il silenzio in senso provvedimentale, si è di fronte
ad un comportamento omissivo dell’amministrazione variamente definito come
silenzio- inadempimento o silenzio-rifiuto o silenzio non significativo.
Tale istituto, come il silenzio-rigetto, risulta di natura giurisprudenziale ed anche
per questo si distingue dal silenzio-accoglimento di origine legislativa.
Tale figura, in assenza di una specifica regolamentazione di carattere generale, è
stata oggetto di una lunga e faticosa elaborazione giurisprudenziale finalizzata a
trovare rimedi sistematicamente coerenti avverso il comportamento inerte
dell’amministrazione di fronte all’istanza presentata da un privato per ottenere un
provvedimento favorevole.
L’esigenza di tutela del privato titolare di un interesse legittimo pretensivo
14
doveva fare i conti con le caratteristiche del processo amministrativo, fondato sul
giudizio impugnatorio volto all’annullamento dell’atto.
È chiaro che quanto accade
15
non è certamente da imputarsi all’operato del
giudice amministrativo, ma all’anomala forma d’impugnazione a cui bisognava
ricorrere per poter ottenere in caso di silenzio un provvedimento amministrativo.
13
BUSICO LUCA Silenzio-rifiuto e legge n. 15/2005. in www.lexitalia.it. (articoli )
14
La dottrina ( NIGRO ) in relazione alla distinzione esistente per i diritti soggettivi, assoluti e
relativi, distingue gli interessi legittimi, in oppositivi e pretensivi : i primi sarebbero volti a
difendere il bene, già nella sfera del titolare dell’interesse legittimo, nei confronti della pubblica
amministrazione; i secondi ad ottenere qualcosa dalla pubblica amministrazione. La distinzione ha
una sua validità in relazione alla determinazione del momento in cui si esercita l’interesse
legittimo e quindi alle facoltà che il titolare della situazione soggettiva può esercitare.
15
RESTA DOMENICO, Il silenzio della pubblica amministrazione tra dottrina e giurisprudenza in
Cons. St. ,1983, II, pp. 133 ss.
Pagina 11 di 192: IL SILENZIO-RIFIUTO DELLA P.A.
3. Evoluzione storica e ambito del silenzio-rifiuto: quando è attivabile il
meccanismo del silenzio.
Anzitutto
16
, occorre premettere che il silenzio-rifiuto non riguarda tutte le ipotesi
di comportamento inerte della P.A., ma solo quelle relative all’esercizio di un
potere propriamente amministrativo, con l’esclusione, quindi, dell’adozione di atti
paritetici (quale potrebbe essere ad esempio, l’inadempimento contrattuale ).
Principi
17
di buona amministrazione e di correttezza impongono
all’amministrazione di portare a conoscenza di chi faccia valere una legittima
aspettativa il contenuto e le ragioni delle determinazioni che lo riguardano
18
,
fermo restando che deve trattarsi di un vero e proprio obbligo giuridico di
provvedere, derivante cioè, da una norma di legge, di regolamento o da un atto
amministrativo, comprendendo in quest’ultima ipotesi le autolimitazioni disposte
dall’amministrazione stessa nell’esercizio delle sue attribuzioni
19
.
La giurisprudenza e la dottrina hanno inoltre, precisato che l’esistenza
dell’obbligo di provvedere può fondarsi, altresì, dai principi informatori
dell’azione amministrativa, dell’imparzialità, della legalità e del buon andamento.
In tal senso, un recente arresto del Supremo Consesso Amministrativo
20
ha
evidenziato che l’obbligo dell’Amministrazione di clare loqui può ritenersi
fondato, altresì, sugli obblighi di lealtà, correttezza e solidarietà ( insiti nei
16
CARINGELLA FRANCESCO, Il rito del silenzio alla luce dell’art. 2 della legge n. 205/2000:
giudizio formale sul rispetto dei tempi o giudizio sostanziale sulla fondatezza della pretesa?, , in
Corso di Diritto Amministrativo, 2004 pp. 1291 ss.
17
CORRADINO MICHELE, Termini, efficacia dei provvedimenti e silenzio dell’Amministrazione
nelle “riforme”della legge n. 241/1990,cit. 2005, in www. giustiziamministrativa.it.
18
Pertanto è stato considerato <<elusivo del detto obbligo l'atto che rinvia a tempo indeterminato
l'adozione della delibera richiesta dall'istante>> cfr. T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 09/04/1998,
n.420, in Ragiusan, 1999, f.178-9, 34 e T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 11/02/1994, n.59, in Foro
Amm., 1994, 1928.
19
Cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 13/07/2000, n.5868, in Ragiusan, 2000, 199-0, 60.
20
Cons. Stato, sez. IV, 2 novembre 2004, n. 7068, in Urbanistica e Appalti n. 3/2005, 339 e ss. con
nota di PAGANI.
La citata pronuncia ci segnala, in particolare, per la trasposizione, in ambito pubblicistico, del
canone di buona fede contrattuale ( cd. Buona fede in senso oggettivo, per distinguerla dalla
situazione di ignoranza di ledere l’altrui diritto soggettivo ex art. 1147 c.c.) che la P.A. è tenuta a
rispettare allorché il privato sia titolare una posizione qualificante e differenziata, idonea a
generare una aspettativa.
