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1. LE ISTITUZIONI INTERMEDIE NELL’ECONOMIA ITALIANA
L’economia italiana è caratterizzata dalla forte presenza di piccole e medie
imprese: il 97,8% delle imprese manifatturiere ha meno di 50 addetti e di
queste l’82,9% è rappresentato da microimprese (meno di 10 addetti); il dato
interessante che emerge è quello che riguarda il loro apporto all’occupazione e
alla creazione di ricchezza, sensibilmente superiore rispetto alle imprese
europee delle stesse dimensioni: il 25,5% dell’occupazione del settore si deve
alle microimprese (a fronte del 13,6% della media Ue), così come il 14,3% del
valore aggiunto dell’industria manifatturiera (contro il 7% europeo).
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L’economia dell’intero paese si trova quindi a poggiare su un tessuto
imprenditoriale vasto ed eterogeneo, composto da una moltitudine di piccole
realtà che spesso fanno capo ad un unico soggetto.
Le piccole imprese, tuttavia, scontano le complicazioni legate alla loro
dimensione e hanno di conseguenza maggiori difficoltà a competere sui mercati
internazionali, a fare ricerca, a introdurre innovazione.
La soluzione è quella di “fare sistema”, infatti il “distretto produttivo” è una
figura tipica dell’economia italiana; per promuovere lo sviluppo è importante
prevedere collaborazioni tra imprese, organizzare filiere, coordinare in modo
sinergico tutti gli attori del sistema economico locale; tra questi troviamo gli
Enti Locali, le Camere di Commercio, gli istituti di credito e il sistema
finanziario in generale, le Università, le strutture di ricerca, le associazioni di
categoria, le organizzazioni sindacali; in un’espressione, le istituzioni
intermedie.
Le istituzioni intermedie così intese hanno l’importante compito di
connettere il governo centrale dell’economia - le macroistituzioni - con i singoli
soggetti economici operanti sul territorio, affiancandoli nel loro percorso di
sviluppo attraverso l’offerta di risorse e competenze; la particolare valenza
strategica di queste strutture deriva dal loro posizionamento nella gerarchia dei
livelli territoriali, che permette loro di cogliere da vicino i bisogni del territorio e
conseguentemente di indirizzare efficacemente le risorse disponibili per la
collettività.
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Fonte: Rapporto Pmi 2007, realizzato da Unioncamere e Istituto Tagliacarne, presentato il 23 ottobre 2007
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2. LE CAMERE DI COMMERCIO
Tra le istituzioni citate vogliamo focalizzare l’attenzione sulle Camere di
Commercio, la cui origine può essere fatta risalire addirittura in epoca
medievale, in quanto si riconoscono simili organizzazioni nelle corporazioni di
arti e mestieri che legavano tra loro gli appartenenti alle varie categorie di
mercanti e artigiani.
I primi organismi con il nome di “camera di commercio” compaiono in
Francia nei Seicento, mentre in Italia i primi istituti camerali nascono alla fine
del 1700, a Firenze e poi in Lombardia; con l’inizio del 1800 vengono istituite in
maniera più strutturata le Camere di Commercio, Arti e Manifatture, con
compiti di tutela delle categorie produttive rappresentate, di giurisdizione
commerciale e di raccolta di dati e notizie sulla situazione economica.
Successivamente, con la legge n. 680 del 1862, all’indomani dell’unità d’Italia,
si prevede un’organizzazione camerale omogenea, con l’istituzione in ogni
Provincia delle Camere di Commercio ed Arti, deputate, in base all’enunciato
dell’art. 1, a “rappresentare presso il Governo e promuovere gli interessi
commerciali e industriali” della circoscrizione territoriale di competenza.
Dopo alcune leggi di riordino, la soppressione durante il periodo fascista e la
ricostituzione nel 1944 con la nuova denominazione di “Camere di Commercio,
Industria e Agricoltura” (cui si aggiunge, nel 1966, la voce “Artigianato”), si
arriva all’attuale inquadramento normativo con la legge n. 580 del 1993;
questa indica sinteticamente le attribuzioni delle Camere di Commercio
all’articolo 2, il cui primo comma recita:
“Le camere di commercio svolgono, nell'ambito della circoscrizione territoriale di
competenza, funzioni di supporto e di promozione degli interessi generali delle imprese nonché,
fatte salve le competenze attribuite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato alle
amministrazioni statali e alle regioni, funzioni nelle materie amministrative ed economiche
relative al sistema delle imprese. Le camere di commercio esercitano inoltre le funzioni ad esse
delegate dallo Stato e dalle regioni, nonché quelle derivanti da convenzioni internazionali.”
Pochi anni dopo si apre una nuova fase storica per le amministrazioni
pubbliche, comprese le Camere di Commercio, con la legge n. 59/1997,
recante delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni
e agli enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la
semplificazione amministrativa. Con il decreto legislativo attuativo n. 112/1998
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si rafforza l’autonomia degli enti camerali, qualificandola come autonomia
funzionale, e si attribuiscono loro le funzioni degli UPICA
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e degli uffici metrici.
