4
Nel primo capitolo si affronta il tema delle calamità naturali con una
breve descrizione della loro conformazione, delle cause che possono
influenzare la frequenza con la quale si manifestano e degli effetti
che generano sui sistemi socio-economici, specialmente quelli dei
paesi più poveri. Si illustra il costo in ascesa di tali eventi in termini
di vittime e danni all’economia e come questo ostacoli la ripresa
economica dei paesi in via di sviluppo con particolare riferimento
agli eventi dell’ultimo anno. I notevoli sforzi compiuti dalle nazioni
in questi ultimi dieci anni hanno segnato 2 tappe fondamentali, per la
cultura della prevenzione, come i protocolli firmati a Rio de Janeiro
(1992) e a Kyoto (1997). Inoltre il continuo intervento delle Nazioni
Unite negli aiuti ai paesi in via di sviluppo pone l’attenzione dei
governi sulle misure di adattamento necessarie ad ogni paese, sul loro
costo e su quali tipi di difesa sia più opportuno adottare. Tra i vari
sistemi analizzati si pone l’attenzione sul sistema di difesa
assicurativa per la tutela dei danni economici, come veicolo di un
futuro sviluppo.
Nel secondo capitolo si analizza il sistema assicurativo, le funzioni
svolte e le problematiche derivanti dall’assicurazione delle calamità
naturali. Tra i problemi assicurativi principali che si devono risolvere
per poter assicurare imminentemente ed efficacemente le calamità si
trovano: il moral hazard, e nello specifico il Dilemma del
Samaritano, e la ripartizione dei rischi. Questi fallimenti generano
l’insolvenza del sistema assicurativo e richiedono una qualche forma
di intervento pubblico. Oltre all’adozione di misure di prevenzione e
adattamento, e di apposite regolamentazioni, il settore pubblico può
intervenire attivamente come soggetto economico per garantire lo
sviluppo di un adeguato sistema assicurativo. Tali tipi di intervento,
standard, generano un sistema misto ovvero partnership pubblico
privato che assume forme diverse a seconda della nazione in cui
nasce.
Il terzo capitolo presenta una analisi comparata dei sistemi
assicurativi adottati in alcuni paesi europei ed extra europei,
selezionati perché presentano esperienze particolarmente interessanti
5
e in parte differenziate al problema. In particolare si sono analizzati
tre schemi di sistemi assicurativi: privato, pubblico e misto.
Confrontando le diverse esperienze internazionali si è potuto
verificare che il sistema a partnership pubblico – privato è quello
maggiormente adottato e che ha dato risultati soddisfacenti
relativamente all’efficienza e all’efficacia.
Nel quarto capitolo l’analisi si concentra sul caso italiano, dove pur a
fronte di un aumento delle calamità in termini di frequenza e costo,
continua ad essere assente un intervento di tipo assicurativo. Il tema è
stato ampiamente dibattuto in sede parlamentare, ma fino ad ora i
progressi fatti sono minimi. L’unico intervento, tra i tanti di volta in
volta proposti, che è stato attuato, con la finanziaria 2005, è
l’istituzione di un fondo per la costituzione di una compagnia
riassicurativa che dovrebbe incrementare lo sviluppo del sistema
assicurativo italiano per le calamità. Nel capitolo vengono esaminate
le varie proposte e i motivi del loro scarso successo e, alla luce di
questo dibattito e delle esperienze estere esaminate, viene infine
prospettata una possibile soluzione.
6
Capitolo 1
Le calamità naturali: i danni economici e i possibili rimedi.
Premessa
Le calamità naturali sono un problema sempre maggiore per la
sicurezza dell’uomo e per le risorse economiche dei Governi, che
devono sempre più fronteggiare il problema del cambiamento
climatico e dell’influsso che genera sulla frequenza e intensità delle
calamità naturali.
Il presente capitolo illustra il problema dei disastri naturali in
relazione alle problematiche socio economiche, analizza le strategie
di intervento attuate e le possibili azioni per fronteggiare e ridurre la
vulnerabilità dei sistemi umani ai disastri naturali.