Pagina 12 di 192: IL SILENZIO-RIFIUTO DELLA P.A.
principi di imparzialità e buon andamento cui deve ispirarsi l’attività della
pubblica amministrazione ).
Secondo
21
la giurisprudenza, l’obbligo di provvedere ( e, quindi, in origine,
l’obbligo di procedere ), sulla istanza del privato, sussiste non solo nei casi
previsti dalla legge, ma anche nelle ipotesi che discendono da principi generali,
ovvero dalla peculiarità della fattispecie, per la quale ragioni di giustizia
amministrativa ovvero rapporti esistenti tra amministrazioni e amministrati
impongono l’adozione di un provvedimento, soprattutto al fine di consentire
all’interessato di adire la giurisdizione per la tutela delle proprie ragioni
22
.
È stato quindi affermato che tale obbligo sussiste tutte le volte in cui ragioni di
giustizia o di equità impongono l’adozione di un provvedimento, quindi tutte le
volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della
parte pubblica, sorge per il privato una legittima aspettativa a conoscere il
contenuto e le ragioni delle determinazioni ( qualunque esse siano ) della pubblica
amministrazione
23
.
Il rimedio
24
, d’applicazione generale, costituito dal meccanismo del silenzio-
rifiuto, è stato quindi il frutto di costruzioni giurisprudenziali, che hanno
consentito di attribuire al silenzio un significato che altrimenti non avrebbe avuto.
Si ritiene, infatti, che il meccanismo del silenzio-rifiuto sia attivabile solo in quei
procedimenti amministrativi in cui sia configurabile un interesse legittimo, e non
un diritto soggettivo, ove la recta via è costituita dal giudizio di accertamento.
Alla luce delle risultanze della giurisprudenza, sembrerebbe possibile affermare
che sussiste un obbligo di provvedere, e quindi di concludere il procedimento,
tutte le volte in cui, pur non avendone l’amministrazione l’obbligo, abbia deciso
di avviarlo ( avendone la facoltà e non l’obbligo ): con la conseguenza che non
dovrebbe essere quindi ammessa l’interruzione di un procedimento già avviato.
Deve trattarsi, inoltre, di un’attività dovuta – deve quindi sussistere un obbligo di
provvedere sancito, o che si possa desumere dalla legge - con la conseguenza che
21
OBERDAN FORLENZA, Se c’è il silenzio della Pa ricorso al Tar senza diffida in Guida al
Diritto, febbraio 2005.
22
Consiglio di Stato, sezione VI, 4 giugno 2004 n. 3492.
23
Tar Salerno, sezione I, 3 luglio 2002 n. 674.
24
CORRADINO MICHELE, Termini, efficacia dei provvedimenti e silenzio dell’Amministrazione
nelle “riforme”della legge n. 241/1990,cit. 2005, in www. giustiziamministrativa.it.
Pagina 13 di 192: IL SILENZIO-RIFIUTO DELLA P.A.
per la giurisprudenza è da escludersi la configurazione delle fattispecie in ipotesi
di mancata pronuncia su un’istanza palesemente infondata o nel caso di istanze
volte ad ottenere il riesame di provvedimenti autoritativi già adottati e divenuti
inoppugnabili
25
(salvo che per ragioni di pubblico interesse
26
) ovvero, più
specificamente, nel caso di istanze volte ad ottenere la revoca di precedenti atti
27
.
4. Domande inaccoglibili e silenzio.
La giurisprudenza, limitando il carattere apparentemente incondizionato
dell’obbligo in esame, ha precisato che per ineludibili esigenze di economicità ed
efficacia dell’azione amministrativa, può ritenersi che l’obbligo della P.A. di
concludere il procedimento con un provvedimento espresso, viene meno:
a) in presenza di reiterate richieste aventi il medesimo contenuto, qualora sia
già stata adottata una formale risoluzione amministrativa inoppugnata
28
, e non
siano sopravvenuti mutamenti della situazione di fatto o diritto
29
;
b) in presenza di domande manifestamente assurde
30
, o totalmente infondate
31
;
c) al cospetto di pretese illegali, non potendosi dare corso alla tutela di interessi
illegittimi
32
.
25
Consiglio di Stato, sezione IV, 7 agosto 2002 n. 4135; sezione V 7 novembre 2003 n. 7132.
26
Poiché mancherebbe un comportamento tacito tipizzabile in termini di atto implicito o di rifiuto,
secondo la procedura di cui all’ D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3. Sul punto specifico, cfr. TAR
Toscana, Sez. I, 12 novembre 1990 n. 957 in TAR, 1991, I, 232. Allo stesso modo il silenzio –
inadempimento non si forma se l’obbligo di provvedere in capo alla p.a. sussiste in astratto ma non
in concreto per motivi pregiudiziali o formali ( ad es. incompetenza dell’organo a conoscere della
domanda, vizi formali della domanda, difetto di documentazione ecc...
