L’idea di realizzare una ricerca approfondita sul divertimento, l’intrattenimento e il
piacere, nasce dalla possibilità di poter sfruttare pienamente le risorse del settore in
esame, tale compartimento è fortemente radicato in Romagna tanto che questa fascia
costiera si è meritata l’appellativo di divertimentificio.
In tale zona si registra una delle più alte concentrazioni di attività legate al loisir che,
tradizionalmente, rappresentano la principale attrattiva per chi vuole trascorrere il
proprio tempo libero all’insegna del divertimento. Questa peculiarità ha permesso,
nel tempo, di trasformare il territorio in un vero e proprio laboratorio di tendenze: qui
infatti nascono, vivono e si evolvono le idee e i locali alla moda italiani, grazie ad un
format collaudato e alla capacità imprenditoriale tipica della zona.
Ci sono tanti motivi per scegliere la Riviera Romagnola come metà delle proprie
vacanze. Uno di questi è sicuramente l'ampia varietà dei divertimenti presenti che
possono aiutano nel trascorrere le giornate e, soprattutto, le serate. Dato il non
proprio aspetto caraibico del mare, l’obbiettivo che ci si prefigge giungendo in riviera
non è quello di trascorrere una vacanza rilassante ma di abbandonarsi a tutte le
esperienze che i locali offrono: il divertimento più sfrenato dalla mattina alla sera e,
in particolar modo, la notte. Tale caratteristica ha reso celebre la fascia costiera che si
estende dai lidi ravennati per giungere fino al promontorio di Gabicce; la fama di
questa zona ha addirittura permesso di coniare un neologismo che la caratterizza
appieno e che ha permesso di farla conoscere a livello internazionale:
divertimentificio e far diventare questo territorio la capitale di chi non è mai stanco e
che ha sempre voglia di divertirsi.
Chi ama andare a ballare non ha che l’imbarazzo della scelta, le discoteche sono
ovunque: a Riccione si trovano il Cocoricò, il Pascià ed il Prince, mentre a Rimini ci
sono l’Embassy, l’Ecu, il Paradiso; altre discoteche come il Peter Pan e la Baia
Imperiale si trovano a Misano e a Gabicce. Il successo di questi locali è dovuto al
continuo aggiornamento di tendenze musicali e coreografiche che caratterizzano ogni
singola discoteca e che le rendono differenti anche a distanza di pochissimo tempo.
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Il divertimentificio non è composto solo di discoteche, infatti, per chi non è amante
della dancemusic, e preferisce una serata più tranquilla, ci sono una serie di pubs che
sono aperti fino a tarda notte e frequentatissimi: perché a Riccione, nel noto viale
Ceccarini, la massa di persone, che vanno su e giù, non scompare fino tardi; quando
cala il sole, il centro di Riccione diventa il fulcro della vita notturna e le comitive di
ragazzi che lo frequentano animano la serata.
Ma il divertimento non si esaurisce di notte, perché durante il giorno si può andare
ovviamente al mare a ristorarsi dalle fatiche notturne sugli sdrai dei famosi
stabilimenti balneari, ma chi vuol passare una giornata fantastica può percorre le
strade della riviera e immergersi nelle attrazioni dei parchi tematici come Aquafan,
Mirabilandia, Oltremare, Le Navi e Fiabilandia.
A livello di stile, potrebbe essere molto interessante poter curiosare all’interno delle
valigie dei ragazzi che, puntualmente, ogni estate si riversano sulla riviera romagnola.
La peculiarità di avere locali per tutti i gusti e per tutti i generi, comporta
necessariamente un tipo di abbigliamento adatto per ogni occasione e, nel corso degli
anni, tale condizione ha permesso la nascita di innumerevoli mode e stili.