7
1.1 Le Catastrofi Naturali: un problema socio economico
Una catastrofe si verifica quando si rompe l’equilibrio in un
fenomeno, ciò può accadere o perchè entra in gioco una nuova
grande forza che causa la catastrofe nel sistema oppure perchè una
piccola o piccolissima causa interviene in una situazione di equilibrio
instabile, riuscendo a produrre un grande effetto. Nei secoli passati il
termine catastrofe veniva usato per sottolineare le immani
conseguenze di un evento calamitoso, definito come evento naturale
o antropico con una bassa probabilità di prodursi, ma tale da
provocare ingenti danni allorquando si verifica.
Ai giorni nostri il concetto è cambiato: eventi naturali come eruzioni
vulcaniche e terremoti sono all’ordine del giorno su un pianeta attivo
e dinamico come la Terra, ma che diventano catastrofi nel momento
che colpiscono i manufatti e le attività umane in modo imprevedibile.
Le calamità naturali sono comunemente: le tempeste di vento,
uragani, burrasche, inondazioni, tornado, cicloni, danni provocati dal
gelo, ondate di calore, grandi incendi, bufere di neve, tifoni, tempeste
di grandine, sismi ed eruzioni vulcaniche.
Alcune forme di degrado ambientale come la deforestazione e la
desertificazione, possono contribuire alla creazione o
all’amplificazione di alcuni di questi eventi naturali. Vi sono inoltre
calamità di origine umana “man – made” o catastrofi “tecniche” sono
riconducibli all’attività dell’uomo e sono: grandi incendi, esplosioni,
catastrofi dell’aviazione e spaziali, della navigazione, ferroviarie,
incidenti in miniere e pozzi, crolli ed altri grandi sinistri compresi gli
atti di terrorismo.
La catastrofe si ripercuote come danno sulle persone o sui prodotti
dell’attività umana, con un dispendio cospicuo di somme di denaro e
risorse, oggi forse più di ieri, in quanto se da una parte l’uomo
progredisce migliorando e rendendo più sicuri i propri contesti
abitativi e lavorativi, monitorando i fenomeni catastrofici al fine di
prevenirli o almeno di ridurre le conseguenze, dall’altra disbosca,
8
cementifica, immette nell’atmosfera gas serra e polveri, costruisce
grandi barriere artificiali che unite ad una generale incuria dei diversi
territori terrestri, hanno portato ad un notevole cambiamento nella
circolazione atmosferica, con conseguente cambiamento del regime
climatico di vaste regioni della Terra.
Il tema dei cambiamenti climatici è strettamente correlato all’effetto
serra
1
che in sé è un fenomeno naturale determinato dalla capacità
dell’atmosfera di trattenere sotto forma di calore parte dell’energia
solare. Il fenomeno è dovuto alla presenza in atmosfera di alcuni gas
che trattengono la radiazione termica emessa o riflessa dalla terra a
seguito dell’irraggiamento solare. È quindi naturale che, affinché la
temperatura mantenga un livello pressoché costante, anche la
quantità di gas che intrappolano le radiazioni terrestri rimanga
costante. L’anidride carbonica è presente nella biosfera, negli oceani
sotto forma di carbonati e bicarbonati, nella geosfera come calcare e
combustibili fossili e nell’atmosfera. Lo scambio di anidride
carbonica tra questi quatto elementi rappresenta il “ciclo del
carbonio”. In natura gli scambi di anidride carbonica scambi
manterrebbero un livello di equilibrio se non intervenissero a
modificarlo le attività umane. Attualmente, a causa delle attività
umane vengono immesse nell’atmosfera, ogni anno, 7 gigatonnellate
di carbonio. In Europa si valuta che le emissioni di CO2 siano in
media di circa 9 tonnellate pro capite. Gli scienziati concordano,
dunque, nel ritenere che le attività umane concorrano in misura
notevole alla produzione dei gas ad effetto serra, che si aggiungono a
quelli prodotti in natura. Le emissioni derivano prevalentemente dal
consumo di combustibili fossili e da alcune produzioni industriali.
Per l’anidride carbonica le emissioni sono legate al settore energetico
e dipendono sia dal progressivo aumento della popolazione e dalla
conseguente domanda di energia, sia dalle fonti utilizzate. Particolare
rilievo in tale campo assume la combustione di prodotti petroliferi nei
motori degli autoveicoli e di altri mezzi di trasporto, ivi compresi
navi ed aerei. Se da un lato, pertanto, le attività antropiche
1
CII, 2001.
