biologica, localizzate nell’area della Comunità Montana “Calore Salernitano
”, per delineare le principali caratteristiche e la loro incidenza sui mercati.
Le informazioni sono state raccolte somministrando un questionario di 20
domande alle suddette aziende monitorate.
Il quarto capitolo esamina i principali canali distributivi dei prodotti
biologici. In particolare l’attenzione è stata rivolta a: negozi specializzati, la
vendita diretta attraverso le aziende agrituristiche e i mercatini bio. Sebbene
negli ultimi anni, la presenza dei prodotti biologici si stia affermando anche
nella Grande Distribuzione.
Infine, l’ultimo capitolo analizza le principali variabili che hanno
determinato un cambiamento dei comportamenti d’acquisto, focalizzando le
motivazioni che spingono i consumatori all’acquisto degli alimenti “bio”.
CAPITOLO I
Gli elementi di definizione dell’agricoltura
biologica: gli aspetti teorici ed istituzionali.
1.1 L’origine dell’agricoltura biologica.
L'agricoltura biologica, quale metodo di gestione agricola, nasce a
cavallo tra l'ottocento e il novecento da un insieme di teorie che avevano in
comune una radice romantica, anti-materialista ed anti-meccanicanicista.
Il padre dell'agricoltura biologica può essere considerato Justus von
Liebig, il quale affermò che la nutrizione delle piante doveva avvenire
tramite somministrazione di farine minerali e non tramite sostanze di sintesi
ad elevata solubilità.
Questo nuovo metodo di produzione agricola rappresenta il frutto di
una serie di riflessioni e il risultato dello sviluppo di diversi metodi
alternativi praticati, sin dall'inizio del secolo, soprattutto nell'Europa
Settentrionale.
I principali movimenti, precursori del metodo di produzione biologico,
trovano ispirazione in correnti filosofiche. Il primo movimento prende avvio
in Germania e trova ispirazione nella teoria filosofica elaborata nel 1913 da
Rudolf Steiner, che pose le basi teoriche dell'agricoltura biodinamica, poi
sviluppata da Pfeiffer
1
.
Nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, in Inghilterra si
sviluppa il movimento dell'agricoltura biologica sulle cui idee, sviluppate da
Sir Howard, si basa l’istituzione della Soil Association, che dimostra la
validità di un tipo di agricoltura naturale e rispettoso dell'ambiente.
Un terzo movimento nasce in Svizzera negli anni '40 su iniziativa di
Hans Peter Rusch e Muller, che definiscono un metodo di agricoltura
biologica come una tecnica di coltivazione, che presuppone l'utilizzazione
ottimale delle risorse rinnovabili.
I suddetti movimenti considerano indispensabile il rapporto tra
agricoltura e ambiente, nonché il rispetto degli equilibri naturali e,
abbandonano la strategia tendente alla massimizzazione delle rese e della
produzione.
Nonostante l'esistenza e la vivacità di tali correnti di pensiero,
l'agricoltura biologica è rimasta a lungo allo stato embrionale in Europa.
Durante gli anni '50, lo sviluppo dell’agricoltura biologica subisce una
battuta d'arresto poiché l'obiettivo primario dell'agricoltura, all'indomani
della seconda guerra mondiale, era costituito dall'incremento della
produzione per soddisfare le necessità alimentari.
1
Pfeiffer propugna l'idea di un'alimentazione sana ed equilibrata, fondata su numerosi
principi di base dell'agricoltura biologica quali il rifiuto dei concimi minerali solubili e
l'autonomia dell'azienda agricola grazie al sistema policoltura/allevamento.
Verso la fine degli anni '60 e nel corso degli anni '70, sull'onda della
contestazione studentesca, è emersa una forte presa di coscienza circa la
tutela dell'ambiente, alla quale l'agricoltura biologica poteva apportare un
utile contributo. Si affermano nuove associazioni, che raggruppano
produttori, consumatori ed altri soggetti interessati alle tematiche
ambientali, il cui scopo è mirato alla elaborazione di disciplinari comuni da
applicare al settore.
Nel 1972 è stata istituita l'IFOAM (International Federation of Organic
Agricultural Movement)
2
, che oggi raggruppa una serie di organizzazioni
operative a livello internazionale nel settore della produzione, certificazione,
ricerca, formazione e diffusione dell'agricoltura biologica.
