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Nel secondo capitolo ci si focalizza sul processo di quotazione, sul ruolo e le
attività svolte dagli IR manager di dieci società entrate sui mercati azionari in
un periodo compreso tra gennaio 2006 e aprile 2007.
Nell’ultimo capitolo, infine, si esaminano le scelte sottostanti l’utilizzo di alcuni
strumenti di comunicazione volontaria, da parte delle dieci società
considerate, per raggiungere i diversi target di interlocutori. Gli strumenti
oggetto di indagine sono le presentazioni pubbliche o road shows per
ottenere il consenso degli investitori istituzionali, i messaggi pubblicitari e
l’utilizzo dei siti internet per raggiungere gli investitori privati, e si dimostra
come la pianificazione del loro utilizzo rifletta obbiettivi e strategie di
comunicazione ben precisi.
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CAPITOLO PRIMO
IL QUADRO NORMATIVO E L’INFORMATIVA
SOCIETARIA
1.1 Premessa
Molte società di successo, private e/o caratterizzate dalla presenza nel
capitale di investitori istituzionali, si trovano, in un determinato momento del
loro percorso, a valutare l’ipotesi di quotarsi in Borsa. Diverse sono le
motivazioni sottostanti a questa scelta: le società possono avere un piano di
nuovi investimenti da finanziare o possono voler crescere più incisivamente
tramite acquisizioni. L’IPO (Initial Public Offering) offre una risposta a queste
esigenze e rappresenta una scelta chiave per il futuro dell’azienda.
La decisione di richiedere l’ammissione alla negoziazione dei propri titoli in
Borsa presuppone necessariamente un’analisi volta a valutare i vantaggi e gli
svantaggi che l’operazione comporta e le scelte della forma tecnica
dell’offerta dei titoli. La modalità di collocamento dell’operazione può
influenzarne la buona riuscita pertanto, in base al Testo Unico della Finanza
n. 58 del 1998, si distinguono i tipi di appello al pubblico e le loro
caratteristiche.
Per contro, la quotazione può rappresentare un fattore di instabilità per
l’impresa, che vede la propria capacità di attrarre risparmio influenzata
dall’apprezzamento delle proprie performance da parte di analisti e
investitori; diventa cruciale quindi per la comunicazione accompagnare e
sostenere l’iter quotativo.
Negli ultimi anni vi è stato un incremento del grado di trasparenza
dell’informativa societaria e un suo maggiore impiego come strumento di
gestione dell’immagine aziendale, soprattutto da parte delle società quotate
in Borsa, grazie alla disciplina introdotta dal Testo Unico della Finanza che
ha colmato le lacune dello schema codicistico vigente in precedenza.
Parlando di strumenti di comunicazione economico – finanziaria è bene
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distinguere, dunque, i flussi comunicativi che l’impresa può e deve produrre
nel rispetto di precisi obblighi di legge.
1.2 Le motivazioni che spingono al processo di quotazione
Le motivazioni che spingono un’impresa ad affrontare il processo di
quotazione possono essere molteplici e possono variare a seconda delle
specifiche esigenze aziendali, della posizione ricoperta nel mercato e della
fase del ciclo di vita in cui l’impresa si viene a trovare nel momento in cui
decide di quotarsi1.
Esistono, ad esempio, imprese in fase di forte espansione, che hanno
raggiunto una soglia dimensionale già «stretta» rapportata alle loro effettive
potenzialità e che intendono svilupparsi aumentando la propria capacità
produttiva o acquisendo nuove realtà aziendali; questo è in effetti il caso più
diffuso che ha portato ad oggi molte piccole e medie imprese a perseguire la
strada della quotazione.
Altre realtà aziendali, invece, si trovano in una posizione finanziaria
sbilanciata verso l’indebitamento ed hanno assoluta necessità di riequilibrare
la propria struttura; in tal caso, le aziende puntano, attraverso il processo di
quotazione, ad una più efficiente allocazione delle risorse attraverso un
riequilibrio del rapporto di indebitamento.