9
comportano un aumento sempre più accentuato delle emissioni di gas
ad effetto serra, dall’altro occorre tenere conto delle attività umane
che provocano una costante riduzione degli elementi che assorbono
naturalmente l’anidride carbonica, come la distruzione di boschi e
foreste.
Particolarmente sensibili e vulnerabili al cambiamento climatico sono
i sistemi naturali, alcuni di questi come ghiacciai, coralli, mangrovie,
foreste boreali e tropicali, ecosistemi polari e alpini, rischiano di
subire danni irreversibili, se non l’estinzioni per alcune specie più
vulnerabile. Non meno sensibili al cambiamento climatico sono i
sistemi umani, nello specifico le risorse idriche, agricoltura e
silvicoltura, zone litoranee e sistemi marini, energia ed industrie,
assicurazioni ed altri servizi finanziari e soprattutto salute umana
2
.
L'essere umano considerato come singola specie animale ha grandi
capacità di adattamento al clima e alle condizioni ambientali e
territoriali, come dimostra la diffusione del genere umano su tutto il
pianeta. Viceversa, i sistemi umani, intendendo i sistemi socio-
economici, culturali ed infrastrutturali tipici di ciascun contesto
territoriale nazionale o internazionale, con tutti i relativi aspetti
urbanistici, di agricoltura, di risorse idriche, di industrializzazione, di
trasporto, ecc, sono spesso scarsamente adattabili ai cambiamenti del
clima. Anzi a volte molti sistemi umani molto complessi (quelli, per
esempio, dei Paesi industrializzati) sono così vulnerabili ai
cambiamenti che talvolta basta, non un cambiamento climatico, ma
un singolo evento meteorologico inusuale (alluvione, tromba d'aria,
mareggiata o anche un fulmine) per provocare la crisi di una o più
parti del sistema (reti elettriche, reti informatiche, reti dei trasporti,
produzione agricola, ecc) fino a mettere, con una reazione a catena,
in crisi tutto il sistema e provocare danni economici anche ingenti e
prolungati nel tempo.
La vulnerabilità di questi sistemi varia con la posizione geografica, il
tempo e le condizioni ambientali, sociali ed economiche. Gli effetti
sono: una riduzione dei raccolti nelle regioni tropicali, causa
2
IPCC, 2001.
10
l’aumento della temperatura; riduzione generale dei raccolti di media
latitudine per l’aumento della temperatura dell’acqua; riduzione delle
disponibilità idriche in molte regioni, specialmente nella zona dei
tropici; crescita del numero di persone esposte a malattie come la
malaria o il colera e aumento della mortalità per sollecitazione
termica; aumento diffuso del rischio di essere sommersi da parte di
molti stabilimenti umani e infine una maggiore richiesta di energia di
raffreddamento dello spazio dovuto alle più alte temperature estive.
La conclusione allarmante è che come conseguenza del cambiamento
climatico e dell’aumento della concentrazione della popolazione nel
mondo e nelle aree vulnerabili, negli anni futuri i disastri naturali
saranno sempre più frequenti, intensi e soprattutto costosi.
E’ stato accertato che il disastro accade più spesso ed ha un effetto
proporzionalmente più grande sui paesi poveri che sui paesi ricchi.
3
L’aumento repentino delle temperature del globo fanno supporre che
i disastri naturali aumenteranno di intensità e questo sarà causa di una
disgregazione economica e un impedimento al sostenimento della
crescita negli anni a venire, che inciderà su tutti i paesi e in
particolare su quelli cosiddetti vulnerabili, ovvero Asia ed America
del Sud che hanno un basso livello di reddito ed un’economia
emergente.
La povertà e le pressioni causate dal sovraffollamento di popolazioni
incrementano le conseguenze dei pericoli naturali giacché sempre più
gente si trova costretta a vivere in condizioni di vulnerabilità: pianure
soggette ad inondazioni periodiche, zone a forte rischio tellurico,
pendii pericolanti. Non è un caso che più del 90 percento di tutte le
vittime di catastrofi naturali nel mondo vivano in paesi in via di
sviluppo dove la carenza di fornitura di acqua e di progetti di
irrigazione, di energia, carenza di infrastrutture dei trasporti sono
solo alcuni esempi di vulnerabilità ai disastri e con conseguente
aumento della povertà nel momento in cui la catastrofe si verifica.
