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2. Il ruolo delle Regioni nella tutela dell’ambiente: la legge costituzionale 3/2001
La Legge costituzionale 3/2001 ha riformato il Titolo V della parte II della Costituzione ed ha
in primo luogo novellato l’articolo 117 della carta costituzionale, in secondo luogo ha definito
l’assetto organizzativo ed ordinamentale della materia ambientale che da quel momento è
diventata oggetto di specifica disciplina. Nel novellato articolo 117 comma 2 lettera s) della
Costituzione il legislatore riserva espressamente alla legislazione esclusiva dello Stato la
tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, mentre riserva alla legislazione
concorrente delle Regioni tutti quelle materie che rientrano nella tutela ambientale ossia: la
tutela della salute; del governo del territorio; della protezione civile; della produzione,
trasporto e distribuzione di energia; della valorizzazione dei beni culturali ed ambientali. La
distinzione netta tra i due tipi di legislazione statale e regionale attuata dal legislatore
avrebbe dovuto semplificare il riparto di competenze nella materia ambientale; tuttavia,
quest’ultima non si prestava ad una netta attribuzione a favore dello Stato dato che vi era
una presenza attiva delle Regioni nella gestione dell’ambiente. La presenza attiva delle
Regioni nella tutela ambientale infatti è testimoniata anche dal D.lgs. 112/1998 che attribuiva
alle Regioni molte funzioni amministrative in materia di “protezione della natura e
dell'ambiente, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti”. L’attribuzione
della tutela dell’ambiente alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ha causato molte
rimessioni da parte delle Regioni alla Corte costituzionale con cui le prime hanno sollevato
il tema del conflitto di attribuzione. La Corte costituzionale quindi, in una prima pronuncia
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,
ha interpretato la materia ambiente come materia trasversale nella quale confluiscono lo
Stato e le Regioni con due ruoli differenziati. Nello specifico la Corte statuisce che:” i lavori
preparatori relativi alla lettera s) del nuovo articolo 117 della Costituzione inducono a
considerare che l’intento del legislatore sia quello di riservare comunque allo Stato il potere
di fissare gli standard di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale senza escludere in
questo settore la competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con
quelli ambientali”. In tal modo la Corte costituzionale ha messo in luce ed ha chiarito vari
punti ossia la concezione dell’ambiente come materia trasversale, il ruolo esclusivo dello
Stato nella individuazione di standard di tutela uniformi a livello nazionale ed il
riconoscimento del ruolo di intervento delle Regioni nelle materie collegate alla tematica
ambientale. Inoltre, con tale statuizione la Corte fa propria ed integra l’impostazione
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7
Corte costituzionale, sentenza 26 luglio 2002, n. 407
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Corte costituzionale, sentenza 96/2003
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precedente alla riforma del Titolo V che riconduceva l’ambiente ad un valore
costituzionalmente protetto. In seguito, la Corte Costituzionale si pronuncerà spesso sulla
tematica ambientale sviluppandola. Con la sentenza 378/2007, la Corte costituzionale
definisce l’ambiente come un sistema ritenendo che lo Stato debba “disciplinare l’ambiente
come una entità organica, dettare cioè delle norme di tutela che hanno ad oggetto il tutto e
le singole componenti considerate come parte del tutto”. Allo stesso tempo la Corte, oltre a
definire il ruolo dello Stato, pone un limite al ruolo delle Regioni che “non possono in alcun
modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato”. In tal modo
le Regioni nei confronti dei livelli di tutela statali possono avere un ruolo mai sostitutivo ma
migliorativo e aggiuntivo di tutela ambientale, se essi trovano fondamento in ambiti di
pertinenza, anche concorrente, delle Regioni stesse. Questo ruolo degli enti regionali è
limitato “verso l’alto” poiché le interferenze regionali sono sottoposti a due condizioni: in
primo luogo devono innalzare la tutela ambientale stabilita dallo Stato ma non diminuirla e
in secondo luogo non devono porre impedimenti all’ingresso di interessi costituzionalmente
rilevanti. Infatti, spesso la Corte costituzionale ha censurato delle leggi regionali recanti un
maggiore livello di tutela. Nello stesso periodo, la Corte costituzionale si era pronunciata
con altre due sentenze
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con cui ha tentato di tracciare il confine che avrebbe dovuto guidare
la soluzione dei conflitti di competenza fra Stato e Regioni in materia ambientale, separando
la tutela e la conservazione dell’ambiente - di competenza statale - da un lato, e
l’utilizzazione e la fruizione dei beni ambientali - di competenza regionale- dall’altro. Questo
orientamento venne confermato e portato avanti nel 2009 con una ulteriore pronuncia della
Corte costituzionale
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che ha precisato che “le competenze statali concorrono con quelle
regionali pur restando distinte tra loro in quanto perseguono specifiche finalità attraverso la
previsione di diverse discipline”. In tal modo la Corte costituzionale ha sancito che da una
parte sono affidate allo Stato la tutela e la conservazione dell’ambiente mediante la
fissazione degli standard o livelli adeguati e non riducibili di tutela, dall’altra spetta alle
Regioni, nel rispetto dei livelli di tutela fissati dallo Stato, esercitare le proprie competenze
al fine di regolare la fruizione dell’ambiente evitando alterazioni o compromissioni. Una
particolare applicazione di questa suddivisione di competenze statali e regionali è stata la
sentenza della Corte costituzionale n. 1/2010 avente ad oggetto la tutela delle acque.