L'IFOAM ha, inoltre, attivato un gruppo regionale, "Unione europea",
al fine di mantenere un dialogo aperto con la Commissione europea in
materia di sviluppo del settore biologico.
L' agricoltura biologica comincia a diffondersi pienamente nel corso
degli anni '80, non solo nella maggior parte dei paesi europei ma anche, con
intensità minori in altri paesi, quali Stati Uniti, Canada, Australia e
Giappone, a seguito dell’affermazione delle tecniche biologiche di
coltivazione e del crescente interesse da parte dei consumatori per i prodotti
biologici.
2
L'IFOAM è un organismo che ha dato un riconoscimento internazionale all'agricoltura
biologica, fornendo regole e garanzie comuni per la promozione delle produzioni
biologiche e la tutela del consumatore.
Si assiste, quindi, ad una notevole crescita del numero dei produttori e
alla promozione di iniziative nel settore della trasformazione e della
commercializzazione dei prodotti biologici.
Questo contesto favorevole allo sviluppo dell'agricoltura biologica trova
una particolare spiegazione nella preoccupazione dei consumatori di poter
scegliere prodotti sani e più rispettosi dell'ambiente.
Tali fenomeni inducono le istituzioni ad un radicale cambiamento del
loro atteggiamento nei confronti delle produzioni biologiche ed
ecocompatibili. In numerosi paesi europei (Germania, Paesi Bassi) vengono
fissati programmi di ricerca nel settore in esame, si procede alla definizione
di strumenti legislativi e allo stanziamento di adeguate risorse finanziarie a
sostegno dello sviluppo dell'agricoltura biologica.
Il primo riconoscimento istituzionale dell’agricoltura biologica viene
operato attraverso le norme del regolamento CEE n.2092/91.
1.2 Le prime definizioni “legali”
L’agricoltura biologica, malgrado il suo notevole sviluppo, per anni è
stata penalizzata da una mancanza di chiarezza, relativa al significato da
attribuire al termine biologico e, in particolare al modo di intendere le
tecniche di coltivazione biologica.
Tale confusione scaturiva fondamentalmente dall’esistenza di diverse
scuole di pensiero, dalla mancanza di armonizzazione della terminologia
utilizzata, dalla presenza sul mercato di prodotti recanti in etichetta diciture
percepite dal consumatore come equivalenti (es. prodotti biologici, naturali,
di qualità) e dall’assenza di un quadro legislativo in grado di ricondurre ad
unità il significato e le esperienze che si riconoscono nell’agricoltura
biologica.
In questo contesto, l’adozione di un quadro normativo è sembrata la
scelta più idonea per consentire all’agricoltura biologica di collocarsi, in
maniera chiara, sul mercato dei prodotti di qualità, che da nicchia sta
assumendo progressivamente le caratteristiche di un segmento commerciale
vero e proprio, ossia una realtà economica significativa.
I primi interventi di tipo istituzionale, mirati a fornire definizioni
“legali” di biologico, possono essere riconducibili all’attività dell’IFOAM,
che ha definito l’agricoltura biologica come un sistema di coltivazione in
grado di garantire la produzione senza l’utilizzo di sostanze chimiche di
sintesi. E’, quindi, un modo di fare agricoltura che realizza un più corretto
rapporto fra territorio e ambiente, nel rispetto della naturalità e della
stagionalità di ogni coltura, utilizzando nel miglior modo possibile le
energie rinnovabili e valorizzando al massimo le risorse naturali.
La normativa IFOAM ha coperto numerosi aspetti quali:
• Ripristino dell’ambiente rurale (siepi, alberature,
ricanalizzazione dei corsi d’acqua);
• Impiego di tecniche colturali naturali ( rotazioni, inerbimento,
ecc.)
• Sviluppo della concimazione naturale ( letame, sovescio
3
delle
leguminose, impiego di scarti e residui) ;
• Abbandono dell’uso della plastica;
• Forme di produzione zootecnica compatibili, eliminando o
riducendo l’impiego di sostanze chimiche di sintesi anche medicinali;
• Trasformazione alimentare e commercializzazione con il
minor impatto ambientale.
Attraverso la definizione delle norme, senza dubbio, l’IFOAM ha
contribuito ad attribuire all’agricoltura biologica un significato più ampio
rispetto a quello comunemente accettato.