Si possono verificare, infine, altre circostanze in cui la quotazione è utilizzata
anche per attuare la trasformazione del modello aziendale da realtà familiare
a realtà più complessa, rivoluzionando la struttura dell’azienda, sia
internamente che come immagine verso il mercato. L’impresa quotata,
acquistando maggiore visibilità, è normalmente ritenuta più affidabile per la
presenza di obblighi di informazione e certificazione e per l’assoggettamento
alla sorveglianza degli organi del mercato. Le motivazioni sopra descritte non
si presentano necessariamente distinte tra loro ma sono in genere correlate.
1
Perrini G., La decisione, la gestione e il processo di quotazione delle Pmi, in Capitale di
rischio e sviluppo d’impresa, Milano, 2001.
5
Fonte: Masullo S. M., Volpe M., Borsa Valori, Finanza d’Impresa, Strumenti e
Strategie d’Investimento, Edizioni Fag, Milano, 1998.
La quotazione deve essere, comunque, in primo luogo considerata come uno
strumento di crescita; accedendo al mercato, infatti, le imprese in
espansione, che necessitano di elevati investimenti, possono reperire le
risorse finanziarie che servono al loro sviluppo. Occorre tenere presente che
esiste per le imprese un cosiddetto «tetto dimensionale» in corrispondenza
del quale esse si trovano di fronte a una scelta ben delineata: continuare a
crescere o arrestarsi. Nel caso l’azienda opti per la prima soluzione è
naturale che la stessa necessiti di risorse finanziarie per mettere in atto i
propri piani di sviluppo e di crescita dimensionale; diventa fondamentale,
quindi, improntare specifiche politiche di «revisione» della propria struttura
finanziaria. L’aspetto finanziario, all’interno della gestione aziendale
considerata nel suo complesso, rappresenta, infatti, un elemento di
fondamentale importanza che deve essere costantemente tenuto sotto
osservazione.
La teoria tradizionale del ciclo di vita di un’impresa, dal punto di vista
finanziario, prevede un’evoluzione che può riassumersi nella figura 1.
Figura 1: Evoluzione del ciclo di vita delle imprese e del fabbisogno finanziario
6
Inizialmente il capitale è rappresentato dalle risorse personali del proprietario
o del ristretto numero di soci fondatori. In un secondo momento se l’attività
avviata ha successo e si sviluppa, i profitti saranno la più importante fonte di
finanziamento. Normalmente una remunerazione del lavoro dei soci al di
sotto dei valori di mercato, l’assenza o modesta entità dei dividendi,
contribuiscono ad aumentare l’autofinanziamento stesso. Negli stadi di
sviluppo immediatamente successivi che si accompagnano ad un
consolidamento della situazione dell’impresa ed a più cospicui investimenti
patrimoniali, le banche e gli altri enti specializzati cominceranno a concedere
crediti a breve, medio – lungo termine, sotto forma di affidamenti di conto
corrente, leasing, mutui ipotecari.
Il periodo iniziale di crescita è normalmente caratterizzato da un aumento
delle vendite più veloce di quello delle risorse finanziarie e
l’autofinanziamento raramente è di entità tale da poter soddisfare da solo i
crescenti fabbisogni determinati sia dallo sviluppo che dalle necessità di
rimborso dei debiti.
Si crea così di frequente una situazione di insufficiente liquidità e la
direzione, non disponendo di un’azienda ancora sufficientemente matura per
attirare nuovo capitale di rischio, si trova di fronte all’alternativa di ridurre la
crescita per evitare il rischio di insolvenza, od allungare la scadenza dei
debiti o di accenderne di nuovi, con il rischio di compromettere in modo
permanente l’equilibrio finanziario.
Superate le difficoltà iniziali, l’impresa deve ora affrontare una fase
completamente nuova: da questo momento in poi l’aspetto più critico diviene
quello di assicurare le prospettive di sviluppo attraendo nuovi capitali di
rischio anche attraverso nuovi rapporti con le istituzioni finanziarie.
Poiché l’impresa non è ancora pronta per quotarsi in Borsa, il nuovo capitale
di rischio può essere ottenuto con l’ammissione di nuovi soci minoritari
rappresentati di frequente da società finanziarie (merchant bank, società di
venture capital, fondi comuni di investimento chiusi) che, sottoscrivendo
nuove emissioni azionarie, daranno un contributo oltre che sul piano
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finanziario anche su quello strategico ed organizzativo e di normalizzazione
delle condizioni di gestione.