Secondo la Corte costituzionale sussiste un riparto delle competenze dettato dalla
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Corte costituzionale, sentenza 7 novembre 2007, n. 367;
Corte costituzionale, sentenza 14 novembre 2007, n. 378
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Corte costituzionale, sentenza 14 luglio 2009, n. 225
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“distinzione tra uso delle acque minerali e termali, di competenza regionale residuale, e
tutela ambientale delle stesse acque, che è di competenza esclusiva statale, ai sensi del
vigente articolo 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione”. Tale distinzione di
competenze opera un bilanciamento che era stato affermato dalla Corte costituzionale
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secondo cui “non può trarsi in generale il principio della derogabilità in melius rispetto alla
tutela dei valori ambientali, da parte delle Regioni, degli standard posti dallo Stato”. Inoltre,
nei casi in cui si confrontano competenze sia dello Stato che delle Regioni, il rapporto tra i
due deve essere regolato dal principio di leale collaborazione che rappresenta un modulo
procedimentale fondamentale per l’esercizio delle competenze. Questa modalità di
esercizio delle competenze delle Regioni e dello Stato caratterizzato da leale collaborazione
ed equilibrio subisce una deroga in tutte le ipotesi in cui la fissazione di standard di tutela a
livello nazionale non mira a tutelare solo interessi ambientali ma ha il fine di bilanciare
interessi ambientali ed interessi a questi ultimi collegati che sono di competenza regionale.
Questo è il caso
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della l. 36/2001 avente ad oggetto la protezione dalla esposizione a campi
elettromagnetici, elettrici e magnetici in cui la Corte costituzionale ha riconosciuto allo Stato
il potere di fissare dei valori – soglia di emissione. In tal caso il problema che emergeva era
la legittimità delle leggi regionali che, nel rispetto delle competenze dell’ente, fissavano
valori più stringenti che erano stati ritenuti dalla Corte stessa ammissibili poiché attenevano
alla tutela della salute e della produzione, trasporto, distribuzione nazionale dell’energia.
Tuttavia la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità
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delle leggi regionali in
oggetto perché “la fissazione a livello nazionale dei valori – soglia, non derogabili dalle
Regioni nemmeno in senso restrittivo, rappresenta il punto di equilibrio fra esigenze
contrapposte rappresentate dall’evitare l’impatto delle emissioni elettromagnetiche e di
realizzare impianti necessari al paese, nella logica per cui la competenza concorrente delle
Regioni in materia di trasporto dell’energia è vincolata ai principi fondamentali stabiliti dalle
leggi dello Stato”. In base al principio di equilibrio quindi la legislazione statale in ragione
delle proprie competenze e al fine di bilanciare ulteriori interessi, blocca la possibilità di
interventi regionali. Al contrario quando non vi è necessità di bilanciare interessi ulteriori, le
Regioni sono abilitate ad intervenire nell’esercizio delle proprie competenze con il limite di
non poter ridurre gli standard statali di tutela. Sul tema del punto di equilibrio la dottrina è
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Corte costituzionale, sentenza n. 331 del 2003
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BIFULCO FABIO, “Una rassegna della giurisprudenza costituzionale in materia di tutela dell’ambiente”, in Corti
supreme e salute, 2019, pp. 307 - 309
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Corte costituzionale, sentenza 307/2003
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divisa. In particolare, una parte minoritaria della dottrina non ritiene possibile considerare il
legislatore nazionale come arbitro dei confini con la legislazione nazionale poiché questo
porterebbe ad irrigidimento del riparto delle competenze. Tuttavia, la tesi maggioritaria
sostiene l’esistenza e l’applicazione di tale principio. La materia ambientale, quindi, ha
natura multilivello
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e presuppone il ruolo combinato e non escludente dello Stato e delle
Regioni. Il primo ha l’obbligo di legiferare in ambito di tutela ambientale, le seconde nel
rispetto dell’autorità statale ha il dovere di tutelare tutti gli interessi collegati alla tematica
ambientale operando infine una tutela integrativa. Il rapporto di leale collaborazione tra Stato
e Regioni viene richiamato dall’articolo 3 quinquies del Codice dell’Ambiente che stabilisce
che i principi in materia ambientale costituiscono le condizioni minime ed essenziali per
assicurare la tutela dell’ambiente su tutto il territorio nazionale e le Regioni possono adottare
entro certi limiti, misure più restrittive a tutela dell’ambiente. Lo Stato invece interviene in
questioni che riguardano interessi ambientali laddove gli obiettivi dell’azione prevista non
possono essere realizzati dai livelli territoriali inferiori.
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COLASANTE PAOLO, “La ricerca di una nozione giuridica di ambiente e la complessa individuazione del legislatore
competente”, in Federalismi.it, 24 giugno 2020, p. 10