4
In tal senso possiamo distinguere:
- un dolore psicologico, la sofferenza di sentirsi
profondamente mutati; - un dolore sociale, la percezione di un
cambiamento nei rapporti più significativi; - un dolore
esistenziale, il bisogno di trovare un significato in un
cambiamento radicale della propria vita”
2
. La sofferenza del
cancro paralizza lo slancio dell’essere-persona, l’individuo si
sente tradito, non solo dalla vita stessa ma anche dal suo corpo,
incapace di resistere alla malattia, avverte i suoi stessi limiti e
comprende che in realtà nessuno è immortale. Scrive Arnaldo
Pangrazzi “quando una malattia, specie se grave, irrompe nella
vita è come se un terremoto scuotesse le fondamenta della
propria casa o una valanga travolgesse le proprie certezze. Una
diagnosi infausta mette a nudo la propria fragilità, smaschera
le proprie false sicurezze, colma di interrogativi la propria
progettualità futura, rivela i volti della propria umanità
ferita”
3
.La sofferenza del tossicodipendente travolto dalla sua
coazione, dai bisogni frenetici e dal bisogno di nuove dosi, va
di pari passo con il ritiro sociale e l’autoannientamento, nulla è
più importante, nulla ha più senso se non la dose. Scrive
Antonio De Luca “la siringa di Luca, la sua ‘‘amica’’, il suo
contatto con il mondo, era lì sul comodino. Appena sveglio
doveva ‘‘farsi’’. Il piacere corporeo che gli procurava era pari
2
I.Schinella, La felicità senza limiti di chi sa amare, Ricerca di senso,analisi
esistenziale e logoterapia frankliana, Vol.2, 2004, pag.191
3
A.Pangrazzi,Il labirinto della malattia, Ricerca di senso, analisi e esistenziale e
logoterapia frankliana, Vol.2, 2004, pag.190
5
all’assenza di dolore fisico, che non avvertiva più, e l’assenza
di sofferenza psicologica, su cui non si soffermava più. Non
cerchiamo solo la felicità nella vita: cerchiamo di evitare ogni
dolore che riteniamo non sopportabile. Il dolore insopportabile
può anche diventare lo stesso vivere con le eventualità anche
tragiche che possono accadere. E’ allora che l’esistenza si
trascina, si trasporta al seguito come una pietra”
4
. In queste
situazioni si può arrivare molte volte alla scelta della morte, al
lasciarsi andare, lasciarsi morire, autoannientandosi e
“vincendo” la sofferenza morendo, nella speranza che si possa
trovare al di là della vita un’esistenza migliore, libera dal
dolore. Il tutto non è paradossale, fa parte delle scelte di vita
dell’individuo, fa parte della sua storia, come è sottolineato nel
mio lavoro da molti autori. Quando la vita sembra non avere
più prospettive e senso, la morte o la necessità di anticiparla
possono divenire ricorrenti. E comunque sia bisogna rispettare
ogni persona che matura scelte come queste. Ma anche nelle
sofferenze c’è un messaggio di speranza, nel dolore c’è una
possibilità di futuro, nel presente c’è necessità di un domani.
Ho voluto allora riportare le parole di Frankl, un uomo che ha
patito le sofferenze del campo di concentramento sulla propria
pelle, che è riuscito a sopravvivere alle sue atrocità e che ha
sofferto la morte dei suoi cari in esso. Il messaggio di Frankl
parla della necessità di senso, e dell’orientamento, della
4
A. De Luca,Frammenti di esistenza, Bastogi, Foggia 2003, pag.69-70
6
direzione che la vita dovrebbe avere, nel compito che si è
chiamati ad assolvere e che permette di indirizzare la propria
esistenza verso un traguardo, sapendo affrontare il dolore,
dandosi un compito e un senso. Quando infatti questo
orientamento viene riscoperto si maturerà allora una nuova
concezione della vita e della morte, si darà un nuovo valore
alle cose e all’individuo stesso. In ogni malattia, seppur grave
e in ogni coazione, c’è sempre un messaggio di speranza che
va riscoperto e un orientamento che va rispolverato. Come
sottolinea infatti Arnaldo Pangrazzi “ci sono due parole chiave
che sintetizzano la risposta ad una malattia grave: da una parte
la varietà di paure sperimentate dai protagonisti e,dall’altra,
l’insieme di speranze che li sorreggono”
5
. E una speranza è
rappresentata dall’amore che possiamo dare e ricevere e che
nella sofferenza diviene linfa vitale per continuare a dirigere il
nostro agire verso il suo orientamento, un suo scopo.
