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O. INTRODUZIONE
Nel corso degli ultimi anni, Il Signore degli Anelli ha conosciuto una
nuova ulteriore attenzione da parte del grande pubblico soprattutto in virtù
della trilogia di film di Peter Jackson, trasposizione cinematografica delle
rispettive tre parti del romanzo di Tolkien, a più cinquanta anni di distanza
dalla pubblicazione del libro. Assistere alla proiezione di quel film è
certamente un’esperienza che si incide in modo particolare nella mente e nel
cuore dello spettatore: questa è l’esperienza che io ho vissuto in prima
persona. È una trama che si presta agilmente ad una proiezione
cinematografica per la sua ricchezza di episodi e scene che incollano lo
spettatore alla poltrona: certamente più difficile la realizzazione per la
vastità del racconto, il grande numero di personaggi, le scene collettive, le
epiche battaglie. In seguito alla visione del film, la lettura dell’opera di
Tolkien è d’obbligo: si innesca un movimento di curiosità, motivata dal
grande fascino che un’opera come questa esercita in particolare sulle
giovani generazioni. La lettura del romanzo costituisce una ulteriore
straordinaria esperienza umana e spirituale: è come una finestra che si
spalanca in una stanza buia e senza aria e fa scoprire la bellezza della realtà.
All’interno di questa enorme e complessa vicenda, il lettore non solo si
trova emotivamente coinvolto, ma riesce a gustare il piacere della lettura ed
è condotto ad ammirare con stupore la bellezza dei personaggi, delle
descrizione di paesaggi, delle emozioni, dei legami e degli affetti, la forza
prorompente del coraggio dei grandi cavalieri che sembrano appartenere ai
grandi cicli di racconti arturiani. Si gusta una bellezza che sostiene il
contenuto e da armonia alla forma. Si tratta dunque di un capolavoro della
letteratura mondiale (non a caso, dopo la Bibbia, è uno dei libri più tradotti
di tutti i tempi). Riflettere su quanto man mano l’autore fa vivere al lettore è
il passo successivo che un lettore accorto e intelligente è portato a fare: ciò
che si trova nel Signore degli Anelli stimola ad un ripensamento, un lavorio
mentale e spirituale, innesca un meccanismo che può condurre ad esiti
anche inattesi. Nell’ambito di una siffatta volontà di riflessione e grazie al
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progressivo rinvenimento di un legame forte e inscindibile tra il romanzo e
la fede e la cultura cristiana è sorta la determinazione di un’analisi
antropologica e teologica del romanzo tolkieniano.
Il metodo adottato nella ricerca del materiale e nella stesura di questo
studio ha privilegiato una attenzione particolare alla lettura del romanzo e
della letteratura che, in particolare a partire dagli anni ottanta, è stata
prodotta anche in Italia. Molto è stato detto e scritto su un’opera complessa
come questa: da una visione globale emergono alcun caratteristiche ben
precise. Una delle più importanti è certamente la connotazione in senso
cristiano cattolico della “simbolica” del romanzo e della esperienza umana e
letteraria dell’autore. Si è data una particolare attenzione ai riferimenti
testuali degli accostamenti tra i passi del romanzo e elementi biblici e della
tradizione religiosa e culturale cattolica. Si è anche tentato in ogni modo di
evitare forzature o distorsioni della lettera del romanzo o delle spiegazioni
che Tolkien stesso ha fornito dell’opera e del suo contenuto. Di fronte ad
una siffatta tipologia di accostamenti, nella maggioranza dei casi analizzati,
si palesa ad un lettore attento l’abbondanza e la ricchezza di sfaccettature
dei riferimenti alla Scrittura e alla teologia e antropologia cattolica.
Analizzare il romanzo di Tolkien, o altre opere dello stesso autore,
prevedrebbe un approccio anche alla prospettiva prettamente filologica che
non è comunque l’obiettivo di questa analisi. In questo caso, infatti, lo
scopo perseguito è quello di mettere in luce come la fede e la cultura
cristiana cattolica dell’autore costituisca la linfa vitale della sua opera di
scrittore, nonostante una apparente diversità di contenuti tra le vicende del
Signore degli Anelli e vicende e personaggi biblici e cristiani in generale.
Come verrà più avanti evidenziato, lo stesso Tolkien accorgendosi del
carattere religioso e cattolico della sua opera noterà come questa sua
caratteristica non costituisca un rivestimento esterno e una indebita
sovrapposizione ma costruisca l’opera dalle fondamenta.