Piccoli stati in via di sviluppo, “Small Island Development State”
(SIDS) sono particolarmente a rischio, uno studio recente delle
3
World Bank, 2001.
11
Nazioni Unite ha mostrato che almeno 13 di 25 paesi sono molto
esposti a calamità naturali che sono una preoccupazione a causa della
loro ridotta grandezza
4
. Le loro risorse economiche dipendono
dall’agricoltura e dal turismo, risorse che sono altamente vulnerabili
ai disastri ambientali, mentre per quanto concerne il pericolo “fisico”
si teme che possano scomparire.
Di fronte a continue catastrofi naturali è necessario rafforzare la
capacità di portare soccorso alle vittime, ma in primo luogo creare
strategie efficaci per la prevenzione delle emergenze.
Considerare la prevenzione con maggiore serietà permetterà la
riduzione del numero dei disastri naturali a cui porre rimedio. Negli
anni ’60, le catastrofi naturali hanno causato intorno a 52 miliardi di
dollari di danno; negli anni ’90, il costo era già arrivato a 479
miliardi.
Strategie di prevenzione più efficaci risparmierebbero non solo
decine di miliardi di dollari, ma anche centinaia di migliaia di vite
umane.
Tuttavia, non è facile costruire una cultura di prevenzione. Mentre i
costi della prevenzione devono essere pagati nel presente, i benefici
non si riscontrano immediatamente ma nel futuro anche lontano.
Inoltre, i benefici non sono tangibili; sono i disastri che non
accadono. Per tanto non ci dovrebbe sorprendere che le politiche di
prevenzione ricevano un sostegno che è più spesso retorico anziché
reale.
Con la prevenzione dei disastri si cerca di ridurre la vulnerabilità
delle comunità rispetto agli effetti dei disastri naturali e anche di
individuarne le cause imputabili all’uomo. Il tempestivo
avvertimento dell’imminente pericolo è importante specialmente per
la prevenzione di breve periodo, ad esempio: l’avvertimento
preventivo del pericolo di siccità facilita le operazioni di soccorso, o
conoscere in anticipo l’approssimarsi di tormente e di inondazioni
aiuta a sgomberare la popolazione dalle zone a rischio.
4
Freeman, Keen, and Mani, 2003.
12
1.2 I costi delle catastrofi naturali e gli eventi catastrofici nel
mondo: un trend in ascesa
La conclusione a cui si era giunti nel precedente paragrafo è che,
come conseguenza del cambiamento climatico e dell’aumento della
concentrazione della popolazione nel mondo e nelle aree vulnerabili,
negli anni futuri i disastri naturali saranno sempre più frequenti e
disastrosi. Dopo una fase relativamente tranquilla negli anni ’50 e ’60
le calamità naturali tornano ad essere di scena con diversi eventi
clamorosi come ad esempio il terremoto di Managua del 1972
5
.
Il grafico 1 illustra l’andamento delle calamità naturali negli ultimi
trent’anni e mette in evidenza come le calamita di origine umana ,
man made, siano numericamente superiori rispetto a quelle naturali,
ma soprattutto evidenzia come in numero degli eventi sia in netta
crescita.
Grafico 1: Numero degli eventi nel periodo 1970 -2004
Fonte: Swiss Re, 2005, Sigma 1.
Negli ultimi dieci anni infatti l’economia ha perso, per disastri
naturali, un valore di circa 56 miliardi di dollari all’anno
6
. Nella
tabella 1 sono riportate le cifre totali relative ai passati decenni se si
raffrontano i dati degli ultimi dieci anni con quelli degli anni ’60, si
5
Munich Re, 2004
6
Munich Re, 2004
13
constata un drastico aumento delle calamità naturali, sia per quanto
riguarda il numero degli eventi che per il valore economico.
Le principali cause di questo aumento dei costi sono la
concentrazione della popolazione e di valore nelle città che stanno
aumentando costantemente in dimensioni e numero di persone e che
sono spesso situate in zone a rischio, inoltre si deve considerare che
società industriali sono maggiormente esposte al valore dei danni da
catastrofi a causa della loro suscettibilità a rotture nelle infrastrutture,
infatti il potenziale di perdita accumulato nelle metropoli è enorme.