Necessario diviene allora riallacciare i contatti con ciò che è
vitale, riscoprire l’importanza dell’amore delle persone che ci
stanno attorno, siano esse parenti o facenti parte della sfera
amicale, e con esso cercare di com-prendere il senso del
soffrire umano, della malattia, della vita e della morte. Quando
com-prendere significa portare con sé, accogliere dentro,
capendo il dolore che patisce la persona sofferente, si può
partire per cercare di trovare una strada che ridoni senso a ciò
5
A.Pangrazzi, Il labirinto della malattia,Ricerca di senso,analisi esistenziale e
logoterapia frankliana, Vol. 2, 2004, pag.196
7
che si vive. L’incontro nella sofferenza si carica allora di nuovi
significati ed è così che come scrive Antonio De Luca si
scopre che “è il nostro essere-per-amare-e-per-essere-amati la
nostra essenza. È possibile ritrovarsi nella sofferenza, se
l’istante, senza tempo, si scorge al di là del suo tempo e se
riusciamo a individuare nel naufragio le coordinate per poter
ancora raggiungere, anche solo per un attimo, la nostra
essenza”
6
.La vita è un bene enorme che ci è stato donato, ma è
necessario anche poter vivere bene. Scrive Eugenio Fizzotti “il
significato della sofferenza non si trova nell’ottica dell’homo
faber, orientato all’attività e produttività,né in quella
dell’homo sapiens, dedicato alla ricerca e alla riflessione.
Occorre integrare le risorse dell’homo patiens riconciliandosi
con la croce come dimensione inevitabile dell’esistenza, che
invita a sostituire i valori dell’avere con quelli dell’essere e a
trasformare il soffrire in occasione per praticare l’amore più
profondo”
7
.
Come scrive Antonio De Luca “i discorsi non sono mai
interrotti, gli incontri non sono mai smarriti”
8
la speranza è
essenziale per continuare a vivere.
6
A.De Luca,Ritrovarsi nella sofferenza,Ricerca di senso ,analisi esistenziale e
logoterapia frankliana, Vol.2, 2004, pag.185
7
Ricerca di senso,analisi esistenziale e logoterapia frankliana,a cura di E. Fizzotti,Vol.
2, 2004, pag.198
8
A.De Luca,Ritrovarsi nella sofferenza,Ricerca di senso, analisi esistenziale e
logoterapia frankliana,Vol. 2, 2004, pag.184
8
CAPITOLO 1
Il sentimento della perdita e la depressione
“….e andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”.
