2
Le preoccupazioni insite in queste disposizioni sembrano avvalorate dal regime
delle cautele, in materia di sequestro, che il codice espressamente prevede. Ad
esempio, ove non sia un corpo del reato, non è possibile operare il sequestro di
“carte e documenti relativi all’oggetto della difesa” presso i difensori o i consu-
lenti tecnici (art. 103, 2º comma c.p.p.). Sono ancora insequestrabili la corri-
spondenza fra l’imputato e il difensore (art. 103, 3º comma c.p.p.), anche in
questo caso ove il pubblico ministero non ritenga che nella corrispondenza stes-
sa non sia ravvisabile un corpo del reato. A ciò si deve aggiungere che la giuri-
sprudenza prevalente, come si vedrà meglio nel corso della presente trattazione,
ha affermato il principio che, ove la prova possa ottenersi in altro modo, i beni
sequestrati all’imputato devono essere rilasciati.
2
Come si è detto a funzioni del tutto diverse rispondono le tipologie di
sequestro previste dal codice nell’ambito generale delle misure cautelari di tipo
reale. Il sequestro conservativo, che si esegue applicando le norme del codice di
procedura civile, risponde all’esigenza di coprire crediti nascenti dalle obbliga-
zioni civili del reato ovvero a garantire i crediti dello Stato nei confronti
dell’imputato. Questi crediti, una volta eseguiti, sono considerati privilegiati,
“rispetto ad ogni altro credito non privilegiato di data anteriore e ai crediti sorti
posteriormente, salvi, in ogni caso, i privilegi stabiliti a garanzia del pagamento
dei tributi” (art. 316, 4º comma c.p.p.). Il sequestro disposto giova anche alla
parte civile; infatti, esso non ha efficacia relativamente ai crediti vantati dallo
Stato se non nei limiti delle somme che residuano dopo il soddisfacimento dei
crediti della parte civile (vedi art. 320, 2º comma c.p.p.).
3
Tipica funzione non satisfattiva ma cautelare è quella che deriva dal se-
questro preventivo. Il codice (art. 321 c.p.p.) disciplina due ipotesi di tale ordi-
ne: quella del sequestro obbligatorio, che il giudice deve disporre, a richiesta del
pubblico ministero, quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa
2
In tal senso Cass. pen. 30 giugno 1996, in Arch. nuova proc. pen., 1997, 391 ss.
3
Su questo punto, vedi Misure cautelari reali, in E. AMODIO-O.DOMINIONI, Commentario
al nuovo codice di procedura penale, III, Milano, 1998, 241 ss.
3
pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero
agevolare la commissione di altri reati ed un sequestro facoltativo, che il giudice
può disporre per le cose delle quali è consentita la confisca.
4
CAPITOLO PRIMO
LE VARIE NOZIONI DI SEQUESTRO NELL’ AMBITO
DEL PROCESSO PENALE
SOMMARIO: 1. La nozione di sequestro penale in generale – 2. Il sequestro
come misura cautelare: il sequestro conservativo (art. 316 c.p.p.) – 3. (segue): il
sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.) –
1. La nozione di sequestro penale in generale
Il sequestro penale trova la sua disciplina nel complesso di disposizioni
contenute negli artt. 253-265 del codice di procedura penale. Esso si caratterizza
– al pari di ogni altra forma di sequestro – quale atto di “coercizione reale”,
destinato a “assoggettare determinate cose ad un vincolo di indisponibilità, me-
diante lo spossessamento di chi è legittimato a farle circolare con effetti giuridi-
ci”.
4
La finalità che si è voluta attribuire al sequestro penale nel codice di pro-
cedura penale del 1988 è da ricerca nell’assicurazione di eventuali prove che
appaiono necessarie per l’accertamento dei fatti (art. 253, 1° comma cod. proc.
pen.). Questo spiega anche la collocazione della norma all’interno del libro III,
dedicato, appunto, alla disciplina del regime probatorio. Lo stesso legislatore,
nella relazione al progetto preliminare del codice, ha specificato che sua inten-
zione era quella di prevedere un istituto strettamente collegato alla ricerca degli
elementi probatori e quindi operare un’inversione di rotta rispetto alla disciplina
contenuta nel codice precedente, che aveva permesso una dilatazione abnorme
dell’istituto, difficilmente compatibile con la normativa costituzionale.