27
Consiglio di Stato, sezione V,20 gennaio 2004 n. 2049.
28
Cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6181; sez. V, 27 marzo 2000, n.
1765, secondo cui non sussiste alcun obbligo per l’amministrazione di riesaminare i propri atti
divenuti inoppugnabili, con la conseguenza che sull’istanza di riesame presentata dal privato non
si può formare il silenzio-rifiuto.
29
Cfr. Cons. Stato sez IV, 20 novembre 2000, n. 6181, sez. V, 18 gennaio 1995, n. 89.
30
Cfr. Cons. Stato sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6181; sez. IV, 28 novembre 1994, n. 950.
31
Cfr. Cons Stato sez. V, 3 agosto 1993, n. 838; 7 maggio 1994, n. 418.
32
Cfr. Cons. Stato sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6181, Cons. Stato, sez. VI,23 ottobre 2001, n.
5573 e Consiglio di Stato, sezione IV, 11 giugno 2002, n. 3256. Cfr. altresì : « L’obbligo di
concludere il procedimento, avviato d’ufficio o su istanza di parte, con provvedimento espresso,
non ricorre allorché sia stata già adottata una formale risoluzione amministrativa inoppugnata e
non siano sopravvenuti mutamenti della situazione di fatto o di diritto, o si tratti di domande
manifestamente assurde o totalmente infondate illegali » Cons. Stato, sez. IV, 20/11/2000, n.
6181, in Foro It., 2000, III, 1.
Cfr. anche la giurisprudenza di primo grado: « La Pubblica Amministrazione è sempre tenuta a
pronunciarsi sulle istanze ad essa rivolte, tranne solo che queste non siano manifestamente
Pagina 14 di 192: IL SILENZIO-RIFIUTO DELLA P.A.
Dall’esame di più pronunce giurisprudenziali si desume che il dovere di
provvedere, pur se astrattamente previsto, in concreto non sussiste (o, comunque
non può essere accertato giudizialmente a carico dell’Amministrazione ) qualora
la domanda inoltrata dal privato all’Amministrazione sia manifestamente
infondata o esorbitante dall’ambito delle pretese astrattamente riconducibili al
rapporto amministrativo
33
, ovvero essa sia inaccoglibile per motivi pregiudiziali o
formali, quali ad esempio, la carenza di legittimazione in chi abbia presentato
l’istanza
34
, ovvero l’ incompetenza dell’organo adito
35
, nonché l’insufficiente
determinatezza dell’oggetto o la presenza di irregolarità formali.
La formula dell’inesistenza in concreto del dovere di provvedere utilizzata per
respingere nel merito il ricorso avverso il silenzio, dunque, lungi dal rappresentare
uno strumento di elusione dei principi di correttezza e buon andamento, che
impongono all’autorità amministrativa, soprattutto dopo l’entrata in vigore della
legge generale sul procedimento amministrativo, un effettivo dialogo con il
privato, sta ad indicare soltanto che all’autorità giurisdizionale è consentito di
accertare se la domanda del privato sia inaccoglibile per ragioni formali o anche
per ragioni sostanziali (quando non involgano apprezzamenti discrezionali ), e tal
estensione dell’oggetto del giudizio sul silenzio risponde al fine di impedire un
aggravio di lavoro all’Amministrazione, laddove, dopo l’esperimento del ricorso
giurisdizionale, un suo intervento con una pronuncia espressa ( che non potrebbe
avere contenuto sfavorevole per il privato ) non modificherebbe la posizione del
ricorrente, e renderebbe inutile l’accoglimento del suo ricorso.
infondate e inammissibili avendo essa, in forza dell’art. 2 l. 7 agosto 1990 n. 241 un vero e proprio
obbligo giuridico, in generale, di concludere il procedimento con un provvedimento esplicito »
T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II, 16/11/2001, n. 1543, in Comuni d’Italia, 2002, 277; «Non sussiste
obbligo di provvedere sulle istanze di riesame di provvedimenti ormai divenuti inoppugnabili,
dovendosi escludere che gli interessati possano imporre, attraverso il meccanismo del silenzio-
rifiuto, l’esercizio dell’autotutela, eludendo così il regime decadenziale dei termini di
impugnazione ».T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 06/09/2001, n. 5018, in Foro Amm., 2001, 2541, con
nota di CASCIONE.
Cons. Stato, sez. IV, 11/06/2002, n. 3256, in
33
Cfr. Tar Toscana, Sez. I, 12 maggio 1994 n. 346, in Trib. amm. reg., 1994, I , 2614; Tar Lazio
Sez. III, 5 maggio 1994 n. 1064, in Trib. amm. reg. , I, 1785, e Sez. I, 6 aprile 1994 n. 500, ivi,
1684.
34
Cfr. Tar Lazio, Sez. I, 10 luglio 1991 n. 1253, in Trib. amm. reg., 199, I, 2732
35
Cfr. C. g. a. ., 29 gennaio 1994 n. 2, in Cons. St. , 1994, I, 70; Tar Lazio, Sez. I, 23 febbraio 1993
n. 272, in Trib. amm. reg., 1993, I , 790.