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0. INTRODUZIONE
“Non posso dire se le cose andranno meglio se cambiano, quello che posso dire è
che devono cambiare se si vuole stare meglio” (Georg Christoph Licthenstein).
1
Il ritmo del cambiamento, all’interno delle organizzazioni, ha fatto registrare una
notevole accelerazione negli ultimi decenni. Un numero sempre più crescente di
organizzazioni sono spinte a ridurre i costi, migliorare la qualità dei prodotti e dei
servizi, individuare nuove opportunità di crescita e incrementare la produttività.
Per merito dei grandi sforzi tendenti alla trasformazione, qualche organizzazione ha
accresciuto la propria capacità di adattarsi al cambiamento, altre organizzazioni sono
diventate più competitive, altre, ancora, hanno messo le basi per un futuro migliore. Ma,
in troppe situazioni, i cambiamenti si sono rivelati deludenti e gli esiti sono stati
disastrosi: risorse sprecate o bruciate, dipendenti spaventati o demotivati. Entro certi
limiti, gli aspetti negativi del cambiamento sono inevitabili.
Le operazioni di riorganizzazione, i ri-orientamenti strategici, le fusioni, i
ridimensionamenti, gli sforzi per il miglioramento della qualità e i progetti di
rinnovamento culturale sono vissuti traumaticamente poichè le persone sono costrette ad
adattarsi a condizioni mutevoli. In un mondo che si muove lentamente e senza
concorrenza, le conseguenze negative degli errori avrebbero un impatto meno
pregiudizievole.
1
Green, M. (2007). Change management masterclass: a step by step guide to successful change
management. Londra (UK): Kogan Publishers.
2
In ambienti relativamente stabili e regolati da intese non è un requisito
indispensabile per il successo, portare a termine rapidamente le innovazioni. Il problema
è che, oggi, la stabilità non esiste più e, nel futuro, il mondo degli affari sarà sempre più
incerto.
Rallentare le innovazioni e soffocare completamente il cambiamento, può impedire
a un’organizzazione di offrire i prodotti o i servizi richiesti a prezzi sostenibili dal
pubblico. A questo punto si tagliano i bilanci, si licenza e si sottopongono i dipendenti a
forti tensioni con grande impatto sulle famiglie e sulle comunità.
La consapevolezza e la competenza nell’affrontare il cambiamento consente di
evitare gli errori o, almeno, di attenuarne le conseguenze. Per riuscirci è essenziale
capire perché le organizzazioni si oppongono ai cambiamenti necessari, qual è
esattamente la metodologia da applicare per superare gli ostacoli che si presentano nel
processo innovativo e, soprattutto comprendere, che mai come ora, le persone in
azienda sono l’elemento chiave con cui fare la differenza rispetto ai concorrenti.
2
L’evidenza legata anche solo a un’osservazione superficiale di una qualsiasi
organizzazione conferma quest’idea. Basta che chiunque lasci l’organizzazione, sia
sostituito da una nuova persona perché qualcosa cambi, anche quando i compiti, le
responsabilità, le interconnessioni con gli altri ruoli organizzativi sono definiti con
molta precisione e puntualità.
I singoli individui con le loro competenze, le loro capacità, le loro esperienze
precedenti, per quanto possano subire le pressioni strutturali, culturali e di potere
2
Kotter, J. P. (1998). Guidare il cambiamento. Rinnovamento e leadership. Milano: Etas
3
dell’organizzazione, riusciranno sempre a mantenere un patrimonio personale d’idee,
valori e aspirazioni.
3
“¨ vero che «morto un papa se ne fa un altro», ma è altrettanto vero che nessun
papa è mai stato e mai sarà uguale all’altro.” (Stefano Zan)
4
3
Zan, S. (2010). Il fenomeno Organizzativo. Roma: Carocci Editore.
4
Zan, S. (2010). Il fenomeno Organizzativo. Roma: Carocci Editore.
5
1. LE CAUSE DEL CAMBIAMENTO
1.1. Evoluzione storica del Change Management
Le prime tecniche e procedure di Change Management si riscontrano negli Stati
Uniti alla fine degli anni Ottanta nell’ambito della cultura anglosassone, in parallelo con
la nascita delle iniziative di riprogettazione dei processi aziendali.