Tuttavia, le mode cambiano e si evolvono come la musica che, da sempre, ha fatto da
sottofondo, non sempre discreto, della vita del divertimentificio. In fatti, se
l’indimenticabile Tony Manero sbarcasse dalla Brooklyn anni ’70 nell’estate italiana
2006, questo vedrebbe un panorama assai diverso: discoteche dimezzate rispetto a
dieci anni fa (da oltre 5.000 locali ai meno di tremila censiti quest’anno da
AssoIntrattenimento), ragazzi che si muovono a ritmi soft tra sdraio e ombrelloni,
ristoranti invasi dalle note e ballerini in piedi sui tavoli. Il mondo dance cambia volto,
chiudono i club, aprono i chiringuitos, i chioschi da spiaggia stile Formentera e Ibiza.
Si preoccupano i gestori, alzano un sopracciglio i deejay; chi non fa una piega è Bibi
Ballandi, storico patron del Bandiera Gialla di Rimini,
“questa svolta l’avevo prevista vent’anni fa. Oggi si balla sulla sabbia,
ed è un ritorno al passato: un tempo si andava alla rotonda sul mare,
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come cantava Fred Buongusto. La spiaggia non è altro che la rotonda
1
sul mare, senza muri”.
E se si va al mare alle cinque, in bikini o bermuda, tra un aperitivo e un giro di pista
(ma è poi ancora corretto chiamarla pista?) la mezzanotte arriva in fretta; addio,
allora, alla voglia di cambiarsi, prendere l’auto e spendere altri soldi per entrare nel
club “classico”. Perché c’è anche questo, tra i fattori del cambiamento, come riflette
Carlo Antonelli, direttore editoriale di Rolling Stone Italia e coautore di Discoinferno:
“la crisi dei consumi, finché ci sono ingressi da 40 euro... nei discopub o
negli stabilimenti balneari non si paga per entrare. E poi c’è la
diminuzione dei giovani: meno 2-3 milioni di under 25 in dieci anni. Con
2
l’aumento dei wine bar con deejay, più adatti ai 30-40enni”.
Dati Istat a parte, tutti concordano su un cambio nei gusti.
3
“C’è una perdita di sacralità e verticalità a favore dell’orizzontalità”,
è la criptosentenza di Antonelli. Tradotto: si cerca un’offerta personalizzata, a ognuno
il suo modo e luogo di divertimenti. La musica non è più calata dall’alto dal dj-
sacerdote (che però è l’unico a mobilitare ancora migliaia di fan), ma è diventata
simile a un catering pronto uso.
Inoltre, come sintetizza Roberto Piccinelli, la cui Guida al piacere e al divertimento è
giunta ormai alla nona edizione:
“Una volta si pagava per entrare, guardare la/il cubista, ballare tra la
folla. Oggi vogliamo essere protagonisti, per ballare cerchiamo posti che
1
Jacomella, Gabriela, “La discoteca? Non piace più Ora si balla sulla spiaggia”, Corriere della Sera, 25 luglio 2006
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Jacomella, Gabriela, “La discoteca? Non piace più Ora si balla sulla spiaggia”, Corriere della Sera, 25 luglio 2006
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Jacomella, Gabriela, “La discoteca? Non piace più Ora si balla sulla spiaggia”, Corriere della Sera, 25 luglio 2006
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ci assomiglino: ristoranti, rifugi alpini... La sfida è la qualità. E questo è
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un incentivo anche per i proprietari”.
Perché se i club storici, il Pineta di Milano Marittima, il Pascià o il Cocoricò di
Riccione, i milanesi Plastic e Hollywood, reggono l’onda d’urto, per gli altri è
scattata l’ora del rinnovamento.
Secondo Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli il divertimento è:
“quanto può servire a sollevare l’animo dalle cure quotidiane, dalle
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fatiche del lavoro, dalle preoccupazioni”
Etimologicamente, questa è la definizione che appare più corretta in assoluto, tuttavia
è più interessante e utile a questa ricerca sul loisir, vedere il divertimento legato
all’emozione che si ha nel viverlo e al coinvolgimento di tutti i sensi. Perché, in un
mondo fortemente globalizzato dove si è oramai visto di tutto, provato tutti i tipi di
emozione e dove è assai difficile trovare qualcosa che ci possa sorprendere, chi sa
“emozionare”, trasmettendo qualcosa al prossimo, trova la strada vincente per creare,
nel nostro caso locali o discoteche, che incontrano il favore del pubblico.