Le Camere hanno personalità giuridica pubblica, come affermato dalla legge
di riforma che le definisce enti autonomi di diritto pubblico; la loro autonomia si
manifesta sotto diverse forme: normativa, organizzativa, finanziaria e
funzionale. In particolare quest’ultima si distingue da quella territoriale di cui
godono le regioni, le province, ecc., in quanto non assume il territorio come
riferimento, ma appunto la funzione: il territorio non è un elemento costitutivo
ma delimita soltanto la loro sfera di azione, che rimane riferita all’ambito
provinciale.
Come gli enti locali territoriali sono le istituzioni di riferimento degli interessi
generali della popolazione, così le Camere di Commercio sono le istituzioni di
riferimento per gli interessi generali delle imprese.
Il loro ruolo è quello di promuovere lo sviluppo economico del territorio di
competenza e il loro punto di forza è quello di essere a stretto contatto sia con
le imprese sia con le istituzioni nazionali e sovranazionali di riferimento; in
questa dimensione “intermedia” le Camere fungono da cerniera e da
collegamento tra i livelli micro e macro, in quanto hanno la possibilità di
cogliere da vicino i bisogni del territorio e di portare avanti iniziative utili per
rispondere alle esigenze del tessuto imprenditoriale.
2.1. Gli studi economici
Alle attività amministrative e burocratiche delle Camere si affiancano quindi
importanti funzioni informative, di supporto e promozionali, che spaziano dalle
iniziative per l’internazionalizzazione al sostegno al credito, dall’arbitrato e la
conciliazione alla formazione, dalle iniziative sul mercato del lavoro e sul
rapporto scuola/impresa, all’ambiente, all’analisi economica del territorio.
In merito a quest’ultimo tema, va segnalato che le Camere di Commercio
hanno sempre svolto compiti in materia di statistica: ancora prima
dell’istituzione dell’Istituto centrale di statistica, avvenuta nel 1926, erano
organi periferici della Direzione Generale di Statistica appartenuta prima al
Ministero dell’agricoltura, dell’industria e del commercio e poi al Ministero
dell’economia nazionale.
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Uffici Provinciali dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato
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Dal 1989, con la riforma del sistema statistico nazionale che ha visto tra gli
altri provvedimenti l’istituzione del SISTAN
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, anche gli Uffici Statistica delle
Camere di Commercio sono inclusi tra gli organismi che lo compongono; essi
pertanto, oltre a produrre studi di interesse locale, operano quali organi del più
ampio sistema statistico nazionale e hanno, tra gli altri compiti, quello di
raccogliere ed elaborare i dati congiunturali e strutturali sull’andamento
dell’economia locale e dei prezzi, di monitorare la dinamica del Registro delle
Imprese, di osservare i flussi dell’import/export, di elaborare previsioni
sull’andamento dei settori economici.
La conoscenza dell’economia in cui si opera è uno dei punti chiave per gli
imprenditori e in generale per tutti i soggetti economici presenti sui mercati, al
fine di definire obiettivi adeguati e di conseguenza ottenere buoni risultati e
perseguire un percorso di crescita sostenibile, promuovendo la competitività
delle imprese.
Sotto questo punto di vista la pubblicazione di studi, in modo particolare se
riferiti alle tendenze in atto e alle possibili evoluzioni del mercato, può rivestire
una fondamentale importanza sia per le imprese già attive che per i nuovi
operatori economici che si affacciano sul mercato, nonché per le istituzioni e gli
enti che hanno il compito di mettere in atto politiche adeguate per il sostegno e
lo sviluppo dell’economia locale.
3. UNA FOTOGRAFIA DELLA REALTÀ ITALIANA
3.1. Il rapporto Unioncamere
Come si legge nel Rapporto sul Sistema Camerale 2007
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, anche nell’ultimo
anno gli studi economici hanno rivestito un tema importante sul quale
Unioncamere, l’Istituto Guglielmo Tagliacarne e il sistema delle Camere di
Commercio hanno investito molto con l’obiettivo di affermare la loro leadership
nel campo dell’analisi territoriale: tra le altre cose sono stati elaborati nuovi
strumenti conoscitivi, quali il Rapporto sulle Piccole e Medie Imprese, l’Atlante
della competitività delle Province, le analisi sul reddito e la ricchezza delle
famiglie.
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IL SISTAN - Sistema Statistico Nazionale – è stato istituito con il D. Lgs. n. 322/1989, che trasforma
radicalmente il sistema statistico italiano affiancando all’ISTAT una pluralità di enti ed organismi tra cui le
Camere di Commercio.
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Fonte: Rapporto 2007 sul Sistema Camerale, a cura dell’Osservatorio del Sistema Camerale di
Unioncamere, disponibile anche sul sito www.osservatoriocamerale.it