5
essere considerata come un fattore di declino della
produttività globale.
Tale tipo di indagini ha riguardato l’Italia solo recentemente.
Infatti, non è trascorso molto tempo da che si è avuta, per il
nostro paese, la disponibilità dei dati sugli stock di capitale
pubblico nazionale.
Con il nostro lavoro abbiamo cercato di fornire un quadro
chiaro e completo del fenomeno in esame. A tale scopo,
partendo da una visione globale, ci siamo addentrati
nell’analisi di aspetti via via più complessi allo scopo di
osservare il fenomeno nelle sue molteplici sfaccettature.
Il punto di partenza della nostra analisi è stato la verifica
dell’ipotesi di Hansen, secondo la quale le infrastrutture di
tipo economico e sociale, svolgono funzioni diverse
nell’ambito di regioni caratterizzate da diversi livelli di
sviluppo.
Successivamente, abbiamo affrontato il tema della
distribuzione regionale della dotazione infrastruttturale.
Particolarmente significativa a tale proposito è l’analisi della
dotazione infrastrutturale, effettuata distinguerla per soggetti
attuatori e per categorie di opere.
Nella terza parte del lavoro, si approfondisce il tema del
ritardo infrastrutturale del Mezzogiorno. Tale analisi è stata
condotta sia in senso stastico, che dinamico.
Sotto il primo punto di vista, è stato effettuato un confronto
tra gli indici di dotazione del 1987 e del 1997; sotto il profilo
6
dinamico si è studiato l’evoluzione di tali indici nell’arco del
suddetto decennio, allo scopo di mettere in evidenza eventuali
fenomeni di convergenza o divergenza.
L’analisi condotta a livello regionale, è stata poi ripetuta
anche a livello provinciale.
Infine, nell’ultima parte del nostro lavoro, abbiamo esaminato
più da vicino la situazione della Sicilia.
Dalle nostre ricerche è emerso un fatto che è bene
sottolineare: da qualunque angolazione si osservi il fenomeno
di ci stiamo occupando, appare evidente che, all’interno del
nostro paese, esistono due realtà che sembrano viaggiare su
binari paralleli, e quindi destinate a non incontrarsi mai.
Sebbene siano state impiegate ingenti risorse finanziarie e
spesi fiumi di parole, il dualismo Nord-Sud non accenna a
sparire ed anzi, per alcuni versi, tende ad accrescersi.
Il dato di fatto, a cui dobbiamo arrenderci, è che, a tutt’oggi,
la questione meridionale è più che mai irrisolta.
7
I Capitolo
Il ruolo delle infrastrutture nel sistema
economico italiano
1. Introduzione
Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse nei confronti degli
studi relativi al ruolo delle infrastrutture all’interno del
sistema economico. A partire dal contributo seminale di
David Aschauer, del 1989, le ricerche sono state condotte
cercando di chiarire quanto, in realtà, i ridotti investimenti
pubblici fossero responsabili per i modesti tassi di crescita
economica osservati negli USA, a partire dall’inizio degli anni
settanta
1
.
Le indagini, dai risultati spesso contrastanti, con un certo
ritardo, hanno riguardato anche l’Italia. Infatti, soltanto di
recente, si è avuta, per il nostro paese, la disponibilità dei
dati sugli stock di capitale pubblico nazionale prima (e
regionale in seguito) necessari per affrontare il problema per
mezzo dell’analisi di funzioni di produzione aggregate e
disaggregate geograficamente. Numerosi studi, condotti con
1
Vedi Gramlich, (1994).
8
differenti metodologie, sono concordi nell’indicare, nel nostro
paese, un ruolo economicamente rilevante e statisticamente
significativo, per il capitale pubblico.
Aschauer, mettendo insieme, econometricamente, gli
investimenti in infrastrutture e la produttività aggregata, ha
aperto la nuova strada da percorrere per affrontare una
discussione più valida con le figure dirigenti, esperte in
risparmio ed investimento, che non avevano ancora
annoverato gli investimenti in infrastrutture all’interno della
categoria vera e propria degli investimenti.
I contenuti dei diversi lavori di Aschauer suscitarono
l’attenzione di politici ed economisti e gli investimenti in
infrastrutture divennero all’inizio, degli anni ’90, uno dei temi
favoriti nell’esecuzione delle diverse ricerche econometriche.