In teoria, c’è sempre stata una forte relazione tra i locali (discoteche, Pubs, ecc.) e il
divertimento ma, non sempre, questa è così scontata. Questi non-luoghi possono
essere frequentati per chiacchierare, socializzare o anche solo per far passare il
sempre maggiore tempo libero a disposizione. Come si è già accennato, il
divertimento è emozione e, quindi, ci può essere o meno un incrocio tra locali e
loisir. E, anche se questo incrocio non c’è, non è detto che il merito sia del locale; un
esempio lampante può essere quello di sentirsi bene in una bettola vuota, brutta e
triste, perché si è conosciuta una ragazza carina.
Nel corso della storia, che per comodità legheremo in maniera particolare alla riviera
romagnola e ad alcune sue forme principali di divertimento, numerose sono state le
attrazioni che, dopo aver spopolato per una stagione, sono irrimediabilmente
4
Jacomella, Gabriela, “La discoteca? Non piace più Ora si balla sulla spiaggia”, Corriere della Sera, 25 luglio 2006
5
Giacomo Devoto, Gian Carlo Oli, Il Devoto-Oli 2007, Le Monnier, Firenze, 2006
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decadute. Come nel campo della moda, ad ogni stagione è necessario portare
cambiamenti sostanziali al proprio look, così nel campo del divertimento i motivi per
cui un locale “muore” sono complessi: il design che lo caratterizza, l’atmosfera che si
“respira” al suo interno, l’onnipotente e onnipresente moda, lo strapotere dei “pierre”
capaci di movimentare masse di giovani, la musica, le dimensioni, la posizione.
L’attuale congiuntura economica non è stato l’unico elemento che ha cambiato il
concetto di divertimento e le sue regole: già da prima era in atto una rivoluzione,
dovuta alle mutate esigenze del pubblico. La crisi non ha fatto altro che accelerare la
già traballante situazione.
L’approccio che si vuole utilizzare per l’analisi dei locali del divertimento è quello
sociosemiotico che, negli ultimi anni, ha reso sempre più rilevante l'attenzione della
semiotica nei confronti delle significazioni sociali. La sociosemiotica si interessa alla
dimensione sociale della discorsività, vale a dire che intende partire dai testi e dalle
loro strutture interne per individuarne le implicazioni sociali; a favore di questa
scuola di pensiero, sono autori come Gianfranco Marrone e Giampaolo Proni.
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Capitolo I
Breve storia dei locali da ballo:
dalle balere alle spiagge di Ibiza
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1.1 Storia delle discoteche: dalle origini ai giorni nostri
Come è naturale, l'interdizione di un luogo non inibisce una pratica e gli
orientamenti e le preferenze dei giovani non sono modificabili per decreto. A
tutt'oggi sulle scene del ballo contemporaneo permane una netta contrapposizione
tra l'area delle offerte commerciali e l'area del movimento dei free party,
soprattutto ad opera delle sue istanze militanti che in molteplici occasioni
attaccano la logica del divertimentificio del sistema economico del loisir. Secondo
questi ultimi,
"il divertimento non è una merce da comprare perché risiede in
ognuno di noi, ed è la sua espressione in contesti autogestiti in
movimento che permette di innescare il processo di liberazione. Mi
chiedo quale creatività può svilupparsi in una situazione costituita
da un biglietto di entrata, un diritto di selezione a seconda della
presunta aderenza a uno status sociale, un'organizzazione
poliziesca nazista paramilitare chiamata servizio d'ordine. (...) seni
e culi messi in evidenza dentro alcune gabbie per placare la
6
morbosità qualunquista italiana”.