3
Il sovescio è una tecnica colturale che contribuisce profondamente alla buona
realizzazione di una coltivazione biologica. Esso consiste nella semina di una determinata
coltura che, invece di venir raccolta, viene interrata, al fine di migliorare la fertilità del
terreno; l’effetto è tanto più importante quanto più il suo sistema naturale è ben sviluppato.
L’agricoltura biologica, infatti, non implica solo un divieto di uso di
prodotti chimici di sintesi, ma propone un modello globale di recupero
produttivo, tendente a delle rese ed a delle retribuzioni dei fattori della
produzione analoghe a quelle dell’agricoltura convenzionale. A questo
riguardo si è diffusa la convinzione, secondo la quale, la completa
eliminazione di qualsiasi input esterno dall’insieme delle tecniche colturali
biologiche, possa indurre ad una diminuzione dei livelli delle rese unitarie,
ovvero della produttività della singola unità di superficie coltivata o del
singolo capo allevato.
Secondo le linee direttive del Codex alimentarius, l’agricoltura
biologica deve contribuire al conseguimento di una serie di obiettivi:
• Accrescere l’attività biologica dei suoli;
• Mantenere la fertilità dei suoli a lungo termine;
• Fare assegnamento sulle risorse rinnovabili nei sistemi
agricoli organizzati localmente;
• Promuovere la corretta utilizzazione dei suoli, delle risorse
idriche e dell’atmosfera e, ridurre nella misura del possibile ogni forma
di inquinamento che potrebbe derivare dalle pratiche colturali;
• Riciclare i rifiuti di origine vegetale e animale, al fine di
restituire gli elementi nutritivi alla terra, riducendo in tal modo il più
possibile l’utilizzo di risorse non rinnovabili.
L’agricoltura biologica ha attirato l’attenzione dei responsabili della
politica agraria a livello comunitario per due principali motivi: come
metodo per realizzare un migliore equilibrio tra l’offerta e la domanda di
prodotti e come strumento di tutela ambientale e conservazione dello spazio
rurale.
1.3 Le norme comunitarie
Il quadro normativo sviluppato dalla Comunità Europea per la
produzione biologica vegetale e animale si inserisce nel contesto più
generale della politica di qualità dei prodotti agricoli; tale politica è nata
all'inizio degli anni '90 per rispondere alle sempre più pressanti richieste dei
consumatori europei.
I produttori, pertanto, hanno oggi la possibilità, quando i loro prodotti
rispondono ai requisiti previsti dalla normativa europea, di impegnarsi in un
processo di qualità che consente una migliore valorizzazione delle loro
produzioni.
Attualmente, nell'Unione Europea, le norme che disciplinano il settore
biologico risultano codificate in due distinti regolamenti approvati dal
Consiglio della Comunità Europea:
™ Reg. (Cee) n° 2092/91 relativo al metodo di produzione
biologico e all'indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle
derrate alimentari;
™ Reg (CE) n° 1804/99 che completa, per le produzioni
animali, il regolamento (CEE) n° 2092/91 relativo al metodo di
produzione biologico di prodotti agricoli.
1.3.1 L’agricoltura biologica secondo il regolamento CEE
n. 2092/91
Il regolamento 2092/91, approvato dal consiglio della CEE il 24 giugno
1991, costituisce una tappa fondamentale per il riconoscimento
dell'agricoltura biologica su scala europea.
I cardini della normativa comunitaria sono l'affermazione del biologico
come metodo colturale, che si avvale di principi propri, differenziandosi dal
metodo convenzionale, e la definizione di un regime di controlli a tutela
dell'acquirente e a salvaguardia dei produttori.
Con il Regolamento 2092/91 si definisce, per la prima volta,
l'agricoltura biologica come un metodo colturale, cioè un articolato processo
di produzione il cui risultato finale è un prodotto di una qualità particolare.
Tale norma consente, da un lato, ai produttori e ai trasformatori,
attraverso la definizione di un quadro normativo omogeneo per la
produzione, l'etichettatura ed il controllo dei prodotti agricoli ed alimentari
biologici, di svolgere la rispettiva attività in un contesto tecnico preciso ed
in un contesto giuridico certo e dall'altro si traduce in una precisa forma di
tutela dell'acquirente europeo.
Il Regolamento nasce dall'esigenza del legislatore di tutelare entrambe
le categorie di produttori e consumatori: i primi attraverso un efficiente
controllo lungo tutta la filiera, dalla produzione alla commercializzazione; i
secondi, invece, attraverso norme ufficiali ed equivalenti, evitando fenomeni
di concorrenza sleale, prima difficilmente controllabili.