Eugenio Montale
9
Vivere concretamente la realtà quotidiana comporta in
molti casi il nostro scontrarci con diversissime situazioni, che
ci formano, de-formano e con-formano e che mettono alla
prova il nostro equilibrio interiore. Il cancro o la
tossicodipendenza possono rappresentare un esempio di questi
incontri e scontri e di come l’individuo può rispondere alla
complessità del vivere umano. In alcuni casi è possibile una
risposta estremamente difficile, quella che comporta come dice
Nicola Lalli “la dispersione dell’identità”
10
intesa come la
mancanza di un vissuto stabile. La sofferenza di alcuni
momenti e di alcune situazioni è infatti talmente forte da
9
E.Montale, Meriggiare Pallido e assorto, in G.Baldi-S.Giusso-M.Razzetti-G.Zaccaria,
Dal testo alla storia dalla storia al testo, Paravia,Torino 2000, pag. 812
10
N.Lalli, www.psicologiaonline.it
9
costituire un vero e proprio trauma tanto che si può parlare di
“depressione vitale, non soltanto per la intensità del dolore
depressivo ma soprattutto per la qualità del dolore (…) il che
comporta perdita di slancio vitale, arresto e stasi del fluire
della vita psichica, di profondo dolore e assieme di profondo
distacco apparentemente apatico”
11
. Così Arnaldo Ballerini
analizza lo stadio depressivo quando esso compromette il
dispiegarsi del sentimento stesso di vita. Infatti il trauma del
concretizzarsi di una malattia o le condizioni ambientali
sfavorevoli allo sviluppo armonico dell’individuo, possono
favorire la nascita di sentimenti di tradimento da parte della
vita stessa e giungere così sino alla mera depressione. Come
scrivono Ezio Cirincione e Gian Carlo Gianasi “soffrire
implica un patimento intimo, spesso connesso al
riconoscimento dei propri limiti, alla tolleranza delle
frustrazioni, delle perdite, degli abbandoni, al
ridimensionamento del senso di onnipotenza”
12
.Secondo Maria
Bernabeo: “Fra le varie tinte che colorano la nostra vita quella
della tristezza può prendere il sopravvento in momenti diversi
dell’esistenza. Il depresso perde la gioia di vivere, la capacità
di godere e partecipare. Scompare in lui lo slancio vitale,
l’energia, ogni tipo di entusiasmo. Depressione significa non
aver voglia di niente, non desiderare niente, essere incapace di
11
A.Ballerini, Psicopatologia delle psicosi, a cura di M.Rossi Monti, Percorsi di
psicopatologia, Franco Angeli, Milano 2001, pag.51-53
12
E.Cirione-G.C.Gianasi, Il dolore, la personalità,il cancro,Teda edizioni, Castrovillari
1990, pag.9
10
provare piacere e soddisfazione: una sofferenza morale senza
fine. Il depresso è solo anche in mezzo agli altri, distaccato da
tutto e da tutti, nella quotidianità ricorda unicamente gli eventi
spiacevoli, si sente inaridito con un pesante senso di vuoto
affettivo: -il sentimento della perdita dei sentimenti-
13
”. A
proposito delle tinte depressive nella malattia e in particolar
modo nel caso del paziente tumorale, scrivono Ezio Cirincione
e Gian Carlo Gianasi “nella correlazione con i tumori, le
depressioni che ci sembrano più incriminabili sono le
cosiddette ‘‘depressioni mascherate’’ o ‘‘depressioni senza
depressione’’. Sono quelle forme nelle quali anziché chiari
sintomi di tristezza, pessimismo, sconforto, prevale un
ovattamento dei sentimenti, un vago senso di vuoto, scarsi
investimenti affettivi, mancanza di chiaroscuri nell’umore e
nelle proprie relazioni emotive, mentre d’altra parte il soggetto
sembra svolgere e condurre adeguatamente la sua esistenza
pubblica e privata”
14
.E proprio il tema del sentimento della
perdita, allora, vuole essere il punto di partenza del mio lavoro
di tesi, in base anche a quelle che sono state due mie
esperienze dirette, l’una maturata presso una comunità di
tossicodipendenza, l’altra grazie al corso di psico-oncologia
che ho frequentato a Roma nell’a.a. 2003-2004 presso
l’Università Cattolica del S.Cuore, Policlinico A. Gemelli.