Questa ipotesi comporta lo svantaggio di dover condividere con altri le
decisioni strategiche relative all’impresa ma anche gli importanti vantaggi per
l’azienda di ottenere risorse finanziarie meno rigide ed onerose rispetto a
quelle ottenute con vincoli di debito e per i soci, di smobilizzare o creare i
presupposti di un successivo smobilizzo da parte delle loro azioni.
Il passo seguente, quando l’azienda ha raggiunto la completa maturità, è
quello della quotazione in Borsa, che oltre a consentire l’ottenimento di
capitali di rischio cospicui, consente di accedere alle più svariate forme di
finanziamento2.
La quotazione in borsa costituisce un’opportunità che è possibile cogliere
soltanto in alcune delle fasi indicate. È raro, per lo meno in Italia, vedere
imprese che si quotano prima della fase di consolidamento. In sostanza, il
momento ideale per procedere ad una quotazione dovrebbe essere la fase di
maturità3.
In realtà, l’impresa nel compiere il cosiddetto «salto dimensionale» può
perseguire in linea generale due strade alternative: ricorrere
all’autofinanziamento o attingere al capitale di debito presso il sistema
creditizio. In tal senso la strada frequentemente perseguita è rappresentata
dall’autofinanziamento, ad oggi la fonte primaria di finanziamento a cui
attingono le imprese italiane. Tale alternativa, in realtà, risulta il più delle
volte una scelta obbligata, dal momento che spesso l’azienda si ritrova
nell’impossibilità di reperire ulteriori fonti finanziarie presso il sistema
creditizio, avendo già sfruttato le proprie linee di fido e non essendo gli istituti
di credito disponibili ad ulteriori concessioni.
Puntando esclusivamente sull’autofinanziamento, però, l’impresa potrebbe
rischiare di non attuare i propri progetti di sviluppo; addirittura, in situazioni
congiunturali sfavorevoli, potrebbe trovarsi in difficoltà.
2
Per ulteriore approndimento si veda Masullo S. M., Investor Relations, Franco Angeli,
Milano, 2005, p. 53.
3
Vedi articolo “Risorse esterne: dall’indebitamento bancario alla quotazione” in
Amministrazione & finanza - I corsi: mensile di formazione e aggiornamento professionale,
giugno 2004, IPSOA, Milano, p. 23.
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Spesso, infatti, gli esborsi per investimenti richiesti per un’azienda che
intende effettuare un salto dimensionale, quali, ad esempio, quelli in ricerca e
sviluppo, non generano in modo immediato i correlati risultati positivi a livello
di volume d’affari e di margini e il solo autofinanziamento potrebbe non
essere sufficiente. In ultima analisi, quindi, l’impresa che ricorre
esclusivamente all’autofinanziamento potrebbe non attribuire il giusto peso
agli investimenti da realizzare e, quindi, non attuare lo sviluppo sperato.
Il ricorso all’indebitamento come soluzione alternativa potrebbe risultare,
quindi, più conveniente, anche se bisogna considerare il peso degli oneri
finanziari sulla struttura economica dell’azienda, l’applicazione di tassi di
interesse elevati, la richiesta di garanzie ai soci o a terzi, oltre al fatto che
spesso gli istituti di credito rifiutano contratti a proposte di investimento con
elevato tasso di rischio.
In via generale, quindi, il ricorso all’autofinanziamento rappresenta per
l’azienda un rischio molto limitato, mentre indebitandosi il rischio diventa
decisamente superiore.
Sotto il profilo finanziario, la quotazione può portare ad un miglioramento
della struttura aziendale, rafforzando l’azienda che avrà minore necessità di
attingere dal capitale di debito, con conseguente vantaggio a livello di
Debt/Equity. In conseguenza di questo, si contrarrà notevolmente il rischio
finanziario ed il peso degli oneri finanziari e sarà anche possibile ottenere
una riduzione dei tassi passivi applicati, a seguito del miglioramento della
posizione contrattuale nei confronti degli istituti di credito.
Per concludere, quindi, la quotazione, sebbene comporti tutta una serie di
problematiche di peso non indifferente, può sicuramente essere considerata
una valida alternativa di finanziamento, rivelandosi per certi aspetti la più
conveniente, dal momento che attribuisce all’azienda anche un valore in
termini di immagine e di prestigio per la stessa.