In Europa si registrano i primi rilevanti cambiamenti a partire dagli anni Novanta,
richiesti dal processo d’integrazione europea, dalla globalizzazione, dallo sviluppo
tecnologico, dalla sempre maggior dinamicità dei mercati.
Inizialmente patrimonio culturale delle filiali italiane di aziende a matrice
anglosassone, l’integrazione dell’Italia nell’economia europea e mondiale ha favorito
una maggiore sensibilità e attenzione nei confronti del Change Management.
Nel mondo imprenditoriale italiano, le problematiche di Gestione del Cambiamento
si sono diffuse sviluppando aspetti caratteristici, in coerenza con le specificità
dell’economia italiana: prevalenza d’imprese di dimensione medio/piccola,
problematiche di passaggio generazionale, de-localizzazione della produzione,
accoglimento di manodopera straniera (anche qualificata) e mantenimento di flessibilità
e competitività.
La necessità di adattamento alle nuove condizioni organizzative e di mercato è
d’interesse per un’ampia gamma di soggetti, imprese private, amministrazioni pubbliche
6
e contesti territoriali, sotto l’aspetto economico, tecnologico, organizzativo, politico-
istituzionale e culturale. Le esigenze di tutela della salute hanno generato una crescente
comprensione e gestione dei processi di cambiamento, in un’economia della conoscenza
sempre più globalizzata, in cui la sostenibilità ambientale e sociale ha assunto una
posizione di primaria importanza. Il confronto internazionale è fondamentale, per
analizzare, comprendere e facilitare la gestione dell'innovazione, della sostenibilità e
della salute.
5
1.2. I principali fattori che richiedono un cambiamento
“In futuro, il ritmo del cambiamento non rallenterà, anzi, è molto probabile che nei
prossimi decenni, nella maggior parte dei settori produttivi, la competizione subirà
un’ulteriore accelerazione”
6
Il cambiamento organizzativo ha il significato di crescita, di sviluppo, di
miglioramento, di opportunità da cogliere, di apprendimento; dalla gestione del
cambiamento necessario ne deriverà l’evoluzione e la crescita dell’impresa.
Quando si affronta un cambiamento, è necessario anzitutto identificarne il contesto
e le cause che lo impongono; siamo in presenza di pressioni esterne e interne all’azienda
di varia natura: economiche, sociali, politiche, demografiche, tecnologiche, di mercato,
5
1° CONVEGNO ASSOCHANGE a Milano il 6 Giugno . (2005). Economia & Management .
6
Kotter, J. P. (1998). Guidare il cambiamento. Rinnovamento e leadership. Milano: Etas.
7
competitive, logistiche, ambientali, legislative; l’analisi di queste cause aiuterà a
determinare l’impostazione da dare alla gestione del cambiamento organizzativo.
7
I principali fattori che richiedono un cambiamento nell’organizzazione aziendale
possono essere:
• La globalizzazione: un fenomeno di crescita progressiva delle relazioni e degli
scambi a livello mondiale in situazioni diverse, il cui effetto principale è una decisa
convergenza economica e culturale tra i Paesi del mondo. In campo economico la
globalizzazione denota: la forte integrazione degli scambi commerciali internazionali e
la crescente dipendenza dei paesi gli uni dagli altri; l’affermazione delle imprese
multinazionali nello scenario dell'economia mondiale con riferimento sia alla
produzione spesso incentrata nei paesi del sud del mondo, sia alla vendita, che vede i
prodotti di alcuni marchi molto sponsorizzati, in commercio in quasi tutti i paesi del
mondo.
• La competitività: il livello di capacità concorrenziale di un sistema economico
oppure di una singola impresa od industria. Vantaggio competitivo è un termine
divenuto centrale nella gestione strategica, può definirsi come ciò che costituisce la base
del maggior rendimento registrato dall'impresa rispetto alla media dei suoi concorrenti
diretti, nel settore di riferimento, in un arco temporale di medio-lungo termine. Robert
Grant lo definisce come la "capacità dell’impresa di superare gli avversari nel
raggiungimento del suo obiettivo primario: la redditività"
8
; Per Enrico Valdani, è "la
7
Foglio, A. (2011). Change management come strategia d'impresa. Governare futuro e cambiamenti e
tramutarli in opportunità. Milano: Franco Angeli.