Altri ancora suggeriscono che:
"lo spazio della discoteca viene suddiviso in micromuretti da difendere
contro l'invasore di altre zone. I1 solito circolo vizioso della
frammentazione dell'odio reciproco, funzionale al mantenimento di chi,
su questo gioco insulso, guadagna potere. Questa è poi la base di una
stratificazione gerarchica che ha al suo top i dee-jay. [...] Le discoteche
6
TORTI, M. Teresa, Abitare la notte. Attori e processi nei mondi delle discoteche, Costa&Nolan, Genova, 1997, p. 50
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altro non sono che le ennesime agenzie di socializzazione secondaria
funzionale all'ordine pattuito in cui aleggia anche lo spettro dei valori di
7
arrivismo, esclusione sociale, potere".
Indubbiamente le discoteche si delineano come luoghi funzionali di aggregazione e
di socializzazione gestiti da imprese con finalità di profitto, senza ovviamente
alcuna vocazione di conflitto o di antagonismo sociale. All'interno di quel grande
contenitore che è il terziario, le discoteche (così come gli alberghi, i ristoranti, i bar,
le pizzerie o le paninoteche) non si sono mai proposte come enti morali senza scopo
di lucro o realtà associative con intenti di utilità sociale. Nella logica del mercato,
identica sia per la produzione di merci materiali sia per quella ielle merci
immateriali, l'offerta cerca sempre di rispondere e di stimolare la domanda
diversificando servizi e linee di prodotti. Il processo di industrializzazione
dell'intrattenimento legato al ballo si è sviluppato in concomitanza con l'esigenza di
p
valorizzazione del tempo libero rispetto al tempo di lavoro, nel assaggio tra società
industriale e società postindustriale. La massificazione dei servizi del divertimento
ha corrisposto alla crescita dei consumi in questo settore e a una domanda sociale
sempre più mirata all'acquisto di prodotti preconfezionati e collaudati, senza rischi
di sorprese, senza oneri di scelta e costruzione di itinerari alternativi di svago.
Nella società contemporanea si convive con la pluralizzazione dei modelli
culturali e di valore parallelamente alla crescita di complessità del sistema
sociale e all’aumento, per i giovani come per gli adulti, delle eccedenze di
possibilità a fronte di un campo illimitato di scelte per la fruizione di
divertimento.
Nel campo dei consumi culturali e delle pratiche di produzione simbolica la
tendenza all’omologazione e l'esperienza di autonoma ricerca di senso si
intrecciano in una continua dialettica talora con esiti di complementarietà, altre
volte con esiti di opposizione.
7
TORTI, M. Teresa, Abitare la notte. Attori e processi nei mondi delle discoteche, Costa&Nolan, Genova, 1997, p. 50
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I giovani, in particolare, si trovano continuamente al centro tra spinte di
uniformizzazione ai valori e agli stili di vita predominante e il desiderio di
distinguersi e di opporsi alla omologazione. Nella nostra società tra i giovani è
diffusa l'esigenza di crearsi mondi diversi rispetto a quelli della vita quotidiana. I
luoghi del loisir in particolare si presentano come i territori privilegiati per
estrinsecare i bisogni di "apparenza" e di "appartenenza" delle nuove leve
giovanili; i luoghi dove i giovani possono “lasciarsi andare” e dare origine a riti e
rituali ben definiti che permettono loro di assimilare una certa distanza dal
mondo adulto. Tramite la musica e il ballo il giovane sembra trovare nel gruppo
dei pari un punto di riferimento, strumento necessario ed elemento importante
per soddisfare le esigenze di socialità, senza però dover rinunciare alla propria
individualità. In questo contesto, il ballo viene visto come medium per
trasmettere e socializzare esperienze, un medium basato essenzialmente sui
linguaggi non verbali.
Storicamente le discoteche, considerate come locali dove la diffusione della
musica e le attività danzanti si esplicano esclusivamente attraverso i dischi, si
svilupparono in Europa nei primi anni Sessanta, come alternativa "povera" rispetto
ai locali con orchestre e gruppi musicali. Anche negli Stati Uniti la discoteca trae
origine dai dance party delle comunità nere che erano organizzati il sabato o la
domenica come grandi feste di musica e soprattutto di ballo.
