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funzionamento umano, e riconosce il ruolo di massimo rilievo che esse rivestono nella regolazione
del comportamento, influenzando fortemente le decisioni sui tipi di attività da intraprendere e sulla
natura degli ambienti da frequentare; i modi di pensare; le aspirazioni; gli obiettivi e le mete che ci
si prefigge di raggiungere e l’impegno che si prodiga in vista del loro conseguimento; le aspettative
di riuscita; la perseveranza di fronte ad ostacoli e insuccessi e la resilienza rispetto alle avversità; la
qualità della vita emozionale e la vulnerabilità allo stress e ai vissuti depressivi.
L’ambito sportivo è uno dei contesti in cui il contributo delle credenze di efficacia personale
alla spiegazione, alla previsione e al cambiamento del comportamento, appare significativo; qui
riveste un ruolo critico nella regolazione dello sviluppo e del miglioramento delle competenze
atletiche e nel consolidamento della prestazione di eccellenza. Il senso di efficacia personale, infatti,
risulta determinante sia in fase di preparazione e di allenamento, dove promuove la costruzione e il
perfezionamento della prestazione d’alto livello, sia in fase di gara, in quanto ottimizza la scelta
delle strategie, l’erogazione degli sforzi, la regolazione dei livelli di attivazione e, perciò,
l’esecuzione e l’orchestrazione delle diverse attività.
La ricerca sul ruolo delle convinzioni di efficacia nelle prestazioni atletiche è rimasta in gran
parte confinata a livello individuale. Tuttavia, nella maggior parte delle attività sportive, gli atleti
non gareggiano per conto proprio, ma rappresentano elementi interdipendenti di una squadra, la cui
prestazione è largamente condizionata dalla capacità del gruppo, come insieme, di operare in
sinergia e di coordinare e concertare gli sforzi verso il perseguimento delle mete collettive.
Diviene, quindi, di fondamentale importanza l’analisi del modo in cui il senso di efficacia di una
squadra nel suo insieme sia in grado di realizzarne le potenzialità, governarne il livello di
prestazione e ottimizzarne risorse ed abilità. In questa prospettiva, l’“efficacia collettiva percepita”,
cioè la credenza condivisa nel potere collettivo di realizzare i fini comuni desiderati, risulta tanto
determinante per il successo e per il buon funzionamento di un gruppo, quanto la fiducia nelle
proprie capacità personali. È, infatti, il senso di efficacia collettiva ciò che fortemente consente ai
membri di una squadra sportiva di resistere e perseverare nei periodi in cui essa fatica a realizzare
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risultati positivi, di affrontare ostacoli e difficoltà senza scoraggiarsi, di reagire con successo a
situazioni di forte pressione, e di mostrare l’impegno e la determinazione necessari a produrre buoni
risultati.
Accanto alle convinzioni di efficacia personale e collettiva, altre importanti tematiche di
ricerca hanno stimolato la curiosità e l’interesse degli studiosi nel campo della psicologia dello
sport. Fra queste, particolarmente rilevanti sono lo studio e la comprensione dei fattori
motivazionali che sostengono e governano lo sviluppo e il miglioramento delle abilità atletiche e
che sottendono la capacità di esprimersi con successo e di raggiungere risultati di eccellenza;
l’indagine sulla personalità degli atleti e sulle dimensioni maggiormente correlate al successo
nell’attività agonistica; e la ricerca sulle dinamiche di gruppo e sui processi di coesione nella
squadra sportiva.
Il contributo empirico del presente elaborato di tesi, si rifà agli approcci teorici sopra
discussi. L’intento è quello di approfondire la conoscenza del ruolo che le credenze di efficacia
personale e collettiva rivestono nello specifico contesto sportivo della squadra di basket
professionista, attraverso la costruzione di due specifici questionari appositamente creati, tesi a
valutare il grado in cui i giocatori si ritengono capaci di dominare e di gestire con successo le sfide,
i compiti e le difficoltà proprie della loro particolare attività agonistica, sia in quanto singoli atleti,
sia in quanto gruppo-squadra; le due dimensioni di efficacia percepita sono state, inoltre, messe in
relazione ad altre variabili di interesse cruciale in ambito sportivo, quali l’orientamento
motivazionale, la percezione della coesione di squadra, e il profilo di personalità dei giocatori.