8
Grant, R. M. (1999). L'analisi strategica per le decisioni aziendali. Concetti, tecniche, applicazioni. Il
Mulino: Bologna.
8
capacità distintiva di un'impresa di presidiare, sviluppare e difendere nel tempo, con
maggiore intensità dei rivali, una capacità market driving
9
o una risorsa critica che
possono divenire fattori critici di successo".
10
• Le nuove soluzioni informatiche: quello dell’informatica è uno dei settori che,
più di ogni altro, è stato sottoposto a continui e radicali cambiamenti negli ultimi anni.
La soluzione ai problemi aziendali, la qualità, la riduzione dei costi e dei tempi di
produzione richiedono soluzioni personalizzate per fronteggiare imprevedibili e
repentini cambiamenti nella gestione aziendale. Tramite l’introduzione di nuove
tecnologie si è intensificata la competizione proveniente dalle grandi imprese asiatiche.
Gruppi interfunzionali si sono incontrati per la soluzione di specifici problemi e i
sistemi just in time
11
hanno ridotto le scorte fra le attività sequenziali e migliorato la
comunicazione fra i lavoratori. Strumenti di comunicazione elettronici aumentano la
velocità delle informazioni e riducono la necessità d’interfacce umane. Oggi i
concorrenti si contendono tenacemente le quote di mercato, scalzandosi gli uni con gli
altri, e nello stesso tempo, comprano prodotti gli uni dagli altri, utilizzano gli stessi
fornitori e canali distributivi, e sviluppano assieme tecnologie.
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• Le fusioni: scopo della fusione è di migliorare la competitività sul mercato delle
imprese coinvolte, grazie alle maggiori dimensioni raggiunte. Non mancano casi in cui
9
Market driving: lo applica l'azienda che riesce ad immettere nel mercato un prodotto, che riesce a far
percepire come esigenza, che prima non era stata sentita, in altre parole fa da guida del mercato.
10
Valdani, E. (2003). Marketing strategico. Un'impresa proattiva per sviluppare capacità market driving
e valore. Milano: Etas.
11
Il just in time (spesso abbreviato in JIT), espressione inglese che significa "appena in tempo", è una
politica di gestione delle scorte a ripristino, che utilizza metodologie tese a migliorare il processo
produttivo, cercando di ottimizzare non tanto la produzione quanto le fasi a monte alleggerendo al
massimo le scorte di materie prime e di semilavorati necessari alla produzione. In pratica si tratta di
coordinare i tempi di effettiva necessità dei materiali sulla linea produttiva con la loro acquisizione e
disponibilità nel segmento del ciclo produttivo e nel momento in cui devono essere utilizzati.
12
Tosi, H. L., & Pilati, M. (2011). Comportamento Organizzativo. Attori, relazioni, organizzazione,
management. Milano: Egea.
9
una fusione è fatta per altri motivi (ad esempio, aumentare il capitale sociale per
difendersi meglio da una scalata ostile). L’unione di una o più società può attuarsi
mediante la costituzione di una nuova società (fusione in senso stretto) tutte le società
coinvolte perdono identità giuridica; o mediante l’incorporazione in una società di una o
più altre aziende (fusione per incorporazione) una società già esistente mantiene la
propria identità giuridica e subentra in tutti i rapporti giuridici delle altre che, invece, si
estinguono.
• Le acquisizioni: le operazioni di acquisizione possono: 1) migliorare la
posizione strategica dell'azienda acquirente, aumentando le quote di mercato, entrando
in nuovi scenari o acquisendo un'azienda cliente/fornitore chiave; 2) portare vantaggi di
tipo economico, ad esempio: la diminuzione dei costi per economie di scala, esperienza
e di scopo; 3) incrementare le opportunità di reperimento delle risorse finanziarie o
d’investimento: le aziende risultanti da acquisizioni, a volte possono fare investimenti al
di fuori della portata dell'acquirente prima dell'operazione; 4) migliorare il rating; 5)
usufruire di vantaggi fiscali che si possono ottenere in seguito a tali operazioni
utilizzando le perdite precedenti della società acquisita per ridurre l'onere tributario
complessivo.