Svolgere l’analisi di un romanzo, così come di un’opera d’arte in
generale, presuppone una basilare conoscenza dei fatti e del pensiero che
hanno caratterizzato l’esperienza umana e creativa dello scrittore. La prima
5
parte del presente lavoro prevede, infatti, una breve presentazione della
biografia di Tolkien che mette in evidenza come la sua stessa esistenza sia
stata profondamente segnata da due fatti, che sono quelli che hanno
determinato la stesura e il contenuto del romanzo: l’amore per il sapere, e in
particolare per le lingue, e la sua esperienza di fede. Segue l’analisi del
romanzo che prevede una presentazione generale dell’opera, mettendone in
evidenza il suo carattere autenticamente cristiano, e in questa prospettiva,
viene compiuto il tentativo di far emergere tale carattere direttamente dalla
costruzione letteraria, dalle vicende e dai personaggi presenti nel romanzo.
Tolkien concepiva la sua attività di scrittore come propriamente artistica e
quindi inserita all’interno di una visione di quell’attività dell’uomo che
costituisce un riflesso dell’opera creatrice di Dio. L’analisi dei contenuti del
romanzo mostra come sia in una visione globale di tutta la trama che in
alcuni più minuti particolari testuali, l’autore abbia trasfuso all’interno
dell’opera la sua esperienza di fede e il suo modo autenticamente cristiano
di pensare l’uomo e la vita dell’uomo alla luce del suo rapporto con l’altro e
con Dio. Ci si accorgerà che si tratta di un modo assolutamente originale di
incarnare la fede cristiana in un romanzo; una siffatta originalità è, a mio
avviso, portatrice di un duplice valore: riuscire ad affascinare il lettore, a
fargli provare sentimenti di stupore e di immedesimazione di fronte ai
personaggi e alle scene del romanzo, e in maniera più profonda stimolarlo
alla riflessione e alla contemplazione.
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1. TOLKIEN: L’UOMO, LO SCRITTORE
Nonostante fosse di genitori inglesi, John Ronald Reuel Tolkien non
nasce in Inghilterra, ma in Sudafrica, a Bloemfontein, il 3 gennaio 1892. Lì,
il padre Arthur si era trasferito qualche anno prima per poter esercitare la
sua attività lavorativa di banchiere e la sua futura moglie Mabel lo raggiunse
nel 1891. Dopo la nascita del fratello Hilary, nella primavera del 1895
soprattutto a causa della debole salute di John, la madre con i due figli parte
per l’Inghilterra, dove si stabilirà a Sarehole, alla periferia di Birmingham.
Quella che inizialmente doveva apparire come una nascente famiglia che
avrebbe goduto di una certa tranquillità economica subirà delle fasi alquanto
difficoltose. L’evento più tragico di questa prima fase della vita di John fu la
perdita del padre quando egli aveva solo quattro anni. La tenacia e
l’intelligenza della madre gli permisero tuttavia di iniziare un percorso
formativo e scolastico in cui emergeva la particolare predilezione per le
lingue così come per le nozioni di botanica. Annota il suo biografo
Humphrey Carpenter: «era attratto più dalla forma e dall’aspetto di una
pianta che non dai dettagli botanici, specie per quanto riguardava gli alberi.
Sebbene disegnarli gli piacesse molto, quel che amava davvero era ‘stare’
con gli alberi: ci saliva sopra, si accomodava tra i rami, parlava con loro»
1
.
Un altro avvenimento decisivo per il pensiero e la vita del giovane John fu
la decisione da parte della madre di aderire al cattolicesimo, nel 1900: scelta
che le attirò la contrarietà della sua famiglia e determinò un peggioramento
1
H. CARPENTER, J. R. R. Tolkien, la biografia, trad. it. di F. Malagò e P. Pugni,
Fanucci Editore, Roma 2002, 49. Da questo suo particolare interesse per gli alberi e per la
natura si comprende la sua eccellente abilità nelle descrizioni paesaggistiche e la sua
propensione a considerarli delle vere e proprie forme viventi con cui entrare in dialogo. La
scena del piccolo John seduto tra le fronde di un albero rinvia certamente al passo del
Signore degli Anelli in cui i due piccoli Hobbit Merry e Pipino incontrano l’Ent Barbalbero
salgono sulla sua chioma e dialogano con lui tentando di convincerlo a reagire alla
devastazione in atto da parte dello stregone Saruman.