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ABSTRACT
The present thesis examined the role of perceived self and collective efficacy in basket, exploring
their relationships with other important aspects in sport activities, namely motivation, personality
and group cohesion. The thesis is made-up by two empirical chapters and an empirical study.
The first chapter is devoted to Bandura’s social-cognitive theory, with a particular focus on self-
efficacy beliefs, namely people beliefs in their capabilities to manage effectively challenges and
requests of their specific life contexts. We underlined the crucial role of self-efficacy beliefs in
sport, as a main factor to sustain and maintain an active and effective regulation in the specific sport
activities. The role of perceived collective efficacy in group sports has been also underlined.
The second chapter is devoted to motivational and personalily factors that more strongly influence
sport performances.
The third chapter is devoted to the presentation of an empirical research aimed to the development
of two new scales for measuring personal and collective efficacy beliefs in basket, the influence of
different factors on their levels and their relationships with motivational and personality
dimensions.
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RIASSUNTO
Il presente lavoro di tesi ha perseguito lo scopo di indagare le dimensioni di autoefficacia ed
efficacia collettiva percepite nel gioco del basket e più in generale nell’attività sportiva, esplorando
le loro relazioni con atri aspetti importanti nello sport, quali la motivazione, la personalità e la
coesione di gruppo. La tesi è composta da due capitoli teorici e da uno studio empirico.
Il primo capitolo è dedicato all’esposizione della teoria socio-cognitiva di Albert Bandura; il
capitolo si sofferma soprattutto sulla componente dell’autoefficacia percepita, che corrisponde alla
valutazione delle persone circa le proprie capacità di saper padroneggiare con successo le sfide e le
richieste di specifici contesti di vita. In particolare, viene indagato il ruolo delle convinzioni di
efficacia personale nello specifico ambito sportivo, analizzando l’importanza che esse assumono nel
sostenere l’adozione e il mantenimento di uno stile di vita fisicamente attivo, e nel regolare
l’esecuzione delle specifiche abilità atletiche che contraddistinguono le diverse discipline sportive.
Inoltre viene dato ampio spazio alla tematica dell’efficacia collettiva percepita, centrale negli sport
di squadra, caratterizzate da complesse dinamiche interattive e coordinative.
Il secondo capitolo tratta l’importanza dei fattori motivazionali e di personalità nello specifico
contesto sportivo, approfondendo l‘analisi delle caratteristiche degli atleti di rilievo e dei principali
fattori che permettono di raggiungere risultati agonistici d’eccellenza.
Il terzo capitolo è dedicato alla presentazione di una ricerca empirica realizzata al fine di costruire
due nuovi strumenti per la valutazione delle convinzioni di efficacia personale e collettiva nel gioco
del basket, esaminare l’influenza che su di esse hanno l’anzianità sportiva e la categoria di
appartenenza e le loro relazioni con dimensioni personali degli atleti e di coesione di squadra.
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CAPITOLO 1
LA TEORIA SOCIAL-COGNITIVA
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CAPITOLO 1
1.1 La teoria social cognitiva di Albert Bandura
Nell’ambito delle teorie social-cognitive, quella di Bandura è sicuramente quella che ha portato
all’interno della psicologia della personalità il contributo più significativo in quanto caratterizzata
da una vasta portata teorica e pratica. Le persone sono viste come proattive e a autodeterminanti,
piuttosto che come organismi guidati unicamente da forze ambientali o impulsi innati. Da questa
prospettiva teorica, il funzionamento umano è visto come il prodotto di un’azione reciproca
dinamica di fattori personali, comportamento e ambiente.
1.1.1. Il determinismo triadico reciproco
Il principio esplicativo alla base della teoria di Bandura è il determinismo triadico reciproco
(Bandura, 1978, 1986). Questo principio stabilisce che il funzionamento della persona deriva dalle
complesse interazioni che hanno luogo fra tre fattori strettamente correlati: L’ambiente fisico e
sociale, i sistemi cognitivi e affettivi che costituiscono la persona e il comportamento individuale
(vedi figura 1.1).
Ognuno di questi fattori esercita un’influenza di tipo causale sugli altri due; i tre elementi, si
“determinano reciprocamente” e tali influenze reciproche possono assumere forme differenti nei
diversi contesti.
Bandura parla di determinismo “per indicare la produzione di effetti da parte degli eventi”. Questo
implica che “gli eventi producono effetti in maniera probabilistica” (Bandura, 1978, p. 345).