13
M. Bernabeo, Che cosa è la depressione?, psicologi e psicoterapeuti (il giornale
blu)www.pagineblu.com
14
E.Cirione-G.C.Gianasi,Il dolore,la personalità, il cancro,Teda edizioni, Castrovillari
1990,pagg.76-77
11
Nei due casi vita e morte si ricollegano in una domanda sul
senso della realtà, Paulo Coelho scrive che “la realtà è ciò che
la maggioranza ha ritenuto dovrebbe essere. Non
necessariamente la situazione migliore, né la più logica, ma
quella che si adatta al desiderio collettivo”
15
. Sottolinea come
molte volte le situazioni culturali in cui viviamo
quotidianamente plasmano il nostro essere e le nostre scelte, i
nostri giudizi e le nostre idee e da qui il senso del vivere
umano specie nel suo avvicinamento alla morte, in quei
momenti di estrema fragilità e di continue domande alle quali
sembra non esserci risposta, diviene vitale anche perché la vita
non ha un’unica soluzione se non quella che giace nel
significato della vita stessa o nella dignità della morte e non in
un giorno ucciso dall’assenza di spiegazioni o da facili
conclusioni. Ma in questa vita quella di ogni giorno, quella che
alle volte ci passa accanto senza rendercene conto o molte
volte senza dargli quasi peso, quella stessa vita che “è uno
strano regalo. All’inizio lo si sopravvaluta, si crede di aver
ricevuto la vita eterna. Dopo lo si sottovaluta, lo si trova
scadente, troppo corto, si sarebbe quasi pronti a gettarlo. In
fine ci si rende conto che non era un regalo, ma solo un
prestito. Allora si cerca di meritarlo”
16
in questa vita, ci sono
persone che vivono di un dolore così profondo e intimo, le cui
sofferenze sono inspiegabili, estremamente angosciose e
15
P.Coelho, Veronika decide di morire, Bompiani, Milano 2003, pag.82
16
E. E. Schmitt, Oscar e la dama bianca, Rizzoli, Milano 2004,pag.85
12
sempre più dolorose se ci si sente senza speranza. Ci sono
persone nelle cui membra si sviluppano entità astratte, delle
quali poco sappiamo, se non il nome, che chissà perché
associamo solo a un qualcosa di nero, che inspiegabilmente
prende forma annientando qualsiasi difesa immunitaria,
persino quella legata ai meccanismi della morte cellulare
programmata, la biologia naturale dell’apoptosi, che permette
alla cellula di riparare agli errori incorsi. A questo proposito
scrivono ancora Ezio Cirincione e Gian Carlo Gianasi di
“un’alterazione dell’equilibrio degli scambi armonici tra le
cellule dell’organismo”
17
e di una sorta di anarchia propria del
tessuto tumorale, di cellule che appaiono quasi ‘‘diverse’’ e
anomale e divengono capaci di moltiplicarsi nell’organismo,
questo anche grazie dall’abbassamento delle difese
immunitarie dell’individuo. Ci sono persone coinvolte da
bisogni frenetici, coazioni a ripetere verso sostanze che
annebbiano persino la lucidità delle coscienze, che fanno
vedere cose mostruose alterando sempre più la percezione
della realtà. Persone che sembrano aver perso tutto, persino se
stesse. Ci sono depersonalizzazioni e derealizzazioni che
coinvolgono i vissuti quotidiani e che alterano persino
l’apparire dell’essere a partire dai suoi sensi. Ci sono persone
che hanno un solo e unico appuntamento, che sono talmente
17
E.Cirincione-G.C.Gianasi,Il dolore,la personalità il cancro,Teda edizioni,Castrovillari
1990,pag.78
13
stanche, senza più fiducia, senza più consolazione, senza più
speranza da ritenere e aspettare la morte come unica
possibilità, ma non si tratta solo di chiudere gli occhi, non
basta questo, nella morte viene coltivata la speranza in una
esistenza libera da ogni sofferenza, la fine della vita quindi
coincide con la speranza di un nuovo inizio, e con un nuovo
senso alle parole vita, sopravvivenza, morte. E questo non è
affatto paradossale se attentamente proviamo ad osservare e ad
ascoltare chi soffre. Come dice Warren R. Procci “non si può
trovare un'unica spiegazione per la vita e per e per le sue
verità, non vi è una spiegazione “di-retta” per quello che
avviene e per ogni fenomeno associato, si devono invece
condurre delle triangolazioni, delle abduzioni, se si vuole
arrivare a costruire una verità meno primitiva del vero/falso (i
due punti della retta) su cui si basa la discutibile logica del
senso comune”
18
. Indagare e andare a fondo in quella che è la
vera essenza delle cose non soffermandosi mai all’apparenza
diventa estremamente importante per comprendere ogni
significato sia corporeo che spirituale che guida l’agire umano.