Nel corso dei vari dibattiti che sono scaturiti, molte cose sono
state chiarite circa la scarsità degli investimenti in
infrastrutture e circa la possibilità che questa carenza possa
essere considerata come un fattore di declino della
produttività globale.
9
2. Le infrastrutture economiche e sociali
Nella maggior parte dei paesi industriali convivono aree
sviluppate, in alcuni casi caratterizzate da un’eccessiva
densità di attività produttive, con aree che hanno un livello di
sviluppo intermedio ed, infine, aree che si devono definire
arretrate.
L’Italia, certamente, rappresenta uno degli esempi
maggiormente noti
2
. Alla disomogeneità delle caratteristiche
regionali corrisponde una sensibile differenziazione del
contributo che i diversi fattori dello sviluppo danno alla
determinazione dei livelli del prodotto e del benessere
regionale.
L’orientamento della struttura settoriale delle attività
produttive, verso l’industria, non è sufficiente a spiegare la
differenziazione esistente tra i livelli di sviluppo all’interno
delle aree economicamente più mature. La densità delle
attività produttive e della popolazione, come la loro
concentrazione nelle arre urbane, esercita un’importante
funzione di attrazione nei confronti dei fattori mobili della
produzione (il capitale ed il lavoro) finché non viene raggiunta
una certa soglia, al di là della quale le “diseconomie di
congestione” prendono il sopravvento
3
. Le infrastrutture
2
Vedi Bracalente, (1983).
3
Ibidem.
10
esercitano una funzione rilevante all’interno dell’attività
economica. Alcune consentono l’erogazione al ciclo produttivo
di particolari <<input>> quali, ad esempio, combustibili,
energia elettrica, acqua per usi industriali.
Altre, come, ad esempio, le infrastrutture di trasporto,
consentono alle unità produttive di effettuare gli scambi con
l’estero.
Poi, ci sono le infrastrutture <<sociali>> che, nonostante siano
legate indirettamente all’attività di produzione, ne
condizionano in misura determinante l’efficienza e la
competitività.
Certamente, le infrastrutture vanno annoverate tra i fattori
che condizionano e favoriscono lo sviluppo economico
complessivo del paese, come nel quadro dello sviluppo
economico regionale. Su scala regionale, le infrastrutture
vengono considerate tra i principali fattori di localizzazione
delle attività produttive e come tali hanno costituito l’oggetto
delle analisi di diversi studiosi
4
. Uno studio particolarmente
interessante è quello relativo alla verifica della possibile
differenziazione del ruolo delle dotazioni infrastrutturali,
intese quali fattori dello sviluppo regionale, tra le diverse aree
di un paese industrializzato come l’Italia. L’ipotesi in
questione risale ad Hansen che, nel 1965, sostenne come il
contributo delle infrastrutture alla determinazione dei livelli
4
Vedi Bracalante e Di Palma, (1982).
11
di sviluppo regionale dipenda sia dalle caratteristiche
economiche delle regioni, sia dal tipo di infrastrutture.
Lo studioso distingue (cosa alla quale abbiamo già accennato)
le infrastrutture in due categorie fondamentali:
• <<economiche>>, direttamente legate alle attività
produttive quali, ad esempio, strade, ferrovie,
acquedotti, elettrificazione;
• <<sociali>>, quali, ad esempio, scuole ed ospedali.
Hansen, inoltre, sottolinea l’esistenza di tre tipologie di
regioni:
• <<congestionate>>;
• <<intermedie>>;
• <<in ritardo>>.
Relativamente al primo tipo di regioni dice che, data
l’eccessiva densità di attività produttive ed anche
d’infrastrutture, sia economiche che sociali, andrebbe
incoraggiato il decentramento.
Nelle regioni intermedie, in genere caratterizzate da un
ambiente socio-economico adatto a promuovere ulteriore
sviluppo, lo stesso, potrebbe essere accelerato attraverso
investimenti in infrastrutture economiche, a sostegno delle
attività produttive. Infine, nelle regioni in ritardo, agli
investimenti in infrastrutture economiche, sarebbero da
preferire investimenti in infrastrutture sociali. Infatti, le
infrastrutture sociali, essendo funzionali al miglioramento del
<<capitale umano>>, potrebbero avere una certa efficacia nella
12
predisposizione delle migliori condizioni ambientali per lo
sviluppo
5
.