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Fig.1.1 Le relazioni fra i tre fattori coinvolti nel reciproco determinismo triadico.
L’intreccio di questi elementi assume, nel corso della vita, forme differenti di interazione e
di interdipendenza a seconda delle specifiche circostanze, delle attività e del contesto in cui si
esplica.
La situazione nella quale la persona si trova non è ininfluente rispetto a ciò che essa pensa, desidera
e fa, ma neppure la situazione può restare indifferente ai propositi e dalle condotte che le persone
riversano ed esprimono in essa (Capara, 1996).
1. L’interazione bidirezionale “ sistema del sé- comportamento” riflette le transazioni che
hanno luogo tra pensieri, stati affettivi e moduli comportamentali. Così, se da un lato, le
credenze, le aspettative, gli obiettivi e le intenzioni delle persone orientano e dirigono la loro
condotta, dall’altra le conseguenze delle loro stesse azioni contribuiscono a determinare i
loro pattern di pensiero e le loro risposte affettivo-emozionali (Bandura, 1986; 1989; 1999).
Il sistema del sé comprende anche le caratteristiche biologiche personali, quali sesso, etnia,
predisposizione genetica. Le strutture fisiche, sensoriali e neurali influenzano ampiamente il
comportamento e questo, a sua volta, può modificare i sistemi sensoriali e cerebrali (Greenough,
Black e Fallace, 1987).
2. La reciproca relazione tra “sistema sé- ambiente” riguarda le transazioni che si realizzano tra
le caratteristiche personali e quelle ambientali. Le influenze ambientali, attraverso la
persuasione sociale, il modellamento e l’insegnamento, sviluppano e modificano le
competenze cognitive, i sistemi di credenze e le disposizioni emozionali (Bandura,
Sistema del
sè
Ambiente Comportamento
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1986;1989, 1999); dall’altro lato, le persone evocano differenti reazioni dal loro ambiente
sociale, che dipendono dalle loro caratteristiche fisiche osservabili, quali l’età, il sesso, la
razza, e dai loro ruoli o status conferiti socialmente. In questo processo le aspettative, le
convinzioni e le conoscenze sono sviluppate e modificate dalle influenze sociali e dalla
struttura fisica dell’ambiente. Le prime possono convogliare informazioni ed attivare
risposte emotive. L’ambiente sociale e le caratteristiche fisiche possono generare reazioni
differenti.
3. Infine, l’interazione reciproca “comportamento- ambiente” riflette le transazioni che
quotidianamente si osservano tra schemi di condotta e condizioni ambientali.
Il comportamento, infatti, influenza l’ambiente ed è al contempo influenzato dalle stesse
condizioni ambientali che egli contribuisce a determinare (Bandura, 1986; 1989; 1999).
L’analisi socio-cognitiva della causazione reciproca si basa sul presupposto che gli individui
producano le loro azioni sulla base sia delle loro esperienze sia del loro pensiero riflessivo, piuttosto
che subirle come innesti del passato. La scelta dell’individuo di compiere determinate azioni
anziché atre in determinate situazioni, non è completamente e involontariamente determinata da
eventi ambientali, ma come anticipato sopra si avvale del pensiero riflessivo attraverso il quale
viene esercitata buona parte dell’autoinfluenza. Le persone influiscono su ciò che fanno attraverso
le alternative che tengono in considerazione, il modo in cui prevedono e valutano i risultati
immaginati e il modo in cui valutano la loro capacità di eseguire le alternative considerate.
L’esercizio della facoltà umana di produrre effetti comporta la capacità di comportarsi in modo
diverso da quello dettato dalle forze ambientali, piuttosto che credere inevitabilmente a esse. Nelle
situazioni in cui ci si sente attratti da qualcosa o costretti a fare qualcosa, l’agentività personale si
esprime nella possibilità di astenersi dal compiere certi atti. Le persone costruiscono standard
personali che poi utilizzano per guidare, motivare e regolare il loro comportamento (Bandura, 1986;
1991b). L’autostima anticipatoria per azioni che corrispondono agli standard personali e
l’autobiasimo anticipatorio per le azioni che non vi corrispondono sono fattori che regolano il
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comportamento. Le persone fanno ciò che da loro un senso di soddisfazione e di valore personale.
Si astengono, invece, dal compiere atti che violano i loro standard personali, per evitare
l’autobiasimo.