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• Le integrazioni. Integrazione economica è un termine usato per descrivere come
alcuni aspetti di economie diverse sono integrati. Le barriere al commercio tra i mercati
diminuiscono al crescere dell'integrazione economica. Le basi di questa teoria furono
13
Campobasso, G. F. (2007). Manuale di diritto commerciale. Torino: Utet.
10
descritte dall'economista ungherese Béla Balassa
14
negli anni '60. Attualmente, in
nazioni indipendenti, l'economia maggiormente integrata è l'Unione Europea e la sua
zona euro. Il grado di integrazione economica può essere categorizzato in sei stadi: Area
di commercio preferenziale, Area di libero scambio, Unione doganale, Mercato comune,
Unione economica e monetaria, Integrazione economica completa. Balassa sosteneva
che l'integrazione economica tende a precedere l'integrazione politica: i liberi
movimenti di fattori economici attraverso i confini nazionali dei mercati comuni
sovranazionali, generano una richiesta di successiva integrazione, non solo economica
(attraverso le unioni monetarie), ma anche politica, cosicché le comunità economiche
evolvono, col tempo, in maniera naturale, in unioni politiche.
• Le dismissioni. La dismissione di un ramo aziendale
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, potrebbe derivare da
decisioni strategiche, volte a concentrare l’attenzione sugli aspetti giudicati
fondamentali del proprio business, esternalizzando attività collaterali, di servizio o
alcune fasi di lavorazione, riducendo in tal modo la complessità organizzativa
gestionale. Il ridimensionamento può essere dovuto a situazioni di crisi e alla
conseguente necessità di uscire da settori in perdita. La loro cessione, anche a
condizioni onerose, permette di interrompere il flusso di risorse assorbito dalla
combinazione economica inefficiente e di poter focalizzare le energie su settori
redditizi. Nell’approccio a situazioni di crisi è frequente riscontrare anche la soluzione
opposta, ossia la cessione a terzi di aziende redditizie, anche se non integrate o solo
marginali al business tipico, allo scopo di reperire le risorse finanziarie necessarie al
rilancio dell’attività principale, momentaneamente in difficoltà. In altri casi la cessione
14
Balassa, B. (1961). The Theory of Economic Integration. Homewood, Illinois: Richard D. Irwin.
15
Ramo aziendale: parte dell’originaria combinazione aziendale che mantiene caratteri di autonomia
economica
11
avviene a un prezzo che rappresenta un valore nettamente superiore a quello dei flussi di
cassa o di reddito che l’imprenditore sarebbe in grado di ritrarre in futuro con le proprie
capacità dall’azienda (offerta non rifiutabile). Tali evenienze, non rappresentano aspetti
d’irrazionalità economica da parte dell’acquirente, ma sono dimostrazione del diverso
valore che una data combinazione economica può avere per due soggetti diversi. Una
volta inserita nell’organizzazione imprenditoriale dell’acquirente, è possibile, infatti,
che l’azienda, sia in grado di generare flussi di cassa o di realizzo che giustifichino
pienamente il prezzo offerto, per le diverse capacità imprenditoriali, per l’accesso a
condizioni produttive e a fattori strategici preclusi al precedente titolare. Altre volte un
prezzo che non può essere rifiutato trova fondamento da motivazioni di carattere
strategico, connesse all’esigenza di eliminare dal mercato un concorrente effettivo o
potenziale che potrebbe rappresentare una minaccia per il futuro. La cessione
dell’azienda, infine, può derivare da motivazioni di carattere soggettivo: dalla
stanchezza dell’imprenditore e dall’assenza di successori o collaboratori in grado di
proseguirne la gestione.
16
• L’estensione della filiera. La filiera è formata da un insieme di attività
complementari legate da operazioni di acquisto e di vendita che contribuiscono alla
produzione di beni e servizi finali. All’interno della filiera troviamo rapporti di scambio
e rapporti organizzativi tra imprese: contratto di subfornitura e outsourcing.