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delle condizioni economiche sue e dei suoi due bambini a causa della
sospensione degli aiuti economici da parte dei parenti di rigida posizione
anglicana che non concepivano una simile scelta. La formazione di John fu
fortemente segnata dalla tradizione cattolica dal momento che frequenta tra
le altre anche la St. Phillip’ s School fondata nel 1851 dal cardinale John
Henry Newman, morto soltanto qualche anno prima. Ma ancora per poco
Mabel Tolkien poté prendersi cura dei suoi due bambini e forse la sua
adesione alla Chiesa cattolica fu in questo senso provvidenziale: infatti
quando John aveva soli dodici anni e il suo fratellino dieci, la madre morì a
causa del diabete e delle difficoltà che aveva dovuto affrontare per
mantenere i suoi figli.
2
I due fratelli vennero affidati alle cure del padre
oratoriano Francis Morgan, con cui John mantenne sempre un rapporto di
filiale sottomissione, anche quando crescendo le sue posizioni e le sue scelte
non coincidevano con quella del suo formatore. Durante gli anni della sua
adolescenza continua i suoi studi, vivendo in una pensione con altri ragazzi
orfano affidati all’Oratorio. Inizia a evidenziarsi la sua particolare attitudine
per lo studio delle lingue, in particolare per quelle antiche, che lo porterà a
creare un idioma personale molto influenzato dal finnico. Nel frattempo
continuava la sua vita di fede e partecipava alla celebrazione eucaristica
anche diverse volte alla settimana.
3
Dopo alcuni tentativi di ottenere una
borsa di studio a Oxford, riesce a frequentare il prestigioso College inglese e
a diplomarsi in lingua e letteratura inglese nel 1915. Nello stesso anno
decide di arruolarsi, ma la sua esperienza al fronte durerà pochi mesi a causa
di una malattia che lo costrinse a rimanere a lungo in ospedale dove ebbe tra
2
Nell’esperienza e nel ricordo di John, la madre rimase un luminoso esempio di
vita cristiana condotta fino all’estremo sacrificio di sé. Come riporta il suo biografo, così
Tolkien la ricorda a nove anni dalla sua morte: «La mia cara madre è stata veramente una
martire; non a tutti Dio concede di percorrere una strada così facile, per arrivare ai suoi
grandi doni, come ha concesso a Hilary e a me, dandoci una madre che si uccise con la
fatica e le preoccupazioni per assicurarsi che noi crescessimo nella fede» ( Ibid., 59).
3
Osserva sempre il suo biografo: «Tolkien era un cattolico romano di vedute
rigorosamente tradizionali. Egli riteneva che i sacramenti fossero di gran lunga la parte più
importante della vita di un cristiano. […] Secondo il suo modo di vedere, quello che ci
viene richiesto è la frequenza assidua alla messa e accostarsi alla comunione soltanto dopo
una confessione preparatoria; e questo, insieme alle preghiere personali, era il centro della
sua vita spirituale» (H. CARPENTER, Gli Inklings, trad. it. di M. E. Ruggerini, Jaca Book,
Milano 1984, 174).
8
l’altro la possibilità di continuare a dedicarsi alla sua passione per le lingue.
4
Nel frattempo, appena prima di partire per la guerra sposerà il grande amore
della sua vita: Edith Mary; da lei avrà quattro figli: John, Michael,
Christopher e Priscilla. Durante la convalescenza e negli anni successivi
iniziò il suo paziente lavoro di “creatore di mondi” ossia la sua opera di
invenzione fantastico – mitologica scritta con l’idioma che egli stessa aveva
preso ad inventare qualche anno prima. Nel 1930 inizierà a scrivere Lo
Hobbit continuato a fasi alterne e pubblicato nel 1937, anno in cui inizia la
stesura de Il Signore degli Anelli, inizialmente concepito come
continuazione del suo primo lavoro. La redazione del suo capolavoro lo
impegnò per diversi anni come forse neanche lui si sarebbe immaginato.
5
Ottiene degli incarichi di insegnamento in vari College e nel 1933 assieme
ad altri poeti e scrittori di Oxford, tra cui C. S. Lewis, crea il circolo degli
Inklings, all’interno del quale si svolgono dibattiti e conversazioni letterarie
e filosofico – teologiche, dato che gli aderenti si dichiarano esplicitamente
cristiani e vengono definiti “i cristiani di Oxford”.