Tabella 1: Danni economici e danni assicurati – valori assoluti e trend a lungo termine.
Fonte: Munich Re, 2004, Topics Geo.
La stima dei costi delle catastrofi naturali è un esercizio complesso e
sul quale è difficile fornire dati precisi nel dettaglio. Le stime
vengono solitamente preparate sulla base dei costi sostenuti dai
singoli Stati che, a loro volta, mettono assieme capitolati di spesa
differenti che attengono agli esborsi messi in conto a ministeri
diversi. Nell’analisi di questi dati però esistono variabili difficilmente
quantificabili: una serie di esborsi infatti riguarda l’anno corrente,
mentre alcune catastrofi naturali incidono sul bilancio dello Stato per
periodi molto lunghi. La stima dei danni indiretti inoltre è
difficilmente quantificabile: se un vigneto viene distrutto, per fare un
14
esempio molto semplice, potremmo avere come base di spesa quella
per la costituzione di un nuovo impianto.
Difficilmente potremmo quantificare il danno economico subito
dall’azienda, la cui produzione vinicola resta ferma per un certo
numero di anni, e cioè per il tempo necessario all’entrata in
produzione delle piantine. Difficile poi stimare i danni non
denunciati, indiretti o che si manifestano nel tempo, come può
accadere per un terreno che smotta o per l’effetto di lungo periodo
sulle fondamenta di un’abitazione privata.
Un dato importante nella formulazione del macrodato sulle spese per
catastrofi naturali nel mondo, viene fornito come sappiamo anche
dalle compagnie assicurative o di riassicurazione: si tratta però
ovviamente di un dato relativo. I costi sociali dunque ne vengono
esclusi e il volume complessivo dei costi in termini economici,
umani, sociali, sanitari sfugge: tutto ciò per dire che quando si
affronta il tema dei costi, si finisce comunque per ottenere un
elemento soltanto indicativo. Questa cautela è dunque necessaria
nella gestione dei dati relativi alle catastrofi naturali, anche se è
comunque possibile fornirne un quadro incrociando fonti diversi.
15
1.3 le Implicazioni macroeconomiche dei disastri e i rimedi
attuabili
Le implicazioni macroeconomiche e di sviluppo dei disastri naturali
possono essere sia enormi sia di lunga durata.
L’effetto immediato e di impatto dei disastri naturali è la distruzione
di parte dei beni fisici dell’economia e include il capitale, le
infrastrutture, le risorse naturali e non ultimo il lavoro. Nel momento
in cui si considerano gli effetti, inoltre, si deve tener conto
dell’impatto che l’evento catastrofale produce non solo
nell’immediato come il danneggiamento delle infrastrutture sia civili
che industriali, ma anche nel lungo periodo, a livello di produzione
potenziale, sull’economia del paese, sul mercato dei capitali interno
ed esterno, sul commercio estero e sul rischio paese. Si avrà inoltre
un peggioramento degli scenari futuri se i disastri, avvenuti
casualmente, coincideranno con un momento di debolezza dei
mercati finanziari.
Gli effetti dello shock causato dalla calamità cambiano a seconda
della natura del disastro e della struttura dell’economia affetta, i
contorni generali sono di solito comuni. La Commissione Economica
delle Nazioni Unite per l’America Latina e i Carabi ha stimato le
perdite dirette derivanti dalle calamità naturali ed ha esaminato le
conseguenze macroeconomiche
7
dei 25 maggiori disastri nella
regione durante un determinato periodo
8
. Questi studi hanno
evidenziato che le catastrofi possono avere degli effetti a lungo
termine su questi paesi mentre possono essere minori su altri. Una
condizione determinante è la condizione socioeconomica del paese al
momento in cui il disastro colpisce: i costi diretti tenderanno ad
essere maggiori dove le condizioni iniziali erano peggiori, inoltre gli
studi effettuati hanno constatato che l’impatto più marcato si registra
a livello di economia domestica concentrando l’attenzione
7
ECLAC, 1999.
8
ECLAC, 1999.