Ed è da qui che parte la mia tesi, da quel filo sottilissimo
che unisce la vita e la morte, la speranza alla paura, la fine ad
un nuovo inizio, il sentimento della perdita alla stanchezza e
all’auto-annientamento, che consapevolmente o meno può
accompagnare la ricerca della morte da parte di una persona.
18
W.R.Procci, Prefazione in D.A.Nesci La notte bianca, Armando, Roma 1991, pag.7
14
La depressione di animi che sembrano avere perso tutto, che
sembrano non trovare più ragioni valide e che giorno per
giorno si lasciano andare. Da qui parte il mio lavoro, dal
vissuto quotidiano e dai significati molto spesso nascosti che
iniziano ad investire ogni agire umano nello scorrere delle
situazioni che accompagnano la malattia, la coazione e anche
il molte volte incomprensibile decadimento fisico e spirituale.
Michela Loiacono sottolinea come all’interno del DSM-IV
(Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) la
depressione “è inclusa tra i disturbi dell’umore (…) dove la
qualità dell’umore cui nel DSM-IV ci si riferisce, sembrerebbe
essere proprio quella riferita alla qualità vitale”
19
e dove questa
depressione vitale trova naturale dispiegamento, come dice
Antonella Garofalo “nei normali avvenimenti della vita, anche
di perdita o lutto. (…) La malattia depressiva taglia fuori dallo
scorrere della vita, la possibilità di dialogo e di incontro con
l’altro. Isola, annienta, precipita in un vorticoso abisso di
ghiaccio dal quale è difficile rientrare, ossia venir fuori,
guarire. Tanto più sprofonda questa vertigine melanconica,
tanto più è difficile risalire la china, in una prospettiva
condanna alla staticità che annulla ogni qualsiasi forma di
progettualità possibile e riparativa”
20
. E sta proprio qui il
punto, nella sofferenza, nei linguaggi inconsci o anche
19
M.Loiacono, La qualità vitale della depressione,www.uniurb.it
20
A.Garofalo, Dal senso di tristezza quotidiana alla “tristezza vitale” della melanconia.
Note per la psicopatologia fenomenologia del vissuto depressivo,a cura di M.Rossi
Monti, Percorsi di psicopatologia, F. Angeli,Milano 2001, pag. 66.