5
Il codice si premura di specificare che il sequestro penale avviene per
“l’accertamento dei fatti”. Ora, in dottrina si fornisce a tale locuzione un certo
4
A.A. DALIA, Sequestro penale, in Dizionario di diritto e procedura penale, a cura di G. Vassalli,
Milano, 1986, 939
5
F. CORDERO, Procedura penale, Milano, 1998, 684. Anche la giurisprudenza prevalente ha sottoli-
neato il carattere tipico di acquisizione probatoria svolto dal sequestro penale in senso generale, rite-
5
rilievo, in quanto si ritiene che con il sequestro non si abbia un’“acquisizione di
prove” nel senso stretto del termine. Le cose “pertinenti al reato” (locuzione
presente anche nell’art. 337, 1° comma cod. proc. pen. abrogato) sono esibite dal
pubblico ministero ed il giudice decide se ammetterle o no: “nel caso affermati-
vo la cosa è acquisita appena venga inclusa nel fascicolo del dibattimento o
allegata allo stesso”.
6
La differenza sostanziale rispetto alla precedente normativa è che il vec-
chio art. 337, 1° comma prevedeva un sequestro probatorio di cose “pertinenti al
reato”, senza collegare tale istituto alla finalizzazione dello stesso, cioè quando
esso sia “necessario all’accertamento dei fatti”. La finalizzazione posta dalla
nuova locuzione normativa appare dunque svolgere una finzione evidentemente
restrittiva dell’applicazione dell’istituto. Se il giudice predisponente ritiene che
il sequestro di cose pertinenti al reato sia necessaria per l’accertamento dei fatti,
lo dispone; in caso contrario, quando cioè manchi la finalizzazione, il sequestro
non viene disposto. Nella precedente normativa, mancando il fine dell’atto, era
sufficiente che l’oggetto del sequestro si presentasse come “pertinente al reato”.
7
La dottrina maggioritaria tende a distinguere il sequestro penale in senso
stretto dalle altre due tipologie di sequestro introdotte nel codice di procedura
penale del 1988: quello conservativo e quello preventivo, che devono essere
inseriti nella tipologia generale delle “misure cautelari reali”.
8
D’altronde, il
sequestro probatorio o penale in senso stretto risponde ad esigenze del tutto
diverse da quelle cui rispondono i due sequestri in funzione di misure cautelari
reali. Mentre il primo, come detto, è finalizzato a consentire oggetti pertinenti al
reato considerati necessari per l’accertamento dei fatti, i sequestri quali misure
cautelari reali sono finalizzati, quello conservativo, a garantire il pagamento
nendo peraltro revocabile, come si vedrà, il sequestro quando l’acquisizione probatoria possa avvenire
in altro modo (vedi sul punto, Cass. pen. 30 giugno 1990, in Arch. nuova proc. pen., 1991, 139).
6
F. CORDERO, Procedura penale, cit., 684
7
A. MELCHIONDA, Sequestro per il procedimento penale, in Enc. dir., XLII, Milano, 1990, 149
8
Vedi sul punto specifico, A. BEVERE, Coercizione reale: limiti e garanzie, Milano, 1999, 17 ss.; per
l’inquadramento generale delle due tipologie di sequestro all’interno delle misure cautelari reali, cfr.
M. D’ONOFRIO, Il sequestro preventivo, Milano, 1997, 10 ss.
6
della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta
all’erario dello Stato (art. 316, 1° comma c.p.p.), ovvero l’adempimento delle
obbligazioni civili (restituzioni e risarcimento del danno) derivanti dal reato (art.
316, 2° comma c.p.p.), quello preventivo quando vi sia pericolo che la libera
disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conse-
guenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati (c.d. “sequestro
obbligatorio”), ovvero quando il giudice discrezionalmente decida il sequestro di
cose soggette a confisca (c.d. “sequestro facoltativo”).
2. Il sequestro come misura cautelare: il sequestro conservativo (art. 316
c.p.p.)
