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pure furono i sistemi, numerosissime le teorie emesse per dare loro un assetto
stabile e soddisfacente.
Tradizionalmente, la speculazione dottrinale in materia di rapporti tra lo
Stato e la Chiesa ha sempre fatto riferimento all’esistenza di tre sistemi fra loro
nettamente distinti: a) un modello caratterizzato dalla creazione di una
legislazione pattizia (Concordati e Intese), posta a disciplina delle relazioni tra i
pubblici poteri e i gruppi confessionali (si pensi, ad esempio, alla realtà italiana,
spagnola o tedesca); b) un modello contraddistinto dalla presenza di una Chiesa
nazionale o di Stato (tipico dell’aria anglosassone e del Nord Europa); c) un
modello in cui vige una esplicita separazione tra le pubbliche potestà e
l’associazionismo spirituale orientato (è la realtà della Francia, dell’Irlanda, dei
Paesi Bassi e del Belgio).
L’evoluzione degli ordinamenti politici verso un progressivo
ridimensionamento della tradizionale influenza esercitata dalle organizzazioni
religiose nei confronti delle istituzioni civili e dei processi sociali (ovvero, il
fenomeno della secolarizzazione) , l’opera di “ristrutturazione” interna avviata
dalla Chiesa di Roma a partire dal Concilio Vaticano II , il confronto sul
significato e sul rilievo del principio di laicità, sembrano indurre ad un serio
ripensamento sulla validità e sull’opportunità della suddetta tripartizione.
Peraltro, un’analisi delle contemporanee forme di interazione tra le entità
statuali e i gruppi religiosi, se fondata esclusivamente sulla divisione storicamente
tramandata (concordatarismo, separatismo, Chiesa nazionale), rischierebbe di
caratterizzarsi per un’eccessiva attenzione all’aspetto formale dei rapporti tra
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Stato e Chiesa, conferendo minore rilievo alle scelte e alle opzioni concrete su cui
si strutturano tali relazioni (suscettibili, in alcuni casi, di inveramenti del tutto
distanti dalle etichette formali adottate).
Inoltre, l’incondizionato utilizzo della tripartizione tradizionale non
consentirebbe di evidenziare l’esistenza (al di là delle caratteristiche
differenziazioni nazionali) di un vero e proprio sistema unitario di relazioni tra le
entità statuali e le organizzazioni confessionali.
Lo studio delle forme attuali di interazione tra i pubblici poteri e le
aggregazioni religiose induce a rilevare, nonostante la diversità nominalistica dei
sistemi vigenti, l’operatività di una triplice tendenza di fondo: 1) il pieno
riconoscimento del diritto individuale e collettivo alla libertà religiosa; 2) il
conferimento dell’autonomia organizzativa in favore di tutti i raggruppamenti
confessionali, a cui è strettamente connesso il dovere di non ingerenza delle
pubbliche autorità nelle questioni di natura spirituale; 3) la creazione di forme di
collaborazione e di accordo tra lo Stato e le autorità confessionali. I sistemi non
esistono come idealtipi in senso weberiano, bensì sono costituiti da un insieme di
elementi politici ed istituzionali ben più complessi della qualificazione giuridica.
La classificazione deve, dunque, fungere solo come approccio. Se essa è troppo
rigida, forza la realtà.
Come il presente lavoro mostrerà nella sua parte prima, verrà analizzato
nei suoi aspetti principali il “separatismo” tra lo Stato e la Chiesa, nonché le
caratteristiche più importanti che il sistema ha assunto nel corso del tempo.
Inoltre, si è cercato di evidenziare gli elementi caratterizzanti, dei sistemi di
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relazione tra entità statuali e confessioni religiose, alternativi al separatismo,
ovvero quei rapporti di coordinazione, subordinazione e unione tra lo Stato e la
Chiesa, che si sono presentati nel corso della storia ( Cesaropapismo,
Giurisdizionalismo e Teocrazia ).