L’evoluzione della discoteca, e più in generale dei locali legati a questo tipo di
intrattenimento, appaiono strettamente intrecciati ai cambiamenti di stile e di
significato che il ballo ha assunto nei diversi periodi storici. Sin dagli inizi la prati-
ca del ballo si è configurata come linguaggio di comunicazione attraverso il corpo
con una specifica sintassi di movimenti, gesti e figure: se presso le popolazioni
indigene la danza assume prevalentemente le valenze di un rituale religioso e di un
cerimoniale di festa, in Occidente, soprattutto dopo la condanna da parte della
Chiesa, il ballo si trasforma in una pratica ludica che si differenzia sensibilmente,
nei modi e nei luoghi, a seconda delle diverse classi sociali. In particolare, fino
- 11 -
all'Ottocento, il ballo si polarizza tra le corti e i cortili, tra le feste contadine
sull'aia e i palazzi dell'aristocrazia, dove gli originali movimenti del ballo popolare
vengono depurati dai contenuti erotici attraverso procedure di codificazione e
regolamentazione e la creazione di apposite scuole e insegnamenti sancisce
l'immissione della nuova disciplina nel capitale culturale della nobiltà. Si verifica
così un processo di istituzionalizzazione del ballo che, partendo da una originaria
essenzialità di movimento del corpo su basi ritmiche, si modifica in un codice di
comportamento formale che disciplina rigorosamente i tempi, gli spazi e le regole
entro cui poter svolgere tale attività.
La comparsa delle sale da ballo come luogo specifico di divertimento popolare
coincide infatti con i grandi mutamenti introdotti dalla Rivoluzione francese:
Patrice Bol1on ricorda che nell'inverno del 1795 a Parigi vengono aperte 644 sale
da ballo rivolte in particolare ai nuovi ceti della borghesia che avevano saputo
trarre profitto dalle sfortune degli aristocratici e dalle operazioni di riassegnazione
della proprietà. La propagazione di questi locali si estende via via nel corso
dell'Ottocento e, con lo sviluppo dell'industrializzazione e dell'urbanizzazione,
coinvolge anche il proletariato. È soprattutto nel Novecento che il ballo si afferma
come una delle principali occupazioni di tempo libero della classe operaia e come
una delle poche occasioni di incontro e di conoscenza tra i sessi: la dimensione
erotica della comunicazione che, attraverso il corpo, si dispiega nell'intreccio della
musica con la danza favorisce l'allentamento temporaneo delle rigide norme della
morale dominante, pur all'interno della scansione tra il lavoro e il riposo, tra le
routine di una vita ordinaria e i rituali della festa.
Con l'esplosione della musica rock, il ballo si separa dal lavoro e diventa pura
espressione individuale. Sul piano delle figure della danza, si assiste a una
progressiva eliminazione delle regole e delle forme codificate dei movimenti: il
ballo si libera dalle gabbie dei canoni, irrompe l'improvvisazione, predomina una
espressività individuale, libera e spontanea, di vibrazioni sonore ed emotive. Lo
stesso schema della coppia non rappresenta più un vincolo figurativo cogente; con
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il boogie-woogie, il rock'n roll, il twist, al contatto si sostituisce la distanza e
ognuno può seguire il suo ritmo compiendo movimenti solisti e polidirezionali al
tempo stesso. In tale cornice il ballo si delinea come un ambito comunicativo dove
"le zone esplicite e implicite dei piaceri socializzati e dei desideri
individuali si intrecciano nella momentanea scoperta della ragione del
8
corpo".
La struttura delle relazioni coinvolge così un modello di tensioni che attraversano
diagonalmente il tessuto sociale e risiedono non soltanto nell'antinomia tra dovere
e piacere, ma nella stessa oscillazione contraddittoria tra una visione tradizionale
del piacere (“rilassarsi”, “un meritato riposo”, “divertirsi”) e un momento più
profondo, interiorizzato, in cui si persegue un'autentica auto realizzazione sessuale
9
e sociale, privata e pubblica.