Il problema di predisporre misure cautelari reali per assicurare i crediti
allo Stato derivanti dalla commissione di reati e di soddisfare le esigenze delle
persone offese dal reato si è posta storicamente, nell’ambito della codificazione
penalistica, perlomeno a partire dagli inizi del secolo XX. La prima forma di
tutela preventiva delle obbligazioni ex delicto attuata per mezzo del sequestro
dei beni dell’imputato o del condannato si ha, dunque, per la prima volta nel
nostro ordinamento con il codice di procedura penale del 1913, essendo del tutto
sconosciuta nei codici, anche quello civile e di procedura civile, immediatamen-
te successivi all’unificazione italiana.
9
L’esigenza di rafforzare la posizione
della vittima del reato e le sue istanze risarcitorie, nonché quella di salvaguarda-
re più efficacemente il pagamento delle pene pecuniarie e delle altre somme
dovute all’erario dello Stato, infatti, trovarono per la prima volta soddisfacimen-
to negli artt. 606 ss. del codice di procedura penale del 1913, dove, da un lato, si
provvedeva a riconsiderare l’istituto della ipoteca legale, ampliandone la sfera di
operatività sotto il profilo oggettivo e soggettivo; per altro verso, si introduceva
9
Vedi su questo punto, N. GALANTINI, Sequestro conservativo penale, in Enc. dir., XLII, Milano,
1990, 134 ss.
7
uno strumento cautelare nuovo quale il sequestro conservativo.
10
Ciò al fine di
sopperire alla mancanza di provvedimenti cautelari penali previsti in forma au-
tonoma rispetto alle correlative misure adottate nel processo civile.
Da questi elementi prende spunto anche la normativa presente nel codice
Rocco, nel quale il sequestro conservativo penale resta sostanzialmente immuta-
to, con alcuni elementi innovativi. Fra questi ultimi, in particolare rilievo si col-
locano la legittimazione esclusiva del pubblico ministero a richiedere il seque-
stro conservativo e la contestuale soppressione dell’iniziativa cautelare ricono-
sciuta alla parte civile e al difensore dall’art. 606 c.p.p. del 1913. Più in partico-
lare, il quadro legislativo, con il codice Rocco, risulta più articolato, in quanto la
disciplina del sequestro conservativo penale viene suddivisa fra un corpus nor-
mativo penalistico e un corpus civilistico.
L’aspetto più rilevante, però, della precedente disciplina, in ordine alle
garanzie reali apprestate in materia di conseguenze dei reati penali, consisteva
nel fatto che il codice Rocco aveva introdotto una serie di istituti, sotto il titolo
“Garanzie patrimoniali di esecuzione” (Libro IV, Titolo III, Capo II), individua-
ti, sostanzialmente, sotto la formula “Sanzioni civili” (Libro I, Titolo VII).
11
La
distinzione che la dottrina riteneva di dover fare fra queste diverse forme di
garanzia patrimoniale nel processo penale vedeva il contrapporsi dell’ipoteca
legale e del sequestro conservativo, quali misure principali, alla cauzione e alla
malleveria, come strumenti accessori o sussidiari.
12
Ad esse si aggiungevano
l’azione revocatoria (art. 192 c.p.) e il privilegio speciale sul materiale tipografi-
co (art. 621 c.p.p. abrogato). In questo modo si profilava una pluralità di misure
preventive, tutte funzionalmente finalizzate al soddisfacimento dei crediti ex
delicto indicati dall’art. 189 c.p.
10
Sull’ipoteca legale quale strumento cautelare in funzione di tutela reale nel codice di procedura
penale del 1913, vedi E. AMODIO, Le cautele patrimoniali nel processo penale, Milano, 1971, 70 ss.
11
Sul punto, U. DINACCI, Garanzie patrimoniali di esecuzione (proc. pen.), in Enc. giur. Treccani,
XV, Roma, 1988, 1 ss.; A. GIANZI, Esecuzione civile in materia penale, in Enc. dir., XV, Milano,
1966, 475 ss.
12
Almeno in questo senso, E. FOSCHINI, Sistema del diritto processuale penale, vol. I, Milano, 1965,
519 ss.