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All’interno del gruppo
degli Inklings, Tolkien fa esperienza di una profonda amicizia umana e
spirituale, una fraternità che certamente egli ricorda bene nel descrivere la
sua Compagnia. «Così l’amicizia, per Tolkien, viene sempre ad assumere
una leggera colorazione di “Fratellanza” preraffaellita: un ristretto cerchio di
4
Come per altri scrittori e artisti europei della prima metà del Novecento,
l’esperienza della guerra segnerà la sensibilità del giovane John, come apprendiamo
attraverso la testimonianza del suo biografo: «La cosa peggiore di tutte erano i morti,
perché in ogni angolo giacevano corpi orribilmente dilaniati. In quelli che ancora
possedevano una faccia, gli occhi erano fissi per sempre in un’espressione di terrore. Al di
là delle trincee la terra di nessuno era disseminata di cadaver gonfi e in via di
decomposizione. […] Tolkien non dimenticò mai quello che chiamò “l’orrore animale”
della guerra di trincea» (H. CARPENTER, J. R. R. Tolkien, la biografia, cit., 123).
5
Confessa infatti al suo editore nel 1938: «…mi sono rimesso di nuovo al lavoro
sul seguito dello Hobbit: Il Signore degli Anelli. Ora sta scorrendo via bene e mi sta
scappando di mano. È arrivato al capitolo VII e progredisce verso obiettivi imprevisti.
Devo dire che mi sembra molto migliore in alcuni punti del precedente […] Ma non è una
storia da leggere prima di addormentarsi.[…] Lo scrivere il Signore degli Anelli è molto
laborioso, perché l’ho fatto al massimo delle mie possibilità e soppesando ogni parola.
Anche la storia ha (lo spero caldamente) qualche significato» (J.R.R. TOLKIEN, La realtà in
trasparenza, Lettere, trad. it. di C. De Grandis, Bompiani, Milano 2001, 48.50)
6
L’espressione venne coniata dallo studioso Charles Moorman che ha «usato
questo termine “per suggerire una visione condivisa e per connotare un punto di vista
comune a tutti loro sia sul piano accademico, sia sul piano religioso”. Un altro ha dichiarato
che l’opera di Lewis, Tolkien, Williams e Barfield rappresenta un tentativo consapevole di
presentare una religione attraverso il medium del romanticismo» (H. CARPENTER, Gli
Inklings, cit., 174).
9
intellettuali che esclude le donne, uniti da comuni attività e interessi, da una
uguale visione del mondo e con un sotterraneo senso di missione mistico-
artistica nei confronti della società»
7
.
Lo scoppio della guerra nel 1939 inizialmente non produsse
contraccolpi significativi sulla vita personale dello scrittore, anche se il
clima di rivolgimento che caratterizzava il suo ambiente di lavoro a Oxford
e il suo perfezionismo rallentarono notevolmente la stesura del romanzo. Un
fatto che segnò la vita di Tolkien in questi anni fu certamente la chiamata
del figlio Christopher alle armi nel settore dell’aeronautica e il suo
trasferimento in Sudafrica: con lui, il padre intrattenne una prolifica
corrispondenza epistolare da cui traiamo notizie sia sull’avanzamento del
racconto di Frodo e dei suoi compagni sia particolari sull’umanità e la fede
dello scrittore. È proprio in una di queste lettere che traspare la speranza
fiduciosa che Tolkien riponeva nella Provvidenza di Dio e la sua costanza
nella preghiera e nella partecipazione ai sacramenti: «Ricorda il tuo angelo
custode. Non una signore grassoccia con ali di cigno! Ma – almeno così
penso e credo – in quanto anime dotate di libero arbitrio siamo fatti in modo
da affrontare (o essere in grado di affrontare) Dio.
8
Ma Dio è anche (si fa
per dire) dietro di noi, sostenendoci, nutrendoci (dato che siamo creature
sue)
9
. Quel luminoso punto di potere dove il cordone della vita, il cordone
ombelicale dello spirito termina, là è il nostro angelo, che guarda in due
direzioni: a Dio dietro di noi, senza che noi possiamo vederlo, e a noi. Ma
naturalmente non stancarti di contemplare Dio, nel tuo libero arbitrio e nella
tua forza (che entrambi ti arrivano “da dietro”, come dicevo). Se non riesci a
raggiungere la pace interiore, e a pochi è dato raggiungerla (men che mai a
me) nelle tribolazioni, non dimenticare che l’aspirazione a raggiungerla non
7
E. LODIGIANI, Invito alla lettura di J.R.R.Tolkien, Mursia, Milano 1982, 21.
8
Emerge la concezione antropologico – teologica di Tolkien; essa è profondamente
cattolica: l’uomo creato dal Padre, redento dal Figlio, vivificato dallo Spirito Santo è reso
capax Dei. Proprio in quanto frutto dell’amore di Dio, egli è reso libero, non è
automaticamente costretto verso di Lui, ma aprendosi alla Grazia viene reso in grado di
sentire continuamente la figliolanza divina e la fraternità con Cristo.