Le analisi psicologiche dei meccanismi di agentività personale dimostrano che le persone
contribuiscono a realizzare il futuro desiderato sia utilizzando strategie cognitive e autoincentivi sia
scegliendo e costruendo ambienti adatti ai loro propositi (Bandura, 1986). Quanto maggiori sono la
preveggenza, la competenza e i mezzi di autoinfluenza – tutte abilità che possono essere apprese-
tanto più si riesce a ottenere ciò a cui si aspira.
1.1.2 Le capacità umane di base
Vengono intese come capacità cognitive di cui è costituita la natura umana e attraverso le quali si fa
esperienza dell’ambiente, si sviluppano capacità, si riflette su di sé e si orientano, valutandoli, i
comportamenti.
La mente umana è proattiva, questo significa che oltre a reagire agli stimoli del mondo interno ed
esterno, agisce trasformativamente su entrambi tramite capacità che gli permettono di contribuire
attivamente e significativamente alla costruzione della propria personalità.
Il secondo principio chiave della teoria social-cognitiva di Bandura riguarda proprio quei
meccanismi cognitivi attraverso i quali le persone sviluppano abilità e competenze sociali,
conoscono e si adattano all’ambiente, valutano e regolano comportamenti, esperienze e sentimenti,
cercando di orchestrare al meglio il proprio rapporto con la realtà.
Le capacità di base operano generalmente di concerto e consentono al soggetto di contribuire
attivamente e significativamente alla costruzione della propria personalità.
Le capacità di base originariamente individuate sono cinque (Bandura, 1989; 1999; 2001b).
Capacità di simbolizzazione: consente di trasformare in simboli di tipo verbale e
immaginativo le esperienze che diventano così modelli interni che guidano il giudizio e l’azione
dando significato e continuità al rapporto che si instaura tra l’individuo e la realtà. La capacità di
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simbolizzazione consente all’individuo di trarre numerosi vantaggi, in primo luogo gli permette di
regolare il proprio comportamento attraverso l’anticipazione di azioni e le loro conseguenze, ad
esempio in ambito sportivo il fatto che l’atleta immagini di svolger correttamente una certa attività,
migliora sia lo sviluppo che l’esecuzione di abilità motorie, questo ovviamente se associato oltre
che al possesso delle necessarie abilità, anche alle convinzioni. Gli atleti hanno bisogno di prove
concrete del fatto che potrebbero controllare meglio la qualità delle loro prestazioni servendosi di
aiuti cognitivi.
Inoltre, la capacità di simbolizzazione consente di comunicare con gli altri, di produrre idee che
trascendono l’esperienza sensoriale, di porsi degli obiettivi e di conseguenza, programmare la
propria condotta, questo è essenziale non solo ai fini dell’apprendimento, ma anche per la
motivazione. La rappresentazione mentale di obiettivi e possibilità future, infatti, funge da fattore
incentivante che sostiene e guida l’azione corrente verso il perseguimento degli scopi prefissati.
Nel quadro delle abilità di base descritte da Bandura, la capacità di ragionare utilizzando
simboli può essere ritenuta come la più importante, dal momento che essa risulta necessaria per lo
sviluppo di tutte le altre.
Capacità di previsione o anticipazione: corrisponde alla capacità di proiettarsi nel futuro
per anticiparne gli eventi, trascendendo i vincoli del passato e del presente.
Una premessa centrale della teoria social-cognitiva di Bandura è che le persone motivano e
regolano il proprio comportamento sulla base di previsioni: è dagli scenari che esse si prefigurano e
dagli obiettivi che si propongono, che derivano le ragioni che orientano la loro condotta e che
sorreggono il loro impegno. Così gli individui stabiliscono standard personali, anticipano le
probabili conseguenze dei loro comportamenti e selezionano e realizzano corsi d’azione volti a
produrre risultati desiderati e ad evitare quelli indesiderati (Bandura, 1989; 1991; 2001; 2001b;
2003; Feather, 1982; Locke e Latham, 1990).
La capacità d’anticipazione è legata alla simbolizzazione in quanto è il processo che permette di
rappresentare eventi futuri.
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Capacità di autoriflessione: consente di analizzare le proprie esperienze, di riflettere sulla
formazione di pensieri e azioni e di crearne di nuove agendo intenzionalmente su se stessi. Nella
prospettiva social-cognitiva, le persone non sono semplicemente agenti del proprio sviluppo, ma
anche “autoesaminatori” del loro stesso funzionamento (Bandura, 2001a, 2001b, 2003; in stampa).