Il capitolo secondo tratterà, invece, dei presupposti teorici, delle più
concrete applicazioni e delle più note critiche, rivolte al “sistema separatistico”,
secondo i quali il Separatismo “puro” non si è mai realizzato nella sua pienezza, e
come esso rappresenti solo uno schema mentale di alcuni studiosi o la parole
d’ordine di alcuni partiti politici.
Mentre, il capitolo terzo e il capitolo quarto, saranno dedicati all’analisi
del sistema separatistico, in due dei paesi in cui tale sistema, si è realizzato
pienamente, ovvero la Francia e gli Stati Uniti d’America. Il sistema di
separazione francese, risulta essere ispirato ad una sostanziale ostilità e diffidenza
nei confronti della religione, tendendo ad imbrigliare l’azione delle chiese e delle
comunità religiose e sottoponendole ad un regime legale fortemente restrittivo e
pervasivo controllo dello Stato (laicismo di Stato).
Il separatismo americano, riflette invece, la preoccupazione opposta,
propria di una società profondamente religiosa, di sottrarre le comunità religiose
al controllo del legislatore, cui viene impedito sia di erigere chiese ufficiali o di
Stato sul modello di quella anglicana (c.d. establishment clause), a tutela del
pluralismo confessionale, sia di intervenire per introdurre limiti all’esercizio della
libertà religiosa (c.d. free exercice clause), garantendo implicitamente alle
confessioni religiose un grado di libertà altrove sconosciuto.
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CAPITOLO 1
IL SEPARATISMO COME SISTEMA
L’espressione “separazione fra Stato e Chiesa” è spesso usata in sensi
diversi, così da generare equivoci. Si indica talora con questo termine
l’aconfessionalità e l’autonomia necessariamente intrinseca all’azione politica dei
cattolici. Altri intendono con questa parola la distinzione e la reciproca
autonomia, l’esclusione di interferenze tra le due istituzioni, dottrina che Papa
Gelasio come Leone XIII hanno chiaramente insegnato. Questa distinzione deriva
dal diverso fine delle due società, rivolta l’una al bene comune temporale, l’altra
alla santificazione delle anime: ma implica il rispetto dei reciproci diritti, il
riconoscimento della Chiesa come ordinamento giuridico originario, la
collaborazione verso lo stesso fine ultimo cui in definitiva tendono Chiesa e Stato,
il bene cioè del soggetto su cui operano, l’accordo sulle materie miste, la cura
dello Stato per la moralità sociale ed il riconoscimento dei doveri che la società
civile ha verso Dio da cui anch’essa trae origine.
Per Separatismo in senso specifico intendiamo qui invece il sistema dei
rapporti fra Stato e Chiesa che si è affermato in varia misura ed in diversi modi
nel periodo liberale. La separazione si fonda su fattori storici e sui presupposti
filosofici che sono alla base del Liberalismo
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, soprattutto sulla concezione
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Dottrina e movimento politico che si fonda essenzialmente sulla garanzia delle libertà individuali
da parte dello Stato. Storicamente, esso nasce come ideale che si affianca all’azione della
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individualistica e privata della religione, sull’assoluta libertà di coscienza, sulla
completa uguaglianza fra tutti i cittadini e fra tutti i gruppi sociali, sulla
dissociazione fra unità religiosa e unità politica, sull’approfondimento della
dignità della persona umana.
Secondo il Ruffini
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, la definizione del Separatismo “sta nella tendenza a
sottrarre allo Stato ogni ingerenza in materia di culto e di dottrina ecclesiastica, e
reciprocamente si esclude ogni concorso della Chiesa nell’adempimento di quei
compiti che appartengono allo Stato, conforme al suo ordinamento interno”.
Appunto in tal senso il Separatismo – a cui in linea di principio si è contrapposto
il sistema unionista dei rapporti tra Stato e Chiesa, postulante un regime giuridico
più o meno privilegiato per la confessione ufficialmente adottata – ha
costantemente presupposto l’inderogabile laicità dello Stato (ma non per questo,
necessariamente, il suo agnosticismo e tanto meno il suo ateismo).