15
manifesti che vengono messi in atto, sofferenze profonde,
significati nascosti, molte volte volontariamente perché fanno
paura, incutono terrore, dubbi, incomprensioni, regressioni,
meccanismi di difesa o ancora per dirla come Freud si ha uno
stato di “unheimlich”, dove mentre heimlich significa
familiare,e rimanda al tepore del focolare, unheimlich è il suo
perfetto contrario, cioè non familiare, cupo, perturbante,
sinistro, ricolmo di pene e paure che giacciono anche nella
fragilità umana. Il disturbo depressivo è inserito all’interno
della classificazione fornita dal DSM-IV tra i disturbi
dell’umore, dove si potrebbe quasi parlare di una alterazione
del colore della personalità propria dell’individuo. Vengono
tracciate inoltre alcune caratteristiche che determinano il
quadro di uno stato depressivo “un umore depresso per la
maggior parte del tempo, una marcata diminuzione di interesse
di tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del
giorno, perdita di peso, insonnia o ipersonnia, agitazione o
rallentamento psicomotorio, faticabilità o mancanza di
energia,sentimenti di autosvalutazione, pensieri ricorrenti di
morte”
21
. Bordi sottolinea come “Si suole spesso ripetere che il
nostro corpo è una macchina, ma non sempre si ci ricorda che
è una macchina alquanto strana, che incessantemente si auto-
distrugge e autoricrea, pur mantenendo costante il proprio
assetto morfofunzionale. Che in ognuna dei cento miliardi di
21
A.P.A.,Mini DSM-IV-TR, a cura di V.Andreoli-G.B.Cassano-R.Rossi,Masson,Milano
2002,pag.181-182-183
16
cellule che compongono il nostro organismo vive il gene della
morte e che ad esso è deputata la decisione se per quella
cellula valga la pena di vivere o no”
22
. E come se avessimo di
fronte un uomo che cammina sui pezzi di vetro (tanto per
citare il pezzo di una canzone): di persona che in realtà
potrebbe rappresentare ognuno di noi, nelle sue vicissitudini
quotidiane, nel continuo incontro o incontro mancato con se
stessi e gli altri, con chi vive sulla propria pelle il dolore,
l’arrendevolezza, la morte, fino a quando come dice Franco De
Masi la “rabbia e il rifiuto di esistere annullano le difese di
sopravvivenza e portano a perseguire e idealizzare la morte in
uno stato d’animo trionfale….la spinta verso
l’autoannientamento costituisce dunque una risposta inconscia,
drammatica e paradossale al trauma e al dolore precoce
intollerabile che si riattiva nel corso della vita.
23
”. Quest’uomo
è ogni uomo che percorre la strada della vita senza troppe
protezioni,scalzo, perché per quanto possiamo ripararci non
siamo invulnerabili e ogni nostro passo viene fatto ora sul
vetro ora sulla terra ristoratrice. In momenti come questi
l’uomo può arrivare a cogliere il significato intimo
dell’esistere nel dolore e nel desiderio del benessere. E’
proprio qui, infatti, nel cammino della sofferenza che
l’individuo si ri-scopre, auto-indagandosi come essere nel
22
S.Bordi , Prefazione in F.De Masi Il limite dell’esistenza, Bollati Boringhieri, Torino
2002
23
F.De Masi, Il limite dell’esistenza, Bollati Boringhieri, Torino 2002, cap.4
17
mondo, ri-cercando ciò che non si avverte più, si è perso o
semplicemente che si è cercato di rimuovere, anche se questo
significa sentir-si nella morte come scrive Antonio De Luca “il
ritrovarsi, se non accade nel divenire dell’esistenza, può porsi
come morte”
24
ed è allora in situazioni come queste che la
morte diviene necessità vitale di sopravvivenza, ricerca e
bisogno intimo non condivisibile dall’esterno ma giustificabile
nell’autentica sofferenza che si ripete, un qualcosa finalmente
di proprio e non estraneo come la percezione corporea invasa
da malignità, stanchezza, vita e morte. Si manifesta
concretamente “la perdita di sentimento, che a livello
fenomenologico segnala la comparsa di un affetto che sul
piano psicodinamico è segno del timore della perdita
dell’oggetto che, reale o fantasmatica, suscita nel depresso uno
dei sintomi più dolorosamente vissuti”
25
così Nicola Lalli pone
nuovamente l’accento sulla depressione dell’uomo sofferente.
Antonio De Luca nell’analisi intima del vissuto del dolore, si
sofferma a riflettere sul significato stesso dell’operatività
lavorativa “L’incontro con persone che hanno smarrito ogni
rotta crea disagio, impone delle domande, interroga su quale
sia il senso del nostro essere, sulla radicalità delle cose (…..)
non esistono manuali sulla sofferenza. E allora? Allora si
attraversano diversi momenti (…) si nasce nel dolore e si
muore con la consapevolezza di esso. Soli. Si intuisce il senso
24
A.De Luca, Frammenti di esistenza, Bastogi, Foggia 2003, pag.70
25
N.Lalli, www.psicologiaonline.it