Capacità di apprendere per imitazione (capacità vicaria): è la capacità di assimilare
conoscenze ed abilità tramite l’osservazione del comportamento altrui e la rilevazione delle
conseguenze che esso genera. Le valutazioni di efficacia sono in parte influenzate da esperienze
vicarie, mediante il modellamento di azioni (Bandura, 1997). In ambito sportivo questo è un fattore
molto importante in quanto permette agli atleti di confrontarsi con standard di prestazione simili ai
propri. Il fatto di vedere persone, con competenze simili alle proprie, che eseguono con successo
una certa attività accresce la convinzione di possedere la capacità di gestire efficacemente attività
paragonabili. Le persone si persuadono che, se ci riescono gli altri, anche loro possono migliorare la
propria prestazione (Bandura, 1982a; Schunk, Hanson e Cox, 1987). Allo stesso modo, il fatto di
vedere persone, con competenze pesumibilmente simili alle proprie, fallire nonostante la profusione
di impegno riduce i giudizi di autoefficacia degli osservatori e ne diminuisce l’impegno (Brown e
Inouye, 1978). Attraverso l’osservazione di una prestazione sportiva si impara a perfezionare le
proprie abilità confrontando le proprie prestazioni con quelle altrui e individuando le strategie e le
soluzioni migliori che conducono al successo.
Capacità di autoregolazione: le persone possiedono capacità autoregolatorie che permettono
loro di monitorizzare e governare la propria condotta, i processi di pensiero, gli stati affettivi, e gli
orientamenti motivazionali (Bandura, 1989; in stampa). In assenza di tale capacità di autodirezione
le persone cambierebbero continuamente direzione seguendo ora un’idea e un momento dopo
un’altra, non avendo un principio stabile cui rifarsi.
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1.2 La componente <autoefficacia> della teoria social-cognitiva.
Nel corso del tempo l’uomo ha sperimentato che il controllo degli eventi garantisce innumerevoli
vantaggi personali e sociali, ciò gli ha permesso di sviluppare diverse tecniche per migliorare la
qualità della vita.
L’incapacità di controllare gli eventi che influenzano in modo negativo la propria esistenza
non fa che alimentare l’ansia, l’apatia e la disperazione, al contrario la capacità di procurarsi ciò che
si desidera e di prevenire eventi indesiderati porta ad uno sviluppo del controllo personale.
“Quanto più si è in grado di influenzare gli eventi della propria vita, tanto più si è in grado di
fare assumere ad essi la piega desiderata” (Bandura, 1997).
Senza tralasciare che la vita dell’uomo si svolge all’interno di circostanze sociali, le quali possono
facilitare o rendere più complicata la ricerca degli eventi desiderati.
Dal momento che il controllo è così importante nella vita, nel corso degli anni sono state proposte
molte teorie al riguardo. Il livello di motivazione, gli stati affettivi e l’azione si basano su ciò che le
persone credono più che sulla realtà oggettiva delle cose. Quindi il principale oggetto di studio è la
convinzione personale delle proprie capacità causative.
La maggioranza delle teorie sostengono che gli individui sono spinti a controllare gli eventi
della loro vita, da una pulsione innata. Qualsiasi capacità che abbia un valore benefico generale,
viene facilmente interpretata come una pulsione innata di autodeterminazione, padroneggiamento o
dominio (mastery). Le teorie secondo cui la lotta per il controllo personale sarebbe l’espressione di
una pulsione innata limitano l’interesse per il processo di sviluppo dell’autoefficacia, dal momento
che, secondo tali teorie, le persone verrebbero al mondo già completamente dotate di essa. Esse si
soffermano invece con particolare interesse sul modo in cui la società ostacola o indebolisce la
pulsione. Il fatto che quasi tutte le persone cerchino di esercitare almeno un minimo di influenza su
alcune delle cose che hanno un effetto su di loro non indica necessariamente l’esistenza di un fattore
motivante innato. La ricerca di controllo, non è fine a se stessa. Un esercizio del controllo che
procuri ciò che si desidera e allontani ciò che è indesiderato ha un valore funzionale immenso ed è
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una ricca fonte di incentivi motivanti. Le persone contribuiscono a determinare il loro
funzionamento psicosociale attraverso i meccanismi di agentività (agency) personale. Ciò implica
che l’individuo ha la capacità di influenzare intenzionalmente il proprio sviluppo personale e le
circostanze della propria vita. La caratteristica essenziale dell’agentività è la facoltà di generare
azioni mirate a determinati scopi. Se le persone non credessero di poter produrre con le loro azioni
gli effetti che desiderano, avrebbero pochi stimoli ad agire. Secondo il concetto di agentività
personale, le persone si fanno agenti del loro comportamento, in quanto capaci di produrre un
effetto (Bandura, 1995). L’agentività riguarda le azioni compiute intenzionalmente, ad esempio se
si urta accidentalmente un oggetto e cadendo si rompe, non si può parlare di agentività: a volte le
azioni intraprese per un determinato scopo possono far accadere qualcosa di diverso.