Molteplici e dibattute sono state negli ultimi secoli le vicende dei sistemi
di separazione, oscillando tra i punti di vista estremi dell’indipendenza delle
Chiese, in campo sia protestante sia cattolico, anche a scapito degli interessi dello
Stato e, al contrario, dell’affermata autorità dello Stato con eventuali limitazioni
anche del prestigio e delle prerogative ecclesiastiche: di qui i vari esperimenti
concreti, esemplificabili da un lato nel tipico separatismo vigente negli Stati Uniti
d’America in base al principio che “il Congresso non farà alcuna legge per
l’istituzione di una religione o per proibirne il libero esercizio “; dall’altro nelle
“borghesia”, nel momento in cui essa combatte contro le monarchie assolute e i privilegi
dell’aristocrazia a partire dalla fine del XVIII sec.. L’esito di questo scontro tra le due classi porta
alla costituzione dello Stato “liberale”.
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Cfr:F.Ruffini,Relazioni tra Stato e Chiesa,Il Mulino,1974 pagg.172-173-174.
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legislazioni laiciste adottate a suo tempo in Francia con la “Legge di separazione
del 1905” o nell’appena proclamata Repubblica portoghese con il decreto-legge
sulla Separaçao do Estado da Egreja del 1911.
1. SULLE ORIGINI DEL SEPARATISMO
Il Separatismo va esaminato sotto tre punti di vista
a) dal punto di vista della indipendenza della Chiesa, e mirando
esclusivamente , o quanto meno, essenzialmente a propugnare
gli interessi della religione, fuori, sopra e anche, eventualmente,
contro gli interessi dello Stato;
b) dal punto di vista della autorità dello Stato e mirando ad
affrancarne l’azione da ogni ingerenza ecclesiastica, e quindi
con uno spirito di indifferenza, di diffidenza, se pur non di netta
ostilità verso la religione; (in tal caso è Separatismo
“discriminatorio”, come quello della Rivoluzione francese del
1789,quando sugli altari si portò la Dea Ragione o il culto
dell’Ente Supremo,per eliminare la religione cattolica dalla
Francia).
c) dal punto di vista della libertà per tutti, e cioè mirando a un
regime di libertà e di reciproca indipendenza, profittevole così
allo Stato come alla Chiesa.
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Si intende, che entro ad ognuna di codeste correnti si riscontrano
sfumature infinite di opinioni; cosicché la nostra recisa classificazione va
intesa cum grano salis. L’idea che l’unione secolare fra Stato e Chiesa, la
quale era comune a tutti gli antichi sistemi, debba essere rotta; e che i due
istituti, di conseguenza, debbano vivere separati e svolgere la loro azione a
che l’uno s’interessi dell’altro, fu messa innanzi partendo da presupposti e
tendendo a fini molto diversi.
1.1. Le correnti separatistiche antistatali.
Le correnti di indifferenza, di diffidenza e di disprezzo verso lo Stato,
serpeggianti nell’antica Chiesa, riemersero, dopo la Riforma protestante presso
quelle sette, che con maggiore passione si erano proposte una restaurazione
radicale dell’antica Cristianità. E segnatamente presso gli Anabattisti germanici.
Essi volsero il loro piccone demolitore contro la imponente costituzione giuridica
e gerarchica, che la Chiesa era venuta costruendosi nei secoli, e che essi
condannavano come contraria alla semplicità evangelica delle primitive comunità
cristiane. Ma soprattutto contro lo Stato si avventarono. Per loro l’entità statuale
era opera malefica e diabolica. Cosicché si appartarono da ogni partecipazione
alla vita pubblica,rifiutando le magistrature, la milizia, il giuramento, ecc. Il loro
maggiore teorico, fu Balthasar Hubmajer, che sostenne: “la vera Chiesa non può
trovarsi assolutamente là, dove il reggimento civile e lo spirituale sono uniti”. Il
loro ideale fu pertanto, “una Chiesa perfettamente libera e separata dallo Stato”.