5
Vedi Bracalente, (1983).
13
3. I diversi fattori dello sviluppo regionale
Le teorie economiche maggiormente adottate per spiegare gli
squilibri nei livelli di sviluppo regionale assegnano un ruolo,
non sempre ugualmente rilevante, alle differenziazioni nelle
dotazioni infrastrutturali delle diverse regioni.
Ad esempio, la teoria neoclassica e la teoria della base
d’esportazione, considerano le infrastrutture in misura del
tutto marginale e per via diretta. Altre teorie quali, ad
esempio, quelle relative ai poli di crescita, o quelle riguardanti
lo squilibrio cumulativo, presentano una rilevanza maggiore
ai fini dell’analisi del ruolo delle infrastrutture. All’interno di
queste teorie, infatti, viene preso in esame il fattore spaziale
e, conseguentemente, le interrelazioni economiche territoriali,
i fattori di localizzazione ed i fattori locali di <<strozzatura>>
nel processo di sviluppo economico
6
. Lo schema analitico
maggiormente rilevante, per effettuare lo studio delle
infrastrutture, sembra essere quello offerto dalla teoria dello
sviluppo regionale potenziale.
All’interno di questa teoria la dotazione infrastrutturale
costituisce uno dei fattori che, direttamente, determinano le
possibilità di sviluppo della regione e, conseguentemente, gli
squilibri territoriali. Questo schema teorico assegna
un’importanza centrale all’elemento spaziale nell’analisi dello
sviluppo economico regionale.
6
Vedi Bracalente e Di Palma, (1982).
14
Di conseguenza, l’introduzione della dimensione spaziale si
traduce, nella considerazione degli elementi di offerta (il
vettore delle risorse locali) accanto agli elementi della
domanda, con una netta prevalenza dei primi rispetto a
questi ultimi.
La motivazione va ricercata nelle caratteristiche d’economia
aperta e di piccole dimensioni tipiche dell’economia regionale,
per le quali non è ipotizzabile influire sui livelli della domanda
complessiva (regionale, nazionale ed estera) che va
considerata come data. In sintesi, il problema regionale è
quello di attrarre una quota di tale domanda che consenta di
utilizzare al meglio il suo potenziale.
Dunque, premesso che il punto di partenza della teoria dello
sviluppo regionale potenziale è che gli squilibri economici
territoriali rappresentano un problema di lungo periodo
accade che andando ad analizzare gli squilibri, il lato
dell’offerta risulta essere molto più rilevante di quello della
domanda.
Il potenziale sviluppo regionale dipende dal vettore delle
risorse locali, ma non tutti gli elementi di tale vettore
assumono la stessa rilevanza. Essenzialmente, sono le risorse
locali definibili come beni pubblici
7
che assumono rilevanza
decisiva. Regioni che hanno una buona dotazione di risorse
pubbliche, possono attrarre i fattori privati della produzione
quali, ad esempio, il capitale privato e il lavoro a più alta
15
qualificazione, che sono <<mobili>> e <<divisibili>>, molto più
facilmente di regioni che difettano di una buona dotazione.
Se è vero che le infrastrutture economiche e sociali
costituiscono fattori rilevanti dello sviluppo regionale
potenziale, è anche vero che, insieme alle infrastrutture,
vanno annoverati altri fattori quali:
• la dotazione di risorse naturali;
• la struttura settoriale dell’attività produttiva;
• il grado di agglomerazione;
• le caratteristiche sociali e demografiche della
popolazione.
Le infrastrutture, quali fattori dello sviluppo regionale
potenziale, sono dunque <<beni pubblici>>, ma, altrettanto,
sono <<beni capitali>>.
Si distinguono dagli altri fattori dello sviluppo regionale
potenziale, proprio per il fatto d’essere beni capitali. Dai beni
capitali non infrastrutturali si distinguono per la presenza dei
requisiti di immobilità, indivisibilità, non sostituibilità,
polivalenza.
Quindi, ogni tipologia di bene capitale con un alto grado di
<<pubblicità>> va selezionata come infrastruttura.