Il meccanismo di agentività più importante riguarda le convinzioni di autoefficacia.
Il senso di Autoefficacia corrisponde alle convinzioni circa le proprie capacità di
organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati
(Bandura, 1997). Si possono individuare tre variabili che distinguono il costrutto di autoefficacia: il
livello, inteso come difficoltà del compito da intraprendere e aspettativa di portarlo a termine; la
forza, intesa come il sentimento di fiducia nelle proprie capacità relative al superamento del
compito ed infine l’ampiezza, relativa al settore di cui il compito fa parte. L’autoefficacia è il
mediatore tra l’individuo e la sua azione: per Bandura influenza le attività che si intraprendono, lo
sforzo che si fa, la perseveranza nonché le reazioni emotive legate all’azione e all’esito di essa.
Dagli studi effettuati in vari contesti (Bandura, 1997), sono emerse le caratteristiche che
distinguono gli individui con senso alto e basso di autoefficacia percepita.
Chi possiede un elevato senso di autoefficacia percepita si impegna in compiti difficili nei
quali può mettere alla prova e mostrare le sue capacità. Ha alte aspirazioni e si prefigge obiettivi
elevati per il raggiungimento dei quali si impegna a fondo. Se si presentano delle difficoltà non
desiste ma aumenta il grado di sforzo e cerca di sfruttare al meglio le proprie risorse. In caso di
mancato successo lo imputa ad una mancanza di informazioni o di scarso impegno nel compito,
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riprendendosi comunque velocemente. Esperisce spesso il successo e, di norma, è estraneo a
depressione e senso di sconforto.
Chi, invece, possiede uno scarso senso di autoefficacia percepita, si ritira di fronte a compiti
difficili o vi mette uno scarso impegno. Ha aspirazioni basse, come basso è l’impegno per
raggiungere l’obiettivo. In caso di difficoltà, al contrario dei primi, guarda solo avversità, agli
ostacoli posti dalla propria debolezza o dovuti all’esterno. Se poi si presentano dei fallimenti, si
riprende lentamente ed è soggetto a sconforto e depressione. Queste persone, percependo sé e
l’ambiente in modo negativo, si dispongono al fallimento e sono vittime del loro stesso vittimismo.
Se esistono livelli alti o bassi di autoefficacia, si può inferire non solo che questa caratteristica
dipende dall’individuo ma anche che non è una caratteristica stabile della personalità, in quanto di
fronte ad una serie di insuccessi o al confronto con gli altri, la convinzione può aumentare o
diminuire.
Il concetto di autoefficacia si differenzia dal concetto di autostima per il fatto che riguarda giudizi di
capacità personale, ovvero quanto una persona si sente capace di fare una determinata cosa, mentre
il concetto di autostima riguarda giudizi di valore personale anche se spesso, erroneamente,
vengono usati in modo intercambiabile.
Non c’è una relazione definita fra le convinzioni circa le proprie capacità e il fatto di piacersi o non
piacersi. Una persona può giudicarsi irrimediabilmente inefficace in una data attività senza per
questo patire una qualsiasi perdita di autostima.
Per esempio un individuo può riconoscersi completamente inefficace nel salto in alto e ciò
non gli procura crisi ricorrenti di autosvalutazione. Viceversa, ci si può sentire molto efficaci in una
data attività senza per questo gloriarsi delle proprie prestazioni.
Per riuscire bene in qualcosa ci vuole molto più che una buona autostima. Molte persone di
successo sono dure con se stesse perché adottano standard difficili da raggiungere; altre possono
godere di una buona autostima perché non pretendono molto da sé o perché tale autostima deriva da
fonti diverse dai risultati personali.