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Per influsso di tali concezioni di origine anabattistica il Separatismo si
innestò saldamente presso le fazioni politico-ecclesiastiche inglesi, derivate dal
Calvinismo e cioè presso i cosiddetti Congregazionalisti e Indipendenti.
In tal modo, le concezioni separatistiche trasmigravano dalla Riforma germanica e
dalla Riforma franco-svizzera, alla Riforma inglese, cioè nel mondo anglosassone,
ove esse dovevano trovare poi, il loro pieno svolgimento teorico e le loro prime e
più originali applicazioni pratiche.Il concetto fondamentale del
Congregazionalismo è questo: “ogni comunità di magari solo due Cristiani, che
professino una fede comune, può costituire una congregazione o chiesa, di per sé
stante, senza dipendenza di sorta da qualsivoglia autorità o gerarchia di vescovi o
di principi. Tali Cristiani si reggono difatti, in base a un puro contratto con Dio o
con se stessi, impegnandosi a non riconoscere altro governo che quello di Dio”.
Robert Browne, il fondatore del Congregazionalismo, predicava: “la Chiesa
non deve che dipendere da Cristo, ogni forma di dominazione dello Stato sulla
Chiesa è dominazione dell’Anticristo”.
L’Indipendentismo inglese, che fu una filiazione del Congregazionalismo,
raccoglieva sotto di sé tutta la massa dei perseguitati della Monarchia e della
Chiesa ufficiale. Il loro più insigne teorico fu il grande autore del Paradiso
perduto, Giovanni Milton; il quale in numerosi scritti propugnò, con accesa
eloquenza, il diritto di ogni confessione religiosa a una piena libertà, e quindi a
una piena indipendenza dallo Stato, e cioè alla Separazione. Egli fu, il primo
assertore della necessità di secolarizzare l’intero patrimonio ecclesiastico
formatosi per liberalità di principi e di privati, di volgerne i proventi a scopi di
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pubblica utilità,e di lasciare alle libere contribuzioni dei fedeli tutto ciò che si
attiene al sostentamento del culto e dei suoi ministri.
Quando gli Indipendenti, capeggiati da Oliviero Cromwell,
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fecero in
Inghilterra la grande Rivoluzione puritana del principio del seicento, che riuscì ad
abbattere la Monarchia appoggiata dalla Chiesa ufficiale, e ad impadronirsi dello
Stato, Milton fece ogni sforzo per indurre Cromwell ad una piena attuazione del
sistema ecclesiastico propugnato e cioè, ad una piena Separazione.Ma Cromwell,
non volle dare al problema una soluzione così radicale. Egli concesse larga libertà
ai dissidenti, ma conservò la Chiesa ufficiale.
Maggiore fortuna ebbe, invece, il sistema separatistico allorché i
Congregazionalisti di origine inglese si trasferirono nell’America del Nord.
Costoro, desiderosi di potere attuare a pieno in una terra vergine il loro ideale di
vita cristiana, dall’Olanda, dove si erano dapprima rifugiati, si imbarcarono per
l’America sul naviglio dal nome ormai storico di May flower, e approdarono nella
baia del Massachusetts il 6 settembre 1620. Questi cosiddetti “pellegrini”
fondarono la prima delle Colonie puritane, la quale , secondo il loro dire, doveva
essere il vero regno di Cristo. E in realtà, la Bibbia fu dichiarata statuto
fondamentale di quella colonia.
Si avverava così il fenomeno, in apparenza paradossale ed inesplicabile, che
quegli stessi uomini, i quali in Europa avevano propugnato con ogni loro forza il
sistema della Separazione, attuassero, non appena ebbero le mani libere, un
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Oliviero Cromwell (1599-1658), comandante militare e uomo politico inglese, che dopo aver
abbattuto temporaneamente la monarchia, governò Inghilterra, Scozia e Irlanda con il titolo di
Lord Protettore, dal 1653 fino alla sua morte.