Dagli anni Sessanta in poi, negli Stati Uniti come in Europa, lo sviluppo delle
discoteche è fortemente incentivato dalle case discografiche. Per i produttori
questi locali presentano tre tipi di vantaggi: sono frequentati dal target di mercato
cui è rivolta la produzione discografica; i dischi possono essere ascoltati con
adeguati impianti e volumi di amplificazione; il pubblico è prevalentemente
costituito da giovani interessati alla musica sia come ascolto sia come colonna
sonora di comunicazioni verbali e non verbali. In fondo è l'evoluzione, attraverso
modalità strutturate, delle forme di aggregazione giovanile che, nell'immediato
dopoguerra, si componevano intorno ai juke-box ascoltando musica e ballando; un
divertimento di tipo informale e a basso costo, considerato che, ancora negli anni
Sessanta, in Italia con cento lire si potevano ascoltare tre dischi.
8
CHAMBERS, I., Ritmi urbani, Costa&Nolan, Genova, 1986 p. 42
9
CHAMBERS, I., Ritmi urbani, Costa&Nolan, Genova, 1986
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1.2 La nascita dei locali da ballo in Italia: i Whisky a go-go
Nel nostro Paese la nascita e lo sviluppo delle discoteche si colloca nell'alveo della
tradizione delle balere, delle sale da ballo, dei dancing e, più in generale, dei
luoghi di ritrovo e divertimento che sorgono nelle aree urbane e nelle località
turistiche nel secondo dopoguerra. A metà degli anni Cinquanta a Milano viene
aperto in piazza del Duomo il locale Hi-fi whisky a go-go; nel 1956 a Rimini il
maestro Carlo Alberto Rossi, autore di alcune fra le più belle canzoni di Mina,
crea lo spazio Whisky a go-go, che presenta alcune caratteristiche strutturali
completamente nuove rispetto all'ambientazione tradizionale dei locali da ballo:
l'innovazione è quella di diffondere la musica non già attraverso l'orchestra ma
mediante un paio di piatti per i dischi con la testina a grammofono, quattro casse
di amplificazione appoggiate su dei pali e un dee-jay ante litteram che, in
sostituzione dei musicisti e dei cantanti, seleziona e propone i brani musicali.
Siamo all'inizio dell'epoca dei cosiddetti "whisky a go-go". Questi locali si
pongono come elemento di rottura rispetto ai modelli di organizzazione e di
pratica del ballo nelle balere delle periferie industriali: non più luoghi di carattere
popolare, centrati su una pista e fruibili da un pubblico indifferenziato, ma locali
eleganti dove è preferibile entrare in coppia, dove lo spazio per ballare è piuttosto
limitato a favore di costellazioni riservate di tavolini e séparé, concepiti per il
target dei ceti in ascesa della nuova borghesia figlia del boom economico dei
primi anni Cinquanta. Diversamente dalle sale tradizionali, in questi spazi il ballo
rappresenta un'attrattiva di tipo secondario, le possibilità di incontro e di eros si
frammentano fra i vari tavoli e nei corridoi mentre la musica, per molti
frequentatori, riveste una mera funzione di sottofondo. Osserva Gianni Fabbri
storico e compianto patron del Paradiso di Rimini scomparso nel 2004:
- 14 -
"Una volta si andava in un locale per sedersi al proprio tavolo, per
farsi vedere e per auto rappresentarsi e il tavolo disegnava una sorta di
isola rispetto agli altri gruppi. (...) C'era poi un'altra serie di steccati
che tendevano ad accrescere il clima di esclusività dell'ambiente e delle
10
relazioni".
Sono soprattutto i ceti della piccola e media borghesia impiegatizia e del lavoro
autonomo a diventare i protagonisti dei mondi dei dancing e degli whisky a go-go
e a costituire il bacino potenziale di utenza verso cui si orienta l'offerta dei locali.