16
sull’aspetto macroeconomico, i disastri naturali generalmente
determinano
9
:
1. un peggioramento della posizione fiscale, dovuto al fatto che le
basi imponibili si riducono mentre il bisogno di spendere
aumenta a causa dell’emergenza e della necessità di
ricostruzione. Infatti si ha una deviazione delle risorse
finanziarie da una destinazione specifica a processi di
ricostruzione. Si è osservato (Freeman, Keen, and Mani, 2003)
che in caso di disastri relativamente piccoli rispetto
all’economia nazionale, ci può essere un aumento
discrezionale nell’andamento della tassazione, in quanto le
nazioni per fronteggiare l’emergenza devono gravare sulla
finanza domestica, per favorire i processi di ricostruzione;
2. indebolimento della bilancia commerciale; il danneggiamento
delle strutture produttive interne fa aumentare la domanda di
importazione e genera anche la riduzione della capacità di
esportare in quanto il bisogno di ristrutturare i prodotti
commerciabili sono concentrati sul mercato interno. E’ vero
che la riduzione dei livelli di reddito riduce la domanda di
importazioni, ma l’esperienza insegna che questo effetto è
difficilmente dominante.
3. variazioni dei tassi di cambio, riflettono il peggioramento del
bilancio e delle aspettative negative degli investitori stranieri
che temono delle perdite nei loro investimenti e aumenti nella
pressione fiscale dovuti al peggioramento della posizione
fiscale del governo. L’assistenza economica straniera può
mitigare questo effetto, ma è improbabile che lo elimini del
tutto;
4. si può creare un eccesso di disponibilità monetaria relativa a
redditi e a patrimoni in contrazione e ciò può creare una
pressione inflazionionistica, la monetizzazione del debito e il
possibile deprezzamento del tasso di cambio;
9
Miani, 2004.
17
5. un ulteriore impatto caratteristico delle calamità, che si verifica
nel lungo periodo, è la rapida crescita dell’economia dovuta
alle ricostruzioni, che successivamente si arresta per scontare
gli effetti di una crescita “forzata”.
I disastri non solo peggiorano la prospettiva immediata
macroeconomica, ma anche la posizione di bilancio dei settori più
importanti. La situazione dei debiti del settore pubblico peggiora, per
esempio, aumentano i prestiti, mentre il prodotto interno lordo e la
capacità di importazione diminuiscono. Una probabile caduta dei
risparmi domestici è una probabile causa del ricorso al prestito
internazionale. Vi sono inoltre danni gravi anche ai servizi di base
quali l’assistenza sanitaria e l’educazione di base possono avere delle
ripercussioni di lunga durata, quasi il 10% delle strutture sanitarie del
Perù hanno sofferto un danno dal Nino nel 1997-1998; ed un risultato
dell’Uragano Mitchnel 1998 fu il danneggiamento o distruzione del
sistema idrico per 23 ospedali in Onduras, e 123 centri di assistenza
sono stati colpiti dallo stesso uragano (PAHO, 2000). L’occupazione,
il lavoro e specialmente la manodopera specializzata possono essere
colpite permanentemente.
L’assistenza e l’intervento immediato possono ridurre in modo
sostanziale i danni macroeconomici di lungo termine causati dai
disastri naturali. Se questo avviene i beni distrutti possono essere
sostituiti, e la ripresa iniziale è possibile (alcune perdite fisiche,
comunque, saranno permanenti come ad esempio, forti allagamenti
possono portare all’erosione irreversibile). L’assistenza immediata è
importante non solo per la ripresa dell’economia, ma soprattutto per
ridurre il costo totale dell’economia colpita
10
. Più veloce sarà la
ripresa della produzione meno il settore pubblico dovrà prendere
prestiti o svalutare la moneta per rispettare le esigenze fiscali in
itinere. Prima sarà ripristinata la fornitura di acqua pulita più basso
sarà l’impatto sulle malattie. I Governi possono e devono prepararsi
ai disastri naturali adottando misure di prevenzione, adattamento,
10
Un recente studio dell’IDB mostra che in media l’8.6% delle perdite dirette dei disastri attesi
sono coperti da assistenza internazionale, con un tasso minimo del 6% ad un massimo del 25%
(IDB, 2002)