Tuttavia, non tutte le infrastrutture che è possibile
individuare attraverso questi criteri (del bene capitale e del
bene pubblico) sono rilevanti quali fattori dello sviluppo
7
Con il termine risorse locali pubbliche ci si riferisce a quelle risorse altamente <<immobili>>,
<<indivisibili>>, <<non sostituibili>> e <<polivalenti>>.
16
regionale potenziale. Inoltre, l’applicazione dei criteri indicati
pone diversi problemi nell’individuazione della linea di
demarcazione tra infrastrutture ed altri beni.
Ancora, bisogna tenere conto del fatto che la definizione del
grado di <<pubblicità>> che dovrebbe distinguere le
infrastrutture dagli altri beni spesso risente di un certo
grado di soggettività che, di volta in volta, può condurre
all’esclusione od alla accettazione di particolari risorse nel
concetto di infrastruttura
8
.
Detto questo, può aggiungersi che nell’analisi empirica,
l’analisi di regressione sembra rappresentare il migliore
percorso da seguire allo scopo di valutare l’effetto delle
infrastrutture e degli altri fattori menzionati, sui livelli dello
sviluppo regionale.
Tuttavia, l’esistenza di differenti livelli di sviluppo all’interno
delle aree di uno stesso paese, ha spinto gli studiosi a
prendere in considerazione l’ipotesi che i diversi fattori dello
sviluppo regionale, come le stesse infrastrutture, siano legati
allo sviluppo stesso attraverso una relazione i cui parametri
non siano fissi e validi per tutto il territorio nazionale, ma
siano costanti soltanto su partizioni di unità territoriali e
varino da partizione a partizione, riflettendo i cambiamenti
strutturali nella relazione analizzata.
8
Vedi Bracalante, (1982).
17
Inoltre, è necessario tenere presente che l’identificazione
preliminare delle tipologie regionali
9
non è univoca. Anche
quando viene realizzata con il supporto di metodi di <<cluster
analysis>> risente di una certa ineliminabile arbitrarietà
presente nella scelta delle variabili da prendere in esame.
L’analisi in due tempi (prima la classificazione, poi la
determinazione dei parametri strutturali) comporta delle
rigidità che potrebbero rendere impossibile l’individuazione
sufficientemente corretta di regimi nelle relazioni strutturali
tra i livelli dello sviluppo e delle sue determinanti.
Gli studiosi, come approccio alternativo propongono quello
che dovrebbe fondarsi sul concetto secondo cui la
classificazione delle unità statistiche va intesa come il
risultato della ricerca dei diversi regimi dei parametri
strutturali.
I metodi di <<switching regression>> possono fornire un utile
contributo in questa direzione
10
.
Nel nostro paese, il tentativo di verifica della validità delle
tesi illustrate circa la diversa efficacia degli interventi
infrastrutturali in differenti condizioni di sviluppo all’interno
dello stesso territorio, e più in generale quello di individuare
diverse relazioni strutturali per i principali fattori dello
sviluppo regionale, richiede un’articolazione territoriale più
dettagliata di quella costituita dalle regioni amministrative.
Tutto ciò è giustificabile con due argomentazioni.
9
Regioni congestionate, intermedie e in ritardo.
18
La prima si riconnette all’esigenza di disporre un adeguato
numero d’osservazioni per poter quantificare diverse
equazioni di regressione su sottosistemi di dati. La seconda,
si riferisce all’approccio teorico: l’analisi dello sviluppo
regionale dal lato dell’offerta diventa sempre più importante e
giustificata, man mano che passa ad unità territoriali di più
piccole dimensioni.
Sulla base di queste considerazioni è stata adottata
l’articolazione territoriale in province amministrative. Le
variabili prese in considerazione, quali fattori esplicativi dei
livelli di sviluppo, riguardano le dotazioni infrastrutturali
(suddivise in economiche e sociali), la struttura settoriale
dell’attività produttiva, l’agglomerazione e la partecipazione
alla forze di lavoro. Per il primo tipo di infrastrutture prese in
considerazione, il vincolo della disponibilità di dati statistici
ha consentito di tenere conto soltanto delle infrastrutture di
trasporto e delle infrastrutture idriche.
Per il secondo tipo, quelle sociali, sono state prese in
considerazione le infrastrutture della salute e quelle sociali in
senso stretto.
10
Vedi Bracalante, (1983).