Sempre nello stesso periodo (1954) nasce in Versilia la Bussola di Sergio
Bernardini, un luogo che si presenta non solo come dancing ma come
palcoscenico di varie offerte di spettacolo, molto elitario, rivolto a un preciso e
privilegiato segmento di pubblico. Come osserva lo stesso Bernardini,
"la Bussola era (...) innanzi tutto un modo di pensare, di vivere e di
11
agire: in una parola, una vera e propria filosofia".
Si creano nuovi miti e riti di esclusività che fuoriescono dal circuito privato delle
ville e dei palazzi per contrassegnare e gerarchizzare la topografia degli spazi
pubblici. Fino alla metà degli anni Sessanta, i nuovi locali del divertimento legati
al ballo e alla musica si rivolgono dunque a un consumo selezionato e a fasce
sociali medio-alte e curano con grande attenzione la scelta e la qualità delle
diverse performance di spettacolo, dalla musica leggera al teatro, dalla danza al
cabaret. Nel settembre del 1964 Giancarlo Bornigia inaugura a Roma il famoso
Piper che, nelle sue prime serate, vede la presenza di protagonisti emergenti nel
panorama musicale italiano come Patty Pravo e 1'Equipe 84. Nel 1967 si apre il
più grande locale d'Europa: è 1'Altro Mondo di Rimini, che anticipa il modello
delle megadiscoteche, poi ampiamente ripreso nei decenni successivi. La
10
TORTI, M. Teresa, Abitare la notte. Attori e processi nei mondi delle discoteche, Costa&Nolan, Genova, 1997 p. 24
11
BONAZZOLI, G., I signori della notte, Linea Mielle, Milano, 1994 p. 26
- 15 -
progettazione del locale, che coinvolge importanti nomi dell'architettura, delinea i
caratteri della discoteca di quel periodo:
"costruire il magico e l'irreale per forzare e rompere il mondo pratico e
inerte che ci opprime può diventare una strada per la ricerca di
12
momenti unici di libertà".
La discoteca del tempo radicale (così come si definisce) si propone come
contenitore delle più svariate attività: musica, ballo, spettacolo, dibattiti,
happening, ginnastica, yoga e così via, uno spazio dunque polifunzionale per il cui
arredo vengono utilizzate le tecnologie più avanzate, sul modello del celebre
Studio54 di New York che, durante la meta degli anni Settanta, era l’apice della
tendenza per tutte le discoteche. Lo Studio54 era il più grande club del mondo,
semplicemente perché diceva di esserlo: fu in realtà la prima discoteca a capire
l’importanza dei PR e del creare una promozione mediatica attorno a un locale.
Divenne così famoso per quanto era difficile esservi ammessi (sulla basa di ricchezza,
successo, bellezza fisica e look), e per le aree VIP (la più esclusiva era il sotterraneo)
frequentate da personaggi come Andy Warhol, Liza Minelli, Truman Capote, Diana
Ross, Ivana Trump ecc., e in generale dal cosiddetto turismo gay chic, ovvero
esponenti delle classi alte che venivano ad ammirare le attrattive, e magari consumare
un po’ di sesso e sostanze stupefacenti, della nightlife newyorkese. New York,
numero 254 della 54a strada alla fine degli anni ‘70: uno studio tv viene trasformato
da Steve Rubell in una discoteca, dando origine a quello che in pochissimo tempo
diventa il luogo del jet set internazionale e quello in cui tutti i ragazzi americani
sognano di andare. Ogni sera tantissimi ragazzi in coda sperano di riuscire a entrare o
almeno provano a vedere qualche personaggio di fama quando si aprono le portiere
delle cadillac o delle limousine di fronte al locale. Lo Studio54 diventò famoso anche
per i suoi party a tema. Non c’era limite a quanto erano disposti a spendere Rubell e
12
ANTONELLI, C., DE LUCA, F., Discoinferno, Theoria, Roma-Napoli, 1995 p. 35
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