9
La fede di Tolkien è in Dio Provvidenza: il suo amore infinito e provvidente è per
tutto l’universo e allo stesso tempo per ogni uomo il cui percorso di vita è reso oggetto
della tenerezza amorevole del Padre.
10
è inutile, ma un atto concreto. […] Se già non lo fai prendi l’abitudine di
pregare. Io prego molto (in latino): il Gloria Patri, il Gloria in Excelsis, il
Laudate Dominum (a cui sono particolarmente affezionato), un dei salmi
domenicali; e il Magnificat; anche la Litania di Loreto (con la preghiera Sub
tuum praesidium). Se nel cuore hai queste preghiere non avrai mai bisogno
di altre parole di conforto. È anche bene, una cosa ammirevole, sapere a
memoria il Canone della Messa, perché la puoi recitare sottovoce se qualche
circostanza avversa ti impedisse di assistervi»
10
. Le parole di Tolkien sono
ampiamente eloquenti circa la sua concezione della vita e dei momenti bui
che ciascuno si trova prima o poi ad affrontare. La fede, la preghiera, il suo
rapporto con Dio permeano la sua vita di uomo e di padre. Certamente
queste sue convinzioni non possono essere estranee alla sua opera di sub –
creatore: è vero che il suo interesse linguistico – filologico può essere
considerato a buon diritto la radice da cui si sviluppa il suo corpus
mitologico e narrativo, ma anche è altrettanto necessario ammettere che la
sua concezione della vita e dell’uomo (che è profondamente cristiana) si
inserisce nelle sue opere (e soprattutto ne Il Signore degli Anelli) come
elemento strutturale, senza il quale tutto il suo legendarium perderebbe di
senso.
Nell’autunno del 1949, dopo alterni periodi di improduttività e
febbrili stesure e rimaneggiamenti, Il Signore degli Anelli era pronto per
essere inviato all’editore Allen & Unwin, ma soltanto tra il 1954 e il 1955
l’opera venne pubblicata in tre volumi rispettivamente dal tittolo: La
Compagnia dell’Anello, Le due Torri e, nell’autunno del 1955, Il Ritorno del
Re. Proprio dopo la pubblicazione dell’ultimo volume, l’amico Lewis
poteva scrivere: «Il libro è troppo originale, troppo ricco perché si possa
pienamente giudicarlo nella prima lettura. Ma sappiamo che ci ha regalato
qualcosa: non siamo più le stesse persone»
11
. Nel giro di pochi anni furono
10
J.R.R. TOLKIEN, La realtà in trasparenza, cit., 77. Osserva a riguardo Lorenzo
Artusi: «Ecco che Tolkien si trasforma in un vero e proprio direttore spirituale per il figlio,
mostrando i valori che danno concretezza alla vita interiore dell’essere umano» (L. ARTUSI,
La realtà in trasparenza, in AA. VV., Tolkien, una creatività per il Vangelo, Comunità di S.
Leonino, Panzano in Chianti (Firenze) 2003, 52).
11
L’affermazione è riportata dal biografo di Tolkien: H. CARPENTER, J. R. R.
Tolkien,cit., 283.
11
molti a pensarla come Lewis, tanto che il romanzo divenne un best-seller e
procurò una inaspettata notorietà al suo autore. La sua vecchiaia fu un
periodo piuttosto sereno; la sua fama crebbe ulteriormente sia in Inghilterra
che all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. Gli ultimi anni della sua vita
saranno fortemente segnati dalla morte della moglie Edith Mary nel 1971,
dopo la quale riceverà una laurea ad honorem dall’Università di Oxford e
una onorificenza da parte della regina Elisabetta. Muore il 2 settembre del
1973, all’età di ottantuno anni. Soltanto l’opera a cui aveva lavorato gran
parte della sua vita, che costituisce lo sfondo mitologico e il suo continuo ed
sovrumano sforzo di invenzione di un mondo fantastico, Il Silmarillion,
verrà pubblicato postumo a cura del figlio Christopher, nel 1977, quando Il
Signore degli Anelli era già stato tradotto in dodici lingue in tutto il mondo.
Appare particolarmente adatta a sintetizzare l’esistenza dello scrittore, la
riflessione di Emilia Lodigiani, in cui afferma che Tolkien appartiene ad una
particolare categoria di scrittori: «di quelli che vivono una vita silenziosa,
in cui gli accadimenti esterni sono come ombre che si animano solo se
proiettate nel mondo interiore e che nel regno dell’immaginario e del
fantastico trovano la giustificazione agli insolubili enigmi della realtà»
12
.
12
E. LODIGIANI, Invito alla lettura di J.R.R.Tolkien, cit., 13.