Difficilmente si tratta di contratti spot, ma piuttosto di contratti protratti nel tempo. Più
aumenta la durata, più aumenta l’incertezza per i contraenti e più aumenta la specificità
16
Savioli, G. (2008). Le operazioni di gestione straordinaria. Milano: Giuffrè.
12
degli investimenti nella transazione. Per far fronte a quest’incertezza viene creata una
quasi-organizzazione, in cui la connessione diventa una relazione di potere. Il grado di
subordinazione è definito: a) dall’intensità del flusso: percentuale di fatturato che il
fornitore realizza con un unico acquirente; b) dal grado di dipendenza tecnologica dal
fornitore, dalle sue specifiche e dai suoi controlli; c) dalla dimensione dell’azienda. Si
tratta di un sistema che dosa cooperazione e competizione. Inizialmente l’impresa è
selezionata in base ad un meccanismo competitivo, in seguito si sviluppa un sapere
tecnico che è cumulabile e trasferibile, e un sapere relazionale che non è trasferibile né
facilmente riproducibile, il che conferisce longevità alla relazione e genera una quasi-
rendita relazionale. Sono benefici specifici generati dai rapporti di cooperazione e
dall’efficienza delle relazioni contrattuali nate all’interno del gruppo di contraenti.
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Consente di beneficiare dei vantaggi classici dell’integrazione e, al tempo stesso, di non
dover subire le rigidità e i costi inerenti a una pratica d’integrazione.
18
L’innovazione
non dipende solo dalle soluzioni sviluppate internamente, ma anche dalla capacità di
riunire in filiera conoscenze e tecnologie innovative derivate da un grande numero di
soggetti esterni, dai centri di ricerca, dagli attori della filiera cui l’impresa appartiene, e
più in generale, da tutti gli stakeholder.
19
20
• Le questioni ambientali: La compromissione dell’equilibrio dei sistemi ecologici
derivante dal crescente impatto delle attività umane sull’ambiente, ha notevole
17
Aoki, M. (1988). Information, Incentives and Bargaining in the Japanese Economy. Cambridge, U.K.:
Cambridge University Press.
18
Coriat, B. (1991). ripensare l'organizzazione del lavoro: concetti e prassi nel modello giapponese.
Bari: Edizioni Dedalo.
19
Stakeholder (o portatore di interesse): soggetti influenti nei confronti di un'iniziativa economica, sia
essa un'azienda o un progetto. Fanno parte di questo insieme: i clienti, i fornitori, i finanziatori (banche e
azionisti), i collaboratori, ma anche gruppi di interesse esterni, come i residenti di aree limitrofe
all'azienda o gruppi di interesse locali.
20
Ametis, M., & Giubitta, P. (2006). Collaborare per competere. Milano: Franco Angeli.
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risonanza a livello scientifico, politico e mediatico. Per superare lo stato di crisi è stato
introdotto il concetto di sviluppo sostenibile. Sul finire degli anni ’70, ha assunto una
rilevanza internazionale dalla pubblicazione del rapporto “Our common future” nel
quale è definito “uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere
la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”,
21
ed eletto a meta ideale cui
aspirare. Tale processo lega la dimensione economica, sociale ed istituzionale, alla
tutela e alla valorizzazione delle risorse naturali, in un rapporto di interdipendenza, al
fine di soddisfare i bisogni delle attuali generazioni, evitando di compromettere la
capacità delle future di soddisfare i propri. In questo senso la sostenibilità dello sviluppo
è incompatibile con il degrado ambientale e delle risorse naturali, con la violazione della
dignità e della libertà umana, con la povertà ed il declino economico, con il mancato
riconoscimento dei diritti e delle pari opportunità. La trasformazione dei modelli di
produzione e consumo dei servizi in senso ecologico si sta manifestando attraverso vari
percorsi di sostenibilità, tra loro anche molto diversi: il superamento di schemi di azione
tradizionali, la nascita di nuove forme d’indipendenza tra produttori e consumatori, così
come la moltiplicazione di green option in termini di stili di vita e opportunità
tecnologiche.
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21
World Commission on Environment and Development. (1987). Our Common future. Oxford: Oxford
University Press.
22
Corradi, V. (2011). Le incerte vie della sostenibilità. Aziende di servizi pubblici e cittadini per
l'ambiente. Milano: Franco Angeli.