Tale Regolamento è applicabile ai prodotti agricoli vegetali non
trasformati, agli animali e ai prodotti animali non trasformati, ai prodotti
destinati all'alimentazione umana composti da uno o più ingredienti di
origine vegetale, nonché ai prodotti destinati all'alimentazione umana
contenenti ingredienti di origine animale.
I criteri generali di coltivazione biologica, mirati al mantenimento ed al
miglioramento della fertilità del suolo, nonché alla difesa delle piante, sono
definiti nell’allegato I del regolamento.
Il ripristino e il mantenimento della fertilità e dell’attività biologica del
suolo devono essere garantiti mediante la coltivazione delle leguminose, di
concimi verdi o di vegetali aventi un rapporto radicale profondo nell’ambito
di un adeguato programma di rotazione annuale.
Qualora i suddetti mezzi risultino insufficienti ad assicurare
un’adeguata nutrizione dei vegetali o il trattamento del terreno occorre
procedere all’integrazione con altri mezzi.
Infine, per migliorare lo stato generale del suolo o la disponibilità di
elementi nutritivi nel suolo o le colture, possono essere altresì utilizzate
preparazioni a base di microorganismi, non geneticamente modificati.
La lotta contro i parassiti e la difesa da erbe infestanti si attua prima di
tutto con la prevenzione, in particolare mediante un’opportuna selezione
varietale, con rotazioni ampie, con un’adeguata scelta dei periodi di semina
ed accurate preparazioni del terreno da destinare alla semina.
Al sorgere del problema si interviene con lavorazioni meccaniche,
leggere e superficiali, per l’eliminazione delle piante infestanti, ovvero
ricorrendo alla lotta biologica mediante, per esempio, la diffusione di
predatori, per sconfiggere la presenza dei parassiti.
La recente modifica al Reg. 2092/91, pubblicata il 24 agosto 1999 (Reg.
1804/99) sancisce il divieto assoluto di impiego di qualsiasi Organismo
Geneticamente Modificato in agricoltura biologica.
Ciò significa che non possono essere impiegati nel metodo di
coltivazione biologica semi, piante o parte di piante che abbiano subito
manipolazioni genetiche. Non possono, inoltre, essere utilizzati come
materie prime, prodotti modificati geneticamente, per la preparazione di
mangimi per l’allevamento di animali con il metodo biologico.
E’ sancito il divieto di introdurre nella preparazione di prodotti
alimentari composti di più ingredienti, seppure in percentuali ridotte,
ingredienti provenienti da organismi geneticamente modificati.
Il divieto degli O.G.M. nell’agricoltura biologica rappresenta una
garanzia sia per i consumatori che per l’immagine dei prodotti biologici
presso i consumatori.
In conclusione, possiamo, quindi, affermare che la pubblicazione del
Regolamento CEE n.2092/91 nel giugno 1991 ha rappresentato, senz’altro,
un risultato positivo sia per i consumatori che per tutti gli operatori del
settore dell’agricoltura biologica.
Tale normativa ha iniziato ad essere operativa nell’ambito dei singoli
Stati Membri a partire dagli anni 1992-‘93 attraverso la designazione delle
autorità nazionali competenti e dei relativi Organismi di controllo.
Il settore dell’agricoltura biologica, mediante tale regolamento, si è
dotato di uno strumento che gli consente di affermare la propria specificità e
di ottenere la credibilità necessaria per collocarsi sul mercato dei prodotti
alimentari.
Da allora hanno avuto luogo importanti sviluppi sia nel settore
dell’agricoltura biologica che nell’ambito della politica agricola comune.
Dal 1991, l’agricoltura biologica ha cessato di rappresentare un settore
marginale, circoscritto alle realtà locali, imponendosi nel commercio
internazionale attraverso le grandi catene di distribuzione.
Tale settore dovrà misurarsi rispetto a questi nuovi sviluppi e
riconsiderare le norme a cui è soggetto, allo scopo di conservare un’identità
specifica, significativamente diversa dall’agricoltura convenzionale.
La normativa comunitaria, pur avendo assunto una struttura nel
complesso organica, necessita di essere integrata , in particolare rispetto ad
alcune specifiche produzioni (norme per la produzione di vini, norme di
produzione per le specie animali minori, norme per il controllo e
l’etichettatura dei mangimi per l’alimentazione animale, ecc.).